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Quando il Papa disse: FATE CONOSCERE IL MAGISTERO DELLA CHIESA

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2011 20:07
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26/12/2008 23:42
 
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IL RICHIAMO

quanto segue  risale al 2004 vale la pena di meditare E APPLICRE se poi si vuole gridare "SANTO SUBITO"....[SM=g1740717]

Parlando alla Congregazione per la dottrina della fede il Papa ha invitato a riflettere sull’accoglienza dei documenti


http://www.avvenire.it/


«Il Magistero non si può ridurre a una battuta»

Di Giorgio Bernardelli

Le verità affermate dal Magistero? Ai fedeli troppo spesso arrivano solo attraverso qualche battuta dei mass-media. Che il più delle volte ne distorcono il senso complessivo. È un'analisi allarmata quella che il Papa ha proposto ieri mattina, incontrando nella Sala Clementina i partecipanti alla plentaria della Congregazione per la dottrina della fede. Nel giro di orizzonti che ogni due anni compie col dicastero dottrinale della Santa Sede, Giovanni Paolo II ha scelto di toccare anche il tema della recezione dei documenti del Magistero da parte dei cattolici.

Prendendo le mosse da una fotografia non certo confortante del mondo dei media: quando viene pubblicato un nuovo testo - ha osservato il Pontefice - «i fedeli spesso sono disorientati più che informati dalle immediate reazioni dei mezzi di comunicazione sociale».

La preoccupazione è molto seria. Quella del Magistero - ha spiegato ancora il Papa - è una «parola autorevole che fa luce su una verità di fede o su alcuni aspetti della dottrina cattolica contestati o travisati da particolari correnti di pensiero e di azione».


E «promuovere e tutelare la verità della fede cattolica» è un compito che, proprio davanti alla Congregazione vaticana a questo deputata. Giovanni Paolo II ha definito ancora una volta fondamentale. «Le moltitudini - ha spiegato citando la sua enciclica Redemptoris missio - hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo».

Perché «la piena adesione alla verità cattolica non diminuisce, ma esalta la libertà umana».
Ma si può davvero conoscere questa verità se ciò che si ha a disposizione è solo un titolo ad effetto?


Di qui l'invito ai vescovi e alle comunità cristiane ad adoperarsi in prima persona affinché le indicazioni del Magistero arrivino ai cattolici nella loro interezza. Perché prima ancora che un fatto mediatico - ha precisato Giovanni Paolo II - la pubblicazione di un documento deve essere «un evento ecclesiale di accoglienza, nella comunione e nel la condivisione più cordiale della dottrina della Chiesa».


Ecco allora il consiglio rivolto all'interno della Chiesa di «prevedere modi opportuni di trasmissione e di diffusione di ogni documento, che ne consentano la piena conoscenza innanzitutto da parte dei Pastori della Chiesa, primi responsabili dell'accoglienza e della valorizzazione del magistero pontificio come insegnamento che contribuisce a formare la coscienza cristiana dei fedeli di fronte alle sfide del mondo contemporaneo».

L'udienza di ieri alla plenaria della Congregazione per la dottrina della fede ha offerto tuttavia al Papa l'occasione per soffermarsi su altri due temi importanti. Innanzi tutto il concetto di legge morale naturale, quelle «norme prime ed essenziali, patrimonio della sapienza umana, sulla base delle quali si può costruire una piattaforma di valori condivisi». Si tratta di un cardine oggi in molti ambienti messo in discussione; con la conseguenza da una parte «della diffusione tra i credenti di una morale di carattere fideista» e, dall'altra, della mancanza «di un riferimento oggettivo per le legislazioni, che spesso si basano solo sul consenso sociale».


Sono temi - ha ricordato Giovanni Paolo II - già affrontati nelle encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio. «Purtroppo - ha aggiunto però - questi insegnamenti non sembra siano stati recepiti finora nella misura auspicata». Di qui l'invito alla Congregazione ad approfondire questo tema «cercando anche convergenze con rappresentanti delle diverse confessioni, religioni e culture».



