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Anno Fidei: i Padri, Dottori e Santi della Chiesa “ ricordateli. Imitatene la fede ”

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2013 21:32
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07/10/2012 09:10
 
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A colloquio con il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi
 
 
di Nicola Gori e Marta Lago
 
L'apertura della XIII assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi su «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana» avrà una cornice d'eccezione domenica 7 ottobre -- in piazza San Pietro -- con la proclamazione come «dottori della Chiesa» di san Giovanni d'Ávila -- sacerdote diocesano spagnolo -- e santa Ildegarda di Bingen -- monaca benedettina tedesca -- e con la celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI. In questo contesto, vengono proposti alla Chiesa universale due nuovi dottori, il cui significato, vicinanza e perenne attualità sottolinea il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in questa intervista concessa al nostro giornale.
 
Che cosa rappresenta oggi la proclamazione di un dottore della Chiesa? Dal punto di vista teologico e pastorale, quali aspetti risaltano con questo atto?
 
Diciamo subito che il titolo di dottore della Chiesa universale è conferito a quei santi e sante, come appunto santa Ildegarda di Bingen e san Giovanni d'Ávila, perchè, con la loro eminente dottrina, hanno contribuito all'approfondimento della conoscenza della divina Rivelazione, arricchendo il patrimonio teologico della Chiesa e procurando ai fedeli la crescita nella fede e nella carità. È questo, in estrema sintesi, il significato della proclamazione di un dottore della Chiesa. Da un punto di vista teologico, si evidenziano aspetti inediti della verità evangelica, e, da un punto di vista pastorale, si suscita nei fedeli un rinnovato appello alla coerenza di vita. Oltre alla santità di vita, quindi, i dottori della Chiesa si distinguono per una particolare eccellenza dottrinale e pastorale.
 
In che consiste l'eminens doctrina dei due dottori? Cosa dire, ad esempio, della badessa benedettina Ildegarda di Bingen?
 
La benedettina tedesca Ildegarda di Bingen (1098-1179), fondatrice e badessa di due monasteri, nelle sue opere enuncia una dottrina esimia per profondità, originalità e fedeltà al dato rivelato. Animata da un'autentica carità intellettuale, ella enuncia con densità di contenuto e freschezza di linguaggio il mistero di Dio Trinità, dell'Incarnazione, della Chiesa, dell'umanità.
 
Può fare qualche esempio?
 
Come esempio, diamo alcuni tratti della sua antropologia. Ildegarda parte dal racconto biblico dell'essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Genesi 1, 26). Ella vede l'immagine divina dell'uomo nella sua razionalità, fatta di intelletto e volontà. L'intelletto può distinguere il bene dal male e svolge la funzione di magister, che permette di capire ogni cosa, anche la divinità e l'umanità di Dio. La volontà spinge l'uomo a compiere ogni opera, sia buona che cattiva. La parola di Dio educa la volontà alla scelta del bene. Per Ildegarda, inoltre, l'essere umano è visto come unità corpo-anima con l'apprezzamento positivo della corporeità in ordine al merito. Che il corpo non sia stato concesso all'uomo solo come peso, lo dimostra il fatto che le anime dei santi desiderano ardentemente la riunificazione con il loro corpo mortale. Di conseguenza il compimento escatologico significa una trasformazione e una risurrezione del corpo per la vita eterna.
 
Cosa insegna Ildegarda nei confronti della relazione uomo-donna?
 
Nel rapporto uomo-donna Ildegarda riafferma la sostanziale uguaglianza creaturale delle due creature. Inoltre, la creazione di Eva dalla costola di Adamo viene vista in riferimento al fatto che la donna venne data all'uomo come socia: «in consortium dilectionis», «socia». Diversamente dagli autori del tempo, che vedevano nel peccato originale l'estrema fragilità femminile, per Ildegarda fu l'ardente amore di Adamo per Eva a dare occasione al demonio di tentare Eva per prima. La lettura della sua opera principale, Scivias, è istruttiva al riguardo.
 
Cosa dire di san Giovanni d'Ávila?
 
San Giovanni d'Ávila (1499/1500-1569) fu uno dei maestri spirituali più prestigiosi e consultati del suo tempo. Ricorsero alla sua sapienza per un retto orientamento di vita, fra gli altri, sant'Ignazio di Loyola, san Giovanni di Dio, san Francesco Borgia, san Tommaso di Villanova, san Pietro d'Álcantara, san Giovanni de Ribera, santa Teresa di Gesù, san Giovanni della Croce. San Giovanni d'Ávila era anche un eccellente catechista e predicatore e non tralasciò di fare un uso magistrale dello scritto per esporre i suoi insegnamenti. Una sua peculiarità è l'affermazione della chiamata universale alla santità per tutti i battezzati. Lungo i secoli i suoi scritti sono stati di grande ispirazione per la formazione sacerdotale e per l'educazione dei laici. Particolarmente attuale risulta la sua insistenza sulla santificazione dei sacerdoti, esperti della parola di Dio e della preghiera della Chiesa, come chiave della continua riforma della Chiesa.
 
