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FUOCO di...Paglia..... attenti alla strumentalizzazione delle parole di mons. Paglia

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2013 23:37
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[SM=g1740733] si sapeva... quando si parla a braccio e quando si parla troppo, si finisce per prestare il fianco al nemico....
Riteniamo che nella Chiesa Cattolica siano in troppi a parlare, e che si si vuole e si deve parlare, basterebbe RIPORTARE il Magistero della Chiesa SENZA STRAVOLGIMENTI come chiede più volte il Papa....
Da ieri i titoloni dei giornali sostengono che grazie alle parole di mons. Paglia, la Chiesa apre la porta alle coppie omosessuali.... ma questo è FALSO!!!
Come interpretare le parole di mons. Paglia?
Vi proponiamo l'articolo di lanuovaBussolaQuotidiana che ha chiarito un pò questo "fuoco...di paglia"  ma invitiamo il Presule a fare attenzione a quando rilascia dichiarazioni pubbliche e quando vuole parlare a nome della Chiesa e dunque anche nostra.... [SM=g1740730]

Fuoco di Paglia
di Riccardo Cascioli

06-02-2013
Mons. Vincenzo Paglia

S’avanza una strana idea nella Chiesa italiana a proposito di famiglia e offensiva gay. Vale a dire: continuare a proclamare l’unicità della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, ma nello stesso tempo concedere un riconoscimento giuridico – sebbene non parificato al matrimonio - alle convivenze, sia etero che omosessuali.

E’ già da un po’ che si sente circolare questa idea ma il 4 febbraio l’ha esplicitata monsignor Vincenzo Paglia, neo presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, nel corso della conferenza stampa inaugurale del proprio mandato. Nel discorso introduttivo, monsignor Paglia ha parlato in realtà soltanto del valore unico della famiglia naturale e ha presentato le iniziative del suo dicastero per promuovere una «cultura della famiglia».
Ma poi, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha fatto una serie di affermazioni che tradiscono una impostazione francamente sconcertante, sia nel merito sia nella forma. Pur ribadendo che il matrimonio è solo tra uomo e donna (e ha citato anche Giorgio Gaber a supporto di questa tesi) ha però detto che vanno anche riconosciuti i diritti delle coppie di fatto, anzi «è tempo che i legislatori se ne preoccupino». Inoltre, monsignor Paglia nel riconoscere che c’è una molteplicità di «convivenze non familiari» assicura che la Chiesa è favorevole «a che in questa prospettiva si aiutino a individuare soluzioni di diritto privato e prospettive patrimoniali all’interno dell’attuale Codice civile». Infine non poteva mancare un omaggio al “politicamente corretto” con l’invito a vigilare sulle discriminazioni delle persone omosessuali nel mondo: «In oltre venti paesi l’omosessualità è ancora perseguita come reato».


Si diceva che le affermazioni sulle convivenze sono sconcertanti, anzitutto nel merito. Paglia chiede che il Parlamento legiferi in materia di «convivenze non familiari» per trovare  soluzioni di diritto privato e prospettive patrimoniali. Quindi l’ex vescovo di Terni ritiene che attualmente non siano garantiti i diritti dei conviventi, ma qui sbaglia di grosso: i diritti sono garantiti eccome – per etero e omosessuali -, sia dalla legge sia dalla giurisprudenza, che in materia è particolarmente ricca. Tanto è vero che quando si vogliono lanciare campagne per il riconoscimento delle coppie di fatto, si agitano problemi palesemente falsi (vedi l’assistenza del convivente in ospedale). Di fatto già oggi ci sono tutti gli strumenti possibili nel diritto privato per regolare in modo equo le relazioni fra conviventi.

Un eventuale intervento del legislatore, perciò, si configurerebbe come riconoscimento della convivenza e non come tutela dei diritti dei conviventi, cioè si andrebbe a creare un simil-matrimonio, che in verità non ha alcuna ragion d’essere. Peraltro, l’invito di Paglia era già stato colto dal governo Prodi che presentò nel 2006 il progetto dei Dico (firmato dai ministri Bindi e Turco), ma la Chiesa fece di tutto per bloccarli anche con il sostegno al Family Day. Vogliamo dire che allora la Chiesa si sbagliò e oggi una analoga proposta non incontrerebbe grande resistenza?