Giovanni Paolo II ha chiesto di applicare la normativa canonica facendo attenzione alla «proporzionalità tra colpa e pena». Ma ha anche ricordato come la migliore garanzia stia «nella giusta ed equilibrata formazione dei futuri sacerdoti».


 

Precisi richiami di Giovanni Paolo II sull'odierno contesto culturale


ANGELO MARCHESI
 
C'è da augurarsi che non sia sfuggita a nessuno, sia egli un laico cristiano o un sacerdote, l'importanza del discorso che Giovanni Paolo II ha tenuto in occasione dell'udienza ai partecipanti alla Sessione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede svoltasi recentemente a Roma (cfr L'Osservatore Romano di sabato 7 febbraio 2004).

Dopo che il Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto di tale Congregazione, aveva presentato un indirizzo di omaggio al Papa, Giovanni Paolo II, esprimendo il Suo gradimento per tale incontro, non ha mancato di porre subito in rilievo il difficile compito del richiamo "all'unità della fede e della comunione di tutti i credenti", messo a confronto con "l'odierno contesto culturale, qualificato sia da un diffuso relativismo come dalla tentazione di un facile pragmatismo", contesto culturale che richiede, più che in altri tempi, "l'annuncio coraggioso delle verità che salvano l'uomo e un rinnovato slancio evangelizzatore".

Impegnandoci tutti in questo chiaro annuncio, sulla scorta della Evangelii nuntiandi, espressamente qui menzionata dal Pontefice:  "si rende un enorme servizio agli uomini che cercano la luce della verità", giacchè nel Vangelo, che richiede "la libera adesione dell'uomo" tutta l'umanità può "trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca su Dio, sull'uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità", come ricorda la Redemptoris missio ( 7-8), dello stesso Giovanni Paolo II.

Il Papa ha aggiunto che intende richiamare a questa "nuova evangelizzazione" tutta la Chiesa, proprio all'inizio di questo terzo millennio, ed ha significativamente insistito sulla necessità di una chiara e completa "ricezione dei documenti magisteriali da parte dei fedeli cattolici, spesso disorientati - ha detto - più che informati dalle immediate reazioni e interpretazioni dei mezzi di comunicazione sociale".
Su questo rilievo val la pena di insistere giacché - come ha fatto notare lo stesso Pontefice - la ricezione di un documento e di un insegnamento della Chiesa "più che un fatto mediatico, deve essere visto soprattutto come un evento ecclesiale di accoglienza del magistero nella comunione e nella condivisione più cordiale della dottrina della Chiesa".
 
Sovente infatti accade che, per superficiale frettolosità informativa, gli odierni mezzi di comunicazione sociale (giornali e reti televisive) confezionino in una o due frasi, quando non addirittura in "slogan", quello che l'autorità magisteriale della Chiesa propone in un suo specifico insegnamento, dottrinale o morale, e che esige quindi completezza di informazione e di conoscenza e pacata riflessione.
Troppe volte i mezzi di comunicazione sociale, ovviamente non solo su temi religiosi, nella gara di arrivare per primi finiscono per distorcere o falsare quello che vorrebbero (e dovrebbero!) comunicare con maggiore precisione e completa correttezza.

Giovanni Paolo II su questo tema aggiunge espressamente:  "Affinché la ricezione diventi un autentico evento ecclesiale, conviene prevedere modi opportuni di trasmissione e di diffusione del documento stesso, che ne consentano la piena conoscenza innanzitutto da parte dei Pastori della Chiesa..." per poter poi "formare la coscienza cristiana dei fedeli di fronte alle sfide del mondo contemporaneo".

Quante volte invece accade di ascoltare frettolosi (ed arruffati) dibattiti televisivi o generiche interviste giornalistiche di certi personaggi su temi e problemi morali, religiosi o anche civili che esigerebbero ben altri spazi temporali e ben altri modi di riflessione e di valutazione, al fine di aiutare realmente gli ascoltatori o i lettori a costruire un loro motivato giudizio.

