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Omelie del Papa nella Messa delle 7 del mattino a Santa Marta (4)

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2015 12:35
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20/10/2015 13:25
 
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Il Papa: l'attaccamento alla ricchezza divide le famiglie e causa le guerre

Il Papa durante la Messa a Santa Marta - OSS_ROM

Il Papa durante la Messa a Santa Marta - OSS_ROM

19/10/2015 

Gesù non condanna la ricchezza ma l’attaccamento alla ricchezza che divide le famiglie e provoca le guerre: è quanto ha detto Papa Francesco nella Messa del Mattino a Casa Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

La religione non diventi un'agenzia di assicurazioni
“L’attaccamento alle ricchezze è un’idolatria”: Papa Francesco ricorda che non è possibile “servire due padroni”: o si serve Dio o la ricchezza. Gesù “non è contro le ricchezze in se stesse”, ma mette in guardia dal porre la propria sicurezza nel denaro che può fare della “religione un’agenzia di assicurazioni”. Inoltre, l’attaccamento ai soldi divide, come dice il Vangelo che parla dei “due fratelli che litigano sull’eredità”:

“Ma pensiamo noi a quante famiglie conosciamo che hanno litigato, litigano, non si salutano, si odiano per un’eredità. E questo è uno dei casi. Più importante non è l’amore della famiglia, l’amore dei figli, dei fratelli, dei genitori, no, sono i soldi. E questo distrugge. Anche le guerre, le guerre che oggi noi vediamo. Ma sì, c’è un ideale, ma dietro ci sono i soldi: i soldi dei trafficanti di armi, i soldi di quelli che approfittano della guerra. E questa è una famiglia, ma tutti – sono sicuro – tutti conosciamo almeno una famiglia divisa così. E Gesù è chiaro: ‘Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia: è pericoloso’. La cupidigia. Perché ci dà questa sicurezza che non è vera e ti porta sì a pregare – tu puoi pregare, andare in Chiesa – ma anche ad avere il cuore attaccato, e alla fine finisce male”.

Un imprenditore ricco che non condivide le ricchezze con i suoi operai
Gesù racconta la parabola di un uomo ricco, “un imprenditore bravo”, la cui “campagna aveva dato un raccolto abbondante” ed “era pieno di ricchezze”…

“… e invece di pensare: ‘Ma condividerò questo con i miei operai, con i miei dipendenti, perché anche loro abbiano un po’ di più per le loro famiglie’, ragionava tra sé: ‘Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Ah, farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi’. Sempre di più. La sete dell’attaccamento alle ricchezze non finisce mai. Se tu hai il cuore attaccato alla ricchezza - quando ne hai tante - ne vuoi di più. E questo è il dio della persona che è attaccata alle ricchezze”.

Fare l'elemosina, dando anche il necessario, con amore
La strada della salvezza – afferma il Papa – è quelle delle Beatitudini: “la prima è la povertà di spirito”, cioè non essere attaccati alle ricchezze che – se si possiedono - sono “per il servizio degli altri, per condividere, per fare andare avanti tanta gente”. E il segno che non siamo “in questo peccato di idolatria” è fare l’elemosina, è dare “a quelli che hanno bisogno” e dare non il superfluo ma quello che mi costa “qualche privazione” perché forse “è necessario per me”. “Quello è un buon segno. Quello significa che è più grande l’amore verso Dio che l’attaccamento alle ricchezze”. Dunque ci sono tre domande che possiamo farci:

“Prima domanda: ‘Do?’. Seconda: ‘Quanto do?’. Terza domanda: ‘Come do? Come dà Gesù, con la carezza dell’amore o come chi paga una tassa? Come do?’. ‘Ma padre, cosa vuol dire con questo lei?’. Quando tu aiuti una persona, la guardi negli occhi? Le tocchi la mano? E’ la carne di Cristo, è tuo fratello, tua sorella. E tu in quel momento sei come il Padre che non lascia mancare il cibo agli uccellini del Cielo. Con quanto amore il Padre dà. Chiediamo al Signore la grazia di essere liberi da questa idolatria, l’attaccamento alle ricchezze; la grazia di guardare Lui, tanto ricco nel suo amore e tanto ricco nella sua generosità, nella sua misericordia; e la grazia di aiutare gli altri con l’esercizio dell’elemosina, ma come lo fa Lui. ‘Ma, padre, Lui non si è privato di niente…’. Gesù Cristo, essendo uguale a Dio, si privò di questo, si abbassò, si annientò, e anche Lui si è privato”.







