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Trovata la Tomba di Zaccaria ed ora trovata anche la tomba di san Filippo Apostolo

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2012 23:13
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25/02/2011 20:04
 
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Sebaste da san Girolamo all'epoca delle crociate

E l'emiro si commosse sulla tomba di Yahia figlio di Zaccaria


In occasione del convegno e dell'inaugurazione della mostra archeologica "Sabastiya. I frutti della storia e la memoria di Giovanni Battista", allestita all'Università Cattolica del Sacro Cuore fino al prossimo 4 marzo, pubblichiamo uno scritto del 2007 di padre Michele Piccirillo, l'archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, morto nel 2008, al quale è dedicata la mostra stessa.

"A quattro leghe da Jenin verso sud si trova la città di Sebaste, che una volta si chiamava Samaria quand'era la capitale di dieci tribù chiamate Israel; adesso per i peccati commessi non ha nessuna casa, all'infuori di due chiese costruite in onore di san Giovanni Battista, ma di una, che era la principale e cattedrale, i saraceni la convertirono in moschea e specialmente il sepolcro del medesimo beato Giovanni Battista che era fatto di marmo a somiglianza del sepolcro del Signore (...) Codesta chiesa è posta sul lato del monte nella discesa. I saraceni onorano molto il beato Giovanni dopo Cristo e la Beata Vergine avendo di lui una grande stima (...) Dicono che Giovanni sia stato un grande e santissimo profeta".

Così scriveva nel 1283 il padre domenicano Burcardo di Monte Sion dopo aver visitato il villaggio semideserto con la chiesa di San Giovanni già diventata moschea dopo la sconfitta dell'esercito crociato da parte del Saladino nel 1187. La visita ed evidentemente la venerazione per la tomba del Battista gli danno lo spunto per ricordare ai suoi lettori cristiani d'Europa la venerazione che egli godeva come profeta tra la popolazione musulmana che continuava una tradizione dalle origini antiche.

San Girolamo traducendo in latino a Betlemme verso il 390 l'Onomasticon dei luoghi santi scritto in greco da Eusebio vescovo di Cesarea verso la fine del III e l'inizio del IV secolo, alla voce Samaria/Sebaste aggiunge: "Dove sono conservati i resti di san Giovanni Battista".

Lo stesso autore ricorda la tomba di san Giovanni a Sebaste nel resoconto del pellegrinaggio ai luoghi santi di santa Paola Romana. Rufino di Aquileia, che a Gerusalemme sul Monte degli Ulivi, nella Storia Ecclesiastica dedica una lunga pagina a ciò che avvenne a Sebaste nel 361-362 al tempo di Giuliano l'Apostata. Come ad Antiochia, dove le reliquie di san Babila furono sfrattate dall'oratorio fatto costruire in suo onore dal Cesare Gallo a Dafne nei pressi della fonte Castalia e del santuario di Apollo, i pagani di Sebaste distrussero la tomba venerata del Precursore e ne dispersero le ceneri. Parte delle reliquie furono salvate da alcuni monaci di passaggio che le consegnarono a Gerusalemme all'igumeno Filippo.

"Al tempo dell'imperatore Giuliano (...) a Sebaste città della Palestina, avvenne che i pagani invasero il sepolcro di san Giovanni Battista: dapprima ne dispersero le ossa, ma poi le raccolsero di nuovo per bruciarle; mischiarono con della polvere quelle sacre ceneri e le dispersero per campagne e villaggi. Ma per disposizione divina avvenne che da Gerusalemme sopravvenissero alcuni provenienti dal monastero di Filippo (...) mischiatisi fra coloro che raccoglievano le ossa destinate al fuoco, dopo averne raccolti essi pure con molta cura e pietosa premura, per quanto riusciva loro possibile, si allontanarono di là furtivamente (...) e recarono al santo padre Filippo quelle venerande reliquie".

Giovanni Rufo, discepolo e biografo di Pietro l'Ibero vescovo di Maiuma di Gaza, è il primo a ricordare verso il 515 una chiesa costruita sulla tomba del Battista a Sebaste: "Questo luogo, in effetti, era una cappella particolare della chiesa, ornata di cancelli perché ci sono due urne coperte d'oro e di argento, davanti alle quali bruciano lampade perenni: una urna è quella di san Giovanni Battista e l'altra quella del profeta Eliseo; un trono ricoperto da un drappo su quale mai nessuno si siedeva è posto in quel luogo". Le reliquie furono poi sposate nella chiesa superiore dove le videro i pellegrini di epoca crociata.

