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Il Magistero dei Pontefici sull'Evangelizzazione

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2013 23:30
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VIAGGIO APOSTOLICO AD ISTANBUL, EFESO E SMIRNE

SANTA MESSA NELLA CHIESA DI SANT'ANTONIO AD ISTANBUL

OMELIA DI PAOLO VI

Mercoledì, 26 luglio 1967

 

È grande la Nostra consolazione nel trovarCi questa mattina in mezzo alla fervorosa comunità cattolica di questa splendida città, nel cuore del noto quartiere della via di Pera, ove sorgono anche altre benemerite e attive parrocchie, come quella di Santa Maria Draperis, affidata ai Frati Minori, e di San Pietro, curata dai figli di San Domenico. Desideriamo pertanto esprimervi la pienezza dei Nostri sentimenti, in quest’ora di raccoglimento, durante la celebrazione dei santi Misteri: e porgervi il Nostro saluto e il Nostro incoraggiamento, con parole che vorrebbero effondersi in un colloquio più spiegato e diffuso, se gli impegni di questa giornata pienissima, e conclusiva del Nostro viaggio, Ce ne concedessero la pur desiderata opportunità.

Ma una parola vogliamo dirvela, diletti Figli e Figlie, che vi stringete in preghiera attorno all’altare della Nostra Messa. Anzitutto per esprimere il Nostro compiacimento ai buoni Francescani, i Frati Minori Conventuali, che reggono questa parrocchia, e, nella luce irradiante di Sant’Antonio, ne hanno fatto un centro di viva pietà e di culto devoto. La chiesa ha già di per sé un indiscutibile prestigio, per la solennità composta e maestosa delle sue linee architettoniche, che conciliano il raccoglimento e la preghiera: merito delle anime generose, che ne vollero la costruzione con vero sacrificio. Essa era prediletta dal Nostro compianto Predecessore Giovanni XXIII, il quale, quando qui adempiva il servizio della Sede Apostolica in qualità di Delegato Apostolico, amava soffermarsi e non poche volte vi predicò la novena per la festa del Santo titolare. Caro e buono Papa Roncalli, a cui tanto erano gradite le forme anche più umili della popolare devozione, portandovi il fervore della sua grande anima! Il suo ricordo è, anche qui, imperituro. A tali titoli, che raccomandano questo tempio alla Nostra attenzione, aggiungasi il fatto che la devozione al grande Santo portoghese, divenuto italica gloria per il suo glorioso sepolcro nella omonima basilica di Padova, vi è molto sentita, ed essa oltrepassa perfino la cerchia pur ampia della comunità cattolica. E, nel nome di Sant’Antonio, la grande, la genuina, la vigilante carità che non ha confini, qui ha saputo accomunare e affratellare le anime, di ogni provenienza e convinzione. Onore a voi, figli di San Francesco, onore a voi, sacerdoti e religiosi delle altre parrocchie ed istituzioni cattoliche, che curate gli interessi spirituali in questa nobile terra, col decoro dei sacri riti, col fervore genuino che cementa inscindibilmente i cuori, col fascino di sincere e vissute virtù umane e cristiane! Il Signore vi premi, vi assista, e benedica i vostri sforzi.

Ma il Nostro saluto vuole abbracciare altresì tutto il Popolo di Dio, che qui oggi si raccoglie, rappresentanza eletta dei cattolici di questa città e dell’intera Turchia: le Suore operose e silenziose, a cui tanto si deve per il loro prezioso apostolato, per l’assistenza umile e nascosta che prestano a tante necessità, per la testimonianza che danno con la loro semplice presenza nel mondo; e voi tutti, ottimi genitori, giovani generosi e pieni di speranza, fanciulli diletti. Tutti, tutti, vi salutiamo, tutti abbracciamo, e proprio non vorremmo dimenticare nessuno, pregandovi di dire ai vostri cari, tornandovene a casa - specialmente a quelli che sono provati dalla sofferenza - che il Papa li ama, e Si aspetta tanto dalla loro fede.

