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Celebrazioni Liturgiche del Papa nel Tempo di Avvento e Natale 2009/2010

Ultimo Aggiornamento: 10/01/2010 12:46
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Ricordando anche questo thread:
Cosa veste il Papa per la Liturgia?

apriamo questo spazio per contenere al suo interno omelie e foto di questo Tempo oramai prossimo...


NOVEMBRE 2009

28 I Domenica di Avvento
Sabato pomeriggio
Basilica Vaticana, ore 17.00
CAPPELLA PAPALE
Primi Vespri

DICEMBRE 2009

8 Martedì
Solennità dell'Immacolata Concezione della B.V. Maria
Piazza di Spagna, ore 16.00
Atto di venerazione all'Immacolata   
 
24 Giovedì
Solennità del Natale del Signore
Basilica Vaticana, ore 22.00
CAPPELLA PAPALE
Santa Messa della Notte   
 
25 Venerdì
Solennità del Natale del Signore
Loggia centrale della Basilica Vaticana, ore 12.00
Benedizione "Urbi et Orbi"   
 
31 Giovedì
Basilica Vaticana, ore 18.00
Primi Vespri in ringraziamento per l'anno in corso   
 

GENNAIO 2010

1 Venerdì
Solennità di Maria SS.ma Madre di Dio
XLIII Giornata Mondiale della Pace
Basilica Vaticana, ore 10.00
CAPPELLA PAPALE
Santa Messa   
 
6 Mercoledì
Solennità dell'Epifania del Signore
Basilica Vaticana, ore 10.00
CAPPELLA PAPALE
Santa Messa   
 
10 Domenica dopo l'Epifania
Festa del Battesimo del Signore
Cappella Sistina, ore 10.00
Santa Messa e Battesimo dei bambini   
 
25 Lunedì
Festa della Conversione di San Paolo Apostolo
Basilica di San Paolo fuori le Mura, ore 17.30
Celebrazione dei Vespri

Ultimo aggiornamento: 28 ottobre 2009

Mons. Guido Marini
Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie


[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Nel ricordarvi che:
Benedetto XVI adotta un nuovo Pastorale

a seguire ecco le immagini della celebrazione....appena disponibile metterò il testo, tra l'altro molto bello, il Papa ci invita a comprendere che in questo Tempo di Attesa non viviamo il vuoto, o il nulla, ma una PRESENZA CONCRETA NEL PRESENTE in attesa dell'Eterno.... Sorriso


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Primi Vespri della I Domenica di Avvento

OMELIA DEL SANTO PADRE


Cari fratelli e sorelle,

con questa celebrazione vespertina entriamo nel tempo liturgico dell’Avvento. Nella lettura biblica che abbiamo appena ascoltato, tratta dalla
Prima Lettera ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo ci invita a preparare la “venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (5,23) conservandoci irreprensibili, con la grazia di Dio. Paolo usa proprio la parola “venuta”, in latino adventus, da cui il termine Avvento.

Riflettiamo brevemente sul significato di questa parola, che può tradursi con “presenza”, “arrivo”, “venuta”.
Nel linguaggio del mondo antico era un termine tecnico utilizzato per indicare l’arrivo di un funzionario, la visita del re o dell’imperatore in una provincia. Ma poteva indicare anche la venuta della divinità, che esce dal suo nascondimento per manifestarsi con potenza, o che viene celebrata presente nel culto. I cristiani adottarono la parola “avvento” per esprimere la loro relazione con Gesù Cristo: Gesù è il Re, entrato in questa povera “provincia” denominata terra per rendere visita a tutti; alla festa del suo avvento fa partecipare quanti credono in Lui, quanti credono nella sua presenza nell’assemblea liturgica.

Con la parola adventus si intendeva sostanzialmente dire: Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. Anche se non lo possiamo vedere e toccare come avviene con le realtà sensibili, Egli è qui e viene a visitarci in molteplici modi.

Il significato dell’espressione “avvento” comprende quindi anche quello di visitatio, che vuol dire semplicemente e propriamente “visita”; in questo caso si tratta di una visita di Dio: Egli entra nella mia vita e vuole rivolgersi a me. Tutti facciamo esperienza, nell’esistenza quotidiana, di avere poco tempo per il Signore e poco tempo pure per noi. Si finisce per essere assorbiti dal “fare”. Non è forse vero che spesso è proprio l’attività a possederci, la società con i suoi molteplici interessi a monopolizzare la nostra attenzione? Non è forse vero che si dedica molto tempo al divertimento e a svaghi di vario genere? A volte le cose ci “travolgono”.

L’Avvento, questo tempo liturgico forte che stiamo iniziando, ci invita a sostare in silenzio per capire una presenza. E’ un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono cenni che Dio ci rivolge, segni dell’attenzione che ha per ognuno di noi. Quanto spesso Dio ci fa percepire qualcosa del suo amore! Tenere, per così dire, un “diario interiore” di questo amore sarebbe un compito bello e salutare per la nostra vita!

L’Avvento ci invita e ci stimola a contemplare il Signore presente. La certezza della sua presenza non dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi? Non dovrebbe aiutarci a considerare tutta la nostra esistenza come “visita”, come un modo in cui Egli può venire a noi e diventarci vicino, in ogni situazione?

Altro elemento fondamentale dell’Avvento è l’attesa, attesa che è nello stesso tempo speranza. L’Avvento ci spinge a capire il senso del tempo e della storia come “kairós”, come occasione favorevole per la nostra salvezza. Gesù ha illustrato questa realtà misteriosa in molte parabole: nel racconto dei servi invitati ad attendere il ritorno del padrone; nella parabola delle vergini che aspettano lo sposo; o in quelle della semina e della mietitura.

L’uomo, nella sua vita, è in costante attesa: quando è bambino vuole crescere, da adulto tende alla realizzazione e al successo, avanzando nell’età, aspira al meritato riposo. Ma arriva il tempo in cui egli scopre di aver sperato troppo poco se, al di là della professione o della posizione sociale, non gli rimane nient’altro da sperare. La speranza segna il cammino dell’umanità, ma per i cristiani essa è animata da una certezza: il Signore è presente nello scorrere della nostra vita, ci accompagna e un giorno asciugherà anche le nostre lacrime. Un giorno, non lontano, tutto troverà il suo compimento nel Regno di Dio, Regno di giustizia e di pace.

Ma ci sono modi molto diversi di attendere.
Se il tempo non è riempito da un presente dotato di senso, l’attesa rischia di diventare insopportabile; se si aspetta qualcosa, ma in questo momento non c’è nulla, se il presente cioè rimane vuoto, ogni attimo che passa appare esageratamente lungo, e l’attesa si trasforma in un peso troppo grave, perché il futuro rimane del tutto incerto.

