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Chiarimenti sulla questione delle LEGGI RAZZIALI

Ultimo Aggiornamento: 26/01/2011 22:02
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26/01/2011 22:02
 
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L'abate Giuseppe Ricciotti nei suoi libri contrastò le tesi antisemite

E Mussolini lesse (inutilmente)
la "Vita di Gesù Cristo"



di Roberto Pertici

All'inizio del 1945 l'abate Giuseppe Ricciotti era fra i più noti esponenti della cultura cattolica in Italia:  dopo una Storia d'Israele in due volumi apparsa fra il 1932 e il 1934, nel 1941 aveva pubblicato presso l'editore Rizzoli la sua Vita di Gesù Cristo, che aveva ottenuto un encomio solenne dell'Accademia d'Italia, ma soprattutto conosciuto un invidiabile successo di pubblico (sei edizioni tra il 1941 e la fine del 1942 e 40.000 copie vendute).

Nell'aprile del 1945, quand'ormai la guerra volgeva al termine, l'Editrice A.V.E. di Roma pubblicò un suo volumetto intitolato Questioni giudaiche. Di che si trattava? Lo spiegava la vivace pagina introduttiva:  "Questo libretto è una semplice ristampa di articoli già pubblicati isolatamente:  trattano tutti di argomenti giudaici, salvo il primo che è d'intonazione più generica. Nonostante il loro argomento, furono pubblicati dopo ch'era stata passata alla stampa la parola d'ordine di non occuparsi di cose giudaiche, salvo che per denigrarle:  l'ignoranza incommensurabile di chi allora governava l'Italia pretendeva di oscurare la luce del sole stendendo davanti a esso un fazzoletto, ossia di cancellare buona parte della storia dell'umanità con un tratto di penna. Ma gli articoli uscirono ugualmente, e i fatti ivi narrati avrebbero potuto insegnare qualche cosa a chi li sapeva comprendere.

La ristampa, richiestami da parecchi che avevano trovato utili gli articoli, mi è parsa opportuna anche perché oggi in Italia non siamo in condizioni né di stampare né di acquistare libri grossi, mentre mi si chiede continuamente dove si possa acquistare la mia Storia d'Israele e la mia Vita di Gesù Cristo. Il primo ad acquistarle sarei io stesso, se ancora fossero in commercio (una delle ultime copie della Vita di Gesù Cristo fu acquistata da Benito Mussolini, che la lesse e postillò quand'era prigioniero all'isola di Ponza:  ma pare che la lettura non abbia fatto effetto). Quando le due opere potranno essere ristampate, Dio solo lo sa; frattanto, giacché oggi si vive di "surrogati", un piccolo surrogato di esse può essere rappresentato da questa ristampa".
 
Come anche recenti ricerche hanno confermato (alludo soprattutto ai lavori di Gabriele Rigano e Valerio De Cesaris), l'abate Ricciotti era stato in Italia tra i maggiori oppositori dell'antisemitismo:  "Si collocava - scrive De Cesaris - in un filone di biblisti cattolici che, proprio attraverso lo studio della Bibbia e della lingua ebraica, aveva maturato un filogiudaismo solido e argomentato, in cui prendeva corpo un ripensamento complessivo della tradizione antigiudaica del cristianesimo". Già nel 1934 aveva curato l'edizione italiana presso la Morcelliana delle celebri omelie tenute nell'Avvento dell'anno precedente dal cardinale Michael von Faulhaber, arcivescovo di Monaco, su Giudaismo cristianesimo germanesimo, poi si era impegnato in una fitta serie di articoli polemici contro l'antisemitismo germanico, pubblicati su riviste e giornali cattolici.

Il volumetto del 1945 ne raccoglieva solo una parte:  alcuni interventi di argomento più propriamente storico del 1937-1938, quando cioè l'antisemitismo si stava affermando anche nell'Italia fascista. Tutti - bisogna sottolinearlo - erano stati pubblicati o sul quotidiano della Santa Sede o sui più autorevoli quotidiani cattolici italiani. Il primo (Le mosche che arano e le oche del Campidoglio), quello "d'intonazione più generica", era una lettera aperta a don Giuseppe De Luca apparsa sull'"Avvenire d'Italia" del 28 novembre 1937:  Ricciotti polemizzava contro una serie di ambienti ecclesiastici che guardavano con sospetto alla sua opera di biblista e a quella del suo maestro, il padre Vaccari. La ristampa era probabilmente dovuta alle nuove accuse che gli erano piovute addosso negli anni di guerra e che avevano provocato una dichiarazione in suo favore della stessa Pontificia Commissione Biblica.

