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Omelie del Papa nella Messa delle 7 del mattino a Santa Marta (4)

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2015 12:35
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08/10/2015 17:57
 
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MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA 
DOMUS SANCTAE MARTHAE

I senza nome

Giovedì, 8 ottobre 2015

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.230, 09/10/2015)

Gli accorati «perché» rivolti insistentemente a Dio dagli uomini ritornano anche, nero su bianco, nelle tante lettere che Francesco riceve ogni giorno. Lo ha confidato egli stesso, condividendo i sentimenti di una giovane madre di famiglia di fronte al dramma del tumore e di un’anziana donna che piange il figlio assassinato dalla mafia. Hanno scritto al Papa chiedendo perché i malvagi sembrano essere felici mentre ai giusti le cose vanno sempre nel verso sbagliato. È proprio a questi forti interrogativi che il Pontefice ha risposto celebrando giovedì mattina, 8 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta. E assicurando che Dio non abbandona mai chi si affida a Lui.

Per questa riflessione ha preso le mosse dalle parole del salmo 1 — «Beato l’uomo che confida nel Signore» — che è appunto «come una risposta alle lamentele di tanta gente, a tanti perché che noi diciamo a Dio». E quei «tanti perché» sono espressi proprio nel passo biblico tratto dal libro di Malachia (3, 13-20), proposto dalla liturgia odierna.

«Il Signore — ha affermato Francesco — si lamenta con questa gente, anche Lui si lamenta, e dice così: “Duri sono i vostri discorsi contro di me”». E, ancora, «dice il Signore, voi andate dicendo: “Che cosa abbiamo detto contro di te?”. Avete affermato: “È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore? Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti”».

«Quante volte — ha rilanciato il Papa — noi vediamo questa realtà in gente cattiva; gente che fa del male e che sembra che nella vita le vada bene: sono felici, hanno tutto quello che vogliono, non manca loro niente». Di qui la domanda: «Perché Signore?». Sì, ha affermato il Papa, «è uno dei tanti perché: perché a questo che è uno sfacciato, al quale non importa niente di Dio né degli altri, una persona ingiusta pure cattiva, va bene tutto nella vita, ha tutto quello che vuole e noi che vogliamo fare del bene abbiamo tanti problemi?».

A questo proposito, il Papa ha confidato di aver ricevuto proprio ieri «una lettera di una mamma coraggiosa»: quarant’anni, tre figli, il marito e, in casa, il dramma di un tumore, «di quelli brutti». La donna ha scritto a Francesco per chiedergli: «Ma perché mi accade questo?». Inoltre, ha aggiunto il Papa, «alcune settimane fa», in «un’altra lettera, un’anziana, che è rimasta sola perché il figlio è stato assassinato dalla mafia», gli ha domandato un altro «perché?». Aggiungendo: «Io prego». E, ancora, «un altro perché» in un’altra lettera: «Io educo i miei figli, vado avanti con una famiglia che ama Dio: perché?».

«Questi “perché”», ha affermato il Pontefice, in realtà ce li poniamo tutti. E in particolare ci domandiamo «perché i malvagi sembrano essere tanto felici?». A questi interrogativi viene in soccorso la parola di Dio. Nel passo di Malachia, ha ricordato il Papa, si legge appunto: «Il Signore porse l’orecchio e li ascoltò». Infatti «il Signore ascolta i nostri perché, sempre». E, ancora, si legge nel passo odierno di Malachia: «Un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome. Essi diverranno la mia proprietà particolare nel giorno che io preparo». Dunque, ha proseguito Francesco, «la memoria di Dio per i giusti, per quelli che in questo momento soffrono, che non riescono a spiegarsi la propria situazione». Sì, «la memoria di Dio per quelli che, benché dicano “perché? perché? perché?”, confidano nel Signore».

Ed è proprio l’atteggiamento delineato dal salmo 1: «Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia. La sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi di acqua, che dà frutto al suo tempo».