Sì, diletti Figli e Figlie, è questo il Nostro ricordo, anzi la Nostra parola d’ordine, che vi affidiamo a memoria dell’odierno incontro di anime: Ci aspettiamo tanto dalla vostra fede. Il Nostro viaggio, come abbiamo detto fin dal primo suo annunzio, si compie all’alba dell’Anno della Fede, nella venerazione di luoghi che ben a ragione devono dirsi privilegiati, per i monumenti di fede che racchiudono, e per il significato che rivestono per noi, eredi lontani e, vogliamo sperare, non immeritevoli. Il ricordo dell’Anno della Fede sarà per sempre legato nel cuore - per Noi e per voi - a questo Nostro viaggio di unità e di amore. Ebbene, sappiate sempre mantenere alta la fiamma della fede! [SM=g1740721] Il Concilio Ecumenico, nel ricordare ai laici la loro partecipazione al triplice ufficio, sacerdotale, profetico e regale di Gesù Cristo, li ha istantemente esortati a vivere di fede, esercitando il sacerdozio comune dei fedeli «col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione e l’operosa carità» (Cost. dogm. Lumen gentium, n. 10) e diffondendo «dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità» (ibid. n. 11). [SM=g1740722]

Noi siamo certi che voi risponderete a questo appello, rendendo a Gesù quell’amore concreto, che diventa «lode di gloria» (cf. Eph. 1, 6-14) per il Signore, gioia intima per se stessi, luce d’esempio per gli altri. Mantenetevi fedeli con piena adesione dell’intelligenza e dell’affetto, della mente e del cuore; e la grazia del Signore sarà sempre con voi, a confortarvi, a guidarvi, a illuminarvi, a farvi sentire - ve lo diciamo con le parole di San Paolo - non già «stranieri e pellegrini, ma concittadini dei Santi e membri della Casa di Dio, sopraedificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, con lo stesso Cristo Gesù quale pietra angolare, in cui tutta la costruzione, ben compaginata, cresce come tempio santo del Signore» (cf. Eph. 2, 19-21).

È il Nostro augurio, diletti Figli e Figlie, la Nostra preghiera, la Nostra Benedizione.

 

[SM=g1740733] 

PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 2 agosto 1967

 

Diletti Figli e Figlie!

Il nostro animo è ancora troppo pieno e commosso delle impressioni riportate dal Nostro recente viaggio a Istanbul (la Bisanzio, anzi la Costantinopoli d’un tempo) e poi a Efeso e a Smirne, perché Noi, ad una settimana di distanza, vi parliamo d’altro che di questo avvenimento, semplice per sé, ma che ha Noi pare molto significativo.

ACCOGLIENZE DEFERENTI E GENTILISSIME DELLE AUTORITÀ CIVILI DELLA TURCHIA

Non vi diciamo nulla della breve, ma intensa cronaca del Nostro itinerario; già la pubblicità giornalistica e radiotelevisiva vi ha dato amplissima illustrazione; e voi ne siete certo già informati.

Dovremmo piuttosto dire dell’accoglienza ufficiale e gentilissima, che ci è stata riservata dalle Autorità civili della Turchia, accoglienza tanto più apprezzabile per il fatto che la Nostra visita coincideva con giornate funestate dal terremoto in alcune località di quella Nazione, alla quale Noi stessi abbiamo voluto tributare l’espressione del Nostro dolore per tale calamità. La Turchia è stata molto cortese e deferente per Noi; e Noi serberemo perciò la più grata memoria del Nostro breve soggiorno in quell’illustre Paese, pieno di bellezze naturali, di storia, di arte, ed ora di vivaci impulsi di moderno sviluppo sociale ed economico. Ma questo aspetto del Nostro viaggio meriterebbe molte considerazioni, piene di drammatiche memorie storiche, ed ora piene invece di stima e di voti per la nuova ed a Noi cara Turchia. Non è questa la sede per tali commenti.

