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I MIRACOLI EUCARISTICI

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2019 00:26
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02/02/2009 23:18
 
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L’Eucaristia Sacro Convito: il Miracolo di Ischia di Castro.


C’è un miracolo eucaristico a noi caro, che non risulterà in nessun libro che indaghi o raccolga tutti i prodigi riguardanti il mistero dell’Eucaristia.


Si tratta del Miracolo del Pane occorso a Ischia nell’anno 1802, per averne certa e chiara documentazione basta recarsi nell’archivio della ex curia di Acquapendente (VT) e lì scartabellare tra i polverosi fogli dell’incartamento relativo alla serva di Dio Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione.


Questo miracolo umile, perché nascosto e cancellato dall’orda francese che si abbatté su quei e molti altri luoghi, ci aiuta a penetrare la verità dell’Eucaristia quale Sacro Convito. Un convito vero, reale, un Pane a tutti gli effetti, eppure un Pane “altro”. Di questo Sacro Convito, quale è l’Eucaristia, fu prefigura l’evangelica moltiplicazione dei pani ed è proprio alla moltiplicazione dei pani che il miracolo di Ischia di Castro rimanda. Ma procediamo con ordine tenendo d’occhio le polverose carte della Curia vescovile di Acquapendente dove, dopo aver appreso il prodigioso evento e aver interrogato numerosi testimoni, il vescovo mons. Florido Pierleoni, appose la sua firma e il suo placet!

Sul finire del 1700 e nei primi anni del 1800, possedere una grande forno era, soprattutto nei piccoli centri abitati, una grande fortuna. Madre Lillia del Crocifisso, devota amica di san Paolo della Croce e solerte Fondatrice di un Istituto di Terziarie francescane dedito all’educazione delle fanciulle, volle che i suoi Monasteri, pur vivendo la francescana povertà, non fossero privi di quel bene sommo che è il forno.

Anche il poverissimo Monastero di Ischia ne aveva uno che era meta di molti abitanti del luogo i quali, portando la misera farina raccolta, ricevevano dalle buone suore del pane cotto e fragrante con il quale sfamare i loro cari. In questo Monastero, nell’anno 1802, divenne Superiora un giovane monaca di origine toscana, suor Maria Maddalena dell’Incarnazione. La sua devozione per il Santissimo Sacramento, che così spesso quelle suore adoravano, era nota a tutti, dentro e fuori Convento, quanto però alle sue capacità di governo nessuno sospettava nulla, anzi ci si meravigliava che avessero potuto eleggere lei, superiora di quel Convento.


Nell’estate di quell’anno la miseria fu più grande che mai. Le campagne non avevano dato un buon raccolto, si era già a metà giugno e poco o nulla si riusciva a raccogliere. Il 16 giugno era giovedì, giorno del Corpus Domini, le sorelle converse, addette al Forno, andarono dalla Madre dicendole che non si trovava farina in tutta Ischia se non un paio di staia, gentilmente offerte dalla signora Margherita Castiglioni, e altre piccole porzioni di farina racimolate qua e là.

La Madre ingiunse, in virtù di santa obbedienza, alle due sorelle di buttare la farina nella solita quantità d’acqua e mescolare: il Signore avrebbe provveduto al solito quantitativo di pane. Le due, credendola del tutto sprovveduta di nozioni circa l’impasto del pane, la guardarono con un pizzico di ironia, tuttavia obbedirono e si cinsero a mescolare il composto acquoso, entro al quale la farina si faticava a riconoscere.


Da pochi attimi però Madre Maria Maddalena era giunta in coro, quando misteriosamente la farina si rapprese e il composto andò inspiegabilmente ad aumentare di volume e crebbe e si amalgamò fino a diventare una pasta bella e filante, pronta per essere trasformata in pagnotte bianche come non lo erano mai state in quei calamitosi tempi.