Come è iniziato l'iter che ha portato al loro dottorato? Ovviamente non parliamo qui della procedura canonica, ma delle motivazioni ideali per promuovere e sostenere il loro dottorato.
 
Sono principalmente i pastori e i fedeli a sollecitare il Santo Padre a compiere questo passo. Per quanto riguarda Ildegarda di Bingen, ad esempio, in una delle ultime petizioni (1979), i vescovi tedeschi richiedevano con insistenza il dottorato per la santa badessa benedettina. Tra i firmatari, al terzo posto c'è la firma dell'allora cardinale Joseph Ratzinger. I vescovi evidenziavano sia l'eminens doctrina sia l'attualità del pensiero ildegardiano. In particolare: la sua capacità carismatica e speculativa, che può incentivare spiritualmente la teologia contemporanea; con Ildegarda si darebbero alle tante donne accademicamente formate in teologia un modello e uno stimolo per il loro impegno scientifico e pastorale; la comprensione della natura come creazione di Dio, molto presente negli scritti ildegardiani, è di particolare interesse oggi; il dottorato darebbe un forte impulso all'ideale femminile di consacrazione; infine, anche la sua opera musicale potrebbe avere una certa influenza positiva sull'odierna musica di chiesa.
 
E per quanto riguarda san Giovanni d'Ávila?
 
Per san Giovanni d'Ávila il movimento per la promozione del suo dottorato ebbe inizio fin dalla sua canonizzazione, avvenuta nel 1970. Il titolo di maestro, attribuito tradizionalmente al santo, motivava l'ipotesi di un dottorato, promosso soprattutto dalla Conferenza episcopale spagnola. Veniva evidenziato il carisma di sapienza a lui conferito dallo Spirito Santo per il bene della Chiesa e l'influenza benefica del suo insegnamento sul popolo di Dio e soprattutto sui sacerdoti.
 
L'ultima proclamazione di un dottore della Chiesa ebbe luogo nel 1997 con Teresa di Lisieux, una nostra quasi contemporanea. Quale attualità, allora, possono avere questi due nuovi dottori, vissuti rispettivamente nel XII e nel XVI secolo?
 
Credo che la loro attualità emerga da quanto detto prima. Non bisogna mai dimenticare che una dottrina originale ed eminente nel secolo XII o nel secolo XVI può esserlo ancora oggi. L'eminens doctrina -- al pari della santità -- non tramonta mai. I Padri della Chiesa ne sono una convincente testimonianza cogente.
 
Santa Ildegarda è una monaca benedettina e san Giovanni d'Ávila un sacerdote. Cosa possono dire ai fedeli laici?
 
Ai laici, come del resto a tutti, essi possono ispirare pensieri di santità, ma anche illuminarli con le loro riflessioni teologiche, spirituali, catechetiche, formative. Essi insegnano che l'unione con Dio e il compimento della volontà divina sono beni da desiderare grandemente. I cristiani si sentiranno incoraggiati a tradurre nella pratica della vita l'annuncio evangelico in questa nostra epoca. Inoltre questi dottori ammoniscono che il mondo può essere retto e amministrato con giustizia solo se lo si considera creatura del Padre amoroso e provvido che è nei cieli.
 
C'è una qualche ragione per proclamarli insieme Dottori della Chiesa?
 
Si tratta di coincidenza fortuita o, se vogliamo, di una eleganza della divina Provvidenza, il cui significato è tutto da scoprire. Da parte nostra, ringraziamo il Santo Padre per questo dono prezioso alla Chiesa di Cristo.
 
(L'Osservatore Romano 7 ottobre 2012)

OMELIA DEL SANTO PADRE
apertura Sinodo dei Vescovi Annus Fidei 7.10.2012

Venerati Fratelli,
 cari fratelli e sorelle!
 
Con questa solenne concelebrazione inauguriamo la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ha per tema: La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana.

