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23.3.2013 incontro storico a Castel Gandolfo fra due... Pontefici

Ultimo Aggiornamento: 25/03/2013 15:21
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Un pranzo da... Papi....

Sabato 23 marzo l’inedito incontro a Castel Gandolfo tra un pontefice e il suo successore affidato alla regia di don Georg. “Il protocollo? Nessun precedente”


CITTA' DEL VATICANO

"Non si sa quale protocollo seguire, non esistono precedenti", spiegano in Curia. Di sicuro un ruolo fondamentale lo avrà nell'evento l'arcivescovo Georg Gaenswein, stretto collaboratore di entrambi gli uomini vestiti di bianco.
Quello di domani sarà una sorta di passaggio delle consegne, mai avvenuto in due millenni di storia del cristianesimo.
E non è neanche possibile immaginare di quante e quali cose i due potranno parlare.

"Si avverte una radicale sintonia tra Benedetto XVI e Francesco: due figure di altissima spiritualità, il cui rapporto con la vita è completamente ancorato in Dio", sottolinea Civiltà cattolica, il quindicinale dei gesuiti stampato con l'imprimatur della segreteria di Stato vaticana.

 "Papa Francesco è il primo Papa gesuita della storia. Ma anche il primo, dell'epoca moderna, che proviene da un continente extra-europeo. Il primo a chiamarsi Francesco. I gesuiti sono stati fondati da sant'Ignazio di Loyola al servizio del Papa circa la missione, per essere inviati ovunque nel mondo dove ci fossero più urgenze. E il servizio del Papa è dovuto al fatto che il Pontefice è colui che ha la visione più universale e conosce le necessità della Ecclesia universa, dovunque esse sorgano. Per un gesuita essere chiamato al Ministero petrino significa essere eletto a incarnare al più alto livello un ministero universale", scrive il più antico quindicinale italiano. "Papa Francesco è un uomo di governo, che ha affrontato momenti anche molto difficili. La sua semplicità, il suo tratto umile e riservato si sposano dunque a una solida capacità di organizzazione e guida".

Non è dato sapere se papa Francesco chiederà consigli al suo predecessore, essendo tra l'altro ora alle prese con le decisioni sul futuro della Curia. Non ci sarà la diretta tv, ma qualche foto e un breve video forse sì, per quello che è un incontro inedito nella storia: due Papi l'uno davanti all'altro. E che uno sia in carica e l'altro solo «emerito», in virtù della sua decisione-shock di rinunciare al pontificato, cambia poco essendo entrambi Vicari di Cristo in terra. Mai, comunque, un Pontefice ha incontrato, ha parlato e (come succederà domani a Castel Gandolfo) è rimasto persino a pranzo con un suo predecessore.

Domani, a dieci giorni dall'elezione, papa Francesco andrà quindi in visita al suo predecessore Benedetto XVI. Alle 12.00 Bergoglio partirà in elicottero dall'eliporto vaticano - paradossalmente la stessa cosa fatta da Benedetto XVI la sera del 28 febbraio, al momento di lasciare il pontificato - e atterrerà dopo circa un quarto d'ora in quello di Castel Gandolfo, a poca distanza dalla residenza pontificia sui Colli Albani dove il «Papa emerito» vive dall'inizio della sede vacante. Lì ci sarà lo storico incontro, seguito da un pranzo. Al termine, il rientro di papa Francesco in Vaticano. Prima di rendere visita a Ratzinger, che pure ha sentito già due volte per telefono appena eletto e il 19 marzo per gli auguri dell'onomastico, Bergoglio ha voluto attendere qualche giorno, e dare inizio ufficiale al suo ministero petrino. Riti che Joseph Ratzinger ha seguito con attenzione, ma soltanto in tv.