INCONTRO DEGNO DI MEMORIA STORICA NELLA VITA DELLA CHIESA

L’altro tema del Nostro discorso dovrebbe riguardare il Nostro incontro col Patriarca ecumenico Atenagora; incontro da Noi voluto in anticipo su quello ch’egli ha annunciato di procurarCi con una sua prossima visita, affinché davvero non altro stimolo favorisca questo tanto desiderato avvicinamento, se non l’amore; l'amore, di cui parla San Paolo: «Caritate fraternitatis invicem diligentes, honore invicem praevenientes», vogliatevi bene scambievolmente con amore fraterno; prevenitevi gli uni gli altri nel rendervi onore (Rom. 12, 10). Ed è sfato incontro bellissimo; degno, sì, di memoria storica nella vita della Chiesa di Dio, se al confronto delle amare controversie del passato, dell’esitante, stagnante e diffidente psicologia reciproca che ne derivò, e delle prospettive, che tale incontro lascia intravedere per il futuro, questo incontro segna un punto nuovo e sublime, successivo e coerente a quello segnato dall’abbraccio di Gerusalemme, nelle relazioni della Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, del quale incontro perciò Noi pensiamo il primo a godere è in cielo Cristo stesso. Ed Egli ci assista!

Ma anche questo tema, solo a volerne dire qualche cosa, Ci porterebbe troppo lontano; e poi Noi pensiamo che in altre occasioni dovremo ancora parlarne.

ONORE ALLA MEMORIA DEI PRIMI CONCILI ECUMENICI [SM=g1740721]

Accenniamo piuttosto, in questa confidenziale conversazione con voi, ad un’altra ragione, che Ci ha indotto ad intraprendere la Nostra rapida escursione; ragione a cui già accennammo in precedenti discorsi, ma meritevole d’essere richiamata per il suo riferimento al nostro recente Concilio, dal quale è sempre preso il Nostro animo e dal quale questi Nostri familiari sermoni settimanali prendono spesso argomento. E la ragione è questa: il desiderio di onorare la memoria dei primi celebri Concili ecumenici, i quali ebbero nel vicino Oriente le sedi che li definiscono: Nicea (325), Costantinopoli (381), Efeso (431), Calcedonia (451). Non sono questi i soli Concili ecumenici celebrati in Oriente; ma questi quattro Concili furono e rimangono degni di particolare riverenza. Furono essi che diedero alla Chiesa, dopo i primi secoli di vita perseguitata e quasi clandestina, la coscienza della sua compagine costituzionale e unitaria. Furono essi che misero in evidenza e stabilirono in autorità i dogmi fondamentali della nostra fede, sulla SS.ma Trinità, su Gesù Cristo, sulla Madonna; e che perciò diedero al cristianesimo la sua dottrina basilare, impegnando il pensiero umano, come già gli Apostoli avevano fatto, a esplorare il senso, la realtà teologica, la verità rivelata dal Vangelo, e ad offrire al linguaggio religioso le prime espressioni inequivocabili e irreformabili.

ALTISSIMO RIFERIMENTO DI S. GREGORIO MAGNO [SM=g1740721]

È notissimo come i primi quattro Concili ecumenici ebbero anche in Occidente indiscussa e suprema autorità. Fra le altre si suole, a questo proposito, citare le parole del Papa Gregorio Magno (590- 604), il quale, nell’epistola sinodica, da lui inviata ai Patriarchi d’Oriente, non esita ad affermare: Dichiaro di, accettare e di venerare, come i quattro libri del santo Vangelo, così i quattro concili; «sicut sancti evangelii quattuor libros, sic quattuor concilia suscipere et venerari me fateor» (Ep. 1, 25; P.L. 77, 478; Hefele, 2, 31-33). Motivo questo sul quale il grande Pontefice ritornerà più volte con eguale sentenza.