Questa tematica risponde ad un orientamento programmatico per la vita della Chiesa, di tutti i suoi membri, delle famiglie, delle comunità, delle sue istituzioni. E tale prospettiva viene rafforzata dalla coincidenza con l’inizio dell’Anno della fede, che avverrà giovedì prossimo 11 ottobre, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Rivolgo il mio cordiale e riconoscente benvenuto a voi, che siete venuti a formare questa Assemblea sinodale, in particolare al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e ai suoi collaboratori. Estendo il mio saluto ai Delegati fraterni delle altre Chiese e Comunità Ecclesiali e a tutti i presenti, invitandoli ad accompagnare nella preghiera quotidiana i lavori che svolgeremo nelle prossime tre settimane.
 Le Letture bibliche che formano la Liturgia della Parola di questa domenica ci offrono due principali spunti di riflessione: il primo sul matrimonio, che vorrei toccare più avanti; il secondo su Gesù Cristo, che riprendo subito. Non abbiamo il tempo per commentare questo passo della Lettera agli Ebrei, ma dobbiamo, all’inizio di questa Assemblea sinodale, accogliere l’invito a fissare lo sguardo sul Signore Gesù, «coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto» (Eb 2,9). La Parola di Dio ci pone dinanzi al Crocifisso glorioso, così che tutta la nostra vita, e in particolare l’impegno di questa Assise sinodale, si svolgano al cospetto di Lui e nella luce del suo mistero. L’evangelizzazione, in ogni tempo e luogo, ha sempre come punto centrale e terminale Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio (cfr Mc 1,1); e il Crocifisso è per eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il Vangelo: segno di amore e di pace, appello alla conversione e alla riconciliazione. Noi per primi, venerati Fratelli, teniamo rivolto a Lui lo sguardo del cuore e lasciamoci purificare dalla sua grazia.

 Ora vorrei brevemente riflettere sulla «nuova evangelizzazione», rapportandola con l’evangelizzazione ordinaria e con la missione ad gentes.
La Chiesa esiste per evangelizzare. [SM=g1740721]

Fedeli al comando del Signore Gesù Cristo, i suoi discepoli sono andati nel mondo intero per annunciare la Buona Notizia, fondando dappertutto le comunità cristiane. Col tempo, esse sono diventate Chiese ben organizzate con numerosi fedeli. In determinati periodi storici, la divina Provvidenza ha suscitato un rinnovato dinamismo dell’attività evangelizzatrice della Chiesa. Basti pensare all’evangelizzazione dei popoli anglosassoni e di quelli slavi, o alla trasmissione del Vangelo nel continente americano, e poi alle stagioni missionarie verso i popoli dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceania. Su questo sfondo dinamico mi piace anche guardare alle due luminose figure che poc’anzi ho proclamato Dottori della Chiesa: San Giovanni d’Avila e Santa Ildegarda di Bingen. Anche nei nostri tempi lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa un nuovo slancio per annunciare la Buona Notizia, un dinamismo spirituale e pastorale che ha trovato la sua espressione più universale e il suo impulso più autorevole nel Concilio Ecumenico Vaticano II. Tale rinnovato dinamismo dell’evangelizzazione produce un benefico influsso sui due «rami» specifici che da essa si sviluppano, vale a dire, da una parte, la missio ad gentes, cioè l’annuncio del Vangelo a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo e il suo messaggio di salvezza; e, dall’altra parte, la nuova evangelizzazione, orientata principalmente alle persone che, pur essendo battezzate, si sono allontanate dalla Chiesa, e vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana.

L’Assemblea sinodale che oggi si apre è dedicata a questa nuova evangelizzazione, per favorire in queste persone un nuovo incontro con il Signore, che solo riempie di significato profondo e di pace l’esistenza; per favorire la riscoperta della fede, sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, familiare e sociale. Ovviamente, tale orientamento particolare non deve diminuire né lo slancio missionario in senso proprio, né l’attività ordinaria di evangelizzazione nelle nostre comunità cristiane. In effetti, i tre aspetti dell’unica realtà di evangelizzazione si completano e fecondano a vicenda.

 Il tema del matrimonio, propostoci dal Vangelo e dalla prima Lettura, merita a questo proposito un’attenzione speciale. Il messaggio della Parola di Dio si può riassumere nell’espressione contenuta nel Libro della Genesi e ripresa da Gesù stesso: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 2,24; Mc 10,7-8). Che cosa dice oggi a noi questa Parola? Mi sembra che ci inviti a renderci più consapevoli di una realtà già nota ma forse non pienamente valorizzata: che cioè il matrimonio, costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi, in particolare per il mondo scristianizzato. L’unione dell’uomo e della donna, il loro diventare «un’unica carne» nella carità, nell’amore fecondo e indissolubile, è segno che parla di Dio con forza, con una eloquenza che ai nostri giorni è diventata maggiore, perché purtroppo, per diverse cause, il matrimonio, proprio nelle regioni di antica evangelizzazione, sta attraversando una crisi profonda. E non è un caso. Il matrimonio è legato alla fede, non in senso generico. Il matrimonio, come unione d’amore fedele e indissolubile, si fonda sulla grazia che viene dal Dio Uno e Trino, che in Cristo ci ha amati d’amore fedele fino alla Croce. Oggi siamo in grado di cogliere tutta la verità di questa affermazione, per contrasto con la dolorosa realtà di tanti matrimoni che purtroppo finiscono male. C’è un’evidente corrispondenza tra la crisi della fede e la crisi del matrimonio. E, come la Chiesa afferma e testimonia da tempo, il matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma soggetto della nuova evangelizzazione. Questo si verifica già in molte esperienze, legate a comunità e movimenti, ma si sta realizzando sempre più anche nel tessuto delle diocesi e delle parrocchie, come ha dimostrato il recente Incontro Mondiale delle Famiglie.