La civiltà delle immagini televisive e della carta stampata deve impegnarsi non a schokkare (come usa dire!) il cittadino, ma a farlo riflettere in modo più consapevole e responsabile! Questo vale tanto per le diverse comunità religiose dei nostri giorni, evitando anche perniciosi fondamentalismi, quanto nella più vasta comunità civile, che ha bisogno non di essere sottoposta a docce scozzesi, ma di essere educata alla discussione democratica e alla costruzione di un meditato e motivato consenso sui diversi problemi del nostro tempo.
Legge morale naturale come tema rilevante in due recenti encicliche
Giovanni Paolo II, proseguendo il suo discorso, ha poi richiamato l'attenzione sul problema della "legge morale naturale", osservando che:  "Tale legge appartiene al grande patrimonio della sapienza umana, che la Rivelazione, con la sua luce, ha contribuito a purificare e sviluppare ulteriormente. La legge naturale, di per sé accessibile ad ogni creatura razionale, indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale". I richiami a tale legge morale naturale sono espressamente presentati nelle pagine della Veritatis splendor, al cap. II, con puntuali rinvii alla Summa theologiae (I IIae, qq. 90 - 97) di Tommaso d'Aquino, tutt'altro che sorpassato.

Alla luce di questo importante richiamo alla "legge morale naturale" sulla cui base "si può costruire una piattaforma di valori condivisi, intorno ai quali sviluppare un dialogo costruttivo con tutti gli uomini e con la società secolare", sempre Giovanni Paolo II rileva che:  "oggi, in conseguenza della crisi della metafisica, in molti ambienti, non si riconosce più una verità inscritta nel cuore di ogni persona umana", con la diffusione o di una "morale di carattere fideista" oppure con l'assenza di un "riferimento oggettivo per le legislazioni, che spesso si basano soltanto sul consenso sociale, così da rendere sempre più difficile giungere ad un fondamento etico comune a tutta l'umanità", come invece dovrebbe verificarsi se la predetta "legge morale naturale" avesse il suo accertato fondamento metafisico e la sua corretta formulazione, universalmente valida per tutti.

Proprio ai fini di questo necessario ed irrinunciabile  "fondamento etico", Giovanni Paolo II rinvia qui, a buon diritto, alle sue Encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio in cui egli, con rigoroso approfondimento filosofico e teologico, ha voluto deliberatamente "offrire elementi utili a riscoprire, tra l'altro, l'idea della legge morale naturale". (Si vedano in particolare i capp. II e III della Veritatis splendor, dedicati al tema del rapporto tra legge, libertà, verità e coscienza morale ai 28 - 105).

"Purtroppo - aggiunge Giovanni Paolo II con un palese accorato accenno - questi insegnamenti non sembra siano stati recepiti finora nella misura auspicata e la complessa problematica merita ulteriori approfondimenti", suggerendo quindi di:  "promuovere opportune iniziative (...) per contribuire ad un rinnovamento costruttivo della dottrina sulla legge morale naturale, cercando anche convergenze con rappresentanti della diverse confessioni religiose e culture".
In queste parole non è chi non veda l'urgenza sociale e culturale di un siffatto invito e la positività di questa proposta che sottolineano con chiarezza che, senza un preciso riferimento a Dio libero creatore dell'uomo e del mondo, non è assolutamente possibile parlare di una "natura umana" e di una legge morale naturale, inscritta nella coscienza dell'uomo. È palese infatti che se non si riconduce, in ultima analisi, il tema e il problema della "natura umana" ad un atto creativo e libero di Dio, si finisce inevitabilmente, o col negare tale realtà della "natura umana", che sta a fondamento della dignità della "persona", o col travolgere la realtà dell'uomo in una concezione storicistica o relativistica che annulla ogni possibile riferimento a valori etici perenni e sottopone l'uomo ad ogni possibile manipolazione, priva di ogni regola.

Non a caso Giovanni Paolo II si riferisce alla "crisi della metafisica" e rinvia ai testi delle due citate Encicliche, dove questi temi e problemi sono stati escussi e affrontati con precise indicazioni e motivazioni che non è qui possibile ora ripercorrere, ma che restano pietre miliari per chi vuole affrontare e chiarire questi urgenti problemi.