Le converse, attonite e confuse, cossero la medesima quantità di pane che durò per molti giorni, sfamando le sorelle del Monastero e la gente di Ischia, fino al giorno dei Santi Pietro e Paolo, cioè il 29 giugno di quello stesso 1802. Il miracolo passò di bocca in bocca e giunse all’orecchio del Vescovo che nel giorno 5 luglio dello stesso anno, aprì un processo diocesano sul miracolo da cui, appunto, abbiamo attinto queste notizie.

Cosa può insegnare a noi dell’Eucaristia quale Sacro Convito, questo evento prodigioso che non riguarda direttamente il santissimo Sacramento?
Il legame più forte con l’Eucaristia è rappresentato dal giorno - certo non casuale - in cui è avvenuto il miracolo: il Corpus Domini. Se il Giovedì Santo la Chiesa ricorda l’istituzione dell’Eucaristia e quindi il Mistero di questo Convito strettamente legato al sacerdozio ministeriale, nel giovedì del Corpus Domini (oggi purtroppo spostato alla domenica) la Chiesa guarda all’Eucaristia come Banchetto offerto a tutti i popoli. Nel giorno del Corpus Domini, infatti, l’Eucaristia esce per le strade e per le piazze, incontra la gente comune, quella che si accosta al banchetto Eucaristico e quella che in Chiesa si reca raramente, se non quasi mai.


Il luogo del Miracolo poi fu un forno, un focolare quindi, rimando inevitabile alla chiesa domestica, alla famiglia. Il forno rimanda anche a quel fuoco di carità che spinse Cristo a rimanere con noi nel Sacramento.


Il pane fu poi realizzato con l’offerta di una donna, la quale non diede semplicemente parte della sua farina, ma tutta quanta la farina posseduta. Il legame con l’evento della prodigiosa moltiplicazione del pane da parte di Gesù è evidente, anche allora un ragazzo diede tutto il pane che aveva.


Altri ingredienti sostanziali furono l’obbedienza, sia pure un poco scettica delle due religiose, e la fede della Madre.


Tutti mangiarono e furono saziati con un pane di gran lunga migliore del solito pane, un pane che mentre nutrì i corpi, edificò la carità dentro e fuori del Convento.
Ecco allora spiegato il Mistero del Sacro Convito: una mensa che nasce dalla carità di Cristo, dal suo Amore per noi. Una mensa che chiede però l’offerta di tutto noi stessi, delle nostre poche staia di farina; una mensa che chiede l’obbedienza sia pure imperfetta ai comandi e ai suggerimenti divini. Un banchetto aperto a tutti che non chiede alcun abito per accostarvisi se non quello della fede e dell’amore.


In questo Sacro Convito siamo nutriti dello stesso Cristo che vuole stare con noi, non solamente nelle chiese o nelle sacrestie, ma dentro i nostri rapporti quotidiani e familiari, nelle nostre strade e nelle nostre piazze, là cioè dove si edifica la città.


Il miracolo del Pane perdurò a Ischia di Castro fino al giorno dei Santi Pietro e Paolo, colonne della Chiesa: questo Sacro Convito, pur essendo aperto a tutti i popoli, è offerto dalla Domus Ecclesiae, dalla Chiesa edificata dai Apostoli e dai loro successori.




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L’Eucaristia, pegno della gloria futura: Il Miracolo di Torino



Un po' di storia



Correva l'anno 1453 e il cattolicesimo navigava in cattive acque: Costantinopoli, caduta in mano a Maometto II, fu messa dura prova con saccheggi, profanazioni di Chiese e terrore: quarantamila cristiani furono uccisi e molti altri furono gettati in carcere. Maometto in persona entrò nella celebre basilica di Santa Sofia e salendo sull'altare proclamò se stesso vero Dio; subito dopo uccise barbaramente il re Costantino Dragosete e tutta la famiglia. L'Italia divisa in molti staterelli non aveva la forza per far fronte a tale minaccia.


Anche il Piemonte, unico stato libero, stava per essere attaccato. Regnava in quell'anno Ludovico di Savoia, figlio di Amedeo VIII il quale era divenuto famoso per aver rinunciato al trono in favore del figlio ed essersi ritirato presso un castello fondando l'ordine cavalleresco-religioso di S. Maurizio. Il suo percorso spirituale doveva rivelarsi però alquanto tortuoso perché mentre regnava papa Eugenio IV fu eletto antipapa col nome di Felice V, pentitosi riconobbe poi il papa legittimo, fu creato cardinale e morì, nel 1451, in concetto di santità.