[SM=g1740733]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/03/2013 14:00
 
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Dialogo con Ratzinger sulla Coabitazione
 
A Castel Gandolfo l'incontro senza precedenti tra i due papi
Il nodo irrisolto della permanenza dell'emerito in Vaticano
 
In queste settimane vi è stato grande uso (e talvolta abuso) degli aggettivi «storico» ed «epocale». Ma l'evento di oggi merita un po' di enfasi: l'incontro - e in un clima che sarà certamente di grande, solidale fraternità - tra il Papa regnante e quello emerito è del tutto inedito. Come è stato ripetuto più e più volte, di questi tempi, non sono mancati esempi antichi di «rinuncia papale», ma in secoli turbinosi, come episodi da inquadrare nella lotta tra papi e antipapi. Il solo precedente assimilabile a ciò che ha avuto inizio l'11 febbraio scorso è quello di Celestino V. Il quale non ebbe certo abbracci dal suo successore in effetti, Bonifacio VIII si preoccupò di neutralizzare il dimissionario, temendo che revocasse l'abdicazione. Il risultato finale - dopo fughe per terra e per mare - fu che il già papa Pietro da Morrone finirà, a 86 anni, i suoi giorni, in una cella non di un monastero ma di una fortezza dove era tenuto rinchiuso.
 
Nulla a che fare, insomma, con l'incontro previsto per oggi a Castel Gandolfo. Probabilmente non ne sapremo nulla se non, chissà quando, dai diari postumi di Joseph Ratzinger o di Jorge Mario Bergoglio. Eppure assistere a quell'appuntamento senza precedenti sarebbe tra i desideri più vivi non solo di ogni cronista ma anche di ogni storico della Chiesa. L'arcivescovo di Buenos Aires è stato creato cardinale nel Concistoro del 2001, dunque da Giovanni Paolo II. Ma è certo che sulla sua elezione ha pesato l'indicazione dell'allora Prefetto per la Fede: Ratzinger aveva molto apprezzato che Bergoglio fosse stato tra i pochi gesuiti sudamericani a non approvare le prospettive dei teologi della liberazione. Anzi, che fosse stato bersaglio di critiche e accuse, per questo, dai confratelli. L'incontro attuale, dunque, non sarà tra un «conservatore» e un «progressista» - come vorrebbe la grossolana lettura ideologica - ma tra due servitori della Chiesa consapevoli che c'è differenza tra carità cristiana e lotta di classe, tra omelia religiosa e comizio politico, tra sacerdote di Cristo e guerrigliero. Non sarà neppure un incontro tra un «giovane» e un «vecchio»: Bergoglio ha quasi la stessa età del suo predecessore quando fu eletto.

Conoscendo la delicatezza dell'uomo Ratzinger, c'è da credere che si asterrà dai consigli, limitandosi semmai a richiamare l'attenzione su questioni restate irrisolte. Si parla di una sorta di promemoria riservato, preparato da Benedetto XVI per chi, dopo di lui, avrebbe portato il pesante fardello di Pietro. Può darsi, ma c'è da supporre che pure in questo caso l'intenzione sia stata informativa e non, come dire?, pedagogica, quasi che il nuovo Pontefice avesse bisogno di essere guidato. Il Papa ora emerito lo ha detto con chiarezza, prima del congedo: sua intenzione è «sparire dalla vista del mondo», continuare a servire la Chiesa con la preghiera e non con una, seppur discreta, collaborazione al governo della Chiesa.
 
