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Ultimo Aggiornamento: 01/04/2011 12:38
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30/06/2009 12:03
 
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Padre Pio, Lefebvre e la dimensione sacrificale dell'Eucaristia.

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di Francesco Colafemmina

Una precisazione riguardo alla foto di Padre Pio con Lefebvre: la foto fu scattata durante il brevissimo incontro fra i due che avvenne dopo la Pasqua del 1967.

Citiamo le parole dello stesso Mons. Lefebvre in una sua lettera dell'8 Agosto 1990:
"l'incontro ebbe luogo dopo la Pasqua del 1967 e durò due minuti. Ero accompagnato da Padre Barbara da un Frate dello Spirito Santo, frate Felin. Ho incontrato Padre Pio in un corridoio, mentre si dirigeva verso il confessionale, accompagnato da due cappuccini. Gli ho detto in poche parole lo scopo della mia visita: che lui benedicesse la Congregazione dello Spirito Santo che doveva svolgere un capitolo generale straordinario, come tutte le società religiose, per un aggiornamento, incontro che temevo avrebbe condotto a dei problemi. Allora Padre Pio gridato. 'Me, benedire un Arcivescovo, no, no, è lei che dovrebbe benedire me!' E si chinò, per ricevere la benedizione. Io lo benedissi, lui baciò il mio anello e continuò il suo cammino verso il confessionale... Questo è stato tutto l'incontro, né più né meno. Per inventare un resoconto come quello che mi avete inviato ci vuole una fantasia satanica e menzognera. L'autore è un figlio del padre della menzogna!".

Il riferimento di Lefebvre era al resoconto in base al quale Padre Pio avrebbe ammonito l'Arcivescovo a restare obbediente al Papa ed alla Chiesa ed a non prendere iniziative che rompessero l'obbedienza. Questa leggenda nata - evidentemente - in data successiva al 1967 è stata utilizzata per dipingere da un lato il solito Lefebvre ribelle e scismatico e dall'altro un Padre Pio "conciliare" e contrariato dall'atto di indisciplina di Lefebvre.

Il giudizio su Lefebvre non viene intaccato o modificato dalla presenza di Padre Pio. Infatti il Santo Padre Giovanni Paolo II lo ha scomunicato per il mancato rispetto dell'obbedienza e specificamente per l'illecita ordinazione episcopale di quattro vescovi. Un atteggiamento che mal si concilia con quella silenziosa sopportazione che ha caratterizzato l'intera travagliata esistenza di San Pio.

Però, non allo stesso modo, si può affermare che San Pio fosse in grado di testimoniare con la sua esistenza e la sua essenza cristiana una Chiesa rinnovata dal Concilio Vaticano II. Anzi, anche i recenti tentativi da noi smascherati, di recuperare un Padre Pio conciliare e devoto al Novus Ordo, fanno parte di una sorta di "angoscia anti-tradizionale" che persiste nella Chiesa e che ultimamente a seguito della lenta "rinascita liturgica" promossa da Papa Benedetto si manifesta ancora più rabbiosa e preoccupata.

Tutto ci sembra legato ad un aspetto letteralmente vissuto da San Pio nella liturgia eucaristica: la dimensione sacrificale dell'Eucaristia. Questo grande tabù della liturgia postconciliare - sebbene non estraneo allo "spirtito del Concilio" - resta uno scoglio tremendo sul quale inciampano tutti coloro che cercano di conciliare l'idea "comunitaria" del Novus Ordo, con la prassi liturgica del grande Santo di Pietrelcina. Nell'ambito dell'ermeneutica della continuità e della positiva discussione sul tema mi piace citare quanto affermato da un grande uomo diventato Papa:
Joseph Ratzinger nel suo intervento del 2001 al Convegno di Fontgombault. Questo estratto del suo saggio ci spiega chiaramente perchè è considerato ancora "scandaloso" e "strumentalizzabile" il fatto che Padre Pio celebrasse la Santa Messa secondo il Messale del 1962.


Fonte Fides et Forma.

***

Il sacrificio rimosso in questione

[...] Tornando al Vaticano II, vi troviamo la seguente descrizione di questi rapporti: "La liturgia, mediante la quale, soprattutto nel divino sacrificio dell’Eucaristia, si attua l’opera della nostra redenzione, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e l’autentica natura della vera Chiesa" (ibid. n. 2).