Ciò fa vedere due cose, ai nostri giorni, meritevoli di considerazione; e cioè fa vedere come una dottrina autorevole e indiscutibile sia derivata, per opera del magistero ecclesiastico, dallo studio e dal culto della sacra Scrittura; e come le definizioni promulgate dai Concili sono rimaste e devono rimanere nel contenuto, ed anche nelle formule che lo esprimono, immutabili. L’Oriente è maestro; c’insegna come il credente è chiamato alla speculazione della verità rivelata cioè alla formulazione d’una teologia che possiamo dire scientifica (cf. Denz. Schön. 3135 ss.); ma altresì è obbligato al riconoscimento del carattere soprannaturale della verità rivelata, il quale non consente di risolverla in termini di pura razionalità naturale, ed esige un testuale rispetto anche alla terminologia con cui essa è stata autorevolmente enunciata (cf. Denz. Schön. [824] [442], 2831 [1658]). L’Oriente ci dà l'esempio di fedeltà al patrimonio dottrinale, e ci ricorda la norma, ch’è pur nostra, spesso oggi da Noi riaffermata nell’insorgenza dei tentativi, tante volte bene intenzionati, ma non sempre riusciti, di esprimere una nuova teologia conforme alla mentalità contemporanea; la norma del Concilio Vaticano primo, che auspica un progresso nella «intelligenza, scienza e sapienza» della dottrina della Chiesa, purché tale dottrina rimanga sempre pari a se stessa (cf. De fide, IV; VINCENZO LERIN., Commonitorium, 28; P.L. 50, 668). [SM=g1740722] [SM=g1740721]

ESORTAZIONE A VENERARE L’ORIENTE CRISTIANO

E all’Oriente, col Nostro viaggio; abbiamo voluto dare assicurazione che la fede nei Concili, celebrati in quella terra benedetta e riconosciuti dalla Chiesa latina come ecumenici, è tuttora la nostra fede; essa costituisce una base molto larga e molto solida per avviare gli studi intesi alla ricomposizione della perfetta comunione cristiana fra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica in quella dottrina univoca e ferma, che il magistero ecclesiastico, guidato dallo Spirito Santo, proclama autentica. Vi esortiamo perciò, Figli carissimi, a venerare anche voi l’Oriente cristiano, a conoscere le questioni religiose e dottrinali che lo riguardano ed a pregare per la loro felice soluzione. Con la Nostra Benedizione Apostolica.

 

Paolo VI



NEL IV CENTENARIO DEL CONCILIO ECUMENICO DI TRENTO

OMELIA DI PAOLO VI

Domenica 8 marzo 1964

 

 

Venerabili Fratelli e diletti Figli!

Trento! Dobbiamo salutare, presente a questo sacro rito, il pelleginaggio dell’arcidiocesi di Trento: promosso per commemorare anche a Roma, e precisamente in questa Basilica Vaticana, in unione col Papa, il quarto centenario dell’avvenimento che fa celebre nei secoli e nel mondo il nome della nobile alpestre città, sede del grande Concilio ecumenico che appunto da Trento prende il suo nome; e lo salutiamo con paterna letizia sapendolo qua guidato dallo zelante e valente Pastore di quella illustre ed a Noi carissima Chiesa tridentina, accompagnato anche da alte Autorità civili della Regione e della Città, composto da egregi rappresentanti sia del Clero che dei fedeli dei tre gruppi etnici dell’Arcidiocesi stessa, e desideroso di porgere omaggio filiale alla Cattedra di San Pietro e di averne conforto di guida e di benedizione per i giorni presenti e per quelli futuri.