Ad ogni modo vale la pena ricordare che lo Stato – ogni Stato – si occupa della famiglia e riconosce la famiglia come propria cellula fondamentale non per garantire dei diritti ai coniugi o per riconoscere l’amore fra i due, ma in funzione della necessità dello Stato stesso. Detto molto banalmente: lo Stato ha bisogno di figli (scopo di ogni società è durare nel tempo), i figli nascono dal rapporto tra uomo e donna, i figli – per crescere bene, sviluppare tutte le potenzialità umane che hanno - hanno necessità di un padre e una madre dentro rapporti stabili. Lo Stato non si occupa di quanto un marito e una moglie si vogliano bene – e ci mancherebbe altro – ma semplicemente si preoccupa della tutela dei figli, che sono il futuro della nazione. Ecco perché gli articoli del Codice civile che si riferiscono al matrimonio – e che anche monsignor Paglia avrà letto mille volte alle coppie che avrà sposato – sono un elenco di doveri (fedeltà, assistenza materiale e morale, coabitazione, educazione dei figli, collaborazione), non di diritti. E marito e moglie nel matrimonio si assumono davanti alla società la responsabilità di assolvere questi doveri. I diritti patrimoniali – cui fa accenno Paglia riferendosi ai conviventi – discendono da questi doveri: la successione o la reversibilità della pensione a questo sono legati, perciò non ha alcun senso chiederli per le coppie conviventi che, proprio in quanto conviventi, non si assumono alcun dovere. Se invece il convivente si assumesse anche dei doveri, allora diventerebbe una relazione matrimoniale.

Il fatto che tra due persone conviventi ci sia una relazione affettiva, che magari in alcuni casi – ma solo in alcuni casi - possa essere più stabile di alcuni matrimoni non significa nulla dal punto di vista dello Stato, e la Corte Costituzionale già nel 1996 ha negato per questo ogni rilievo giuridico alla convivenza. Né questo dipende – come lascerebbe intendere l’intervento di mons. Paglia – dal numero delle convivenze: oggi è un fatto talmente diffuso, si dice, che il legislatore non può non prendere in considerazione il problema.
Ma l’intervento dello Stato si basa sulla natura del rapporto non sulla sua diffusione, anzi: proprio perché la famiglia naturale è in crisi si giustificherebbe una sottolineatura ancora più marcata per valorizzare questo istituto così fondamentale per la vita di una società, anche dal punto di vista economico.

E qui entra in gioco anche il giudizio morale, che riguarda più specificamente la Chiesa cattolica. L’intervento di Paglia sembra sottintendere una neutralità morale della convivenza: c’è chi si sposa, c’è chi convive (anche omosessuali), tutte scelte comunque possibili che dipendono semplicemente dalla volontà dei singoli. Ma per la Chiesa non è così: pur non obbligando nessuno, però è chiaro che l’unico luogo deputato per i rapporti sessuali è il matrimonio – e anche qui ci sono motivi adeguati alla ragione -, e non pare che questo insegnamento sia stato abrogato nel frattempo; non parliamo poi dei rapporti omosessuali, che restano contro natura malgrado la cultura dominante dica il contrario. Chiedere qualsiasi tipo di assegnazione di diritti alla convivenza implica invece un riconoscimento implicito del suo valore morale e un incoraggiamento a permanere in questo tipo di relazione, anche omosessuale. Detto per inciso, è anche in questo modo che s’avanza il pensiero omosessualista nella Chiesa: da una parte si continua a proclamare che l’unica famiglia è quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna, ma dall’altra si avallano stili di vita incompatibili con la vocazione dell’uomo.