Quando invece il tempo è dotato di senso, e in ogni istante percepiamo qualcosa di specifico e di valido, allora la gioia dell’attesa rende il presente più prezioso. Cari fratelli e sorelle, viviamo intensamente il presente dove già ci raggiungono i doni del Signore, viviamolo proiettati verso il futuro, un futuro carico di speranza.

L’Avvento cristiano diviene in questo modo occasione per ridestare in noi il senso vero dell’attesa, ritornando al cuore della nostra fede che è il mistero di Cristo, il Messia atteso per lunghi secoli e nato nella povertà di Betlemme.

Venendo tra noi, ci ha recato e continua ad offrirci il dono del suo amore e della sua salvezza. Presente tra noi, ci parla in molteplici modi: nella Sacra Scrittura, nell’anno liturgico, nei santi, negli eventi della vita quotidiana, in tutta la creazione, che cambia aspetto a seconda che dietro di essa ci sia Lui o che sia offuscata dalla nebbia di un’incerta origine e di un incerto futuro.

A nostra volta, noi possiamo rivolgergli la parola, presentargli le sofferenze che ci affliggono, l’impazienza, le domande che ci sgorgano dal cuore. Siamo certi che ci ascolta sempre! E se Gesù è presente, non esiste più alcun tempo privo di senso e vuoto. Se Lui è presente, possiamo continuare a sperare anche quando gli altri non possono più assicurarci alcun sostegno, anche quando il presente diventa faticoso.

Cari amici, l’Avvento è il tempo della presenza e dell’attesa dell’eterno. Proprio per questa ragione è, in modo particolare, il tempo della gioia, di una gioia interiorizzata, che nessuna sofferenza può cancellare. La gioia per il fatto che Dio si è fatto bambino.

Questa gioia, invisibilmente presente in noi, ci incoraggia a camminare fiduciosi. Modello e sostegno di tale intimo gaudio è la Vergine Maria, per mezzo della quale ci è stato donato il Bambino Gesù. Ci ottenga Lei, fedele discepola del suo Figlio, la grazia di vivere questo tempo liturgico vigilanti e operosi nell’attesa. Amen!

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
Fraternamente CaterinaLD

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Vespri Avvento 2009













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Sorriso Angelus Prima Domenica d'Avvento 2009

Cari fratelli e sorelle!

In questa domenica iniziamo, per grazia di Dio, un nuovo Anno liturgico, che si apre naturalmente con l’Avvento, tempo di preparazione al Natale del Signore. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla liturgia, afferma che la Chiesa "nel ciclo annuale presenta tutto il mistero di Cristo, dall’Incarnazione e Natività fino all’Ascensione, al giorno di Pentecoste e all’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore". In questo modo, "ricordando i misteri della Redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, così che siano resi in qualche modo presenti in ogni tempo, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza" (Sacrosanctum Concilium, 102). Il Concilio insiste sul fatto che il centro della liturgia è Cristo, come il sole intorno al quale, al modo dei pianeti, ruotano la Beata Vergine Maria – la più vicina – e quindi i martiri e gli altri santi che "in cielo cantano a Dio la lode perfetta e intercedono per noi" (ivi, 104).

Questa è la realtà dell’Anno liturgico vista, per così dire, "dalla parte di Dio". E dalla parte – diciamo - dell’uomo, della storia e della società? Che rilevanza può avere? La risposta ce la suggerisce proprio il cammino dell’Avvento, che oggi intraprendiamo. Il mondo contemporaneo ha bisogno soprattutto di speranza: ne hanno bisogno i popoli in via di sviluppo, ma anche quelli economicamente evoluti. Sempre più ci accorgiamo che ci troviamo su un’unica barca e dobbiamo salvarci tutti insieme. Soprattutto ci rendiamo conto, vedendo crollare tante false sicurezze, che abbiamo bisogno di una speranza affidabile, e questa si trova solo in Cristo, il quale, come dice la Lettera agli Ebrei, "è lo stesso ieri e oggi e per sempre" (13,8). Il Signore Gesù è venuto in passato, viene nel presente, e verrà nel futuro. Egli abbraccia tutte le dimensioni del tempo, perché è morto e risorto, è "il Vivente" e, mentre condivide la nostra precarietà umana, rimane per sempre e ci offre la stabilità stessa di Dio. E’ "carne" come noi ed è "roccia" come Dio. Chiunque anela alla libertà, alla giustizia, alla pace può risollevarsi e alzare il capo, perché in Cristo la liberazione è vicina (cfr Lc 21,28) – come leggiamo nel Vangelo di oggi. Possiamo pertanto affermare che Gesù Cristo non riguarda solo i cristiani, o solo i credenti, ma tutti gli uomini, perché Egli, che è il centro della fede, è anche il fondamento della speranza. E della speranza ogni essere umano ha costantemente bisogno.

Cari fratelli e sorelle, la Vergine Maria incarna pienamente l’umanità che vive nella speranza basata sulla fede nel Dio vivente. Lei è la Vergine dell’Avvento: è ben piantata nel presente, nell’"oggi" della salvezza; nel suo cuore raccoglie tutte le promesse passate; ed è protesa al compimento futuro. Mettiamoci alla sua scuola, per entrare veramente in questo tempo di grazia e accogliere, con gioia e responsabilità, la venuta di Dio nella nostra storia personale e sociale.

[SM=g1740750]

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01/12/2009 15:38
 
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Cari amici,

questa mattina S. S. Benedetto XVI ha celebrato la S. Messa rivolto ad orientem nella Cappella Paolina (recentemente restaurata) con i membri della Commissione Teologica Internazionale.
Dal sito "New Liturgical Movement" la notizia e alcune fotografie:
http://www.newliturgicalmovement.org/2009/12/pope-celebrates-ad-orientem-in-pauline.html

Cordialmente,
Musicus Philologus   



Pope Celebrates Ad Orientem in the Pauline Chapel

Today, the Holy Father celebrated Mass with the members of the International Theological Commission, which has its yearly assembly in htese days. The Mass was offered in the Pauline Chapel of the Apostolic Palace, which has been reinaugurated in July after an extensive restoration which included a repositioning of the altar so that Mass can be celebrated both versus populum and versus Deum. Today Pope Benedict availed himself of this new possibility and celebrated Mass ad orientem. Here are some images of the Mass from the Osservatore Romano:

















SANTA MESSA CON I MEMBRI DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE

Alle ore 7.30 di questa mattina, nella Cappella Paolina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa con i Membri della Commissione Teologica Internazionale.


e da Radio Vaticana

Benedetto XVI ai teologi: se non si ha l'umiltà di sentirsi piccoli non è possibile alcuna comprensione di Dio

