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Notizie dalla Chiesa in Iraq

Ultimo Aggiornamento: 08/09/2010 12:53
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11/08/2009 18:10
 
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Chiesa dell'Iraq, Chiesa dei martiri

Le persecuzioni dei cristiani in Iraq
Don Pier Giorgio Giannazza, Missionario Salesiano in Palestina


La piccola fiamma è diventata un incendio.

Fino a qualche settimana fa, quale media parlava di persecuzione dei cristiani in Iraq? Ora varie riviste pongono in primo piano questo problema, con tanto di foto, titoli in copertina e di articoli. Si diffondono via internet video che ne mostrano dal vivo le scene tragiche. Chi poteva mai prevedere che i primi rari e orrendi attentati alla sicurezza dei cristiani iracheni, risalenti al dopo-guerra (2003) e al dopo-Saddam (2006), potessero assumere una proporzione tale da far parlare di persecuzione? Eppure i cristiani stessi ne avevano un certo presentimento già negli anni dell'era-Saddam, tanto che non raramente si sentiva pronunciare questa frase: "Della nostra situazione presente (come minoranza) non possiamo lamentarci. Ma l'incognita è proprio il dopo-Saddam. Temiamo che avverrà il peggio".

Sarà stata la paura della mano dura e impietosa del governo del raìs, sarà stato il riconoscimento dei diritti delle minoranze nel testo della costituzione, sarà stato soprattutto il senso umano di plurisecolare convivenza e buon vicinato tra cristiani e musulmani, fatto sta che la minoranza cristiana in Iraq, forte di 750.000 fedeli al passaggio del millennio, si sentiva sicura e tranquilla, per non dire prospera e stimata. Lo potevano testimoniare la cinquantina di chiese nella capitale Baghdad e la ventina a Mossùl, la più popolosa città del Nord. Solo il quartiere di Dora a Baghdad, chiamato orgogliosamente dai caldei "Vaticano dell'Iraq", contava sette chiese, cinque case religiose, il seminario, la facoltà di filosofia e teologia e migliaia di abitanti cristiani.

Ora le chiese sono un ammasso di rovine per gli attentati subiti, i conventi sono rimasti in balia di bande criminali che hanno costretto le suore ad abbandonarli, il seminario si è trasferito ad Ankawa nel Nord, gli edifici della facoltà sono occupati dalle truppe statunitensi, le famiglie cristiane, sottoposte ad ogni sorta di sopruso e violenza (minacce, pressioni, furti, estorsioni, tasse, rapimenti, riscatti) e sopravvissute agli attacchi (non pochi infatti hanno pagato con la vita la loro fedeltà a Cristo), hanno abbandonato ogni cosa e cercato rifugio altrove, più spesso nella regione del Kurdistan iracheno e nei villaggi della Piana di Ninive (Mossùl) o anche nella forzata emigrazione verso i Paesi limitrofi (Giordania, Siria, Turchia o anche Libano) o in nazioni molto più lontane. Si calcola che nell'intero Paese siano rimasti solo circa metà dei cristiani presenti prima dell'ultima guerra lanciata dall'offensiva americana. In pochi anni crolla e svanisce una presenza cristiana antichissima, che si gloria di avere origini apostoliche per il passaggio di san Tommaso e la predicazione di Addai e Mari, due dei 72 discepoli di Gesù.

A ben considerare tutta la spaventosa realtà dell'odierno Iraq, la sorte dei cristiani è in parte comune a quella dei vari gruppi di maggioranze e minoranze religiose o etniche.
Basta riferirsi a tutti gli attentati e alle stragi di sangue ed eccidi di folla perpetrati vicendevolmente da gruppi estremisti sunniti e sciiti: né piazze, né moschee, né mercati né caserme né quartieri popolari sono stati risparmiati. Basti pensare che dei quattro milioni di rifugiati iracheni (all'interno o all'estero) degli ultimi anni oltre tre milioni sono musulmani.