Certo, resta pur sempre la domanda che molti si sono fatti: restare nel «recinto vaticano» non rende più difficile un simile proposito di nascondimento? Devo dire che pur non attendendo, almeno per ora, la decisione della «rinuncia», più volte avevo riflettuto su quale avrebbe potuto essere il rifugio di un eventuale Benedetto XVI costretto dall'età e dal peso dei problemi a lasciare il suo servizio. Mi era istintivo pensare innanzitutto a un ritorno nella sua Baviera, dove - in posti magnifici, spesso in foreste circondate da alte montagne - sopravvivono abbazie ancora abitate da monaci benedettini. Ma l'età e la salute fragile dell'uomo non consigliavano certo un severo clima alpestre. Il Sud italiano, allora? Mi veniva di pensare alla Calabria, alla Certosa di Serra San Bruno, dove tra l'altro giace il corpo venerato dello stesso fondatore dell'Ordine, san Bruno, appunto. Benedetto XVI si è tra l'altro recato in pellegrinaggio in quel luogo sacro. Ma una Certosa non è il luogo indicato per un anziano, bisognoso - soprattutto in una prospettiva futura - di assistenza costante. I monaci vivono isolati, in una casetta che da una parte dà sul grande chiostro e dall'altra sull'orto-giardino che coltivano essi stessi. La piccola infermeria non può certo bastare. Se mi avessero chiesto di indicare un luogo per il possibile nascondimento del Papa divenuto emerito, non avrei esitato, puntando il dito sulla Provenza, dipartimento della Vaucluse, ai piedi del Mont Ventoux: per l'esattezza, nella località detta Le Barroux. Qui non solo la temperatura è ideale e il paesaggio incantevole ma qui, dal 1970, è sorta una abbazia talmente cara a Joseph Ratzinger che, da cardinale, spesso vi soggiornava qualche giorno, ora in incognito ora in visita ufficiale. In effetti il fondatore, dom Gérard, non accettando che anche i benedettini, dopo il Concilio, dovessero abbandonare il latino per la liturgia, aveva lasciato il suo monastero per crearne uno che continuasse la Tradizione e tornasse al severo rispetto della Regola. Qui il canto Gregoriano è eseguito con tale perfezione che le registrazioni su cd sono apprezzate in tutto il mondo e molti sono i giovani che si aggregano come novizi, attratti dall'austerità della vita. Avendo io pure frequentato quel luogo di straordinario fascino, seppi dai Superiori che, prima il cardinale e poi anche il Papa, aveva confidato che quello avrebbe potuto essere il luogo per il suo rifugio finale.

E invece, ecco un provvisorio Castel Gandolfo e, forse definitivi, i giardini del Vaticano. Il Papa emerito ha fatto capire che anche questa vicinanza fisica alla tomba di Pietro è un segno che non lascia di certo la Chiesa, che continua a lavorare per essa col servizio della preghiera. Problemi di convivenza, ha fatto anche capire, non ve ne saranno, vista la sua vita ritirata. Il problema sembra secondario ma non lo è, come ben sa chi conosce l'ambiente ecclesiale, con le sue sfumature. È chiaro che da parte di papa Francesco vi sarà totale accoglienza, quale che sia la scelta del suo predecessore, ma è probabile che nell'incontro privatissimo di oggi si parlerà anche di questo aspetto inedito in una Chiesa che, in due millenni, credeva di avere tutto sperimentato. Tutto ma non il singolare «condominio», nel chilometro quadrato scarso della Città del Vaticano, di un pontefice emerito e di uno regnante.


Vittorio Messori23 marzo 2013


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La prima foto......
ratzinger bergoglio


in cappella


[Modificato da Caterina63 23/03/2013 14:35]
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l'incontro in video.....
www.youtube.com/watch?v=cuTSEQQdWW8



[SM=g1740717]


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[SM=g1740758]  Comunicato ufficiale del portavoce della Santa Sede:

Papa Francesco ha incontrato oggi a Castel Gandolfo Benedetto XVI. Commoventi le immagine fornite dal Centro Televisivo Vaticano. Questa la cronaca del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, raggiunto telefonicamente a Castel Gandolfo da Sergio Centofanti:

R. – L’elicottero è atterrato a Castel Gandolfo, all’eliporto, verso le 12.15 e la macchina con il Papa emerito si è avvicinata al luogo dell’atterraggio dell’elicottero.
Il Santo Padre è sceso: era accompagnato dal Sostituto, mons. Becciu, da mons. Sapienza e da mons. Alfred Xuereb.

Appena il Papa è sceso, il Papa emerito si è avvicinato a lui e c’è stato un bellissimo abbraccio tra i due. Poi, dopo brevi saluti anche alle altre persone presenti – il vescovo di Albano e il direttore delle Ville Pontificie, Petrillo – sono saliti in macchina: il Papa Francesco è salito alla destra, quindi nel posto classico del Papa, mentre il Papa emerito si è posto alla sinistra.
Vi era anche sulla stessa macchina mons. Georg Gänswein, che è Prefetto della Casa Pontificia.
E così, la macchina si è portata poi agli ascensori e quindi i due protagonisti dello storico incontro sono saliti nell’appartamento e si sono recati subito alla cappella per un momento di preghiera. 