 Una delle idee portanti del rinnovato impulso che il Concilio Vaticano II ha dato all’evangelizzazione è quella della chiamata universale alla santità, che in quanto tale riguarda tutti i cristiani (cfr Cost. Lumen gentium, 39-42). I santi sono i veri protagonisti dell’evangelizzazione in tutte le sue espressioni. Essi sono, in particolare, anche i pionieri e i trascinatori della nuova evangelizzazione: con la loro intercessione e con l’esempio della loro vita, attenta alla fantasia dello Spirito Santo, essi mostrano alle persone indifferenti o addirittura ostili la bellezza del Vangelo e della comunione in Cristo, e invitano i credenti, per così dire, tiepidi, a vivere con gioia di fede, speranza e carità, a riscoprire il «gusto» della Parola di Dio e dei Sacramenti, in particolare del Pane di vita, l’Eucaristia. Santi e sante fioriscono tra i generosi missionari che annunciano la Buona Notizia ai non cristiani, tradizionalmente nei paesi di missione e attualmente in tutti i luoghi dove vivono persone non cristiane. La santità non conosce barriere culturali, sociali, politiche, religiose. Il suo linguaggio – quello dell’amore e della verità – è comprensibile per tutti gli uomini di buona volontà e li avvicina a Gesù Cristo, fonte inesauribile di vita nuova.

 A questo punto, soffermiamoci un momento ad ammirare i due Santi che oggi sono stati aggregati alla eletta schiera dei Dottori della Chiesa. San Giovanni di Avila visse nel secolo XVI. Profondo conoscitore delle Sacre Scritture, era dotato di ardente spirito missionario. Seppe penetrare con singolare profondità i misteri della Redenzione operata da Cristo per l’umanità. Uomo di Dio, univa la preghiera costante all’azione apostolica. Si dedicò alla predicazione e all’incremento della pratica dei Sacramenti, concentrando il suo impegno nel migliorare la formazione dei candidati al sacerdozio, dei religiosi e dei laici, in vista di una feconda riforma della Chiesa.

 Santa Ildegarda di Bingen, importante figura femminile del secolo XII, ha offerto il suo prezioso contributo per la crescita della Chiesa del suo tempo, valorizzando i doni ricevuti da Dio e mostrandosi donna di vivace intelligenza, profonda sensibilità e riconosciuta autorità spirituale. Il Signore la dotò di spirito profetico e di fervida capacità di discernere i segni dei tempi. Ildegarda nutrì uno spiccato amore per il creato, coltivò la medicina, la poesia e la musica. Soprattutto conservò sempre un grande e fedele amore per Cristo e per la Chiesa.
 Lo sguardo sull’ideale della vita cristiana, espresso nella chiamata alla santità, ci spinge a guardare con umiltà la fragilità di tanti cristiani, anzi il loro peccato, personale e comunitario, che rappresenta un grande ostacolo all’evangelizzazione, e a riconoscere la forza di Dio che, nella fede, incontra la debolezza umana. Pertanto, non si può parlare della nuova evangelizzazione senza una disposizione sincera di conversione.
Lasciarsi riconciliare con Dio e con il prossimo (cfr 2 Cor 5,20) è la via maestra della nuova evangelizzazione. Solamente purificati, i cristiani possono ritrovare il legittimo orgoglio della loro dignità di figli di Dio, creati a sua immagine e redenti con il sangue prezioso di Gesù Cristo, e possono sperimentare la sua gioia per condividerla con tutti, con i vicini e con i lontani.

 Cari fratelli e sorelle, affidiamo a Dio i lavori dell’Assise sinodale nel sentimento vivo della comunione dei Santi, invocando in particolare l’intercessione dei grandi evangelizzatori, tra i quali vogliamo con grande affetto annoverare il Beato Papa Giovanni Paolo II, il cui lungo pontificato è stato anche esempio di nuova evangelizzazione. Ci poniamo sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione. Con lei invochiamo una speciale effusione dello Spirito Santo, che illumini dall’alto l’Assemblea sinodale e la renda fruttuosa per il cammino della Chiesa oggi nel nostro tempo .
Amen.


[Modificato da Caterina63 07/10/2012 13:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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