Papa: Dio non sta fermo, esce a cercarci e ci ama senza misura

Papa Francesco tiene l'omelia a Casa Santa Marta - OSS_ROM

Papa Francesco tiene l'omelia a Casa Santa Marta - OSS_ROM

20/10/2015 

Dio dona sempre con larghezza la sua grazia agli uomini, che invece hanno “l’abitudine di misurare le situazioni”: capire l’abbondanza dell’amore divino è sempre frutto di una grazia. È la sostanza dell’omelia che Papa Francesco ha sviluppato durante la Messa del mattino celebrata a Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Abbondante. L’amore di Dio per l’uomo è così. Di una generosità che all’uomo invece sfugge, troppo abituato a centellinare quando decide di donare qualcosa che possiede. Papa Francesco legge il brano di San Paolo in questa chiave. La salvezza portata da Gesù, che supera la caduta di Adamo, è una dimostrazione di questo darsi con abbondanza. E la salvezza, spiega, “è l’amicizia tra noi e Lui”:

“Come dà Dio, in questo caso l’amicizia, la salvezza tutta nostra? Dà come dice che darà a noi quando facciamo un’opera buona: ci darà una misura buona, pigiata, colma, traboccante… Ma questo fa pensare all’abbondanza e questa parola, ‘abbondanza’,  in questo brano viene ripetuta tre volte. Dio dà nell’abbondanza fino al punto di dire, Paolo, come il riassunto finale: ‘Dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia’. Sovrabbonda, tutto. E questo è l’amore di Dio: senza misura. Tutto se stesso”.

Un Dio che esce
Senza misura come il padre della parabola evangelica, che tutti i giorni scruta l’orizzonte per vedere se suo figlio ha deciso di ritornare da lui. “Il cuore di Dio – afferma Francesco – non è chiuso: è sempre aperto. E quando noi arriviamo, come quel figlio, ci abbraccia, ci bacia: un Dio che fa festa”:

“Dio non è un Dio meschino: Lui non conosce la meschinità. Lui dà tutto. Dio non è un Dio fermo: Egli guarda, aspetta che noi ci convertiamo. Dio è un Dio che esce: esce a cercare, a cercare ognuno di noi. Ma questo è vero? Ogni giorno Lui ci cerca, ci sta cercando. Come ha già fatto, come già detto, nella Parola della pecora smarrita o della moneta perduta: cerca. Sempre è così”.

Abbraccio senza misura
In cielo, ribadisce ancora il Papa, si fa “più festa” per un solo peccatore che si converte che per cento che rimangono giusti. E tuttavia – riconosce – “non è facile, con i nostri criteri umani”, piccoli e limitati, “capire l’amore di Dio”. Lo si comprende per una “grazia”, come lo aveva compreso, ricorda Francesco, la suora 84.enne, conosciuta nella sua diocesi, che ancora girava costantemente per le corsie dell’ospedale a parlare con un sorriso dell’amore di Dio ai malati. Lei, conclude il Papa, ha avuto “il dono di capire questo mistero, questa sovrabbondanza” dell’amore di Dio, che ai più sfugge:

“E’ vero, noi sempre abbiamo l’abitudine di misurare le situazioni, le cose con le misure che noi abbiamo: e le nostre misure sono piccole. Per questo, ci farà bene chiedere allo Spirito Santo la grazia, pregare lo Spirito Santo, la grazia di avvicinarci almeno un po’ per capire questo amore e avere la voglia di essere abbracciati, baciati con quella misura senza limiti”.