Il vero teologo è colui che non cede alla tentazione di misurare con la propria intelligenza il mistero di Dio, spesso svuotando di senso la figura di Cristo, ma è colui che è cosciente della propria limitatezza, come lo furono molti grandi Santi riconosciuti anche come grandi maestri. E’ questo il pensiero di sintesi che Benedetto XVI ha rivolto all’omelia della Messa celebrata stamattina con i membri della Commissione Teologica Internazionale, impegnati da ieri nella plenaria annuale. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Il prototipo del teologo saccente che studia la Sacra Scrittura come certi scienziati studiano la natura - cioè con una freddezza accademica che pretende di vivisezionare il mistero e ignora la scintilla del trascendente - Benedetto XVI lo ravvisa negli antichi scribi che indicano ai Magi la strada per Betlemme, per il Dio Bambino. Costoro, osserva, sono “grandi specialisti: possono dire dove nasce il Messia” ma “non si sentono invitati ad andare”. La notizia “non tocca la loro vita, rimangono fuori. Possono dare informazioni, ma l’informazione non diventa formazione della propria vita”:

“E così anche nel nostro tempo, negli ultimi duecento anni, osserviamo la stessa cosa. Ci sono grandi dotti, grandi specialisti, grandi teologi, maestri della fede che ci hanno insegnato tante cose. Sono penetrati nei dettagli della Sacra Scrittura, della storia della salvezza. Ma non hanno potuto vedere il mistero stesso, il vero nucleo: che questo Gesù era realmente Figlio di Dio (…) Si potrebbe facilmente fare grandi nomi della storia della teologia di questi duecento anni dai quali abbiamo imparato tanto, ma non è stato aperto agli occhi del loro cuore il mistero”.

Il Papa è severo con questo modo di procedere che, afferma, “si mette sopra Dio”. Lo è con gli scienziati che adottano, dice, un metodo nel quale “Dio non entra” e quindi “non c’è”. Ma lo è ancor più con certa teologia che mortifica il divino e della quale spiega i difetti con un’immagine efficace:

“Si pesca nelle acque della Sacra Scrittura con una rete che permette solo una certa misura per questi pesci e quanto va oltre questa misura non entra nella rete e quindi non può esistere. E così il grande mistero di Gesù, del Figlio fattosi uomo, si riduce a un Gesù storico, realmente una figura tragica, un fantasma senza carne e ossa, uno che è rimasto nel sepolcro, è corrotto, è realmente un morto”.
Ma la storia della Chiesa è ricca di uomini e donne capaci di riconoscere la loro piccolezza al cospetto della grandezza di Dio, capaci di umiltà e dunque di arrivare alla verità. E di questa lunga schiera Benedetto XVI cita qualche nome:
“Da Bernardette Soubirous a santa Teresa di Lisieux con una nuova lettura della Sacra Scrittura, non scientifica, ma entrando nel cuore della Sacra Scrittura, fino ai santi e beati del nostro tempo: suor Bakhita, madre Teresa, Damian de Veuster. Potremmo elencarne tanti”.

Ecco, ha proseguito il Papa, una categoria di “piccoli che sono anche dotti”, modelli cui ispirarsi perché, ha auspicato, ci aiutino “a essere veri teologi che possono annunciare il suo mistero perché toccati nella profondità del loro cuore”. Come lo fu la Madonna, o San Giovanni, o il centurione sotto Croce. O ancora San Paolo, che nella sua vicenda racchiude in modo emblematico la parabola del passaggio dalla falsa alla vera sapienza:

“E così anche dopo la sua risurrezione il Signore, sulla strada verso Damasco, tocca il cuore di Saulo, che è uno dei dotti che non vedono. Lui stesso, nella prima lettera a Timoteo, si chiama ignorante in quel tempo, nonostante la sua scienza. Ma il risorto lo tocca. Diventa cieco e diventa realmente vedente. Comincia a vedere. E il dotto grande diviene un piccolo e proprio così vede la stoltezza di Dio che è saggezza, sapienza più grande di tutte le saggezze umane”.
I lavori della Commissione Teologica Internazionale, presieduta dal cardinale William Levada, proseguiranno in Vaticano fino venerdì prossimo. In questa prima sessione del nuovo quinquennio, la Commissione deciderà i temi da trattare nei prossimi cinque anni e l’organizzazione concreta dei lavori. Tra i temi che il cardinale presidente ha chiesto alla Commissione di prendere in considerazione figura la questione della metodologia teologica, già affrontata durante il precedente quinquennio.

© Copyright Radio Vaticana


Sorriso GRANDIOSO..........GRANDIOSO, GRANDIOSO!!!!!!!
GRAZIE SANTO PADRE!
 
 
Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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04/12/2009 19:03
 
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Dalla Vallonia in piazza San Pietro
l'albero di Natale



È giunto in Vaticano dalla Vallonia - precisamente da Spa, la città termale belga in provincia di Liegi - l'albero di Natale che quest'anno abbellirà piazza San Pietro. Si tratta di un abete della varietà Picea abies alto poco meno di 30 metri, selezionato dall'Unione dei vivaisti delle Ardenne fra le migliaia della zona di foresta che si estende al confine con la Francia.

Nella mattina di venerdì 4 dicembre è stato innalzato al centro della piazza, accanto all'obelisco e al presepe in fase di allestimento. Tiraggio, messa in opera e in sicurezza, interventi di innesto per riparare i danni del trasporto sono a cura del Servizio giardini, che vi lavorerà fino a lunedì. Successivamente il laboratorio elettrotecnico ed elettronico della Direzione dei servizi tecnici del Governatorato provvederà all'allestimento, decorandolo con circa 2.000 sfere di plastica color oro e argento - del diametro compreso tra gli 8 e i 20 centimetri - e 1.500 led luminosi, dotati di maggiore efficienza in termini di consumo e manutenzione rispetto alla tradizionale illuminazione.

Nel pomeriggio di venerdì 18 dicembre si terrà la cerimonia di inaugurazione. La Vallonia ha anche donato una quarantina di abeti più piccoli destinati a decorare sale e ambienti della Città del Vaticano.

Concerto di solidarietà
nella parrocchia di Sant'Anna




Si tiene stasera, venerdì 4 dicembre, alle ore 21, il tradizionale concerto di Natale e solidarietà organizzato dalla comunità parrocchiale di Sant'Anna, a sostegno delle missioni agostiniane tra le popolazioni peruviane dell'Apurimac. Giunta alla settima edizione, la serata musicale quest'anno celebra anche l'ottantesimo di fondazione dello Stato della Città del Vaticano e dell'istituzione della pontificia parrocchia.

Fu infatti Pio XI, come ricorda l'attuale parroco Bruno Silvestrini, ad affidare il 30 maggio 1929 l'antica chiesa dei palafrenieri ai religiosi agostiniani. Alla presenza dell'arcivescovo Paolo Sardi, si esibiscono come solisti - accompagnati al pianoforte dal maestro Christian Maggio - il soprano Daniela Dessì, con brani tratti dal repertorio sacro di autori come Vivaldi, Pergolesi e Gounod, e il baritono Andrea Castello, ideatore dell'iniziativa.