Ma poi si arrivava alle "questioni giudaiche". Ricciotti ripubblicava l'ormai noto articolo Alla scuola di Arcimbaldo pubblicato su "L'Osservatore Romano" del 10 febbraio 1938. Nel Natale 1937, il quotidiano della Santa Sede aveva ospitato un intervento di Guido Gonella dedicato a Il dramma d'Israele:  "La festa del Natale ci evoca davanti allo spirito il dramma spirituale di Israele, il dramma di questa razza dalla quale è nato il Salvatore. L'anno che si chiude è stato un anno di tormento per le sorti del popolo d'Israele. Ad un ventennio dalla fine della guerra la Palestina ed i Luoghi Santi appaiono più che mai oggetto di una controversia aspra, inesausta. Ebraismo contro arabismo, interessi politici contro interessi religiosi, l'Oriente contro l'Occidente; due mondi in lotta su questa terra che è non solo culla della civiltà religiosa ma anche patria delle contraddizioni storiche più radicali.

In varie occasioni abbiamo, nel corso dell'annata, ricordate le tappe della nuova fase del dramma d'Israele. Dalla presentazione del progetto britannico di tripartizione della Palestina si è passati alla ripresa delle agitazioni arabe, alla limitazione dell'immigrazione sionista, alle aggressioni contro le autorità britanniche ed alla conseguente repressione del movimento nazionalista arabo. Né gli ebrei, né gli arabi, né gli inglesi poterono derivare un qualche vantaggio dalla situazione che è venuta progressivamente peggiorando in Palestina. Contraccolpo immediato della limitazione dell'immigrazione sionista in Terrasanta si è avuto in Europa ove in nuove difficoltà si trovano quelle unità etniche israelitiche che sono state colpite dalla persecuzione politica".
 
L'antisemitismo che dilaga in Europa - avvertiva l'articolo de "L'Osservatore Romano" - "non è affermazione dello spirito, bensì una delle tante esaltazioni della potenza della carne contro lo spirito. (...) Le note più drammatiche del nuovo e rinascente antisemitismo sono offerte non tanto dalla lotta contro la politica di Israele quanto contro la religione di Israele. I suoi nemici prima di essere antisemiti sono dei pagani che hanno deificato uomini e beni mondani per muovere guerra contro Dio, contro i beni religiosi".

Alla fine del gennaio 1938, "Il Tevere" di Telesio Interlandi reagiva duramente in un articolo intitolato Christus del pubblicista tedesco Helmut Gasteiner:  "Nel suo numero di Natale "L'Osservatore Romano" pubblica un articolo in cui deplora vivamente il crescere del movimento antiebraico in tutto il mondo. Questo strano atteggiamento culmina nell'affermazione che "sia indegno perseguitare quella razza alla quale è appartenuto il nostro Signore Gesù Cristo"". La tesi dell'articolo era aberrante, ma allora tutt'altro che originale:  da ultimo se n'era fatto banditore lo stesso Alfred Rosenberg. L'autore la stampava addirittura in maiuscoletto:  "Cristo fu di religione ebraica ma non di razza".

Arcimbaldo era uno dei tanti ciarlatani che giravano per le piazze di Roma ai tempi della sua adolescenza:  a lui Ricciotti paragonava Gasteiner e quelli come lui, distruggendone le argomentazioni:  "Se abbiamo fatto all'autore l'onore di occuparci del suo scritto, non è certamente né per la sua sostanza né per il suo metodo, ambedue nettamente antiscientifici. È soltanto per il titolo Christus, che è troppo sacro per essere usurpato da un qualsiasi Arcimbaldo. (...) Fatto sta che quando "L'Osservatore Romano" ha deplorato vivamente il crescere del movimento anti-ebraico in tutto il mondo, ha parlato secondo lo spirito cristiano; e quando ha affermato che alla razza ebraica è appartenuto il nostro Signore Gesù Cristo, ha parlato secondo i più rigorosi dati scientifici. E ciò, anche se Arcimbaldo non è in grado di rendersi conto né dell'una né dell'altra cosa". Ricciotti riproponeva anche un articolo pubblicato sul quotidiano della curia milanese "L'Italia" il 16 novembre 1938:  ormai anche in Italia era stata introdotta una legislazione antisemita mentre, una settimana prima, la Germania era stata insanguinata dalla Kristalnacht.

