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s.AMBROGIO: brani scelti

Ultimo Aggiornamento: 30/07/2009 22:21
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30/07/2009 22:18
 
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Lo Spirito di Dio inclina alla pietà

I Novaziani sostengono che non possono essere reintegrati nella comunione dei fedeli coloro che sono caduti in apostasia. Se facessero eccezione per il solo peccato di sacrilegio come non passibile di condono, mostrerebbero durezza, ma sarebbero, almeno, coerenti con la loro dottrina e in contrasto soltanto con gli insegnamenti divini. Il Signore, infatti, ha condonato tutti i peccati senza alcuna eccezione. I Novaziani, invece, alla maniera degli Stoici, pensano che tutte le colpe si debbano valutare parimenti e che debba per sempre rinunciare ai celesti misteri sia chi abbia sgozzato un gallo, come si dice, del pollaio, sia chi abbia strangolato il proprio padre. Come, dunque, possono escludere dai sacramenti la sola categoria dei rei di apostasia, quando, per giunta, proprio i Novaziani affermano che è cosa assai deplorevole estendere a molte persone il castigo che conviene a poche?

Essi dicono che onorano il Signore, giacché riconoscono il diritto di condonare i peccati a lui solo. Coloro, invece, che violano coscientemente la legge del Signore e sovvertono il magistero che egli ha loro affidato offendono assai gravemente Dio. Cristo medesimo ha detto nel Vangelo: "Ricevete lo Spirito Santo e a chi rimetterete i peccati saranno a lui rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,22.23). Dunque, rende onore maggiore chi ubbidisce ai comandi o chi disubbidisce?

La Chiesa ottempera all`uno e all`altro comando: a quello di non rimettere la colpa e a quello dell`assolverla. L`eresia, invece, è spietata nell`esecuzione del primo dei due imperativi, disubbidiente nell`altro. Pretende legare ciò che non intende sciogliere, non vuole sciogliere ciò che ha legato. Si condanna manifestamente da se medesima. Il Signore, infatti, ha voluto che il diritto di assolvere e quello di non assolvere siano del tutto identici. Ha garantito entrambi e a pari condizioni. E` ovvio che chi non possiede l`uno, non può possedere l`altro diritto. Infatti, in conformità agli insegnamenti di Dio, chi ha il potere di condannare ha anche quello di perdonare. Logicamente, l`affermazione dei Novaziani cade. Col negare a sé la potestà del condonare sono costretti a rinunciare a quella del non assolvere. Come potrebbe essere lecita l`una e non l`altra potestà? A chi è stato fatto dono di entrambe o è chiaro che sono possibili l`una e l`altra o nessuna delle due. Alla Chiesa sono, dunque, lecite entrambe, all`eresia né l`una né l`altra. A ben considerare, tale facoltà è stata data, infatti, ai soli sacerdoti. A ragione, pertanto, la Chiesa che ha ministri legittimi, si arroga l`uno e l`altro diritto, l`eresia non può, al contrario, farlo, poiché non ha i sacerdoti di Dio. Col non rivendicare le due potestà, l`eresia sentenzia nei propri riguardi che, non avendo ministri legittimi, non può attribuirsi un loro diritto. Nella sfacciata tracotanza è dato intravedere un`ammissione, sia pure timida.

Tieni anche presente: chi riceve lo Spirito Santo, riceve la potestà di assolvere e di non assolvere i peccati. Sta scritto: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Dunque, chi non può assolvere non possiede lo Spirito Santo, dal momento che è lo Spirito Santo, appunto, a far dono del ministero sacerdotale e la sua autorità è nel condonare e nel non rimettere le colpe. Come, perciò, i Novaziani potrebbero rivendicare un dono di chi mettono in dubbio l`autorità, la potestà?

Che dire della loro enorme sfacciataggine? Lo Spirito di Dio è incline alla pietà, non già alla durezza. Essi, al contrario, non vogliono ciò che egli dice di volere e fanno ciò che egli afferma di non gradire. Eppure il castigare si addice al giudice, il perdonare, invece, all`indulgente. Tu che appartieni alla setta dei Novaziani saresti, pertanto, piú tollerabile coll`assolvere che col non condonare. Col non essere indulgente peccheresti di disubbidienza verso Dio, coll`usare misericordia, elargiresti il perdono, dimostrando di provare, almeno, pietà di chi vive nell`afflizione.