In apertura intervengono i cori "La Rocca di Altavilla Vicentina", e "San Michele Arcangelo" di Loreo, nel rodigino. Pippo Baudo conduce la serata, organizzata in collaborazione con il Teatro dell'Opera di Roma.





(©L'Osservatore Romano - 5 dicembre 2009)

[Modificato da Caterina63 04/12/2009 19:04]
Fraternamente CaterinaLD

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08/12/2009 20:57
 
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PAPA: MECCANISMO PERVERSO DEI MEDIA INTOSSICA COSCIENZE

CLICCATE QUI PER L'AUDIO





(stola bianca di Papa Leone XIII Benedetto XVI la usò il 3 maggio dell'anno scorso per il Rosario a Santa Maria Maggiore)

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 8 dic.

Le responsabilita' etiche dei media sono state richiamate oggi dal Papa nel discorso pronunciato in piazza di Spagna in occasione del tradizionale omaggio dell'8 dicembre alla statua dell'Immacolata.
"Ogni giorno - ha denunciato Benedetto XVI - attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose piu' orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perche' il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula.

Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono". "Nella citta' vivono o sopravvivono - ha continuato il Pontefice - persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all'ultimo, finche' la notizia e l'immagine attirano l'attenzione.
E' un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La citta' prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pieta', o con una falsa pieta'".

Per Papa Ratzinger, "c'e' invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realta' sacra, perche' ogni storia umana e' una storia sacra, e richiede il piu' grande rispetto".
"I mass media - ha rilevato il Papa con amarezza - tendono a farci sentire sempre 'spettatori', come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece - ha scandito - siamo tutti 'attori' e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri. Spesso ci lamentiamo dell'inquinamento dell'aria, che in certi luoghi della citta' e' irrespirabile.
E' vero: ci vuole l'impegno di tutti per rendere piu' pulita la citta'. E tuttavia c'e' un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso: e' l'inquinamento dello spirito; e' quello che rende i nostri volti meno sorridenti, piu' cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia".
Nel suo discorso, il Papa tedesco non ha fatto nessun riferimento diretto a fatti di cronaca, ma e' facile immaginare che la vicenda del presidente della Regione Lazio lo abbia molto impressionato, anche perche' ogni anno Piero Marrazzo era ovviamente tra le autorita' che accolgono il Papa in piazza di Spagna (oggi al suo posto c'era il vice presidente Esterino Montino, con il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti e il cardinale vicario Agostino Vallini).

Ed e' probabile che proprio il grande spazio dedicato dai media alla vicenda e ai suoi protagonisti (il politico e i trans dati in pasto all'opinione pubblica) abbia spinto il Vescovo di Roma al monito di oggi. Attraverso l'ottica distorta dei media, ha osservato infatti davanti a una folla attonita, "vediamo tutto in superficie.

Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l'anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili". "Maria Immacolata - ha ricordato Benedetto XVI - ci aiuta a riscoprire e difendere la profondita' delle persone, perche' in lei vi e' perfetta trasparenza dell'anima nel corpo.
E' la purezza in persona, nel senso che spirito, anima e corpo sono in lei
pienamente coerenti tra di loro e con la volonta' di Dio. Voglio rendere omaggio pubblicamente - ha spoggiunto - a tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare questa legge evangelica dell'amore, che manda avanti il mondo. Sono tanti, anche qui a Roma, e raramente fanno notizia.
Uomini e donne di ogni eta', che hanno capito che non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di piu' rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la societa'".
"Cari amici romani, e voi tutti che vivete in questa citta' - ha invocato il Pontefice rivolto ai circa 20 mila presenti che nonostante la pioggia affollavano oggi pomerigio piazza di Spagna, piazza Mignanelli, via Condotti e via Frattina - mentre siamo affaccendati nelle attivita' quotidiane, prestiamo orecchio alla voce di Maria.
Ascoltiamo il suo appello silenzioso ma pressante.
Ella dice ad ognuno di noi: dove ha abbondato il peccato, possa sovrabbondare la grazia, a partire proprio dal tuo cuore e dalla tua vita". Cosi' la citta', ha assicurato, "sara' piu' bella, piu' cristiana, piu' umana".

"La citta' - ha continuato il Papa con voce ferma - e' fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondita'. Nel cuore delle citta' cristiane, Maria costituisce una presenza dolce e rassicurante. Con il suo stile discreto dona a tutti pace e speranza nei momenti lieti e tristi dell'esistenza. Nelle chiese, nelle cappelle, sulle pareti dei palazzi: un dipinto, un mosaico, una statua ricorda la presenza della Madre che veglia costantemente sui suoi figli.
Anche qui, in Piazza di Spagna, Maria e' posta in alto, quasi a vegliare su Roma". "Cosa dice Maria alla citta'? Cosa ricorda a tutti con la sua presenza?", si e' chiesto il Pontefice teologo. "Ricorda - e' stata la risposta - che 'dove abbondo' il peccato, sovrabbondo' la grazia'. Ella e' la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesu' ha vinto il male; l'ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio".

"Quanto abbiamo bisogno - ha concluso - di questa bella notizia.
La citta' ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della Grazia sul peccato, e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente piu' difficili".



Il testo integrale del discorso del Papa a piazza di Spagna:


Cari fratelli e sorelle!

 

Nel cuore delle città cristiane, Maria costituisce una presenza dolce e rassicurante. Con il suo stile discreto dona a tutti pace e speranza nei momenti lieti e tristi dell’esistenza. Nelle chiese, nelle cappelle, sulle pareti dei palazzi: un dipinto, un mosaico, una statua ricorda la presenza della Madre che veglia costantemente sui suoi figli. Anche qui, in Piazza di Spagna, Maria è posta in alto, quasi a vegliare su Roma.

 

Cosa dice Maria alla città? Cosa ricorda a tutti con la sua presenza? Ricorda che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20) – come scrive l’apostolo Paolo. Ella è la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio.

 

Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia! Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della Grazia sul peccato, e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili.

Nella città vivono – o sopravvivono – persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine attirano l’attenzione. E’ un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà. C’è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto.

 

La città, cari fratelli e sorelle, siamo tutti noi! Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso! I mass media tendono a farci sentire sempre “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti “attori” e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri.

 

Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. E’ vero: ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città. E tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. E’ l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia… La città è fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondità. Vediamo tutto in superficie. Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili.

 

Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e difendere la profondità delle persone, perché in lei vi è perfetta trasparenza dell’anima nel corpo. E’ la purezza in persona, nel senso che spirito, anima e corpo sono in lei pienamente coerenti tra di loro e con la volontà di Dio. La Madonna ci insegna ad aprirci all’azione di Dio, per guardare gli altri come li guarda Lui: a partire dal cuore. E a guardarli con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati. “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”.

 

Voglio rendere omaggio pubblicamente a tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare questa legge evangelica dell’amore, che manda avanti il mondo. Sono tanti, anche qui a Roma, e raramente fanno notizia. Uomini e donne di ogni età, che hanno capito che non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società.