Il titolo (La questione giudaica nel sesto decennio del cristianesimo) poteva far pensare a un problema di mera erudizione storica. In realtà l'abate romano affrontava il problema teologico del rapporto fra Ebraismo e Cristianesimo:  i Giudei, "gli eletti dell'antico periodo di preparazione, non acconsentirono ad essere parificati a tutti gli altri popoli nel periodo di perfezione, non vollero ammettere che quell'antico periodo per essi privilegiato fosse ormai abolito e superato:  perciò, in massima parte, respinsero il cristianesimo".

Come si vede, riaffiorava la tradizionale concezione "sostitutiva" del rapporto fra Cristianesimo ed Ebraismo, fra Nuovo e Antico Testamento, ma Ricciotti metteva subito in guardia dai rischi che ne potevano discendere (e spesso ne erano scaturiti):  "Questa tesi poteva essere applicata in maniera indebita dai cristiani provenienti dal paganesimo:  costoro, vedendo che la massima parte dei Giudei respingeva il cristianesimo, potevano nutrire avversione per loro e disprezzare l'antico popolo eletto. Ma Paolo prende subito posizione contro questo atteggiamento, e comincia pronunciando la sua celebre glorificazione d'Israele (Romani, 9, 1-5)".
 
L'Apostolo delle genti, "il più fermo propugnatore dell'universalità indiscriminata del cristianesimo e dell'abolizione delle prerogative del giudaismo" ammonisce "a non dimenticare le antiche glorie d'Israele, a non insolentire contro l'infedeltà attuale di costui, e soprattutto a non disperare che un giorno questa infedeltà si cambi in luminosa fede". La Chiesa - concludeva Ricciotti - "non sarebbe stata istituita da Gesù Cristo se non avesse parlato già in antico tali parole d'amore, e non sarebbe katholikè se avesse respinto da sé uno solo dei figli del Dio vivente".

Un'esortazione al rispetto e all'amore verso il "popolo della legge" emergeva dunque dagli articoli storici ed eruditi del biblista romano. Il medesimo atteggiamento era sotteso al lungo saggio La Palestina agli inizi del cristianesimo pubblicato a puntate - nelle stesse drammatiche settimane - su "L'Osservatore Romano":  dal 30 ottobre al 18 dicembre 1938. Il lavoro, che prendeva le mosse dal iii secolo prima dell'era cristiana e giungeva fino alla conquista e distruzione di Gerusalemme nel 70 dell'era cristiana, era svolto con un'asciuttezza di tono e una ricchezza di dati significativa:  come scriveva nel 1945, "i fatti ivi narrati avrebbero potuto insegnare qualche cosa a chi li sapeva comprendere".

Si sottolineava maliziosamente il grande favore che gli Ebrei della diaspora e quelli rimasti in Palestina avevano goduto da parte di Giulio Cesare e di Ottaviano Augusto, i due massimi esponenti di quella romanità a cui diceva di ispirarsi il regime fascista. Ma anche si passavano in rassegna i pregiudizi anti-ebraici che erano circolati presso gli intellettuali e fra le masse nel mondo romano:  "La Diaspora fece nel mondo greco-romano la parte del signum contradictionis. Molti, non giudei, la protessero e simpatizzarono per essa; moltissimi, al contrario, la disprezzarono con disdegno, la odiarono con l'odio alimentato dall'ignoranza e dal pregiudizio". Ignoranza e pregiudizio:  e Ricciotti sottolineava come "le stesse accuse rivolte al giudaismo, erano lanciate da principio anche contro il cristianesimo".

Alla fine della sua Storia d'Israele, dopo avere ricordato le disposizioni romane che vietavano agli ebrei di entrare in Elia Capitolina (la città costruita da Adriano sulle rovine di Gerusalemme), e "perfino di vedere quel materiale Giove che si era sostituito all'immateriale Jahvè", Ricciotti aveva aggiunto:  "Da quel giorno i Giudei hanno avuto per città il mondo intero, e per Tempio il proprio cuore".


(©L'Osservatore Romano - 27 gennaio 2011)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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