Manca in questi racconti il ricordo di come e quando le reliquie di san Giovanni, ucciso nella fortezza di Macheronte in Transgiordania, secondo lo storico Giuseppe Flavio, siano giunte a Sebaste in Palestina. A parte l'accenno importante in Burchardo che questa era la chiesa cattedrale nulla si dice nei resoconti dei pellegrini dell'episcopio o dell'eventuale torre campanaria e tanto meno della loro ubicazione. Gli abitanti del villaggio hanno continuato a indicare il jarasiyah ("campanile"), in una costruzione quadrangolare ben costruita con blocchi ben squadrati a una diecina di metri dalla parete meridionale della chiesa oltre la porticina, finora bloccata, che una volta permetteva di entrare nel santuario da sud.

Con il tempo nell'area erano state costruite delle semplici abitazioni addossate al bel paramento crociato della parete della chiesa moschea. Da decenni le case abbandonate erano cadute in rovina e il luogo diventato impraticabile. Tra gli abitanti si parlava anche di un jinn ("spiritello") che teneva lontano anche i bambini che per caso vi si avventuravano. Sei mesi di impegno da parte dei restauratori italiani e di lavoro per gli uomini del villaggio da anni isolati e disoccupati in quest'area tagliata fisicamente dal mondo ben felici di confrontarsi anche con il jinn pur di portare un pezzo di pane sudato alla famiglia, e il miracolo si è avverato.

Grazie a un fondo messo a disposizione dal ministero degli Affari esteri d'Italia e alla generosità di un professore dell'università di Nablus che ha donato le rovine di proprietà della sua famiglia al municipio. L'8 giugno, 2006 il console d'Italia a Gerusalemme ha potuto inaugurare alla presenza del sindaco e di tutta la comunità radunata per l'occasione nel cortile lastricato davanti alla porta del santuario il nuovo Centro culturale di Sabastiya che vuole essere luogo di riunione e di aggregazione e piccolo museo allestito dall'architetto Osama Hamdan.

Sull'ingresso e all'interno di una bella sala voltata ben in evidenza sono esposti alcuni dei capitelli ritrovati durante i lavori certamente appartenuti alla basilica di epoca bizantina. Sulle foglie di acanto dei capitelli di stile corinzio domina la croce in cerchio con l'aggiunta delle lettere apocalittiche Alpha e Omega, una rarità per le chiese di Palestina.
Gli altri sono stati lasciati al loro posto dove i capomastri crociati e i loro successori di epoca moderna li avevano riutilizzati come materiale di costruzione.

Perché la sala voltata ritornata in onore con i larghi basamenti modanati che fa da raccordo tra la parete della chiesa e la struttura di epoca crociata non ha nulla a che fare con le povere stanze costruite dagli abitanti del villaggio. La nobiltà tecnico costruttiva ne fa ipotizzare un possibile rimando proprio al chiostro dei canonici se non alla casa del vescovo che sappiamo in sede proprio in questa chiesa. Nella struttura riportata alla luce avremmo un primo indizio importante che solo la continuazione dei lavori potrà chiarire.

Qui nella foresteria in epoca crociata venivano anche ospitati principi musulmani, come racconta nelle sue memorie Usamah ibn Munqidh emiro della città di Shaizar nella Siria centrale venuto a Gerusalemme a far visita al suo amico il Gran Maestro dei Templari: "Feci visita alla tomba di Yahia figlio di Zaccaria - la benedizione di Dio sia su entrambi! - nel villaggio di Sabastiya nella provincia di Nablusa. Dopo aver recitato le mie preghiere, uscii in uno spazio chiuso davanti al luogo dove si trova la tomba. Trovai una porta mezzo chiusa, la aprii ed entrai in chiesa. Dentro c'era una diecina di uomini anziani, le loro teste scoperte bianche come cotone pettinato. Erano rivolti verso est e avevano sul petto dei bastoni che terminavano con delle strisce di ferro arrotolate all'insù come la parte posteriore di una sella, sui quali erano appoggiati. E da loro uno riceve ospitalità. La vista della loro devozione mi toccò il cuore, ma nello stesso tempo mi dispiacque e mi amareggiò, perché non avevo mai visto tanto zelo e devozione tra i musulmani".



(©L'Osservatore Romano - 26 febbraio 2011)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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