Auguriamoci quindi che il Suo invito trovi valide risposte, consapevole unità di intenti e coerenti approfondimenti dei temi qui sinteticamente richiamati.

(©L'Osservatore Romano - 13 Febbraio 2004)


         

A cura di frà Tommaso Maria di Gesù dei frati minori

Via alla Falconara n° 83 - 90100 Palermo

Domanda- Noi ci ribelliamo alle suddette affermazioni, perché Gesù condanna le tradizioni degli uomini, mentre il Cattolicesimo mette a fianco della S. Scrittura le tradizioni umane. Ascoltiamo la parola di Gesù che dice:


 

a- Mt 15,1-9: " ... Perchè voi trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione? ... Ipocriti! Bene ha, profetato di voi Isaia. dicendo: "Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini".


 

b- Mc 7,1-13: " ... Quei farisei lo interrogarono, ed Egli (Gesù) rispose loro: "Bene ha profetato Isaia di voi ipocriti, come sta,scritto: "Questo popolo.mi onora con le labbra... insegnando dottrine che sono precetti di uomini".


c- Col 2,8.22: "Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofìa e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo".


"... Tutte cose destinate a scomparire con l'uso: sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini". Come mai i cattolici non vogliono comprendere la parola di Dio così chiara?

Risposta. La tradizione cattolica, sempre in relazione alla parola di Dio, é sana, santa e apostolica. Essa è, in definitiva, la vita stessa vissuta dalla Chiesa ed emana dai Sacri Testi.


Quelli che rigettano la tradizione cattolica, vivono completamente di tradizione ma di quella umana
soltanto che Gesù - e con Lui la "Sua" Chiesa - condanna, perchè è solo una profanazione della verità come ci è stato prospettato nelle obiezioni a), b), e c).

Infatti i vari gruppi, staccatisi dalla unica Chiesa di Gesù, pensano e credono, ognuno secondo gli ordini dei loro dirigenti, i quali ordini diventano "infallibili dogmi" da essere assolutamente creduti, pena la dissociazione, la scomunica, ecc.

Non c'è da meravigliarsi perchè con i princìpi escogitati dai dissidenti di ieri e di oggi, si possono fare "voli" sempre più lunghi...


Le emanazioni del Protestantesimo si contano a migliaia ed è facile che ben presto molti "profeti americani" saranno superati da altri che ci strabilieranno con l'annuncio di un'altra Buona Novella, finalmente quella vera, non ancora scoperta dalla Chiesa di Dio, in duemila anni di vita!...

E i nuovi profeti avranno anch'essi dei seguaci che saranno gli "apostoli veri", sinceri ed austeri, che si batteranno fanaticamente ed eroicamente per le "nuove verità!!!".
 

E allora, se la tradizione umana è condannata da Gesù e dalla Sua Chiesa, c'è anche una tradizione vera, santa, apostolica che Dio ha voluto e vuole e che i Sacri Testi ci raccomandano.


Proviamo a convincerci con qualche esempio:


1 -.1 Cor 11,2: "Vi lodo poi perchè in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse";
 

2 - 1 Cor 15,3: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture";


3 - Lc 1,1-2: "Poichè molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che furono testimoni fin dal principio e divennero ministri della parola ...
 

4 - 2 Tes 3,6: "Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel Nome del Signore Nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che hanno ricevuto da noi".
 

5 - 2 Tes 2,15: "Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola, come dalla nostra lettera".


..........
NON facciamo perciò del Magistero, il quale CONSERVA DI TRASMETTERCI QUESTE SANTE TRADIZIONI ED INSEGNA CIO' CHE E' RIPORTATO NELLA SCRITTURA, una sorta di slogan pubblicitario..[SM=g1740730] ...al quale poi stolti ed ignoranti applaudono contro pensando di poter abolire in questo modo la Chiesa.....e invece non si rendono conto che combattendolo diventono solo strumento di zizzania e di grande confusione.....perchè fino ad oggi NESSUNO è riuscito a buttare giù l'insegnamento della Chiesa, semmai lo si rifiuta, ma nessuno è riuscito a confutarlo...[SM=g1740729]

