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26/01/2011 23:19
 
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Perché giornali e TV non ne parlano mai?


di padre Piero Gheddo* 

ROMA, mercoledì, 3 novembre 2010 (ZENIT.org).- Nel gennaio 2010 l’Onu ha lanciato un grido d’allarme nel suo “World Population Ageing 2009” (la popolazione del mondo invecchia): per la prima volta nella storia, entro il 2045 le persone sopra i 60 anni supereranno i bambini, perchè crescono del 2,6% all’anno, tre volte più velocemente rispetto alla crescita normale della popolazione.

Tale invecchiamento accomuna sia i Paesi ricchi che quelli in via di sviluppo. Nella maggioranza degli Stati al mondo gli abitanti diminuiscono, cioè ci sono più anziani che bambini. La Cina - che per legge ha sposato la politica del figlio unico - sperimenta le tremende ripercussioni sociali che tale scelta suicida provoca: oggi mancano in Cina milioni di donne in età di matrimonio, poiché tutte le coppie volevano il figlio maschio e le bambine venivano e vengono eliminate alla nascita! Il documento del Palazzo di Vetro segnala come il drammatico crollo demografico dell’umanità avrà conseguenze molto gravi in campo sociale ed economico. Cioè ci saranno meno soldi per il welfare, meno per le pensioni, meno per la sanità e per curare gli anziani.  

Benedetto XVI segnala al n.28 della “Caritas in veritate” come la questione demografica influisce sullo sviluppo: “L'apertura alla vita è al centro del vero sviluppo. Quando una società s'avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell'uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l'accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono. L'accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco”.

L’ideologia anti-natalista degli organismi dell’Onu sta dando i suoi frutti di morte. Tutti ricordiamo come 30-40 anni fa si parlava di “boom demografico” e di un’Italia che “soffocava” per i troppi bambini. Fare meno figli era considerato benefico per la società e circolava lo slogan: “Meno figli più sviluppo”. Oggi l’Onu dice esattamente il contrario: più figli e più sviluppo, più produzione di ricchezza! Ma allora, aveva ragione Paolo VI con la sua “Humanae Vitae” (nel 1968), enciclica attaccata da una canea di voci abbaianti e offensive, provenienti anche dall’interno del mondo cattolico. Pare proprio di sì. Insomma, dobbiamo augurarci di avere lunga vita, per vedere che i Papi avevano ragione. Meglio crederci subito, fin dall’inizio.   

La nostra Italia è uno dei Paesi che più soffrono per la scarsa natalità. Secondo i dati Istat del 2008 il nostro Paese ha un tasso di fertilità di 1,37 figli per donna, mentre il livello minimo per assicurare almeno la parità fra nati e morti è di 2-2,1 figli. Nessun Paese europeo ha queste nascite, solo la Francia registra 2 figli per donna, grazie alle molte politiche di sostegno della maternità fatte dai vari governi fin dagli anni Settanta. I Paesi scandinavi e l’Irlanda sono ad un livello leggermente inferiore. Proprio per le scarse nascite, gli abitanti del nostro Paese aumentano solo perché abbiamo circa tre milioni di “terzomondiali” tra noi che hanno un alto tasso di fertilità. Nel 2009, sempre secondo l’Istat sono nati in Italia 80.000 bambini di immigrati su 560.000. Anche se fra loro si nota una progressiva diminuzione delle nascite, man mano che si integrano nella nostra società e cultura dominante.

Il demografo Gian Carlo Blangiardo, ordinario di demografia all’Università di Milano Bicocca, afferma che  (“Avvenire”, 1 ottobre 2010) ci vogliono sostanziose politiche a sostegno della famiglia e della natalità, per cambiare questa tendenza suicida: occorrono 16 miliardi di Euro, anche investiti gradualmente, e il governo deve trovarli, spiegando agli italiani perché deve limitare altre spese. Infatti c’è “il rischio per l’Italia di un punto di non ritorno”. E spiega: “Quando in Italia nascevano un milione di bambini l’anno, 25 anni dopo c’erano mezzo milioni di madri potenziali. Tra 25 anni le madri potenziali saranno 250.000. O faranno quattro figli ciascuna, ma non credo, oppure, anche con le migliori politiche produrremo numeri inconsistenti”.

Mi chiedo: perché questo tema non viene mai o quasi mai discusso, studiato, commentato in giornali e televisioni? Ogni sera siamo sommersi dalle chiacchiere dei talk-show televisivi, i giornali portano ogni giorno editoriali e commenti su problemi di attualità. Le “culle vuote”, che nel 2004 il Presidente Ciampi aveva definito “la più grande disgrazia dell’Italia oggi”, è semplicemente ignorato. Forse perché è un tema scomodo. Bisognerebbe infatti anche parlare di quanti bambini italiani in meno nascono in Italia a causa dell’aborto e del divorzio, le due nefaste leggi suicide del nostro popolo e della nostra Italia. Ma anche questo è un argomento tabù.

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l'Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.