E come commentare l'orribile strage di yaziditi di metà agosto, che ha lasciato sul campo oltre 500 vittime innocenti, colpevoli solo di esser una minoranza religiosa pre-islamica? Anche contro di loro è in atto una spietata persecuzione religiosa. E si teme anche per altre minoranze, come i turcomanni, gli shabak, i sabei o mandei.
Ma i cristiani sono i più deboli tra i deboli e i più indifesi. Cristo insegna loro il perdono, L'amore ai nemici, il non vendicarsi con le stesse misure, il non uso del terrorismo. E certo i loro nemici giurati contano di poter far leva su questa "debolezza" dei cristiani per imporre ogni tipo di sopruso e usare violenza. Entrano impunemente nelle case dei cristiani ed esigono il pagamento di una tassa (gìzya) dagli "infedeli" e “protetti” (dhimmi) per il neo-proclamato "Stato islamico dell'Iraq". Impongono alle donne l'uso del velo e l'adeguamento all'abbigliamento islamico, pena lo sfregio o le bruciature. Chiedono spudoratamente una o più figlie in sposa come pegno. Rapiscono un figlio o una figlia ed esigono somme enormi come riscatto. Minacciano di bruciare la casa, se non l'abbandonano. Pongono il dilemma: o ti fai musulmano o vattene da qui, tu e la tua famiglia! Spesso non danno neppure il tempo di raccogliere i documenti, i risparmi, il minimo necessario per sopravvivere. Vai in chiesa, torni e non sai se trovi la tua casa libera o occupata.

Termini la celebrazione della santa messa domenicale con l'annuncio "andate in pace", esci di chiesa e sei falciato a morte dalle armi implacabili di fanatici estremisti. Povero padre Raghid Ganni! Così il giovane sacerdote caldeo è stato freddato e crivellato di colpi a Mossùl, insieme con tre suddiaconi. Ma perché povero? Il patriarca Emmanuel III Delly non ha esitato a chiamarlo martire di Cristo. E lo stesso titolo si può dare a padre Poulos Iskàndar, sacerdote siro ortodosso, barbaramente decapitato e mozzato delle mani a soli due giorni dopo il suo sequestro. Lo stesso si deve dire d'un membro della comunità protestante ucciso a Mossùl.
E le centinaia di cristiani che hanno pagato col sangue la strenua fedeltà al Signore Gesù?

Ma a chi si possono attribuire simili azioni di terrorismo religioso e di fanatismo estremista? Spontaneamente viene da puntare il dito contro i musulmani. Ma quali musulmani? A sentire lo stesso patriarca Emmanuel Delly, in una sua intervista concessa a 30 Giorni, non sono i musulmani normali, semplici, abituati a convivere coi cristiani nelle zone miste e persino contenti di avere un vicino cristiano, considerato onesto, fedele, amico, magnanime.

Non è la gente comune a commettere simili delitti: essa desidera solo vivere in pace in casa propria e nel suo quartiere. Gli aggressori sono invece gente imbevuta di fanatismo religioso, che vede nell'Islam il rimedio di ogni male, la soluzione per ogni problema e il ristabilimento di ogni bene.

Ogni mezzo è lecito per imporre questa visione. I "diritti di Dio" hanno il sopravvento sui "diritti dell'uomo". La violenza rientra nelle regole per portare la pax islamica. E gli approfittatori e mestatori si mescolano con loro o vestono la loro maschera. Non pochi combattenti fanatici s'infiltrano dall'esterno, dall'Arabia Saudita, dall'Iran, dalla Giordania. E con loro portano i piani destabilizzanti da imporre anche col terrore: al Centro-Nord (feudo dei sunniti) non solo uno stato islamico, ma anche un califfato, che si estenderebbe poi a tutti i paesi islamici; e al Sud (feudo degli sciiti) uno stato islamico parallelo che prepari la venuta dell'imam Al-Mahdi. Sono le due ideologie che caratterizzano e separano i due maggiori gruppi musulmani.

Certamente qualche potente organizzazione (chi non pensa ad Al-Qa'edah?), se non qualche governo, sta loro dietro per rifornirli di armi, per dar sfogo alla loro violenta passione missionaria e per amplificare il loro impatto.

Ma in un Iraq ormai immerso nel caos e paralizzato nell'azione politica e nella protezione dei cittadini, chi mai può fermare queste bande fanatiche? Per questi conta l'obiettivo: fare pulizia, annientando gli altri.

La Chiesa dell'Iraq (o della Mesopotamia, dell'Assiria, di Babilonia) è sempre stata una Chiesa di martiri. Dai tempi delle persecuzioni dei re parti e persiani nei primi secoli, e successivamente lungo la dominazione musulmana araba, poi mongola e infine turca, la popolazione cristiana della regione ha conosciuto periodicamente strettezze, attacchi, dispersioni, esodi e massacri. E le vittime si contavano a migliaia più che a centinaia! Nessuno può prevedere lo sbocco della persecuzione odierna in Iraq contro i cristiani. Le autorità religiose, per primo il patriarca caldeo, capo della comunità più numerosa accanto ad altre undici comunità cristiane, invitano i fedeli a restare, nonostante tutto, forti di un'invincibile speranza, fondata su Cristo, Signore della storia.

(fonte da: Un Mondo Possibile, novembre 2007)


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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