«Adesso — ha spiegato il Papa — non vediamo i frutti di questa gente che soffre, di questa gente che porta la croce» proprio «come quel Venerdì Santo e quel Sabato Santo non si vedevano i frutti del Figlio di Dio crocifisso, delle sue sofferenze». E «tutto quello che farà, riuscirà bene» recita il salmo 1.

Cosa dice, invece, lo stesso salmo «sui malvagi, su quelli che noi pensiamo vada tutto bene?». Francesco ha riletto quei versi: «Non così, non così malvagi, ma come pula che il vento disperde; poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina». Insomma «tu stai bene oggi, hai tutto, non ti importa di Dio, non ti importa degli altri, sfrutti gli altri: sei un ingiusto, soltanto pensi a te stesso, non agli altri».

Ma, ha suggerito il Papa, «c’è una cosa che Gesù ha detto e mi viene sempre in mente: “Dimmi qual è il tuo nome?”». Sì, questa gente non sa neppure come si chiama, «non ha nome». E ha ricordato la parabola del povero Lazzaro «che non aveva da mangiare e i cani leccavano le sue ferite». Mentre «l’uomo ricco, che faceva i banchetti, se la spassava senza guardare ai bisogni degli altri». Ed è curioso, ha notato il Papa, che «di quell’uomo non si dice il nome» ma «è soltanto un aggettivo: è un ricco». Infatti «nel libro della memoria di Dio dei malvagi non c’è nome: è un malvagio, è un truffatore, è uno sfruttatore». Sono persone che «non hanno nome, soltanto hanno aggettivi». Invece, ha rimarcato il Pontefice, «tutti quelli che cercano di andare sulla strada del Signore saranno con suo Figlio, che ha il nome: Gesù Salvatore. Ma un nome difficile da capire, anche inspiegabile per la prova della croce e per tutto quello che Lui ha sofferto per noi».

In conclusione Francesco ha invitato a ripensare proprio alle parole del salmo 1: «Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, ma nella legge del Signore trova la sua gioia». E così, «benché ci siano sofferenze, spera nel Signore». Proprio «come abbiamo pregato nell’orazione colletta, chiede al Signore di aggiungere quello che la sua coscienza “non osa sperare”». Sì, «anche quello chiede: che il Signore gli dia più speranza».

 



Francesco: calunnie, invidie e trappole vengono dal diavolo

Il Papa nella cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

Il Papa nella cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

09/10/2015 

Interpretare male chi fa il bene, calunniare per invidia, tendere trappole per far cadere, tutto questo non viene da Dio ma dal diavolo. Il Papa commenta il Vangelo del giorno presiedendo la Messa del mattino a Casa Santa Marta ed esorta al discernimento e alla vigilanza. Il servizio di Sergio Centofanti:

Rigidità dottrinali
Nel Vangelo di questo venerdì, Gesù scaccia un demonio, fa il bene, sta tra la gente che lo ascolta e riconosce la sua autorità, ma c’è chi lo accusa, sottolinea il Papa:

“C’era un altro gruppo di persone che non gli voleva bene e cercava sempre di interpretare le parole di Gesù e anche gli atteggiamenti di Gesù, in modo diverso, contro Gesù. Alcuni per invidia, altri per rigidità dottrinali, altri perché avevano paura che venissero i romani e facessero strage; per tanti motivi cercavano di allontanare l’autorità di Gesù dal popolo e anche con la calunnia, come in questo caso. ‘Lui scaccia i demoni per mezzo di Belzebù. Lui è un indemoniato. Lui fa delle magie, è uno stregone’. E continuamente lo mettevano alla prova, gli mettevano davanti un tranello, per vedere se cadeva”.

Discernimento e vigilanza
Papa Francesco invita al discernimento e alla vigilanza. “Saper discernere le situazioni”: ciò che viene da Dio e ciò che viene dal maligno che “sempre cerca di ingannare”, “di farci scegliere una strada sbagliata”. “Il cristiano non può essere tranquillo che tutto va bene, deve discernere le cose e guardare bene da dove vengono, qual è la loro la radice”.