Dopo un breve momento di preghiera, si sono portati alla Biblioteca privata dove, verso le 12.30, è incominciato l’incontro riservato.
E’ la Biblioteca in cui normalmente il Papa riceve gli ospiti importanti a Castel Gandolfo. Papa Francesco ha portato una bella icona in dono al Papa emerito: un’icona mariana, detta “Madonna dell’umiltà”. Papa Francesco l’ha presentata a Benedetto XVI spiegando che è come un dono per i tanti esempi di umiltà che Benedetto XVI ha offerto nel corso del suo Pontificato.

Poi è incominciato il colloquio che è finito alle 13.15, è durato quindi circa 45 minuti.

Da notare, per quanto riguarda l’abbigliamento, che effettivamente – come avevamo accennato in precedenza – il Papa emerito porta una semplice talare bianca, senza fascia e senza mantelletta: sono i due particolari che lo distinguono, invece, dall’abbigliamento di Papa Francesco che ha anche una mantelletta e la fascia.
Per il pranzo è prevista la presenza dei due segretari, quindi di mons. Georg e di mons. Xuereb, quindi l’aspetto totalmente privato e riservato di colloquio si è concluso con il colloquio nella Biblioteca.
Al termine dell’incontro il Papa emerito ha riaccompagnato all’eliporto Papa Francesco che è ripartito verso il Vaticano alle 14.42.

Ricordo ancora che questo non è il primo incontro: è il primo incontro di persona, però Papa Francesco ha già rivolto molte volte il suo pensiero al Papa emerito: sia già dalla Loggia delle Benedizioni, in occasione della prima comparsa alla Loggia, sia poi con due telefonate personali: la sera stessa dell’elezione e il giorno di San Giuseppe per fare gli auguri. Quindi, il colloquio era già avviato, anche se l’incontro personale, fisico non era ancora avvenuto.
Ricordiamo anche che il Papa emerito aveva già manifestato la sua incondizionata riverenza e obbedienza per il suo successore in occasione dell’incontro con i cardinali, il 28 febbraio, e quindi ha avuto certamente modo, in questo incontro – che è stato un momento di altissima, profondissima comunione – di rinnovare questo suo atto di riverenza e di obbedienza al suo successore, mentre certamente Papa Francesco ha rinnovato la gratitudine sua e di tutta la Chiesa per il ministero svolto da Papa Benedetto nel corso del suo pontificato.




Testo proveniente dalla pagina it.radiovaticana.va/news/2013/03/23/abbraccio_bellissimo_tra_papa_francesco_e_benedetto_xvi._padr/it...
del sito Radio Vaticana

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25.03.2013 13:02

 

Nuovo Papa e non un Papa nuovo

 

Abbiamo ricevuto diverse e-mail che ci chiedevano come mai tanto silenzio sul "Papa nuovo", ci è stato chiesto cosa ne pensiamo e se forse non fossimo contrari a questa elezione.

In verità ci siamo astenuti, di proposito, di perseguire la classica rincorsa mediatica e magari di fare a gara a chi avesse poi sparato le balle più grosse.

Di proposito e perseguendo la virtù della prudenza abbiamo voluto attendere di far passare il ciclone della novità, l'emozione di una elezione, cercando di evitare quella infatuazione alimentata da molte immagini esteriori che solitamente fanno presa sui Media riversandosi, spesso rovinosamente, sulle migliaia di fedeli che sempre attendono qualcosa di "nuovo" e spesso si stancano della quotidianità, o perfino di avere un "vecchio" Papa.

 

Come avrete compreso oggi parliamo dell'uso di questo termine "nuovo".

Cominciamo con il dire che non abbiamo un Papa "nuovo" ma bensì abbiamo un nuovo Papa. La differenza è cosmica! Perciò facciamo attenzione a come usiamo le parole.

Certe parole vengono usate oggi con una tale perversione da insinuarsi all'interno di un gergo cattolico che, però, finisce anche con il diffondere l'errore.