Papa: non siamo fachiri, nostro sforzo apre porte a Spirito Santo

Papa Francesco a Santa Marta - OSS_ROM

Papa Francesco a Santa Marta - OSS_ROM

22/10/2015

Lo sforzo del cristiano è teso ad aprire la porta del cuore allo Spirito Santo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che la conversione, per il cristiano, “è un compito, è un lavoro di tutti i giorni” che ci porta all’incontro con Gesù. Come esempio di questo, Francesco ha raccontato di una madre malata di cancro che ce l’ha messa tutta per sconfiggere la malattia. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Per il cristiano la conversione “è un compito, un lavoro di tutti i giorni”. Papa Francesco prende spunto dalla Lettera di San Paolo ai Romani per sottolineare che per passare dal servizio dell’iniquità alla santificazione, dobbiamo sforzarci quotidianamente.

Non siamo fachiri, nostro sforzo serve a santificazione
San Paolo, ha osservato il Papa, usa “l’immagine dello sportivo”, l’uomo che “si allena per prepararsi alla partita e fa uno sforzo grande”. E dice: “Ma se questo, per vincere una partita fa questo sforzo, ma noi, che dobbiamo arrivare a quella vittoria grande del Cielo, come faremo?”. San Paolo, ha dunque ripreso, ci “esorta tanto ad andare avanti in questo sforzo”:

“‘Ah, Padre, possiamo pensare che la santificazione viene per lo sforzo che io faccio, come la vittoria per quello che fa lo sport viene per l’allenamento?’. No. Lo sforzo che noi facciamo, questo lavoro quotidiano di servire il Signore con la nostra anima, con il nostro cuore, con il nostro corpo, con tutta la nostra vita soltanto apre la porta allo Spirito Santo. E’ Lui che entra in noi e ci salva! Lui è il dono in Gesù Cristo! Al contrario, noi assomiglieremmo ai fachiri: no, noi non siamo fachiri. Noi, con il nostro sforzo, apriamo la porta”.

Andare avanti, non indietreggiare di fronte alle tentazioni
Un compito difficile, ha riconosciuto, “perché la nostra debolezza, il peccato originale, il diavolo sempre ci tirano indietro”. L’autore della Lettera agli Ebrei, ha soggiunto, “ci ammonisce contro questa tentazione di indietreggiare”, di “non andare indietro, non cedere”. Bisogna “andare avanti – ha esortato – sempre: un po’ ogni giorno” anche “quando c’è una grande difficoltà”:

“Alcuni mesi fa, ho incontrato una donna. Giovane, madre di famiglia – una bella famiglia – che aveva il cancro. Un cancro brutto. Ma lei si muoveva con felicità, faceva come se fosse sana. E parlando di questo atteggiamento, mi ha detto: ‘Padre, ce la metto tutta per vincere il cancro!’. Così il cristiano. Noi che abbiamo ricevuto questo dono in Gesù Cristo e siamo passati dal peccato, dalla vita dell’iniquità alla vita del dono in Cristo, nello Spirito Santo, dobbiamo fare lo stesso. Ogni giorno un passo. Ogni giorno un passo”.

Chiediamo la grazia di essere bravi nell’allenamento della vita
Il Papa ha indicato alcune tentazioni come la “voglia di chiacchierare” contro qualcuno. E in quel caso, ha detto, che bisogna sforzarsi per tacere. Oppure, ha detto, ci “viene un po’ di sonno” e non abbiamo “voglia di pregare” ma poi preghiamo un po’. Partire dalle piccole cose, ha ribadito Francesco:

“Ci aiutano a non cedere, a non andare indietro, a non tornare all’iniquità ma ad andare avanti verso questo dono, questa promessa di Gesù Cristo che sarà propriamente l’incontro con Lui. Chiediamo al Signore questa grazia: di essere bravi, di essere bravi in questo allenamento della vita verso l’incontro, perché abbiamo ricevuto il dono della giustificazione, il dono della grazia, il dono dello Spirito in Cristo Gesù”.