Il figlio Ludovico fu un re debole e il governo del ducato di Savoia passò quasi interamente alla moglie Anna di Lusignano, principessa di Cipro. La loro figlia Carlotta sposò Luigi, figlio di Carlo VII re di Francia e, fu proprio questo matrimonio a causare la lotta tra i due stati.
Carlo VII, infatti, in parte contrariato a causa del matrimonio disapprovato, in parte per il desiderio di riappropriarsi del regno di Napoli pretese di passare liberamente con le sue truppe sul suolo piemontese. Al rifiuto di Ludovico di Savoia, invase il Piemonte.

Il miracolo


Il duca Renato d'Angiò valicò le Alpi con l'esercito francese. Per contrastarne l'avanzata, le truppe piemontesi di Ludovico di Savoia occuparono il forte di Exilles, che si trovava in una posizione chiave per il controllo della via delle Gallie.
Alcuni soldati si introdussero nella chiesa parrocchiale di Exilles, ne rubarono i sacri arredi, asportando anche un Ostensorio d'argento esposto per l'Adorazione Eucaristica e contenente dunque l'Ostia Santa. I soldati vendettero poi la refurtiva a poco prezzo ad alcuni mercanti i quali la posero in un sacco e la caricarono su di un mulo si avviandosi, per Susa, Avigliana e Rivoli, alla volta di Torino. Vi giunsero il 6 giugno dello stesso 1453, ottava del Corpus Domini.


Arrivati in Piazza del grano, presso la Chiesa di S. Silvestro, il mulo incespicò e cadde, anche il sacco si rovesciò e la povera bestiola inginocchiatasi, nonostante le percosse, non voleva più alzarsi. Fu allora che il sacco si aprì e l'ostensorio salì miracolosamente verso il cielo librandosi nell'aria cominciando a risplendere come il sole. Erano circa le cinque pomeridiane
Si sollevo un coro di voci che gridava al miracolo ed accorse anche un sacerdote, don Bartolomeo Cocone il quale, a sua volta corse a chiamare il vescovo. Mons. Lodovico di Romagnano, venne in compagnia dei canonici e dei religiosi che si trovavano in quel momento in Duomo e quando fu alla presenza del miracolo l'ostensorio cadde a terra, e rimase sospeso solo l'Ostia Santa. Tutti si inginocchiarono pieni di meraviglia e compunzione, il presule allora si fece portare un calice e innalzandolo vide le sacre specie scendere lentamente e adagiarsi in esso.
L'ostia fu portata processionalmente in cattedrale dove restò esposta alla pubblica venerazione.

La prima testimonianza del miracolo, firmata da undici testimoni, è andata perduta, ma ne rimane un riassunto, conservato nell'archivio municipale in una cassetta di cipresso costruita appositamente per questo [1].
Sul luogo del miracolo prima fu innalzata una colonna, poi fu costruita l'attuale basilica del Corpus Domini. L'ostia non si conserva più: venerata per una quarantina d'anni, fu consumata per ordine della Santa Sede "per non obbligare Dio – si legge nei documenti – a fare un continuo miracolo, conservandola intatta."


L'Eucaristia pegno della gloria futura


Come questo miracolo può aiutarci a meglio penetrare l'Eucaristia quale pegno della gloria futura?
La gloria futura è la certezza della vita eterna, è, per l'uomo, primizia della sua immortalità. Da sempre l'uomo non accetta di dover morire, non si rassegna alla sua finitudine: egli aspira all'eternità e ha nel cuore il desiderio costante di una gioia perfetta e duratura, di una vita che non muore. Cristo è venuto per offrirci una caparra di tale certezza effondendo nell'uomo il suo soffio divino. Se Cristo non fosse risorto - afferma l'apostolo Paolo - è vana la nostra fede!