Da dopo il Concilio Vaticano II abbiamo cominciato ad udire sempre più spesso questo termine: una Chiesa "nuova", con il perverso intento di voler usare il Concilio per pretendere dalla "chiesa nuova" anche un corpus dottrinale "nuovo". Tutto "nuovo" perchè il vecchio ha stancato, è "passato", anzi, non è al passo con i tempi. Già San Paolo ammoniva: "Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche", (1Tim.4,1);

"Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia" (Ebr.13,9).

Così come ancora più esplicitamente ammoniva l'allora cardinale Ratzinger pochi giorni prima di essere eletto Sommo Pontefice, alla Messa Pro Eligendo Pontefice:

 

"Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.

Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo.

É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità".

 

"Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo..."

(Efesini 4,14-15).

 

E' proprio la Sacra Scrittura, interpretata correttamente, che ci dice che abbiamo così un "nuovo Papa" e non già una Papa "nuovo - una chiesa nuova" ecc.... La dottrina è immutabile, ed è proprio questa immutabilità che rende all'elezione di ogni Pontefice non una novità sulle dottrine, ma una novità (= termine che viene da nuovo, novello, fresco, giovane, novizio), un concetto di nuovo non nella dottrina immutabile della Chiesa sigillata anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica in ben cinquecento pagine, ma nuovo in quella freschezza tipica di chi, appena eletto, porta sempre una ventata di fresco, di giovanile, nuovi modi per ridonare l'eterna dottrina immutabile.

 

Un "Nuovo Papa" non significa altro che un ricambio nel gestire e nella gestione di quella Dottrina che ogni Pontefice, per dirsi tale, ha l'obbligo e il dovere di trasmettere integralmente e fedelmente. Non dunque nel cambiare la dottrina, ma nel porla in modo fresco, con l'entusiasmo che contraddistingue e accompagna, umanamente parlando, l'impatto del nuovo eletto.

 

Tralasceremo di riportare qui l'odioso e il perverso gioco mediatico del fare i paragoni fra Pontefici. Sono perditempo e nocivi alla pace e salute dell'anima.

Dobbiamo piuttosto far prevalere l'impostazione "nuova, giovanile, fresca" del nuovo Pontefice a riguardo proprio della Dottrina.

Ebbene, Papa Francesco ha cominciato parlando del Diavolo! E noi non possiamo che ringraziarlo visto che ne abbiamo parlato anche qui: DEMONIO INFERNO: come parlarne ai bambini?, e dobbiamo ascoltare il "nuovo Papa", e mettere in pratica quanto dice:

"Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio. Camminare, edificare-costruire, confessare".

(14 marzo 2013: Papa Francesco, Santa Messa con i Cardinali);

 

"La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! E in questo momento viene il nemico, viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola. Non ascoltatelo! Seguiamo Gesù!

Noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù".

(24 marzo 2013: Papa Francesco Omelia Domenica delle Palme)

 

Cosa c'è di "nuovo" in queste parole? Di dottrina nulla, eppure abbiamo udito come certi Media continuano a presentare Papa Francesco come un "segno di rottura" con il suo predecessore Benedetto XVI.

E abbiamo notato anche fra gli stessi Christefideles Laici come questa falsa rottura sia vista in modo gioioso, addirittura come una "speranza nuova" affinché il "papa nuovo" possa rifondare una "chiesa nuova con dottrine nuove"! Ahimè, che risveglio amaro avranno tutti coloro che stanno sperando da Papa Francesco (o pretendendo) una "chiesa nuova" ostaggio di un mondo che mutando pretenderebbe di dettare "dottrine nuove" ai Discepoli di Cristo nostro Signore.

 

"Ma Papa Francesco ha detto che desidera una chiesa povera, non porta la croce dorata, non porta l'anello dorato, non porta le scarpette rosse...."

Signore mio, diremmo davanti a queste idiozie mediatiche, quanta povertà di pensiero!

Riguardo all'autentica povertà trasmessa dal Vangelo, vi rimandiamo volentieri a questo articolo molto ben argomentato: "La vera povertà che non è il pauperismo… della retorica laicista e della demagogia clericale ", qui possiamo aggiungere che l'autentica povertà insegnata dal Vangelo conduce inevitabilmente alle Beatitudini nelle quali sono descritte nitidamente tutte le virtù che dobbiamo vivere per dirci davvero "poveri" ed entrare nel Regno promesso.