Il diavolo anestetizza la coscienza
E poi la vigilanza, perché in un cammino di fede “le tentazioni tornano sempre, il cattivo spirito non si stanca mai”. Se “è stato cacciato via” ha “pazienza, aspetta per tornare” e se lo si lascia entrare si cade in una situazione peggiore. Infatti, prima si sapeva che era “il demonio che tormentava”. Dopo, “il Maligno è nascosto, viene con i suoi amici molto educati, bussa alla porta, chiede permesso, entra e convive con quell’uomo, la sua vita quotidiana e, goccia a goccia, dà le istruzioni”. Con “questa modalità educata” il diavolo convince a “fare le cose con relativismo”, tranquillizzando la coscienza:

“Tranquillizzare la coscienza. Anestetizzare la coscienza. E questo è un male grande. Quando il cattivo spirito riesce ad anestetizzare la coscienza si può parlare di una sua vera vittoria, diventa il padrone di quella coscienza: ‘Ma, questo accade dappertutto! Sì, ma tutti, tutti abbiamo problemi, tutti siamo peccatori, tutti…’. E nel ‘tutti’ c’è il ‘nessuno’. ‘Tutti, ma io no’. E così si vive questa mondanità che è figlia del cattivo spirito”.

Fare sempre esame di coscienza
Il Papa ribadisce le due parole, vigilanza e discernimento:

“Vigilanza. La Chiesa ci consiglia sempre l’esercizio dell’esame di coscienza: cosa è successo oggi nel mio cuore, oggi, per questo? E’ venuto questo demonio educato con i suoi amici da me?  Discernimento. Da dove vengono i commenti, le parole, gli insegnamenti, chi dice questo? Discernere e vigilanza, per non lasciare entrare quello che inganna, che seduce, che affascina. Chiediamo al Signore questa grazia, la grazia del discernimento e la grazia della vigilanza”. 






MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA 
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Chi ha portato via la chiave

Giovedì, 15 ottobre 2015


 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.236, 16/10/2015)

«Una delle cose più difficili da capire, per tutti noi cristiani, è la gratuità della salvezza in Cristo». Perché da sempre ci sono «dottori della legge» che ingannano restringendo l’amore di Dio in «piccoli orizzonti», quando è invece qualcosa di «immenso, senza limiti». È una questione che inizialmente ha impegnato Gesù stesso, l’apostolo Paolo e tanti santi nella storia, fino ai nostri giorni. E tra questi c’è stata anche Teresa d’Avila. Nel giorno in cui la Chiesa ricorda la mistica carmelitana — di cui ricorrono i 500 anni della nascita — Papa Francesco ha evidenziato come questa donna abbia ricevuto dal Signore «la grazia di capire gli orizzonti dell’amore».

Celebrando giovedì mattina, 15 ottobre, la messa nella cappella di Casa Santa Marta, il Pontefice ha collegato le letture — tratte dalla lettera di Paolo ai Romani (3, 21-30a) e dal Vangelo (Luca 11, 47-54) — con la straordinaria esperienza vissuta da Teresa. Anche lei, ha spiegato, «è stata giudicata dai dottori dei suoi tempi. Non è andata in prigione, ma si è salvata per poco, e comunque è stata inviata in un altro convento e vigilata». Del resto, ha fatto notare, «questa è una lotta che perdura nella storia, tutta la storia».

La storia appunto di cui parlano entrambi i brani delle letture. Riproponendole il Papa ha osservato come sia Paolo sia Gesù sembrino «un po’ arrabbiati, diciamo infastiditi». Perciò si è chiesto da dove venisse questo malessere in Paolo. L’apostolo, è stata la risposta, «difendeva la dottrina, era il grande difensore della dottrina, e il fastidio gli veniva da questa gente che non tollerava la dottrina». Quale dottrina? «La gratuità della salvezza. Dio — ha detto Francesco in proposito — ci ha salvato gratuitamente e ci ha salvato tutti». Mentre c’erano gruppi che dicevano: «No, si salva soltanto quella persona, quell’uomo, quella donna che fa questo, questo, questo, questo, questo... che fa queste opere, che compie questi comandamenti». Ma in tal modo «quello che era gratuito, dall’amore di Dio, secondo questa gente contro la quale parla Paolo», finiva col divenire «una cosa che possiamo ottenere: “Se io faccio questo, Dio ha l’obbligo di darmi la salvezza”. È quello che Paolo chiama “la salvezza per mezzo delle opere”».