s.Cirillo di Gerisalemme......[SM=g1740717]
Cirillo era nato nel 315 da genitori cristiani. Ebbe qualche simpatia per gli ariani; ma se ne separò molto presto, aderendo ai semiariani omoiusiani, cioè a quell'indirizzo teologico incline al compromesso, che proponeva il termine « homoi-ousios » (di natura simile) al posto di « homo-ousios » (della stessa natura, cioè il Verbo della stessa natura del Padre): si trattava della semplice aggiunta di una lettera, ma era sufficiente per eliminare l'idea della consustanzialità tra il Padre e il Figlio. Cirillo però abbandonò anche i semiariani e aderì definitivamente alla dottrina ortodossa di Nicea difendendola al punto tale da vivere tre esilii e alla fine il martirio.
Cosa c'entra questo con il Magistero?
Ce lo spiega s.Cirillo dalla sua opera "La catechesi sui Misteri":

La spiegazione della fine del simbolo del Credo 

22. La fede professata è contenuta nel seguito: "(Crediamo) E in un solo battesimo di penitenza per la remissione dei peccati e nella santa Chiesa cattolica, e nella resurrezione della carne e nella vita eterna".
Sul battesimo e sulla penitenza si è parlato nelle catechesi precedenti.
Le cose dette sulla resurrezione dei morti sono state dette per spiegare: "e nella resurrezione della carne".
Le cose che rimangono sono dette per: "nell'unica santa Chiesa cattolica".
Di questa si potrebbe dire molto, ma lo diremo in breve.

La Chiesa cattolica

23. Si chiama cattolica perché si diffonde per tutto il mondo da un confine all'altro della terra; perché insegna universalmente e con esattezza tutti i principi che giovano alla conoscenza degli uomini nelle cose visibili ed invisibili, celesti e terrestri; perché è subordinato al suo culto tutto il genere umano, capi e sudditi, dotti e indotti; perché sana e cura da per tutto ogni specie di peccati dell'anima e del corpo che si commettono.
Essa ha in sé ogni conclamata virtù nelle opere, nelle parole e in ogni carisma spirituale.

Le radici del termine Chiesa

24. È chiamata appropriatamente Chiesa perché convoca e raccoglie insieme tutti, come nel Levitico dice il Signore: "Riunisci tutta la comunità alla porta del tabernacolo del convegno".
Degno di nota che il termine ecclesiason (cioè convoca) per la prima volta si legge qui nelle Scritture, quando
il Signore costituì Aronne al sommo sacerdozio.
Nel Deutoronomio Dio dice a Mosè: "Convocami il popolo ed ascolti le mie parole perché impari a temermi".

(ricordo a tutti che questo SACRO TIMOR DI DIO è uno dei Sette Doni dello Spirito Santo che chiediamo e riceviamo nella Cresima...-nota mia-[SM=g1740722] ) 

Di nuovo ricorda il nome di Chiesa quando parla delle tavole. In queste erano scritte tutte le parole che il Signore disse per voi sul monte, in mezzo al fuoco, nel giorno della riunione.
Quasi dicesse più apertamente: "Nel giorno in cui chiamati dal Signore vi riuniste".
Il salmista canta: "Ti confesserò, Signore, nella grande chiesa, tra gran popolo ti loderò"

La Chiesa cattolica e la chiesa degli eretici

26. Il nome di chiesa si addice a cose diverse, come della moltitudine nel teatro degli efesini è scritto:
"Dopo aver detto ciò sciolse l'adunanza". Giustamente qualcuno potrebbe chiamare, e con fondamento,
chiesa dei malvagi le adunanze degli eretici. Mi riferisco ai marcioniti, manichei ed altri.
Perciò ti è data saldamente la fede "nell'una santa Chiesa cattolica" perché, fuggendo le riunioni degli abominevoli, tu aderisca in tutto alla santa Chiesa cattolica, nella quale sei rinato.
Se poi passi per le città non chiedere semplicemente dov'è il "curiacon" (casa del Signore).
Anche le eresie degli empi pretendono di chiamare "curiaca" le loro spelonche.
Né dove si trova la chiesa, ma dove è la Chiesa cattolica. Questo è proprio il nome di quella santa e madre di noi tutti.