 

Cari amici Romani, e voi tutti che vivete in questa città! Mentre siamo affaccendati nelle attività quotidiane, prestiamo orecchio alla voce di Maria. Ascoltiamo il suo appello silenzioso ma pressante. Ella dice ad ognuno di noi: dove ha abbondato il peccato, possa sovrabbondare la grazia, a partire proprio dal tuo cuore e dalla tua vita! E la città sarà più bella, più cristiana, più umana.

 

Grazie, Madre Santa, di questo tuo messaggio di speranza. Grazie della tua silenziosa ma eloquente presenza nel cuore della nostra città. Vergine Immacolata, Salus Populi Romani, prega per noi!


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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19/12/2009 16:23
 
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I vespri celebrati dal Papa con gli universitari di Roma

La carità intellettuale
al servizio dell'uomo e della società


Le università devono essere "luoghi di formazione di autentici operatori della carità intellettuale", perché "da essi dipende largamente il futuro della società". Lo ha detto il Papa agli universitari di Roma durante i vespri celebrati nel pomeriggio di giovedì 17 dicembre, nella basilica Vaticana.

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!

Quale sapienza nasce a Betlemme? Questa domanda vorrei porre a me e a voi in questo tradizionale incontro pre-natalizio con il mondo universitario romano. Oggi, invece della Santa Messa, celebriamo i Vespri, e la felice coincidenza con l'inizio della novena di Natale ci farà cantare tra poco la prima delle Antifone dette Maggiori: 
"O Sapienza, che esci dalla bocca dell'Altissimo,
ti estendi ai confini del mondo,
e tutto disponi con soavità e con forza: 
vieni, insegnaci la via della saggezza"

(Liturgia delle Ore, Vespri del 17 dicembre).

Questa stupenda invocazione è rivolta alla "Sapienza", figura centrale nei libri dei Proverbi, della Sapienza e del Siracide che da essa sono detti appunto "sapienziali" e nei quali la tradizione cristiana scorge una prefigurazione del Cristo. Tale invocazione diventa davvero stimolante e, anzi, provocante, quando ci poniamo di fronte al Presepe, cioè al paradosso di una Sapienza che, uscita "dalla bocca dell'altissimo", giace avvolta in fasce dentro una mangiatoia (cfr. Lc 2, 7.12.16).

Possiamo già anticipare la risposta alla domanda iniziale:  quella che nasce a Betlemme è la Sapienza di Dio. San Paolo, scrivendo ai Corinzi, usa questa espressione:  "La sapienza di Dio, che è nel mistero" (1 Cor 2, 7), cioè in un disegno divino, che è rimasto a lungo nascosto e che Dio stesso ha rivelato nella storia della salvezza. Nella pienezza dei tempi, questa Sapienza ha assunto un volto umano, il volto di Gesù, il quale - come recita il Simbolo apostolico - "fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto, discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò da morte, salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente, di là verrà a giudicare i vivi e i morti".

Il paradosso cristiano consiste proprio nell'identificazione della Sapienza divina, cioè il Logos eterno, con l'uomo Gesù di Nazaret e con la sua storia. Non c'è soluzione a questo paradosso se non nella parola "Amore", che in questo caso va scritta naturalmente con la "A" maiuscola, trattandosi di un Amore che supera infinitamente le dimensioni umane e storiche. Dunque, la Sapienza che questa sera invochiamo è il Figlio di Dio, la seconda persona della Santissima Trinità; è il Verbo, che, come leggiamo nel Prologo di Giovanni, "era in principio presso Dio", anzi, "era Dio", che con il Padre e lo Spirito Santo ha creato tutte le cose e che "si è fatto carne" per rivelarci quel Dio che nessuno può vedere (cfr. Gv 1, 2-3.14.18).

Cari amici, un professore cristiano, o un giovane studente cristiano, porta dentro di sé l'amore appassionato per questa Sapienza! Legge tutto alla sua luce; ne coglie le tracce nelle particelle elementari e nei versi dei poeti; nei codici giuridici e negli avvenimenti della storia; nelle opere artistiche e nelle espressioni matematiche. Senza di Lei niente è stato fatto di tutto ciò che esiste (cfr. Gv 1, 3) e dunque in ogni realtà creata se ne può intravedere un riflesso, evidentemente secondo gradi e modalità differenti. Tutto ciò che viene recepito dall'intelligenza umana può esserlo perché, in qualche modo e misura, partecipa della Sapienza creatrice. Qui, in ultima analisi, sta anche la possibilità stessa dello studio, della ricerca, del dialogo scientifico in ogni campo del sapere.

A questo punto non posso evitare una riflessione forse un po' scomoda ma utile per noi che siamo qui e che apparteniamo per lo più all'ambiente accademico. Domandiamoci:  chi c'era - la notte di Natale - alla grotta di Betlemme? Chi ha accolto la Sapienza quando è nata? Chi è accorso per vederla, l'ha riconosciuta e adorata? Non dottori della legge, scribi o sapienti. C'erano Maria e Giuseppe, e poi i pastori. Che significa questo? Gesù un giorno dirà:  "Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza" (Mt 11, 26):  hai rivelato il tuo mistero ai piccoli (cfr. Mt 11, 25).

Ma allora non serve studiare? O addirittura è nocivo, controproducente per conoscere la verità?
 La storia di duemila anni di cristianesimo esclude quest'ultima ipotesi, e ci suggerisce quella giusta:  si tratta di studiare, di approfondire le conoscenze mantenendo un animo da "piccoli", uno spirito umile e semplice, come quello di Maria, la "Sede della Sapienza".

Quante volte abbiamo avuto paura di avvicinarci alla Grotta di Betlemme perché preoccupati che ciò fosse di ostacolo alla nostra criticità e alla nostra "modernità"! Invece, in quella Grotta, ciascuno di noi può scoprire la verità su Dio e quella sull'uomo, su se stesso. In quel Bambino, nato dalla Vergine, esse si sono incontrate:  l'anelito dell'uomo alla vita eterna ha intenerito il cuore di Dio, che non si è vergognato di assumere la condizione umana.

Cari amici, aiutare gli altri a scoprire il vero volto di Dio è la prima forma di carità, che per voi assume la qualifica di carità intellettuale. Ho appreso con piacere che il cammino di quest'anno della pastorale universitaria diocesana avrà per tema:  "Eucaristia e carità intellettuale". Una scelta impegnativa ma appropriata. Infatti, in ogni Celebrazione eucaristica Dio viene nella storia in Gesù Cristo, nella sua Parola e nel suo Corpo, donandoci quella carità che ci permette di servire l'uomo nella sua concreta esistenza.