Trento! Tante sono le memorie e le emozioni, che questo nome glorioso e benedetto solleva nel Nostro spirito, che Ce ne dobbiamo, in certo senso, ora difendere, per non esserne piuttosto distratti e sopraffatti, che illuminati ed aiutati a celebrare l’evento a cui dobbiamo questo sacro incontro. Sentiamo quasi aleggiare intorno a Noi l’eco maestosa e profonda dei vostri canti alpini, cari figli delle montagne e delle valli tridentine; si profilano al Nostro sguardo interiore le linee caratteristiche dei vostri immensi paesaggi, vediamo le vostre belle borgate montane con i loro vigilanti campanili; arriva al Nostro ricordo il nome venerato del nostro S. Virgilio, a cui S. Ambrogio, fino a ieri Nostro predecessore, patrono e maestro, fu largo di amicizia e di consiglio; arrivano quelli dei Martiri dell’Anaunia e di San Romedio, e appare nella severa ed elegante sua forma la mole gotico-romanica del vostro bellissimo Duomo, ne vediamo e veneriamo il celebre Crocifisso, mentre silenziosamente, dalle loro tombe, ci vengono incontro personaggi famosi della vostra storia, Cardinali e Vescovi di grande statura, e ci conducono fuori a guardare lontano sullo sfondo la massiccia parete della Paganella, e poi il Castello del Buonconsiglio, che caratterizza il panorama della Città, e più giù, il monumento, pieno di serenità e di dignità, di padre Dante, che tutti invita alla fratellanza nella giustizia.

Ma non questo quadro, dicevamo, adesso Ci deve trattenere e quasi incantare; preferiamo andare in cerca dell’antica Pieve di Santa Maria, e ripensarvi lì riunite e disputanti alcune di quelle congregazioni generali - che poi nel Duomo avranno le loro solenni conclusioni -del grande Concilio di Trento, di quel Concilio del quale voi avete, e Noi stessi, nella persona del Nostro Cardinale Legato il Patriarca di Venezia, abbiamo commemorato l’anniversario della sua felice conclusione. E qui stesso, in questa Basilica, come sapete, il medesimo Cardinale Urbani, ha solennemente e sapientemente rievocato, presenti i Padri del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, la fausta centenaria ricorrenza; così che nulla vi sarebbe da aggiungere a così copiose e significative celebrazioni, se la venuta di cotesto Pellegrinaggio non Ci obbligasse a rinnovarne le gaudiose espressioni e a ricercarne le nuove significative impressioni.

Vi dobbiamo infatti il Nostro ringraziamento ed il Nostro plauso, venerati Fratelli e Figli carissimi, per l’onore, di cui voi circondate la memoria del vostro storico Concilio, per la fedeltà di sentimenti e di costumi, con cui ne prolungate e ne attualizzate la salutare efficacia, e per la felice intenzione, con cui voi collegate spiritualmente la vostra Città a questa Urbe fatidica, il vostro Concilio di Trento a quello che la medesima Chiesa cattolica sta ora celebrando a Roma. Non mai, crediamo, tale collegamento si è fatto più evidente e più vivo.

Meravigliosa visione quella che così voi offrite al Nostro sguardo, la visione della coerenza storica, con cui è tessuta la vita della Chiesa, che da Cristo trae la sua origine e da Pietro la sua successione; l’avvertenza d’un’identica vitalità, che corre nelle vene del Corpo mistico e storico di Cristo, cioè la Chiesa, e che nelle più disparate e remote vicende eguale si manifesta, suggerendo questa meravigliosa osservazione che ci mostra come il corso secolare del tempo, generatore dapprima, divoratore poi dei grandi fenomeni umani, non sappia dare proporzionata ragione del nascere e del vigoreggiare della Chiesa, nè riesca a dissolverla nel suo flusso, tremendamente trasformatore e disgregatore, mentre anzi la trovi, ad ogni svolta della storia, non solo sempre la stessa, ma sempre in via di perfezionamento e quasi di ringiovanimento; e ciò non già, di solito, per l’ausilio temporale di eventi propizi o di fattori esteriori, ma per una sua risorgente capacità di trarre da se stessa, come corpo che si risveglia dal sonno, più fresche e vivaci energie.