Questo tipo di ambiguità sarebbe già abbastanza grave da parte di qualsiasi vescovo ma detta dal presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, per di più nella conferenza stampa con cui inaugura il suo mandato, assume una gravità particolare, anche se – dicevamo all’inizio – questa posizione si va diffondendo nella Chiesa italiana, nella migliore delle ipotesi come (miope) strategia politica per salvare l’unicità della famiglia naturale.
Certo, qui nascono inevitabilmente domande sul perché di certe nomine in Vaticano, soprattutto in dicasteri così importanti, ma è un tema su cui avremo modo di tornare. Resta il fatto che sulla questione del matrimonio e delle convivenze urge un chiarimento dei vertici della Chiesa: di confusione ce n’è già abbastanza.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/02/2013 21:13
 
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[SM=g1740722] ci fa piacere constatare che non siamo soli.....


06.02.2013 18:59

 

Abbiamo ricevuto alcune richieste a riguardo delle affermazioni fatte da mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia sulle gravissime prese di posizione da parte della Francia e via, via, posizioni che prenderanno tutti gli Stati Europei a riguardo dell'equiparazione dei "matrimoni omosessuali".

In un breve giro di consultazioni avevamo deciso, in un primo momento, di non entrare in questi argomenti giacché non sono materia prettamente ecclesiale quanto piuttosto delle scelte da parte degli Stati che ci tengono a restare lontani dalla Chiesa e vogliono restare nel mondo lontano da Dio, anzi, spesso mettendosi proprio contro Cristo.

Tuttavia, vista la voce ufficiale che si è elevata e che ha gettato scompiglio; vista la situazione di confusione che c'è nella Chiesa; visto che alla fine è materia dottrinale anche la morale, l'etica, gli stili di vita, abbiamo deciso di dedicare non tanto un articolo, ma di testimoniare la nostra presa di posizione, dissociandoci dal pensiero espresso da mons. Paglia, unendoci in totos alle riflessioni sagge di Riccardo Cascioli da "La nuova Bussola Quotidiana"

Invitiamo tutti i lettori a prendere conoscenza di questo articolo cliccando qui.

Dal canto nostro invitiamo e sollecitiamo, in quella correzione fraterna, mons. Vincenzo Paglia a non rilasciare in futuro dichiarazioni a braccio che rischiano di impegnare tutto il mondo Cattolico. Non è corretto quando queste dichiarazioni non sono frutto dell'insegnamento della Chiesa e portano a pensare diversamente dalla Dottrina, noi non ci riconosciamo nelle sue dichiarazioni.

Vogliamo ricordare a mons. Paglia e a voi Lettori, che esiste un Documento  del 2003 chiaro e firmato allora sia da Giovanni Paolo II quanto dal Pontefice Benedetto XVI quando era allora, cardinale Ratzinger, Prefetto per la CdF:

CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
CONSIDERAZIONI CIRCA I PROGETTI DI RICONOSCIMENTO LEGALE
DELLE UNIONI TRA PERSONE OMOSESSUALI

 

Riportiamo solo alcune parti:

- L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla complementarità dei sessi ripropone una verità evidenziata dalla retta ragione e riconosciuta come tale da tutte le grandi culture del mondo. Il matrimonio non è una qualsiasi unione tra persone umane. Esso è stato fondato dal Creatore, con una sua natura, proprietà essenziali e finalità.(3) Nessuna ideologia può cancellare dallo spirito umano la certezza secondo la quale esiste matrimonio soltanto tra due persone di sesso diverso, che per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, tendono alla comunione delle loro persone. In tal modo si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite.

- Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale. Gli atti omosessuali, infatti, « precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere approvati ».

- Secondo l'insegnamento della Chiesa, nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali « devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione ».(7) Tali persone inoltre sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità.(8) Ma l'inclinazione omosessuale è « oggettivamente disordinata »(9) e le pratiche omosessuali « sono peccati gravemente contrari alla castità  ».