Il progetto "Una cultura per la città", poi, offre una promettente proposta di presenza cristiana nell'ambito culturale. Mentre auspico che sia fruttuoso tale vostro itinerario, non posso non invitare tutti gli Atenei ad essere luoghi di formazione di autentici operatori della carità intellettuale. Da essi dipende largamente il futuro della società, soprattutto nell'elaborazione di una nuova sintesi umanistica e di una nuova capacità progettuale (cfr. Enc. Caritas in veritate, 21). Incoraggio tutti i responsabili delle istituzioni accademiche a proseguire insieme, collaborando alla costruzione di comunità in cui tutti i giovani possano formarsi ad essere uomini maturi e responsabili per realizzare la "civiltà dell'amore".

Al termine di questa Celebrazione, la delegazione universitaria australiana consegnerà a quella africana l'icona di Maria Sedes Sapientiae. Affidiamo alla Vergine Santa tutti gli universitari del continente africano e l'impegno di cooperazione che in questi mesi, dopo il Sinodo Speciale per l'Africa, si va sviluppando tra gli Atenei di Roma e quelli africani. Rinnovo il mio incoraggiamento a questa nuova prospettiva di cooperazione ed auguro che da essa possano nascere e crescere progetti culturali capaci di promuovere un vero sviluppo integrale dell'uomo. Possa, cari amici, il prossimo Natale portare gioia e speranza a voi, alle vostre famiglie e a tutto l'ambiente universitario, a Roma e nel mondo intero.


(©L'Osservatore Romano - 19 dicembre 2009)

                                     Pope Benedict XVI leads the Vespers prayer with students from the University of Rome in Saint Peter's Basilica at the Vatican December 17, 2009.
Fraternamente CaterinaLD

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24/12/2009 08:24
 
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L’UDIENZA GENERALE, 23.12.2009



L’UDIENZA GENERALE, 23.12.2009

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA


Cari fratelli e sorelle
,

con la Novena di Natale, che stiamo celebrando in questi giorni, la Chiesa ci invita a vivere in modo intenso e profondo la preparazione alla Nascita del Salvatore, ormai imminente. Il desiderio, che tutti portiamo nel cuore, è che la prossima festa del Natale ci doni, in mezzo all’attività frenetica dei nostri giorni, serena e profonda gioia per farci toccare con mano la bontà del nostro Dio e infonderci nuovo coraggio.

Per comprendere meglio il significato del Natale del Signore vorrei fare un breve cenno all’origine storica di questa solennità.

Infatti, l’Anno liturgico della Chiesa non si è sviluppato inizialmente partendo dalla nascita di Cristo, ma dalla fede nella sua risurrezione. Perciò la festa più antica della cristianità non è il Natale, ma è la Pasqua; la risurrezione di Cristo fonda la fede cristiana, è alla base dell’annuncio del Vangelo e fa nascere la Chiesa. Quindi essere cristiani significa vivere in maniera pasquale, facendoci coinvolgere nel dinamismo che è originato dal Battesimo e che porta a morire al peccato per vivere con Dio (cfr Rm 6,4).

Il primo ad affermare con chiarezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma, nel suo commento al Libro del profeta Daniele, scritto verso il 204. Qualche esegeta nota, poi, che in quel giorno si celebrava la festa della Dedicazione del Tempio di Gerusalemme, istituita da Giuda Maccabeo nel 164 avanti Cristo. La coincidenza di date verrebbe allora a significare che con Gesù, apparso come luce di Dio nella notte, si realizza veramente la consacrazione del tempio, l’Avvento di Dio su questa terra.

Nella cristianità la festa del Natale ha assunto una forma definita nel IV secolo, quando essa prese il posto della festa romana del “Sol invictus”, il sole invincibile; si mise così in evidenza che la nascita di Cristo è la vittoria della vera luce sulle tenebre del male e del peccato. Tuttavia, la particolare e intensa atmosfera spirituale che circonda il Natale si è sviluppata nel Medioevo, grazie a san Francesco d’Assisi, che era profondamente innamorato dell’uomo Gesù, del Dio-con-noi. Il suo primo biografo, Tommaso da Celano, nella Vita seconda racconta che san Francesco «Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato a un seno umano» (Fonti Francescane, n. 199, p. 492).

Da questa particolare devozione al mistero dell’Incarnazione ebbe origine la famosa celebrazione del Natale a Greccio. Essa, probabilmente, fu ispirata a san Francesco dal suo pellegrinaggio in Terra Santa e dal presepe di Santa Maria Maggiore in Roma. Ciò che animava il Poverello di Assisi era il desiderio di sperimentare in maniera concreta, viva e attuale l’umile grandezza dell’evento della nascita del Bambino Gesù e di comunicarne la gioia a tutti.

Nella prima biografia, Tommaso da Celano parla della notte del presepe di Greccio in un modo vivo e toccante, offrendo un contributo decisivo alla diffusione della tradizione natalizia più bella, quella del presepe. La notte di Greccio, infatti, ha ridonato alla cristianità l’intensità e la bellezza della festa del Natale, e ha educato il Popolo di Dio a coglierne il messaggio più autentico, il particolare calore, e ad amare ed adorare l’umanità di Cristo. Tale particolare approccio al Natale ha offerto alla fede cristiana una nuova dimensione. La Pasqua aveva concentrato l’attenzione sulla potenza di Dio che vince la morte, inaugura la vita nuova e insegna a sperare nel mondo che verrà. Con san Francesco e il suo presepe venivano messi in evidenza l’amore inerme di Dio, la sua umiltà e la sua benignità, che nell’Incarnazione del Verbo si manifesta agli uomini per insegnare un nuovo modo di vivere e di amare.

Il Celano racconta che, in quella notte di Natale, fu concessa a Francesco la grazia di una visione meravigliosa. Vide giacere immobile nella mangiatoia un piccolo bambino, che fu risvegliato dal sonno proprio dalla vicinanza di Francesco. E aggiunge: «Né questa visione discordava dai fatti perché, a opera della sua grazia che agiva per mezzo del suo santo servo Francesco, il fanciullo Gesù fu risuscitato nel cuore di molti, che l’avevano dimenticato, e fu impresso profondamente nella loro memoria amorosa» (Vita prima, op. cit., n. 86, p. 307). Questo quadro descrive con molta precisione quanto la fede viva e l’amore di Francesco per l’umanità di Cristo hanno trasmesso alla festa cristiana del Natale: la scoperta che Dio si rivela nelle tenere membra del Bambino Gesù.

Grazie a san Francesco, il popolo cristiano ha potuto percepire che a Natale Dio è davvero diventato l’“Emmanuele”, il Dio-con-noi, dal quale non ci separa alcuna barriera e alcuna lontananza. In quel Bambino, Dio è diventato così prossimo a ciascuno di noi, così vicino, che possiamo dargli del tu e intrattenere con lui un rapporto confidenziale di profondo affetto, così come facciamo con un neonato.