Perciò è così difficile da comprendere, la gratuità della salvezza in Cristo. «Noi siamo abituati — ha proseguito il Papa — a sentire che Gesù è il Figlio di Dio, che è venuto per amore, per salvarci e che è morto per noi. Ma lo abbiamo sentito così tante volte che ci siamo abituati». Quando infatti «entriamo in questo mistero di Dio, di questo amore di Dio, questo amore senza limiti, un amore immenso», ne restiamo talmente «meravigliati» che «forse preferiamo non capirlo: meglio la salvezza nello stile “facciamo queste cose e saremo salvi”». Certo, ha chiarito il Pontefice, «fare il bene, fare le cose che Gesù ci dice di fare, è buono e si deve fare»; eppure «l’essenza della salvezza non deriva da ciò. Questa è la mia risposta alla salvezza che è gratuita, viene dall’amore gratuito di Dio».

Ed è per questo che lo stesso Gesù può sembrare «un po’ accanito contro i dottori della legge», ai quali «dice cose forti e molto dure: “Voi avete portato via la chiave della conoscenza, voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi glielo avete impedito, perché avete portato via la chiave”, cioè la chiave della gratuità della salvezza, di quella conoscenza». Infatti, ha rimarcato il Papa, questi dottori della legge pensavano che ci si potesse salvare soltanto «rispettando tutti i comandamenti», mentre «chi non faceva quello era un condannato». In pratica, ha detto Francesco con un’immagine molto evocativa, «accorciavano gli orizzonti di Dio e facevano l’amore di Dio piccolo, piccolo, piccolo, piccolo, alla misura di ognuno di noi».

Dunque ecco spiegata «la lotta che sia Gesù sia Paolo fanno per difendere la dottrina». E a chi dovesse obiettare: «Ma padre, non ci sono i comandamenti?», Francesco ha risposto: «Sì, ci sono! Ma ce n’è uno, che Gesù dice che è proprio come la sintesi di tutti i comandamenti: amare Dio e amare il prossimo». Proprio grazie a «questo atteggiamento di amore, noi siamo all’altezza della gratuità della salvezza, perché l’amore è gratuito». Un esempio? «Se io dico: “Ah, io ti amo!”, ma ho un interesse dietro, quello non è amore, quello è interesse. E per questo Gesù dice: “L’amore più grande è questo: amare Dio con tutta la vita, con tutto il cuore, con tutta la forza, e il prossimo come te stesso”. Perché è l’unico comandamento che è all’altezza della gratuità della salvezza di Dio». Al punto che Gesù poi aggiunge: «In questo comandamento ci sono tutti gli altri, perché quello chiama — fa tutto il bene — tutti gli altri”. Ma la fonte è l’amore; l’orizzonte è l’amore. Se tu hai chiuso la porta e hai portato via la chiave dell’amore, non sarai all’altezza della gratuità della salvezza che hai ricevuto».

È una storia che si ripete. «Quanti santi — ha affermato Francesco — sono stati perseguitati per difendere l’amore, la gratuità della salvezza, la dottrina. Tanti santi. Pensiamo a Giovanna d’Arco». Perché la «lotta per il controllo della salvezza — soltanto si salvano questi, questi che fanno queste cose — non è finita con Gesù e con Paolo». E non finisce neanche per noi. Infatti è una lotta che pure noi ci portiamo dentro. Ecco dunque il consiglio del Pontefice: «Ci farà bene oggi domandarci: io credo che il Signore mi ha salvato gratuitamente? Io credo che io non merito la salvezza? E se merito qualcosa è per mezzo di Gesù Cristo e di quello che lui ha fatto per me? È una bella domanda: io credo nella gratuità della salvezza? E infine, credo che l’unica risposta sia l’amore, il comandamento dell’amore, del quale Gesù dice che lì sono riassunti gli insegnamenti di tutti i profeti e tutta la legge?». Da qui l’invito conclusivo a rinnovare «oggi queste domande. Soltanto così saremo fedeli a questo amore tanto misericordioso: amore di padre e di madre, perché anche Dio dice che lui è come una madre con noi; amore, orizzonti grandi, senza limiti, senza limitazioni. E non ci lasciamo ingannare dai dottori che limitano questo amore».