- Il Documento smentisce le affermazioni pretese da mons. Paglia:

A sostegno della legalizzazione delle unioni omosessuali non può essere invocato il principio del rispetto e della non discriminazione di ogni persona. Una distinzione tra persone oppure la negazione di un riconoscimento o di una prestazione sociale non sono infatti accettabili solo se sono contrarie alla giustizia.(16) Non attribuire lo statuto sociale e giuridico di matrimonio a forme di vita che non sono né possono essere matrimoniali non si oppone alla giustizia, ma, al contrario, è da essa richiesto. (...) Neppure il principio della giusta autonomia personale può essere ragionevolmente invocato. Una cosa è che i singoli cittadini possano svolgere liberamente attività per le quali nutrono interesse e che tali attività rientrino genericamente nei comuni diritti civili di libertà, e un'altra ben diversa è che attività che non rappresentano un significativo e positivo contributo per lo sviluppo della persona e della società possano ricevere dallo Stato un riconoscimento legale specifico e qualificato. Le unioni omosessuali non svolgono neppure in senso analogico remoto i compiti per i quali il matrimonio e la famiglia meritano un riconoscimento specifico e qualificato. Ci sono invece buone ragioni per affermare che tali unioni sono nocive per il retto sviluppo della società umana, soprattutto se aumentasse la loro incidenza effettiva sul tessuto sociale.

- Se tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, i politici cattolici lo sono in particolare, nella linea della responsabilità che è loro propria. In presenza di progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali, sono da tener presenti le seguenti indicazioni etiche.
Nel caso in cui si proponga per la prima volta all'Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale.

- Conclusione, dice il Documento:

La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano, favoriscano e proteggano l'unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria della società. Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell'umanità. La Chiesa non può non difendere tali valori, per il bene degli uomini e di tutta la società.

****

Non abbiamo altro da aggiungere se non che ricordare a questi Vescovi la posizione chiara della Chiesa e che non possono parlare a nome di Essa quando impongono e avanzano con le loro opinioni personali, imponendo un potere "clericale" - di pensiero eretico - che è stato sempre condannato da tutti i Santi.

 

****


Maggiori informazioni http://anticlericali-cattolici.webnode.it/news/attenti-al-fuoco-di-paglia/

[SM=g1740771]

[Modificato da Caterina63 06/02/2013 21:46]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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08/02/2013 15:05
 
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Neanche io credo che, il monsignore abbia parlato in favore delle coppie gay
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29/05/2013 23:37
 
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[SM=g1740758] Ora si che ci siamo, bravo mons. Paglia [SM=g1740722]

Dalla parte dei legami forti
di mons. Vincenzo Paglia  

Mi permetto di entrare nelle riflessioni proposte dalla Saraceno in merito al matrimonio (“Famiglie arcobaleno tra diritti e doveri”) esposte (sabato 17 maggio) su La Repubblica. L’intero discorso della Saraceno, anche se non ricorre apertamente a questa formulazione, mi pare si fondi sull’idea che il matrimonio e la filiazione siano dei diritti, a cui devono accedere tutti: il matrimonio e la filiazione per gli omosessuali, quindi costituirebbe solamente un allargamento dei diritti a una minoranza sfavorita. Per fare questo, deve ridurre il matrimonio, o meglio come lei dice il matrimonio oggi, alla “scelta libera di due persone di mettere in atto una vita in comune, basata sulla solidarietà reciproca e sull’affetto”.
 
Quello che lei definisce è senza dubbio un legame positivo fra le persone, ma il matrimonio è un’altra cosa. Il matrimonio, infatti, è l’istituzione preposta a regolare il rapporto fra le generazioni, ed è fondata quindi sulla differenza fertile fra i due contraenti, la donna e l’uomo. Cioè sulla relazione generatrice fra due categorie di individui non equivalenti e non intercambiabili: le donne e gli uomini. Dall’unione matrimoniale ha origine una nuova rete parentale, fondata sulla sfera giuridica che nasce dai legami naturali tra ascendenti e discendenti, come ha dichiarato Claude Levi-Strauss a Tokyo nel 1986, “i legami biologici forniscono il modello sul quale sono costruiti i legami di parentela”. E’ davvero così saggio cancellare tutto questo?

Cancellare questa istituzione, infatti, sostituendola ad un legame debole e legato alla sola volontà di reciprocità dei contraenti – quello che descrive Saraceno – costituisce una vera e propria rivoluzione antropologica delle nostre società. Significa non trasmettere alle generazioni che ci seguono il nostro modello antropologico, significa un’interruzione grave della trasmissione culturale.
 
