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26/01/2011 23:07
 
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In Europa, il “matrimonio” omosessuale non è un diritto


Sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani



STRASBURGO, martedì, 6 luglio 2010 (ZENIT.org).- Lo European Centre for Law and Justice (ECLJ) ha appoggiato la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani (ECHR) che ha affermato che non esiste un diritto di matrimonio o di partnership registrata per gli omosessuali in base alla Convenzione Europea dei Diritti Umani.

Analizzando la sentenza Schalk e Kopf v. Austria (n° 30141/04), la Corte ha affermato il 24 giugno scorso che il Governo austriaco non ha discriminato la coppia non permettendo a due uomini di contrarre matrimonio.

La Corte ha ribadito all'unanimità che il diritto di sposarsi è garantito solo a “uomini e donne”, come esposto nell'articolo 12 della Convenzione.

Ha anche osservato che tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa “non c'è ancora una maggioranza di Stati per fornire un riconoscimento legale alle coppie dello stesso sesso. L'area in questione, dunque, deve ancora essere considerata uno dei diritti in evoluzione con un consenso non stabilito”.

Visto che “il matrimonio ha connotazioni sociali e culturali profondamente radicate che possono differire ampiamente da una società all'altra, la Corte ribadisce che non deve affrettarsi a sostituire il proprio giudizio a quello delle autorità nazionali, che sono le più adatte ad affrontare e a rispondere alle necessità della società” (§62), e che “gli Stati sono ancora liberi, in base all'articolo 12 della Convenzione e all'articolo 14 considerato insieme all'articolo 8, di restringere l'accesso al matrimonio alle coppie di sesso diverso” (§108).

In altre parole, la Corte ha prudentemente rinunciato, anche se solo per il momento, a imporre agli Stati nazionali il riconoscimento legale delle coppie dello stesso sesso.

Gregor Puppinck, direttore dell'ECLJ, interpreta questa rinuncia prudente alla luce dell'attuale “ribellione” di una dozzina di Stati membri nel caso italiano del crocifisso (Lautsi v. Italia) contro una tendenza della Corte di imporre nuovi diritti umani “post-moderni” che contraddicono i valori sottostanti la Convenzione.

“Gli Stati non possono essere vincolati ad accettare nuovi obblighi che non si trovino nella Convenzione e siano inoltre contrari ad essa”, ha aggiunto Puppinck in alcune dichiarazioni inviate a ZENIT.




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“C’erano una volta i maschi e le femmine…”


di Fabio Piemonte

ROMA, mercoledì, 6 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Venerdì 1 ottobre si è svolto presso il Salone “Genovesi” della Camera di Commercio di Salerno il convegno sul tema “C’erano una volta i maschi e le femmine…ora siamo nell’Era del Genere”, promosso dall’Associazione culturale “Veritatis Splendor”.

Dopo l’introduzione del prof. Marco Di Matteo, Presidente dell’Associazione, sono intervenuti la prof.ssa Dina Nerozzi Frajese, docente di Psiconeuroendocrinologa presso l’Università di Roma “Tor Vergata”, che ha analizzato gli aspetti scientifici e storico-culturali della teoria del “gender”, e il prof. Giacomo Samek Lodovici, docente di Storia delle dottrine morali presso l’Università Cattolica di Milano, che ne ha affrontato i risvolti filosofici ed antropologici.

La prof.ssa Nerozzi ha iniziato la sua relazione chiarendo il significato dell’espressione “ideologia di genere”, che è fondata sulla negazione dell’esistenza di un’identità sessuale oggettiva, in quanto l’identità sessuale sarebbe il risultato di sovrastrutture culturali e sociali da demolire.

Alla luce di tale teoria, sbandierata dai famosi “rapporti Kinsey” sulle abitudini sessuali degli americani, che negli anni ‘50 divulgarono un dato falso, ossia l’esistenza di cinque generi sessuali di cui quello mediano “normale” sarebbe la bisessualità, ciascuno sarebbe libero di scegliere il proprio orientamento sessuale a seconda del proprio gusto.

Sulle radici filosofiche della teoria del genere si è soffermato soprattutto il prof. Samek Lodovici, richiamando l’attenzione sulle radici relativistiche della teoria del genere e sul ruolo che hanno svolto, nella diffusione di una concezione completamente distorta della sessualità e delle relazioni tra uomo e donna, il marxfreudismo e le teorie di Marcuse, il quale identificava nella differenza tra maschi e femmine una “diseguaglianza da abbattere”. Sulla scia di tale impianto si è sviluppato inoltre quel femminismo radicale che, mediante le parole della Firestone, ha ribadito a più riprese che “il fine ultimo della rivoluzione femminista non consiste nell’eliminazione dei privilegi, ma nella stessa cancellazione delle distinzioni tra sessi”.

Infine, come hanno ben evidenziato i due relatori, con questa teoria l’“antilingua”, introducendo un concetto ambiguo, quale quello di “genere”, che non si basa su alcuna evidenza scientifica, può celebrare il suo trionfo, in quanto la sessualità ha perso il suo referente reale, ossia il maschio e la femmina, per ridursi ad “orientamento sessuale”.

Si inaugura così una nuova etica del sesso ricreativo, quale quella in cui sperava il dottor Money, allorquando volle dimostrare nel 1972 che fosse possibile educare un bambino come una femminuccia. Ma può essere sufficiente tale presunta rieducazione del proprio orientamento sessuale a cancellare ogni distinzione biologica, se i cromosomi indicano incontrovertibilmente l’opposto?

Purtroppo però, e lo dimostrano tante politiche contemporanee, quando si crea una frattura tra l’idea e la realtà, non sempre si è disposti ad accantonare le proprie tesi, pur se smentite dalla realtà; meglio piuttosto sovvertire la realtà secondo le proprie idee. Ecco perché, a buon diritto, è corretto contraddistinguere tale teoria come un’ideologia, che sta ormai condizionando anche l’azione degli organismi internazionali.







[Modificato da Caterina63 26/01/2011 23:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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