Papa: l’ipocrisia è un virus nell’ombra, la preghiera lo vince

Papa Francesco celebra la Messa a Santa Marta - OSS_ROM

Papa Francesco celebra la Messa a Santa Marta - OSS_ROM

16/10/2015 

Bisogna pregare tanto per non lasciarsi contagiare dal “virus” dell’ipocrisia, quell’atteggiamento farisaico che seduce con le menzogne stando nell’ombra. È la sollecitazione di Gesù che Papa Francesco ha invitato ad accogliere, commentando il Vangelo del giorno all’omelia della Messa in Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Non ha un colore l’ipocrisia, piuttosto gioca con le mezze tinte. Si insinua e seduce in “chiaroscuro”, con “il fascino della menzogna”. Il Papa considera la scena ritratta dal brano del giorno del Vangelo di Luca – Gesù e i discepoli in mezzo a una calca che si calpesta i piedi tanto è fitta – mettendo in luce lo schietto avvertimento di Cristo ai suoi: “Guardatevi dal lievito dei farisei”. “È una cosa piccolissima” il lievito, osserva Francesco, ma per come Gesù ne parla è come se volesse dire “virus”. Come “un medico” che dica “ai suoi collaboratori” di fare attenzione ai rischi di un “contagio”:

“L’ipocrisia è quel modo di vivere, di agire, di parlare che non è chiaro. Forse sorride, forse è serio… Non è luce, non è tenebra… Si muove in una maniera che sembra non minacciare nessuno, come la serpe, ma ha il fascino del chiaroscuro. Ha quel fascino di non avere le cose chiare, di non dire le cose chiaramente; il fascino della menzogna, delle apparenze… Ai farisei ipocriti, Gesù diceva anche che erano pieni di se stessi, di vanità, che a loro piaceva passeggiare nelle piazze facendo vedere che erano importanti, gente colta…”.

Gesù tuttavia rassicura la folla. “Non abbiate paura”, afferma, perché “non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto”. Come a dire, osserva ancora Francesco, che nascondersi “non aiuta”, anche se “il lievito dei farisei” portava e porta “la gente ad amare più le tenebre che la luce”:

“Questo lievito è un virus che ammala e ti farà morire. Guardatevi! Questo lievito ti porta alle tenebre. Guardatevi! Ma c’è uno che è più grande di questo: è il Padre che è nel Cielo. ‘Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure, nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati’. E poi, l’esortazione finale: ‘Non abbiate paura! Valete più di molti passeri!’. Davanti a tutte queste paure che ci mettono di qua e di là e di là, e che ci mette il virus, il lievito dell’ipocrisia farisaica, Gesù ci dice: ‘C’è un Padre. C’è un Padre che vi ama. C’è un Padre che ha cura di voi’”.

E c’è un solo modo per evitare il contagio, sostiene Papa Francesco. È la strada indicata da Gesù: pregare. L’unica soluzione, conclude, per non cadere in quell’“atteggiamento farisaico che non è né luce né tenebre”, ma è “a metà” di un cammino che “mai arriverà alla luce di Dio”:

“Preghiamo. Preghiamo tanto. ‘Signore, custodisci la tua Chiesa, che siamo tutti noi: custodisci il tuo popolo, quello che si era radunato e si calpestavano tra loro, a vicenda. Custodisci il tuo popolo, perché ami la luce, la luce che viene dal Padre, che viene da Tuo Padre, che ha inviato Te per salvarci. Custodisci il tuo popolo perché non divenga ipocrita, perché non cada nel tepore della vita. Custodisci il tuo popolo perché abbia la gioia di sapere che c’è un Padre che ci ama tanto”.





[Modificato da Caterina63 16/10/2015 16:08]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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