Fa meraviglia ad alcuni e reca noia e diffidenza che la Chiesa cattolica rimanga sempre la stessa, e non si pieghi nè all’usura, nè alla moda del tempo; fa meraviglia ad altri ed è motivo di scandalo che la Chiesa cattolica si arricchisca, nella sua lunga meditazione e nella sua fiera difesa del suo primitivo patrimonio dottrinale, di nuovi dogmi e di nuovi ordinamenti, dai quali si vorrebbe alterata e soffocata la sua nativa evangelica semplicità. A noi invece torna di conforto ravvisare nella grande opera del Concilio di Trento, come nella perenne disciplina dottrinale della Chiesa cattolica, ciò che Bossuet diceva, in corrispondenza con un grande pensatore del suo tempo, pur troppo sfavorevolmente prevenuto nei confronti del cattolicesimo: « Bisogna dunque, signore, - scrive il Bossuet -, tener per certo che noi non ammettiamo alcuna nuova rivelazione, e che è la fede espressa dal Concilio di Trento che ogni verità rivelata da Dio è venuta di mano in mano fino a noi; ciò che pure ha dato luogo a quell’espressione, che domina tutto il Concilio, che il dogma ch’esso stabilisce è stato sempre inteso come esso lo espone: «sicut Ecclesia catholica semper intellexit». Secondo questa regola si deve tenere per certo che i Concili ecumenici, quando si pronunciano su qualche verità, non propongono nuovi dogmi, ma non fanno che dichiarare quelli che sono sempre stati creduti, ed esplicarli soltanto in termini più chiari e più precisi » (Oeuvres, Paris, 1846, p. 716, lett. 32, a Leibnitz).

Cotesta commemorazione del vostro Concilio e cotesta presenza nell’aula del Concilio Vaticano Secondo, o carissimi figli dell’arcidiocesi tridentina, ci fanno ripensare, ci fanno rivivere il fatto stupendo, il mistero della fedeltà della Chiesa cattolica a Cristo suo fondatore e suo maestro; e ci recano un conforto, di cui l’ora presente ha particolare bisogno: quello della sicurezza nell’essenza e nella guida della santa Chiesa; quello della certezza che il suo insegnamento è oggi valido, come ieri e come lo sarà domani; quello della fiducia che l’aderenza alla sua dottrina e alla disciplina non isterilisce il pensiero, non lo sequestra dalla comprensione e dalla acquisizione di quanto la cultura moderna produce e possiede, non lo costringe a ripetersi in espressioni puramente formali, ma gli assicura piuttosto un’intima strutturazione logica e vitale, e gli fornisce temi e ragioni per intrecciare con le correnti intellettuali e spirituali del nostro tempo i più leali e fecondi dialoghi, e lo stimola a riversare in espressioni sempre nuove, perchè sempre sincere e vissute, l’inesauribile ricchezza della verità, che la fede ci garantisce nel campo divino e religioso e di riflesso in quello terreno e scientifico.

Conforto formidabile e provvidenziale codesto, che ci fa ricordare l’elogio che il Concilio ecumenico Vaticano primo faceva del Tridentino, aggiungendo all’encomio della sicurezza nell’insegnamento della Chiesa cattolica altri meriti del Tridentino, a cui Ci piace accennare, perchè anche a questi, voi, figli ed eredi della tradizione cattolica della vostra Città, date testimonianza. Lasciateci leggere il brano magnifico della Costituzione dogmatica « Dei Filius » del Vaticano primo, brano che Ci sembra da voi degnamente celebrato. Dice quel solenne documento: « La Provvidenza che il Signore dispiega per il bene della sua Chiesa . . . si è manifestata luminosamente nei grandissimi benefici, che il mondo cristiano ha ricavati dalla celebrazione dei Concili ecumenici, e specialmente dal Concilio di Trento, quantunque esso si sia svolto in templi difficili. Grazie a questo Concilio i dogmi santissimi della religione sono stati definiti con maggior precisione e più ampiamente esposti; gli errori sono stati condannati e fermati; la disciplina ecclesiastica è stata restituita e confermata; l’amore della scienza e della pietà è stato promosso nel clero; sono stati istituiti seminari per formare dei giovani alla santa milizia; si sono restaurati i costumi del popolo cristiano, mediante una più accurata istruzione e una maggiore frequenza ai sacramenti. Inoltre i vincoli, che uniscono i membri della Chiesa al loro capo visibile, sono stati riannodati, e un novello vigore è stato infuso a tutto il corpo mistico di Cristo... »
(Con. Oecum. Decreta, Herder, 1962, p. 780).