Essa è la sposa di nostro Signore Gesù Cristo, unigenito figlio di Dio.
È scritto infatti: "Come Cristo amò la Chiesa e si è sacrificato per essa" e il resto che segue.
Essa è figura ed imitazione di quella in alto, Gerusalemme, che è libera e madre di tutti noi. Prima era sterile ed ora è di molta prole.....


La pace, confine della Chiesa

27. Fu ripudiata la prima, nella seconda Chiesa cattolica, come dice Paolo: "Dio al primo posto stabilì gli apostoli, al secondo i profeti, al terzo i dottori, poi le potenza, poi i carismi delle guarigioni, le assistenze, i governi, i generi delle lingue" ed ogni specie di virtù.
Mi riferisco alla saggezza e all'intelletto, alla temperanza e alla giustizia, all'elemosina e alla misericordia, e alla pazienza invitta nelle persecuzioni.
Questa Chiesa, con le armi della giustizia nella destra e nella sinistra, con la gloria e l'ignominia, per prima nelle persecuzioni e nelle tribolazioni ha cinto i santi martiri di corone intrecciate dei vari fiori della pazienza.
Ora in tempo di pace per grazia di Dio riceve il dovuto onore dai re, dalle autorità e da uomini di ogni ceto e nazione. I re delle nazioni che abitano le singole regioni hanno i limiti del loro dominio.
La sola vera santa Chiesa cattolica ha, per tutto il mondo, un potere infinito.
Dio pose - come è scritto - la pace come confine ad essa. Se sulla Chiesa volessi parlare di ogni cosa mi occorrerebbero molte ore per il discorso...


[SM=g1740722]

************



Ma attenzione...queste parole di s.Cirillo hanno un significato solo se accogliamo L'INSEGNAMENTO DI QUESTA CHIESA e lo applichiamo a vantaggio del Cristo...altrimenti, venerare la Chiesa senza OBBEDIRLE...dire di volerle bene, ma NON fare ciò che insegna....diventa sterile idolatria.....e una radice marcia che produce appunto divisioni, infatti I PIU' GRANDI ERETICI furono vescovi, preti, monaci...un tantino inquieti e disobbedienti.....[SM=g1740730]


S.Cirillo ci invita a guardare al MAGISTERO[SM=g7831] , l'insegnamento appunto quando diceva già nell'anno nel 340 circa: 23. Si chiama cattolica perché si diffonde per tutto il mondo da un confine all'altro della terra; perché insegna universalmente e con esattezza tutti i principi che giovano alla conoscenza degli uomini nelle cose visibili ed invisibili, celesti e terrestri; perché è subordinato al suo culto tutto il genere umano, capi e sudditi, dotti e indotti; perché sana e cura da per tutto ogni specie di peccati dell'anima e del corpo che si commettono.....


Ecco perchè il Magistero NON è uno spot nè a questo può essere ridotto...se quanti lo contestano lo meditassero forse capirebbero di cosa si sta parlando, ma questi accusano il Magistero senza nemmeno averlo letto e contemplato, ma si basano solo sulle citazioni...o solo attraverso il..."passaparola"......e questa è stoltezza se viene fatto consapevolmente sapendo di recare un danno nei confronti del Prossimo che deve percepire la Verità....

Questo ha insegnato Giovanni Paolo II scrivendo anche un Motu Proprio dal titolo: AD TUENDAM FIDEM=DIFENDERE LA FEDE dal quale ha avuto origine questo forum...[SM=g1740721]

NON DITE "SANTO SUBITO" SE NON GLI CREDETE.....[SM=g7831]

Lo vedremo presto Santo ma per ottenerne poi i benfici occorrerà APPLICARE, METTERE IN PRATCA IL MAGISTERO CHE HA LASCIATO ALLA SANTA CHIESA ....
che ha amato e servito[SM=g7831]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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