Nella comunione quotidiana non riceviamo per così dire una iniezione di eternità, veniamo "cristificati" ottenendo in anticipo qualcosa di quella dimensione gloriosa che vivremo nel Regno del Padre.
Ed ecco che questo miracolo ci testimonia la Presenza del Risorto nell'Ostia Santa. Per miracoli simili possiamo dire: Cristo è risorto e non è vana la nostra fede! Come può infatti un pane inerme sollevare un pesante ostensorio d'argento se non perché abitato dal Mistero? Qui si tocca con mano la Presenza di Dio in mezzo agli uomini, cioè, appunto, la gloria! Se Cristo nell'ostia è vivo, allora veramente, comunicandoci, noi ci nutriamo di eternità. Veramente riceviamo con l'Eucaristia un pegno sicuro della vita che ci attende nella gloria dei Santi.

[1] Alli 6 di giugno 1453 a hore 20 [tra le ore 16 e le 17] un giobbia [giovedì] apparse la sancta hostia. Venendo certi huomeni di Cherio [Chieri] da certa guera o discordia che era tra francesi et savoja et piemontesi per certi mercadanti con la lhoro mercantia ritenuta a Assiglie [Exilles: in quei tempi il castello di Exilles faceva parte del Delfinato] la qual fu messa a sacho eccovi che fu un uomo che pigliò nella chiesa di Assiglie lo relliquiario d'argento dov'era il Santissimo Sacramento et lo invillupò in certe balle, le quali gittò sopra un mullo et venendo per Susa, Avigliana, Rivolli et gionse alla città di Turino et subito che il mullo fu entrato in porta Susina per voluntà di Iddio non si fermò sin che fu in questo luocho et subito giunto quivi si gettò in terra et subito furno disligatte le balle per voluntà del Signore Iddio et subito senza alchuno agiuto humano, uscì fuori il vero et Santissimo Corpus Domini con lo relliquiario nel aria miracollosamente con un grande splendore et ragi et pareva il solle.

Vedendo questo un certo prete chiamato Messer Bertholomeo Chochono presto se ne andò da Monsignor Reverendissimo Lodovicho Romagnano episcopo della presente città di Turino il qualle intendendo questo, subito viene con tutto il clero del domo grande con la Croce accompagnato da canonici et relligiossi che si ritrovavano et quando lo Reverendissimo fu gionto in questo luocho [piazza del Grano] subito cascho lo relliquiario in terra et rimasse lo Santissimo Sacramento in l'aria con grandi raggi et splendore.
Il che vedendo questo miracollo subito Monsignor Reverendissimo s'inginocchiò con tutti gli astanti et adorando il Santissimo Sacramento come vero Iddio, nostro vero redemptore, fece portare un callice et presente tutto il popollo descende nel callice la Santissima hostia con grande veneratione honore et reverenza come debitamente si conviene et la portano alla chiesa cathedralle di San Giovanni Baptista accompagnata dalli Reverendi Canonici et relligiossi con molti magnifici et nobili cittadini […]"





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Santarém: dall’Eucaristia il dono della riconciliazione



La località è sicura: Santarém, una cittadina del Portogallo situata tra Lisbona e Fatima, patria di sant’Irene e di San Ferdinando re. Incerta invece è la data del miracolo. I documenti originali sono andati distrutti e le numerosissime testimonianze che ci rimangono recano date diverse: 1266, 1247, 1346. Queste differenze sembrano attribuibili al fatto che a Santarém si verificò un doppio miracolo e che dalla particola il sangue vivo è sgorgato più volte lungo i secoli.

Ma ricordiamo i fatti: tra il 1266 e il 1247 una giovane sposa, tormentata dall’infedeltà del marito e nell’estremo tentativo di riconquistare l’amore di lui, si rivolse a una fattucchiera. Questa le disse di essere in grado di elaborare un potente filtro d’amore che avrebbe ridato al marito la fedeltà e passione originaria; ingrediente indispensabile per una tale prodigiosa pozione era però una particola consacrata che la sposa stessa doveva procurare.