In quel Bambino, infatti, si manifesta Dio-Amore: Dio viene senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare, per così dire, dall’esterno, ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà; Dio si fa Bambino inerme per vincere la superbia, la violenza, la brama di possesso dell’uomo. In Gesù Dio ha assunto questa condizione povera e disarmante per vincerci con l’amore e condurci alla nostra vera identità.

Non dobbiamo dimenticare che il titolo più grande di Gesù Cristo è proprio quello di “Figlio”, Figlio di Dio; la dignità divina viene indicata con un termine, che prolunga il riferimento all’umile condizione della mangiatoia di Betlemme, pur corrispondendo in maniera unica alla sua divinità, che è la divinità del “Figlio”.
La sua condizione di Bambino ci indica, inoltre, come possiamo incontrare Dio e godere della Sua presenza. E’ alla luce del Natale che possiamo comprendere le parole di Gesù: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Chi non ha capito il mistero del Natale, non ha capito l’elemento decisivo dell’esistenza cristiana. Chi non accoglie Gesù con cuore di bambino, non può entrare nel regno dei cieli: questo è quanto Francesco ha voluto ricordare alla cristianità del suo tempo e di tutti tempi, fino ad oggi. Preghiamo il Padre perché conceda al nostro cuore quella semplicità che riconosce nel Bambino il Signore, proprio come fece Francesco a Greccio. Allora potrebbe succedere anche a noi quanto Tommaso da Celano – riferendosi all’esperienza dei pastori nella Notte Santa (cfr Lc 2,20) – racconta a proposito di quanti furono presenti all’evento di Greccio: “ciascuno se ne tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia” (Vita prima, op. cit., n. 86, p. 479).

E’ questo l’augurio che formulo con affetto a tutti voi, alle vostre famiglie e a quanti vi sono cari. Buon Natale a voi tutti!

© Copyright 2009 – Libreria Editrice Vaticana

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SANTA MESSA DI MEZZANOTTE

SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Giovedì, 24 dicembre 2009

 [Video]



Pope Benedict XVI walks in front of a baby Jesus figure as he leads the Christmas mass in Saint Peter's Basilica at the Vatican December 24, 2009. A woman jumped over a  barricade at the start of Pope Benedict's Christmas Eve mass on Thursday and lunged at the pope, who was knocked to the floor in the confusion but then resumed the service apparently unharmed.

  

Cari fratelli e sorelle,

“Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9, 5). Ciò che Isaia, guardando da lontano verso il futuro, dice a Israele come consolazione nelle sue angustie ed oscurità, l’Angelo, dal quale emana una nube di luce, lo annuncia ai pastori come presente: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2, 11). Il Signore è presente. Da questo momento, Dio è veramente un “Dio con noi”. Non è più il Dio distante, che, attraverso la creazione e mediante la coscienza, si può in qualche modo intuire da lontano. Egli è entrato nel mondo. È il Vicino. Il Cristo risorto lo ha detto ai suoi, a noi: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Per voi è nato il Salvatore: ciò che l’Angelo annunciò ai pastori, Dio ora lo richiama a noi per mezzo del Vangelo e dei suoi messaggeri. È questa una notizia che non può lasciarci indifferenti.

Se è vera, tutto è cambiato. Se è vera, essa riguarda anche me. Allora, come i pastori, devo dire anch’io: Orsù, voglio andare a Betlemme e vedere la Parola che lì è accaduta. Il Vangelo non ci racconta senza scopo la storia dei pastori. Essi ci mostrano come rispondere in modo giusto a quel messaggio che è rivolto anche a noi. Che cosa ci dicono allora questi primi testimoni dell’incarnazione di Dio?

Dei pastori è detto anzitutto che essi erano persone vigilanti e che il messaggio poteva raggiungerli proprio perché erano svegli. Noi dobbiamo svegliarci, perché il messaggio arrivi fino a noi. Dobbiamo diventare persone veramente vigilanti. Che significa questo? La differenza tra uno che sogna e uno che sta sveglio consiste innanzitutto nel fatto che colui che sogna si trova in un mondo particolare. Con il suo io egli è rinchiuso in questo mondo del sogno che, appunto, è soltanto suo e non lo collega con gli altri. Svegliarsi significa uscire da tale mondo particolare dell’io ed entrare nella realtà comune, nella verità che, sola, ci unisce tutti. Il conflitto nel mondo, l’inconciliabilità reciproca, derivano dal fatto che siamo rinchiusi nei nostri propri interessi e nelle opinioni personali, nel nostro proprio minuscolo mondo privato. L’egoismo, quello del gruppo come quello del singolo, ci tiene prigionieri dei nostri interessi e desideri, che contrastano con la verità e ci dividono gli uni dagli altri.

Svegliatevi, ci dice il Vangelo. Venite fuori per entrare nella grande verità comune, nella comunione dell’unico Dio. Svegliarsi significa così sviluppare la sensibilità per Dio; per i segnali silenziosi con cui Egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presenza. Ci sono persone che dicono di essere “religiosamente prive di orecchio musicale”. La capacità percettiva per Dio sembra quasi una dote che ad alcuni è rifiutata. E in effetti – la nostra maniera di pensare ed agire, la mentalità del mondo odierno, la gamma delle nostre varie esperienze sono adatte a ridurre la sensibilità per Dio, a renderci “privi di orecchio musicale” per Lui. E tuttavia in ogni anima è presente, in modo nascosto o aperto, l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo. Per ottenere questa vigilanza, questo svegliarsi all’essenziale, vogliamo pregare, per noi stessi e per gli altri, per quelli che sembrano essere “privi di questo orecchio musicale” e nei quali, tuttavia, è vivo il desiderio che Dio si manifesti.
 
Il grande teologo Origene ha detto: se io avessi la grazia di vedere come ha visto Paolo, potrei adesso (durante la Liturgia) contemplare una grande schiera di Angeli (cfr in Lc 23, 9). Infatti – nella Sacra Liturgia, gli Angeli di Dio e i Santi ci circondano. Il Signore stesso è presente in mezzo a noi. Signore, apri gli occhi dei nostri cuori, affinché diventiamo vigilanti e veggenti e così possiamo portare la tua vicinanza anche ad altri!

Torniamo al Vangelo di Natale. Esso ci racconta che i pastori, dopo aver ascoltato il messaggio dell’Angelo, si dissero l’un l’altro: “'Andiamo fino a Betlemme' … Andarono, senza indugio” (Lc 2, 15s.). “Si affrettarono” dice letteralmente il testo greco. Ciò che era stato loro annunciato era così importante che dovevano andare immediatamente. In effetti, ciò che lì era stato detto loro andava totalmente al di là del consueto. Cambiava il mondo. È nato il Salvatore.