                                                                                                


Salvati tre israeliani grazie agli organi di un bambino palestinese


Gesto di solidarietà dei genitori del piccolo


GERUSALEMME, martedì, 14 settembre 2010 (ZENIT.org).- Tre persone hanno beneficiato in Israele della possibilità di una nuova vita dopo che la famiglia di un bambino palestinese morto in un incidente ha donato il suo fegato e i suoi polmoni, ha reso noto il quotidiano israeliano Yedioth Aharonot mercoledì.

La notizia è stata rilanciata dal Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (CRIF), ricordando che i beneficiari dei trapianti, eseguiti con successo, sono attualmente in convalescenza.

Dopo l'incidente, la famiglia del bambino, che aveva tre anni, lo ha portato subito in un ospedale locale. Da lì è stato trasferito all'ospedale Hadassah Ein Karem di Gerusalemme.

Il piccolo ha ricevuto assistenza e i medici hanno lottato per salvargli la vita. E' rimasto ricoverato per una settimana, ma il suo stato di salute ha continuato a peggiorare e alla fine è morto il 1° settembre.

I suoi genitori hanno acconsentito alla donazione degli organi, che ha salvato la vita di tre persone, tra cui un piccolo israeliano di cinque anni che aveva urgentemente bisogno di un trapianto di fegato.

Il bambino è ora ricoverato nell'unità di Terapia Intensiva dell'ospedale Schneider e le sue condizioni sono stabili.

Parallelamente, è stato trapiantato un polmone a una bambina di sette anni e mezzo che soffriva di una malattia polmonare. L'altro polmone è stato trapiantato a un uomo di 55 anni.

“Mio figlio era giunto a uno stato tale che era impossibile salvarlo”, ha dichiarato Moussa Salhut, il padre del bambino palestinese morto.

“Siamo felici di vederlo rivivere in altre persone, indipendentemente dal fatto che siano arabe o ebree”, ha sottolineato.

“Quando si tratta di salvare una vita non c'è differenza”, ha aggiunto. “Nella tristezza della nostra perdita, siamo contenti di aver potuto salvare delle vite”.


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In Iraq sorgeranno due “simboli di speranza”


Il Governo regionale curdo dona il terreno per un ospedale e un'università


ROMA, lunedì, 31 gennaio 2011 (ZENIT.org).- I progetti per la costruzione di un ospedale e di un'università vogliono essere “simboli di speranza” per i cristiani iracheni, aiutandoli a costruirsi un futuro lontano dalla violenza e dalle intimidazioni che hanno costretto tanti fedeli a fuggire dal Paese.

Le due iniziative, ricorda l'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), sorgeranno ad Ankawa, un sobborgo del capoluogo curdo Erbil. Questo lunedì, il Governo regionale ha garantito il dono di due appezzamenti di terreno su cui costruire le strutture.

Il sito di 30.000 metri quadri per l'università è vicino al lotto di 8.000 metri quadri destinato a ospitare l'ospedale, che avrà 100 posti letto e 8 sale operatorie.

Annunciando i due progetti ad ACS, l'Arcivescovo Bashar Warda di Erbil ha affermato che forniranno posti di lavoro, formazione e altre opportunità a migliaia di cristiani che si riversano nel relativamente sicuro Kurdistan, lontano dalla violenza religiosa che colpisce soprattutto Baghdad e Mosul.

“I progetti che abbiamo sviluppato negli ultimi mesi sono simboli di speranza per la presenza cristiana nel nostro Paese”, ha detto il presule dopo un incontro del comitato di clero e laici per discutere delle due iniziative.

Il progetto di realizzarle, ha aggiunto, è emerso in risposta alla crescente consapevolezza del fatto che tra i tanti cristiani affluiti nella zona ci sono molte persone con qualifiche professionali, soprattutto nel settore dell'istruzione e in quello medico.

“La gente che arriva qui da zone violente riceve il dono di una relativa sicurezza”, ha detto l'Arcivescovo Warda. “Sono loro stessi a voler offrire i propri servizi in una zona che non può far fronte alle richieste di una popolazione crescente”.

In questo modo, si scoraggerà anche un ulteriore esodo di cristiani dall'Iraq.

Anche se sia l'ospedale che l'università saranno gestiti dalla Chiesa e di proprietà dell'Arcidiocesi di Erbil, il presule ha sottolineato che apriranno le proprie porte a chiunque, indipendentemente dalle differenze religiose e politiche.

Prima che i lavori di costruzione possano iniziare, ha aggiunto, sarà necessaria una campagna di raccolta fondi. Per questo, spera nella generosità dei Governi occidentali, delle organizzazioni caritative e di altre ONG.

Allo stesso modo, ha aggiunto di confidare in consigli e sostegno da parte di chi gestisce progetti simili ovunque in Medio Oriente, come l'Università dello Spirito Santo a Kaslik, in Libano, fondata dai cattolici maroniti nel 1961.

Se tutto andrò come previsto, ha concluso, l'ospedale e l'università potrebbero aprire tra due anni.






[Modificato da Caterina63 01/02/2011 18:04]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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