Gesù non toglie dall'afflizione, ma dice "beati gli afflitti"; Gesù non elimina la povertà ma dice "beati quelli che hanno fame e sete di giustizia..."

Insomma, la povertà nel Vangelo è persino auspicabile ma non come fine, piuttosto come mezzo per giungere ad un fine.

Spogliare la Chiesa, dunque, non significa ridurla sul lastrico come vorrebbe certa massoneria e certo pensiero progressista, catto-comunista, modernista, affinché tale Chiesa impoverita di mezzi materiali non possa più andare per il mondo a predicare Cristo, significa piuttosto spogliarsi di quei segni legittimi come accadde per Gesù.

Cosa ci insegna infatti san Paolo?

"Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre." (Fil 2,7).

Affinché anche la Chiesa, e noi con Lei possiamo davvero essere esaltati (=santificati) dal Padre, dobbiamo avere in noi: " gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù ".

Gesù visse una povertà rivolta esclusivamente al vero fine: la nostra purificazione. Lui non visse affatto da povero, non andava in giro con le toppe ma portava una tunica talmente preziosa che i soldati si guardarono bene dal strapparla, ma la tirarono a sorte; Gesù dimostra che non aveva preoccupazioni per mangiare, anzi, Lui stesso preannunciando di essere quel Cibo che salva, sfamerà la folla con la moltiplicazione dei pani e dei pesci; Gesù dimostra che quando gli occorre qualcosa come un puledro o la stanza dove consumare l'Ultima Cena, Egli sa dove andare; Gesù dimostra di avere anche come pagare la tassa del tempio e non solo, ma elogia l'obolo della vedova e difende la raccolta dei fondi e il tesoro del tempio; Gesù fa tenere una cassa fra gli Apostoli che come sappiamo era gestita da Giuda, il traditore, che si occupava certamente di dare anche ai poveri ciò di cui avevano bisogno, ma di pensare anche al decoro stesso di Cristo e della piccola comunità alla quale nulla mancava; Gesù in definitiva non ha mai chiesto la carità, ma si è fatto mendicante dei nostri cuori, delle nostre anime: " non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo", il vero povero nella Chiesa è colui che si fa servo del prossimo. Perciò anche i poveri devono farsi servi. Il vero povero è colui che esce dalla condizione miserevole del peccato, e dalla stessa povertà intesa proprio come miseria e contro la quale sì, abbiamo il dovere di fare qualcosa: togliere il povero dall'indigenza con i mezzi che ci sono propri.

 

Sarebbe persino superfluo stare a ripetere che certe croci dorate e anelli dorati non sono affatto di oro massiccio e che in tempo di grave crisi economica il gesto di Papa Francesco (che porta non materiale di ferro come si è detto, ma di argento e vuole portare la croce pettorale (di peltro) che gli fu donata quando venne eletto Vescovo e che quindi racchiude anche un valore affettivo, che continuò a portare anche da cardinale) può senza dubbio aiutare gli animi più sensibili dai quali, però, ci si attende la medesima sensibilità e accuratezza a non infangare i Predecessori che preferirono portare le insigne dorate.

 

Vogliamo concludere queste riflessioni con una saggia fatta da un sacerdote e che riteniamo utile all'articolo:

 

Il cardinale Bergoglio in una sua omelia del 2005, dedicata al tema della vita, egli ebbe a dire:

“Quando si ascolta ciò che Gesù dice: Guarda, «Io mando voi, io vi mando come pecore tra i lupi», si vorrebbe chiedere: «Signore, stai scherzando, o non hai un posto migliore dove mandarci?».