Questo elogio che un Concilio fa ad un altro, non è forse riferibile, a vostra lode, anche alla tradizione religiosa e morale di Trento, che veramente può fare suo vanto e suo impegno il motto, onde il suo popolo va fiero: Trento, città cattolica? E vorrebbe essere questo il frutto di cotesta centenaria celebrazione: ricordare, conservare, rivivere lo spirito del grande Concilio.

Voi, diletti figli, dovete tenere acceso questo spirito, come una fiaccola; come uno dei fuochi che voi accendete di notte sui vostri monti e circondate con le vostre canzoni.
Perchè lo spirito del Concilio di Trento è la luce religiosa non solo per il lontano secolo decimosesto, ma lo è altresì per il nostro; perchè lo spirito del Concilio di Trento riaccende e rianima quello del presente Concilio Vaticano, che a quello si collega e da quello prende le mosse per affrontare i vecchi ed i nuovi problemi rimasti allora insoluti, o insorti nel volgere dei tempi nuovi.
E questa derivazione del Concilio, che oggi la Chiesa sta celebrando, da quello commemorato, è più chiara e più viva in una grande e difficile questione, che al Concilio di Trento diede origine, ma che a Trento purtroppo non trovò soluzione: quella della ricomposizione nella medesima fede e nella medesima carità con i cristiani, che la riforma protestante separò da questo centro, da questo cuore dell’unità. La città di Trento era stata scelta per facilitare l’incontro, per fare da ponte, per offrire l’abbraccio della riconciliazione e dell’amicizia.
Trento non ebbe questa gioia e questa gloria. Essa dovrà averne, come Noi, come tutto il mondo cattolico, sempre il desiderio. Essa dovrà assurgere a simbolo di questo desiderio, oggi ancora, oggi più che mai, vivo, implorante, paziente, pregante. Essa dovrà con la fermezza della sua fede cattolica non costituire un confine, ma aprire una porta; non chiudere un dialogo, ma tenerlo aperto; non rinfacciare errori, ma ricercare virtù; non attendere chi da quattro secoli non è venuto, ma andarlo fraternamente a cercare. È ciò che il Concilio nuovo, continuando l’antico, con l’aiuto di Dio, vuol fare; ed è ciò che voi, più di ogni altro, nella Chiesa di Dio, dovete capire, e tuttora, come la Provvidenza suggerirà, assecondare.

È in questa visione del passato e del presente, e in questo presagio del futuro che Noi mandiamo alla insigne e diletta Chiesa Tridentina la Nostra benedizione, che a voi qui presenti, perchè ne siate a tutta la vostra terra latori, di gran cuore impartiamo.

* * * * * * * *

(Ai pellegrini di lingua tedesca dell’arcidiocesi di Trento)

Ein herzliches Grußwort gilt sodann den Pilgern deutscher Sprache aus der Erzdiözese Trient.

Ihr seid nach hier gekommen, um dem Nachfolger des heiligen Petrus zu begegnen. Der Herr selbst nannte ihn den Felsenmann. Der Fels bedeutet Fundament und Stärke. Wo aber Petrus, da ist zugleich die Kirche. So wird euer Besuch hier zugleich zu einer Begegnung mit der Kirche, deren Fundament, deren Kraft und Stütze der Fels Petri ist.