Tutto ciò è diventato estraneo al pensiero moderno e nemmeno trent’anni dopo il concilio, persino tra i liturgisti cattolici, è oggetto di punti interrogativi. Oggi chi parla ancora del sacrificio divino dell’Eucaristia? Certo le discussioni intorno alla nozione di sacrificio sono tornate ad essere sorprendentemente vive, sia da parte cattolica che protestante. Si avverte che in un’idea che ha sempre occupato, sotto molte forme, non soltanto la storia della Chiesa, ma la storia intera dell’umanità, vi deve esserci l’espressione di qualche cosa di essenziale che riguarda anche noi.

Ma nello stesso tempo restano ancora vive ovunque le vecchie posizioni dell’illuminismo: accusa a priori di magia e di paganesimo, sistematiche opposizioni tra rito ed ethos, concezione di un cristianesimo che si libera dal culto ed entra nel mondo profano; teologi cattolici che non hanno per nulla voglia, per l’appunto, di vedersi tacciare di anti-modernità.
Anche se si ha in un modo o nell'altro il desiderio di ritrovare il concetto di sacrificio, ciò che alla fine resta è l’imbarazzo e la critica. Così recentemente Stephan Orth, in un vasto panorama della bibliografia recente consacrata al terna del sacrificio, ha creduto di riassumere tutta la sua inchiesta con le constatazioni seguenti: oggi, persino molti cattolici ratificano il verdetto e le conclusioni di Martin Lutero, per il quale parlare di sacrificio è il più grande e spaventoso errore, è una maledetta empietà.

Per questo motivo vogliamo astenerci da tutto ciò che sa di sacrificio, compreso tutto il canone e considerare solo tutto ciò che è santo e puro. Poi Orth aggiunge: " dopo il Concilio Vaticano II questa massima fu seguita anche nella Chiesa cattolica, per lo meno come tendenza, e condusse a pensare anzitutto il culto divino a partire dalla festa della Pasqua, citata nel racconto della Cena. Facendo riferimento ad un’opera sul sacrificio edita da due liturgisti cattolici di avanguardia, dice in seguito, in termini un po’ più moderati, che appare chiaramente che la nozione di sacrificio della Messa, più ancora di quella del sacrificio della Croce, è nel migliore dei casi una nozione che si presta molto facilmente a malintesi.

Non è necessario che dica che io non faccio parte dei "numerosi" cattolici che considerano con Lutero come il più spaventoso errore e una maledetta empietà il fatto di parlare di sacrificio della Messa". Si comprende parimenti che il redattore abbia rinunciato a menzionare il mio libro sullo Spirito della liturgia che analizza nel dettaglio la nozione di sacrificio.

La sua diagnosi risulta costernante. È anche vera? Io non conosco questi numerosi cattolici che considerano come una maledetta empietà il fatto di comprendere l’Eucaristia come un sacrificio. La seconda diagnosi, più cauta, secondo la quale si considera la nozione di sacrificio della Messa come concetto altamente esposto a malintesi, si presta invece a facile verifica. Ma, se si lascia da parte la prima affermazione del redattore, non trovandoci che una esagerazione retorica, resta un problema sconvolgente che occorre risolvere. Una parte non trascurabile di liturgisti cattolici sembra essere praticamente arrivata alla conclusione che occorre dare sostanzialmente ragione a Lutero contro Trento nel dibattito del XVI secolo; si può del pari ampiamente constatare la medesima posizione nelle discussioni post-conciliari sul sacerdozio.

Il grande storico del Concilio di Trento, Hubert Jedin, indicava questo fatto nel 1975, nella prefazione all’ultimo volume della sua Storia del Concilio di Trento: "il lettore attento... non sarà, leggendo ciò, meno costernato dell’autore, quando si renderà conto del numero di cose, a dire il vero quasi tutte, che, avendo una volta agitato gli uomini, sono di nuovo proposte oggi".

Solo a partire da qui, dalla squalifica pratica di Trento, si può comprendere l’esasperazione che accompagna la lotta contro la possibilità di celebrare ancora, dopo la riforma liturgica, la Messa secondo il messale del 1962. [...]


Intervento tenuto dall’allora Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, durante una Conferenza svoltasi presso l’Abbazia benedettina di "Notre Dame de Fontgombault", in Francia (22-24 luglio 2001). Per il testo integrale: Il Convegno di Fontgombeault: tappa storica del nuovo movimento liturgico.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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