Perché ciò che Gesù dice fa un po’ paura: «Se annunzierete la mia parola, vi perseguiteranno, vi calunnieranno, vi tenderanno trappole per portarvi davanti ai tribunali e farvi uccidere». Ma voi dovete andare avanti. Per questo motivo, fate attenzione, dice Gesù, siate astuti come i serpenti ma molto semplici come colombe, unendo i due aspetti. Il cristiano non può permettersi il lusso di essere un idiota, questo è chiaro. Noi non possiamo permetterci di essere sciocchi perché abbiamo un messaggio di vita molto bello e quindi non possiamo essere frivoli. Per questo motivo Gesù dice: «Siate astuti, state attenti». Qual è l’astuzia del cristiano? Il saper distinguere fra un lupo e una pecora. E quando, in questo celebrare la vita, un lupo si traveste da pecora, è saper riconoscere quale sia il suo odore. «Guarda, hai la pelle di una pecora, ma l’odore di un lupo». E questo, questo compito che Gesù ci dà è molto importante. È qualcosa di davvero grande”.

In cosa consisterebbe la nuova era? Su cosa sarebbe fondata? Forse sul creato o sull’amore universale? Forse su una liturgia spoglia? Forse su un S. Francesco che non appare più come « uomo cattolico e tutto apostolico », secondo la felice espressione di Pio XI? Come osservava quel Papa, ” nei nostri tempi, molti, infetti dalla peste del laicismo, hanno l’abitudine di spogliare i nostri eroi della genuina luce e gloria della santità, per abbassarli ad una specie di naturale eccellenza e professione di vuota religiosità, lodandoli e magnificandoli soltanto come assai benemeriti del progresso nelle scienze e nelle arti, delle opere di beneficenza, della patria e del genere umano. Non cessiamo perciò dal meravigliarci come una tale ammirazione per San Francesco, così dimezzato e anzi contraffatto, possa giovare ai suoi moderni amatori, i quali agognano alle ricchezze e alle delizie, o azzimati e profumati frequentano le piazze, le danze e gli spettacoli o si avvolgono nel fango delle voluttà, o ignorano o rigettano le leggi di Cristo e della Chiesa” (Lettera Enciclica “Rite expiatis”, 30 aprile 1926).

Questa nuova era, tanto simile nella freddezza dei termini al nuovo mondo di farneticanti telepredicatori, se non proprio al pensiero del New Age, sarà riconducibile alle parole del Papa? Non è che voglia avvalersi piuttosto delle parole del Papa per rendere autorevoli i propri pensieri?

Intanto, fino a questo momento, il solo che sembri rimetterci è Benedetto XVI, accusato persino di aver manipolato la liturgia in opposizione alla leggi della Chiesa. Non avrebbe meritato questo, specialmente da tanti che, fino ad un mese fa, erano intenti ad elogiare i grandi temi del suo pontificato. Col senno del poi (tanto brutto tra cristiani, ma opportuno tra uomini), dovendo riconoscere che nessuno avrebbe potuto dire in anticipo qualcosa sul pensiero del nuovo Papa, possiamo pensare ad una sorta di “captatio benevolentiae” preventiva. Pare, insomma, che il salire in anticipo sul carro del vincitore, non sia un principio affermato soltanto nel mondo. Ma siamo sicuri adesso che questo pensiero, tanto osannato, sia quello del Papa? Siamo sicuri che il biasimo del povero Benedetto alla fine paghi veramente? E’ lecito nutrire qualche dubbio. Soprattutto quando il coro, alla fine, si rivela per quello che è.

Don Antonio Ucciardo

 

Rammentiamo il grande riconoscimento che Papa Francesco ha fatto di Papa Benedetto XVI quando è andato a trovarlo: nel donargli una icona Papa Francesco gli ha detto "mi hanno detto che si chiama la Madonna dell'umiltà e, mi permetta di dirle una cosa, ho pensato a lei, alla sua umiltà durante tutto il suo pontificato (e Benedetto XVI ringraziava), ci ha dato tanto esempio di umiltà, davvero (mentre Benedetto XVI continuava a ringraziare), di tenerezza... e ho pensato a lei", mentre Benedetto XVI ringraziando aggiungeva: non dimentichiamola mai (la Madonna dell'umiltà).

Mentre abbiamo trovato davvero squallido che il portavoce della Santa Sede abbia riportato esclusivamente il termine "siamo fratelli" anziché riportare questo breve dialogo fra due grandi Pontefici come grandi lo sono stati un po tutti i Pontefici in questo martoriato Novecento e inizi del Nuovo Millennio.

 

 

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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