(Ambrogio, De Paenit. 1, 2)


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/11/2002 6.56
Dal "Commento su san Luca" di Sant'Ambrogio, vescovo
(2,19.22-23.26-27; CCL 14,39-42)
La visitazione di Maria



L'angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l'alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.
Subito si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore. Infatti "appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei, ed ella fu ricolma di Spirito Santo" (cfr. Lc 1,41). Si deve fare attenzione alla scelta delle singole parole e al loro significato. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano.
Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.
Esultò Giovanni, esultò anche lo Spirito di Maria. Ma mentre di Elisabetta si dice che fu ricolma di Spirito Santo allorché Giovanni esultò, di Maria, che già era ricolma di Spirito Santo, si dice che allora il suo spirito esultò. Colui che è incomprensibile, operava in modo incomprensibile nella madre. L'una, Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo dopo la concezione, Maria invece prima della concezione.
"Beata - disse - tu che hai creduto" (cfr. Lc 1,45). Ma beati anche voi che avete udito e creduto: ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere.
Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c'è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore. Ogni anima che potrà mantenersi così, magnifica il Signore come magnificò il Signore l'anima di Maria, e il suo spirito esultò in Dio salvatore.
Come avete potuto leggere anche altrove: Magnificate il Signore con me (Sal 33,4), il Signore è magnificato non perché la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma perché egli viene magnificato in noi. Cristo è l'immagine di Dio: perciò l'anima che compie opere giuste e pie, magnifica l'immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata, e mentre la magnifica, partecipa in certo modo alla sua grandezza e si eleva.


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Consiglia  Messaggio 9 di 22 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/11/2002 6.57

Dal trattato "Sui misteri" di Sant'Ambrogio, vescovo
(Nn. 19-21,24.26-38; SC 25 bis,164-170)
L'acqua non purifica senza lo Spirito Santo


Ti è stato detto antecedentemente di non credere solo a ciò che vedi perché non abbia a dire: È forse questo quel grande mistero che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d'uomo? (cfr. 1Cor 2,9). Vedo le acque che vedevo ogni giorno. Queste acque nelle quali spesso mi sono immerso senza mondarmi, sono proprio esse che devono mondarmi? Da questo impara che l'acqua non monda senza lo Spirito. È per questo che tu hai letto che nel battesimo tre testimoni sono concordi (cfr. 1Gv 5,8): l'acqua, il sangue e lo Spirito, perché se di essi ne togli uno solo, non c'è più il sacramento del battesimo. Di fatto, che cos'è l'acqua senza la croce di Cristo, se non una cosa ordinaria senza nessuna efficacia sacramentale? D'altra parte, senza acqua non vi è mistero di rigenerazione, perché "se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio" (Gv 3,5). Anche un catecumeno crede nella croce del Signore Gesù con la quale è segnato anche lui, ma se non sarà stato battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo non può ricevere la remissione dei peccati e neppure attingere il dono della grazia spirituale. Perciò quel Siro si immerse nell'acqua sette volte sotto la Legge, ma tu sei stato battezzato nel nome della Trinità. Hai confessato il Padre - ricordati ciò che hai fatto - hai confessato il Figlio, hai confessato lo Spirito. Segui l'ordine delle cose. In questa fede sei morto al mondo, sei risorto a Dio e, quasi sepolto in quell'elemento del mondo cioè nell'acqua battesimale, sei morto al peccato, sei risorto alla vita eterna. Credi dunque che le acque non sono inefficaci.Così quel paralitico della piscina Probatica attendeva un uomo. E quale uomo se non il Signore Gesù, nato dalla Vergine Maria? Alla sua venuta avrebbe operato la liberazione, non più mediante la sua ombra, ma con la realtà della sua presenza. Non più di uno solo, ma di tutti.
Era dunque lui di cui si aspettava la venuta, lui del quale Dio Padre disse a Giovanni Battista: "L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo" (Gv 1,33). Era colui del quale Giovanni rese testimonianza dicendo: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui" (Gv 1,32). E qui per quale ragione lo Spirito discese in forma di colomba se non perché tu vedessi, perché tu conoscessi che anche quella colomba, che il giusto Noè fece uscire dall'arca, era figura di questa colomba, cioè perché tu riconoscessi la figura del sacramento?
E perché dubitare ancora dopo che nel vangelo te lo proclama chiaramente il Padre dicendo: "Questi è il Figlio mio nel quale mi sono compiaciuto?" (Mt 3,17). Te lo proclama il Figlio sul quale lo Spirito Santo si è mostrato in forma di colomba. Te lo proclama lo Spirito Santo che è sceso in forma di colomba. Te lo proclama Davide: "Il Signore tuona sulle acque, il Dio della gloria scatena il tuono, il Signore, sull'immensità delle acque" (Sal 28,3). La Scrittura stessa ti attesta che alle preghiere di Gedeone il fuoco discese dal cielo (Gdc 6,17-21) e a quelle di Elia fu mandato il fuoco che consacrò il sacrificio (1Re 18,38).
Non fare attenzione ai meriti delle persone, ma al ministero dei sacerdoti. Che se guardi ai meriti, come stimi Elia, così terrai conto anche dei meriti di Pietro e di Paolo, i quali ci hanno trasmesso questo mistero ricevuto dal Signore Gesù. A quelli era mandato un fuoco visibile perché credessero, invece in noi, che crediamo, agisce un fuoco invisibile; a loro in figura, a noi per proclamazione. Il Signore Gesù disse: Dove sono due o tre, là sono anch'io (cfr. Mt 18,20). Credo perciò che quando è invocato dalle preghiere dei sacerdoti è presente. Quanto più non si degnerà di accordare la sua presenza dov'è la Chiesa, dove sono i misteri?
Sei sceso dunque nel fonte battesimale. Ricordati che cosa hai risposto: che credi nel Padre, che credi nel Figlio, che credi nello Spirito Santo. Non hai detto: Credo in un maggiore, in un minore, in un ultimo, ma, con l'impegno della tua parola, ti sei obbligato a credere nel Figlio come credi nel Padre, a credere nello Spirito Santo come credi nel Figlio, e, se una differenza fai, è che, trattandosi della morte in croce, la credi solo di Gesù Cristo.