Si può ben comprendere, quindi, come questo cambiamento susciti tanti timori, dia origine a tante riflessioni e a interessanti esami multidisciplinari dei legami intergenerazionali e intersessuali. Si può ben capire, allora, come un processo simile possa richiedere molto tempo. Mettere fretta al legislatore, invocando quello che è già avvenuto in altri paesi, non è un argomento convincente. Semmai è pericoloso. E’ di poche settimane fa del resto – e in parte è ancora in corso – l’aspra polemica che ha diviso la Francia sulla legittimazione dei matrimoni e della filiazione degli omosessuali: non si può certo considerare marginale un dissenso che ha coinvolto circa la metà dei francesi, e che ha visto alzarsi contro la nuova legge molti voci laiche, non poche volte anche di militanti dello stesso partito di Hollande.
 
Proprio al centro di questo dibattito è stato il problema dei bambini a venire, cioè delle future generazioni, che non possono manifestare, né essere ascoltate. Abbiamo il diritto di farli vivere in una situazione per forza di cose falsa – nessun bambino ha due mamme o due papà – anche se si fa ricorso alle tecniche di procreazione assistita? Pure in laboratorio la partecipazione dei due sessi è necessaria, e anche se può essere rimpiazzata da materiali e corpi anonimi non viene cancellata la differenza costitutiva nella generazione. [SM=g1740721]

Non è un caso, infatti, che il matrimonio omosessuale richieda una manipolazione del linguaggio per negare la differenza fra padre e madre, richieda di scrivere nello stato civile delle menzogne – cioè che un bambino ha due madri o due padri – di cui tutti possono cogliere la falsità. Molte voci di psicanalisti si sono levate per denunciare il pericolo di questa corruzione del linguaggio, in cui alle parole non corrisponde più la realtà, nella formazione delle nuove generazioni, soprattutto ovviamente nei figli delle famiglie “arcobaleno”.

A fronte di alcune inchieste che negano qualsiasi tipo di danno per i bambini allevati in famiglie omosessuali – che ovviamente sono ancora lavori di breve periodo, dato che l’esperienza di questi bambini costituisce una novità – molti sono gli accorati appelli di psicanalisti e antropologi che indicano i danni di questa scelta per le future generazioni. E non basta certo spostare le ragioni del disagio all’esterno, all’omofobia della società: la differenza fra chi è figlio di una donna e un uomo e chi non viene accettato come figlio della differenza sessuale ci sarà sempre e non ha niente a che fare con l’omofobia, ma con la realtà.

Ricorrere alla minaccia dell’omofobia per far accettare il matrimonio omosessuale non mi pare possa reggere: è evidente che è possibile battersi per la dignità di ogni tipo di legame affettivo e sessuale senza dover sostenere il matrimonio, che è un legame molto diverso dalla semplice convivenza fra due persone solidali. Come del resto sostengono anche molti omosessuali, che non aderiscono alle richieste di matrimonio e filiazione. [SM=g1740721]

Possiamo quindi domandarci come mai, in un momento in cui le nostre società sono scosse dagli effetti di una gravissima crisi economica ma anche sociale e culturale, si voglia fare una così forte pressione per il matrimonio da parte della minoranza di una minoranza. Ogni attenzione alle minoranze è indubbiamente più che meritoria, soprattutto se patisce discriminazioni, ma se questo significa rivoluzionare la nostra società e la nostra cultura, credo che bisogna almeno lasciare il tempo di riflettere bene, e di discutere presentando le ragioni contrarie, senza ricevere l’accusa di essere ciechi conservatori o, peggio, degli omofobi. A mio avviso, in ogni caso, quel che è da auspicare è una famiglia (madre-padre-figli), anch’essa non isolata, ma inserita in una società che la sappia accogliere e accompagnare.


Per questo mi pare saggio citare ancora Cicerone che definiva la famiglia: “principium urbis et quasi seminarium rei pubblicae”. La sapienza cristiana, assieme alla tradizione umanistica, hanno accolto e arricchito tale antica sapienza giuridica. E le famiglie così costituite sono a tutt’oggi la risorsa più preziosa delle nostre società.


 VINCENZO PAGLIA presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia

fonte: Avvenire

[SM=g1740733]


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