Dieser Kirche gehört ihr an. Ihr gehört ihr mit Stolz an und mit tiefer Treue. Ihr trachtet danach, ganz aus eurem Glauben zu leben. Dafür schenkt die Kirche euch übernatürliche Gnaden, die eure Seele bereichern und ihr eure Seele bereichern und ihr tiefinnern Frieden und damit echte Freude bringen.

Aus diesem Reichtum lebten eure Väter und schenkten der Kirche aus der Zahl ihrer Kinder Priester und Ordensleute. Voll Anerkennung gedenken Wir der zahlreichen Missionare, die aus euren Reihen hervorgegangen sind. Bleibt dieser echt katholischen Haltung treu: Jeder von euch ist mitverantwortlich dafür, dass der Kirche immer neue Priester, Ausspender der Gnaden Christi, er stehen und das katholische Volk reich bleibe an Gnade und übernatürlichem Leben. Dies aber ist nur möglich, wenn ihr in Liebe zueinander steht. Der heilige Paulus ruft uns zu: «Bleibet einander nichts schuldig, es sei denn die gegenseitige Liebe. Denn wer den andern liebt, hat das Gesetz erfüllt (Röm 13, 8). Da, wo die Liebe Christi die Menschen beseelt, da dürft ihr, geliebte Söhne und Töchter, gewiss sein, stehen sie einander in Sanftmut und Geduld gegenüber und ertragen einander in Liebe (Eph 4, 2).

Als Unterpfand dessen und als Zeichen Unseres väterlichen Wohlwollens erteilen Wir euch wie euren Lieben von ganzem Herzen den Apostolischen Segen.

* * * * * *

(Saluto agli Uomini Cattolici di Milano e agli altri fedeli)

Sono presenti al sacro rito altri gruppi di Pellegrini e di Fedeli; a tutti porgiamo il Nostro affettuoso saluto, che oggi si esprime in un augurio di sincera ed intima letizia cristiana. Suggerisce questo augurio non solo la fortunata occasione che Ci fa incontrare davanti al Signore tutti voi, carissimi Figli, ma altresi la parola con cui apersi questa Messa della IV Domenica di Quaresima: «Laetare!» Rallegratevi! La Chiesa offre e promette oggi la sua letizia a quanti seguono il suo austero e saliente itinerario spirituale nella Quaresima, quasi a confortare i nostri passi, così facilmente stanchi ed incerti, nella pratica coraggiosa della vita cristiana. Rallegratevi! è questo appunto l’augurio che Noi pure presentiamo a coloro che assistono e partecipano alla celebrazione di questo santo Sacrificio; a tutti auguriamo che possano sperimentare non solo le difficoltà inerenti alla sequela di Cristo, ma la gioia altresì dello spirito, premio fin d’ora e promessa di piena beatitudine, che il Signore concede a chi gli è veramente fedele.

Un saluto particolare Ci è doveroso ai Membri del Consiglio diocesano dell’Unione degli Uomini di Azione Cattolica di Milano, che sappiamo presenti e che sono venuti per riconfermarci la loro devozione e la loro buona volontà, ben note a Noi per le tante prove che essi Ce ne hanno date negli anni del Nostro ministero pastorale nella Arcidiocesi Ambrosiana. Accogliamo volentieri cotesto nuovo attestato di filiale fedeltà e confortiamo con i Nostri voti i loro propositi di sempre intensa e sagace attività per la causa cattolica, pregandoli insieme di portare a tutti i Soci della loro Unione ed ai loro bravi Assistenti l’assicurazione della Nostra sempre memore e viva affezione.

A tutti poi, alla fine della Santa Messa, daremo di cuore la Nostra Benedizione Apostolica.


 

[SM=g1740722]

 

 

 

[Modificato da Caterina63 30/09/2012 15:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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