La giovane donna, pur consapevole del sacrilegio, assecondò la richiesta e recatasi nella sua parrocchia, la Chiesa di Santo Stefano, dopo aver ricevuto l’Eucaristia la nascose furtivamente nell’angolo del fazzoletto che portava sul capo. Una volta uscita si diresse velocemente verso casa, ma alcune persone la fermarono chiedendole se si fosse ferita perché vistose gocce di sangue segnavano il suo cammino. La donna capì all’istante da dove venisse il sangue e col fiato in gola corse a casa, nascondendo rapidamente la particola - avvolta in un panno - dentro a un baule di cedro.


La donna parve acquietarsi, venne la sera, il marito rincasò e, dopo aver cenato si coricarono come al solito. Improvvisamente però, nel cuore della notte, furono svegliati da un bagliore di luce che palpitava dentro la stanza e proveniva dal baule della donna. Questa fu allora, costretta a raccontare ogni cosa al marito che rimase attonito a guardare l’ostia luminosa e sanguinante. I due passarono il resto della notte in silenziosa e commossa adorazione godendo anche - almeno così si tramanda - una visione di angeli adoranti il prodigio.

Non appena fu mattina corsero ad avvertire il parroco, la voce del miracolo si sparse e molta gente si recò nell’abitazione per prostrarsi in adorazione e pregare. L’ostia fu riportata in Chiesa con una solenne processione, il parroco la ripose in un reliquiario di cera d’api e la sanguinazione continuò ininterrottamente per tre giorni.

A questo punto si colloca un secondo miracolo che alcuni vogliono datare parecchio tempo dopo e cioè, appunto, attorno al 1340.

Un giorno il sacerdote che doveva ispezionare la reliquia contenuta nel vasetto di cera, trovò la cera liquefatta e la particola ben custodita dentro una teca di cristallo a collo stretto, ermeticamente chiusa. Nella teca è ancora oggi ben visibile il sangue mescolato a residui di cera e nel corso dei secoli sono state raccolte numerose testimonianze di persone che non solo hanno visto nuove emissioni di sangue, ma anche l’immagine del Salvatore. Tra queste quella autorevole di san Francesco Saverio che visitò il Santuario prima di partire missionario per le Indie.

Quella fattucchiera, suo malgrado, disse alla giovane donna una grande verità: veramente l’Eucaristia è un cibo potente capace di far tornare nell’uomo la fedeltà e l’amore originario. Di fatto i due sposi di Santarém risolsero il loro problema familiare grazie alla presenza viva e operante di Cristo che li riconciliò con Dio e fra di loro.

In questo miracolo il legame tra il sacramento dell’Eucaristia e il sacramento del matrimonio emerge in modo straordinario. È la Presenza che salva e cementa l’unione tra gli sposi; è la capacità di guardare insieme verso un amore più grande del loro - l’Amore di Cristo testimoniato fino al sangue- che dona la forza di superare le difficoltà di rapporto. In questo miracolo, la notte del peccato è stata sconfitta da una notte di adorazione. Un prodigio e una processione (che peraltro si ripete ogni anno durante la seconda domenica di Aprile) ha reso evidente il legame tra la chiesa domestica, la famiglia, e la chiesa parrocchiale.

Anche il secondo evento miracoloso, fa pensare. La cera d’api - pur essendo un materiale altamente evocativo perché rimanda al cero pasquale - non è adatta a custodire del sangue vivo. Il fatto che la particola sia stata ritrovata dentro una teca di vetro testimonia da un lato il ripetersi del prodigio, che certo necessitava di ben altro contenitore, e dall’altro la verità del detto biblico: chi custodisce le cose sante sarà da esse santificato. Quando l’uomo si prende cura del sacro e circonda la sua vita del senso della Presenza di Dio, la Presenza di Dio - il sacro - santifica la sua vita. Il matrimonio dei due sposi di Santarém è stato santificato dalla custodia consapevole della Presenza di Cristo nell’ostia santa, così anche i ministri dell’Ordine sacro - i sacerdoti - quanto più custodiranno quel mistero che sta al cuore stesso del o loro esistere, tanto più saranno custoditi nel loro santo proposito.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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