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Inviato: 10/11/2002 6.58
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Consiglia  Messaggio 11 di 22 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/11/2002 6.59

Dal trattato "Sulla lettera ai Filippesi" di sant'Ambrogio, vescovo
(PLS 1,617-618)
Rallegratevi nel Signore, sempre


Come avete sentito nella precedente lettura nella quale l'Apostolo diceva: "Rallegratevi nel Signore, sempre" (Fil 4,4), la carità di Dio, o fratelli carissimi, ci chiama, per la salvezza delle nostre anime, alle gioie della beatitudine eterna. Le gioie del mondo vanno verso la tristezza senza fine. Invece le gioie rispondenti alla volontà del Signore portano alle gioie durature ed intramontabili coloro che le coltivano assiduamente. Perciò l'Apostolo dice: "Ve lo ripeto ancora: rallegratevi" (Fil 4,4).
Egli esorta ad accrescere sempre più la nostra gioia in Dio mediante l'osservanza dei suoi comandamenti, perché quanto più avremo lottato in questo mondo per obbedire ai precetti del Signore, tanto più saremo beati nella vita futura, e tanto maggior gloria ci guadagneremo agli occhi di Dio.
"La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini" (Fil 4,5); cioè, la vostra condotta santa sia manifesta non solamente agli occhi di Dio, ma anche quelli degli uomini, come esempio di onestà e sobrietà per tutti coloro che abitano con voi sulla terra. Lasciate di voi un buon ricordo sia di vita cristiana che di rettitudine umana.
"Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla" (Fil 4,5-6). Il Signore è sempre vicino a tutti quelli che lo invocano con cuore sincero, con fede retta, con speranza ferma, con carità perfetta; egli infatti sa quello di cui avete bisogno prima che glielo domandiate: egli è sempre pronto a venire in soccorso in ogni necessità a tutti coloro che lo servono fedelmente. Perciò non dobbiamo preoccuparci gran che dei mali che ci sovrastano, quando abbiamo la certezza che Dio, nostra difesa, ci è vicinissimo secondo il detto: "Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito, egli salva gli spiriti affranti. Molte sono le sventure del giusto, ma lo libera da tutte il Signore" (Sal 33,19-20). Se noi ci sforziamo di compiere e di conservare quanto ci ha comandato, egli non tarda a renderci quello che ci ha promesso.
"Ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti" (Fil 4,6) per potere affrontare le prove con pazienza e serenità e mai con amare contestazioni - Dio ce ne guardi - anzi "rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre" (Ef 5,20).

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