Papa: cristiani leggano segni dei tempi e cambino fedeli a Vangelo

Papa Francesco alla Messa in Casa Santa Marta - OSS_ROM

Papa Francesco alla Messa in Casa Santa Marta - OSS_ROM

23/10/2015 

“I tempi cambiano e noi cristiani dobbiamo cambiare continuamente”, con libertà e nella verità della fede. Lo ha affermato il Papa all’omelia della Messa del mattino, celebrata in Casa Santa Marta. Francesco ha riflettuto sul discernimento che la Chiesa deve operare guardando ai “segni dei tempi”, senza cedere alla comodità del conformismo, ma lasciandosi ispirare dalla preghiera. Il servizio di Alessandro De Carolis:

I tempi fanno quello che devono: cambiano. I cristiani devono fare quello che vuole Cristo: valutare i tempi e cambiare con loro, restando “saldi nella verità del Vangelo”. Ciò che non è ammesso è il tranquillo conformismo che, di fatto, fa restare immobili.

Saggezza cristiana
Davanti agli occhi del Papa c’è un nuovo brano della Lettera ai Romani di San Paolo, il quale, dice Francesco, predica con “tanta forza la libertà che ci ha salvato dal peccato”. E c’è la pagina del Vangelo nella quale Gesù parla dei “segni dei tempi” dando dell’ipocrita a coloro che sanno comprenderli ma non fanno altrettanto con il tempo del Figlio dell’Uomo. Dio ci ha creato liberi eper avere questa libertà – afferma il Papa – dobbiamo aprirci  alla forza dello Spirito e capire bene cosa accade dentro di noi e fuori di noi”, usando il “discernimento”:

“Abbiamo questa libertà di giudicare quello che succede fuori di noi. Ma per giudicare dobbiamo conoscere bene quello che accade fuori di noi. E come si può fare questo? Come si può fare questo, che la Chiesa chiama ‘conoscere i segni dei tempi’? I tempi cambiano. E’ proprio della saggezza cristiana conoscere questi cambiamenti, conoscere i diversi tempi e conoscere i segni dei tempi. Cosa significa una cosa e cosa un’altra. E fare questo senza paura, con la libertà”.

Silenzio, riflessione e preghiera
Francesco riconosce che non è una cosa “facile”, troppi sono i condizionamenti esterni che premono anche sui cristiani inducendo molti a un più comodo non fare:

“Questo è un lavoro che di solito noi non facciamo: ci conformiamo, ci tranquillizziamo con ‘mi hanno detto, ho sentito, la gente dice, ho letto…’. Così siamo tranquilli… Ma qual è la verità? Qual è il messaggio che il Signore vuole darmi con quel segno dei tempi? Per capire i segni dei tempi, prima di tutto è necessario il silenzio: fare silenzio e osservare. E dopo riflettere dentro di noi. Un esempio: perché ci sono tante guerre adesso? Perché è successo qualcosa? E pregare… Silenzio, riflessione e preghiera. Soltanto così potremo capire i segni dei tempi, cosa Gesù vuol dirci”.

Liberi nella verità del Vangelo
E capire i segni dei tempi non è un lavoro esclusivo di un’élite culturale. Gesù, ricorda, non dice “guardate come fanno gli universitari, guardate come fanno i dottori, guardate come fanno gli intellettuali…”. Gesù, sottolinea Francesco, parla ai contadini che “nella loro semplicità” sanno “distinguere il grano dalla zizzania”:

“I tempi cambiano e noi cristiani dobbiamo cambiare continuamente. Dobbiamo cambiare saldi nella fede in Gesù Cristo, saldi nella verità del Vangelo, ma il nostro atteggiamento deve muoversi continuamente secondo i segni dei tempi. Siamo liberi. Siamo liberi per il dono della libertà che ci ha dato Gesù Cristo. Ma il nostro lavoro è guardare cosa succede dentro di noi, discernere i nostri sentimenti, i nostri pensieri; e cosa accade fuori di noi e discernere i segni dei tempi. Col silenzio, con la riflessione e con la preghiera”.




[Modificato da Caterina63 23/10/2015 16:24]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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