L’atteso Figlio di Davide è venuto al mondo nella sua città. Che cosa poteva esserci di più importante? Certo, li spingeva anche la curiosità, ma soprattutto l’agitazione per la grande cosa che era stata comunicata proprio a loro, i piccoli e uomini apparentemente irrilevanti. Si affrettarono – senza indugio. Nella nostra vita ordinaria le cose non stanno così. La maggioranza degli uomini non considera prioritarie le cose di Dio, esse non ci incalzano in modo immediato. E così noi, nella stragrande maggioranza, siamo ben disposti a rimandarle. Prima di tutto si fa ciò che qui ed ora appare urgente. Nell’elenco delle priorità Dio si trova spesso quasi all’ultimo posto. Questo – si pensa – si potrà fare sempre. Il Vangelo ci dice: Dio ha la massima priorità. Se qualcosa nella nostra vita merita fretta senza indugio, ciò è, allora, soltanto la causa di Dio. Una massima della Regola di san Benedetto dice: “Non anteporre nulla all’opera di Dio (cioè all’ufficio divino)”. La Liturgia è per i monaci la prima priorità.
 
Tutto il resto viene dopo. Nel suo nucleo, però, questa frase vale per ogni uomo. Dio è importante, la realtà più importante in assoluto nella nostra vita. Proprio questa priorità ci insegnano i pastori. Da loro vogliamo imparare a non lasciarci schiacciare da tutte le cose urgenti della vita quotidiana. Da loro vogliamo apprendere la libertà interiore di mettere in secondo piano altre occupazioni – per quanto importanti esse siano – per avviarci verso Dio, per lasciarlo entrare nella nostra vita e nel nostro tempo. Il tempo impegnato per Dio e, a partire da Lui, per il prossimo non è mai tempo perso. È il tempo in cui viviamo veramente, in cui viviamo lo stesso essere persone umane.

Alcuni commentatori fanno notare che per primi i pastori, le anime semplici, sono venuti da Gesù nella mangiatoia e hanno potuto incontrare il Redentore del mondo. I sapienti venuti dall’Oriente, i rappresentanti di coloro che hanno rango e nome, vennero molto più tardi. I commentatori aggiungono: questo è del tutto ovvio. I pastori, infatti, abitavano accanto. Essi non dovevano che “attraversare” (cfr Lc 2, 15) come si attraversa un breve spazio per andare dai vicini. I sapienti, invece, abitavano lontano. Essi dovevano percorrere una via lunga e difficile, per arrivare a Betlemme. E avevano bisogno di guida e di indicazione. Ebbene, anche oggi esistono anime semplici ed umili che abitano molto vicino al Signore. Essi sono, per così dire, i suoi vicini e possono facilmente andare da Lui. Ma la maggior parte di noi uomini moderni vive lontana da Gesù Cristo, da Colui che si è fatto uomo, dal Dio venuto in mezzo a noi. Viviamo in filosofie, in affari e occupazioni che ci riempiono totalmente e dai quali il cammino verso la mangiatoia è molto lungo. In molteplici modi Dio deve ripetutamente spingerci e darci una mano, affinché possiamo trovare l’uscita dal groviglio dei nostri pensieri e dei nostri impegni e trovare la via verso di Lui. Ma per tutti c’è una via. Per tutti il Signore dispone segnali adatti a ciascuno.

Egli chiama tutti noi, perché anche noi si possa dire: Orsù, “attraversiamo”, andiamo a Betlemme – verso quel Dio, che ci è venuto incontro. Sì, Dio si è incamminato verso di noi. Da soli non potremmo giungere fino a Lui. La via supera le nostre forze. Ma Dio è disceso. Egli ci viene incontro. Egli ha percorso la parte più lunga del cammino. Ora ci chiede: Venite e vedete quanto vi amo. Venite e vedete che io sono qui. Transeamus usque Bethleem, dice la Bibbia latina. Andiamo di là! Oltrepassiamo noi stessi! Facciamoci viandanti verso Dio in molteplici modi: nell’essere interiormente in cammino verso di Lui. E tuttavia anche in cammini molto concreti – nella Liturgia della Chiesa, nel servizio al prossimo, in cui Cristo mi attende.

Ascoltiamo ancora una volta direttamente il Vangelo. I pastori si dicono l’un l’altro il motivo per cui si mettono in cammino: “Vediamo questo avvenimento”.
 
Letteralmente il testo greco dice: “Vediamo questa Parola, che lì è accaduta”. Sì, tale è la novità di questa notte: la Parola può essere guardata. Poiché si è fatta carne. Quel Dio di cui non si deve fare alcuna immagine, perché ogni immagine potrebbe solo ridurlo, anzi travisarlo, quel Dio si è reso, Egli stesso, visibile in Colui che è la sua vera immagine, come dice Paolo (cfr 2 Cor 4, 4; Col 1, 15). Nella figura di Gesù Cristo, in tutto il suo vivere ed operare, nel suo morire e risorgere, possiamo guardare la Parola di Dio e quindi il mistero dello stesso Dio vivente. Dio è così. L’Angelo aveva detto ai pastori: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2, 12; cfr 16). Il segno di Dio, il segno che viene dato ai pastori e a noi, non è un miracolo emozionante. Il segno di Dio è la sua umiltà. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo; diventa bambino; si lascia toccare e chiede il nostro amore. Quanto desidereremmo noi uomini un segno diverso, imponente, inconfutabile del potere di Dio e della sua grandezza. Ma il suo segno ci invita alla fede e all’amore, e pertanto ci dà speranza: così è Dio. Egli possiede il potere ed è la Bontà.

Ci invita a diventare simili a Lui. Sì, diventiamo simili a Dio, se ci lasciamo plasmare da questo segno; se impariamo, noi stessi, l’umiltà e così la vera grandezza; se rinunciamo alla violenza ed usiamo solo le armi della verità e dell’amore. Origene, seguendo una parola di Giovanni Battista, ha visto espressa l’essenza del paganesimo nel simbolo delle pietre: paganesimo è mancanza di sensibilità, significa un cuore di pietra, che è incapace di amare e di percepire l’amore di Dio. Origene dice dei pagani: “Privi di sentimento e di ragione, si trasformano in pietre e in legno” (in Lc 22, 9). Cristo, però, vuole darci un cuore di carne. Quando vediamo Lui, il Dio che è diventato un bambino, ci si apre il cuore. Nella Liturgia della Notte Santa Dio viene a noi come uomo, affinché noi diventiamo veramente umani. Ascoltiamo ancora Origene: “In effetti, a che gioverebbe a te che Cristo una volta sia venuto nella carne, se Egli non giunge fin nella tua anima? Preghiamo che venga quotidianamente a noi e che possiamo dire: vivo, però non vivo più io, ma Cristo vive in me (Gal 2, 20)” (in Lc 22, 3).

Sì, per questo vogliamo pregare in questa Notte Santa. Signore Gesù Cristo, tu che sei nato a Betlemme, vieni a noi! Entra in me, nella mia anima. Trasformami. Rinnovami. Fa’ che io e tutti noi da pietra e legno diventiamo persone viventi, nelle quali il tuo amore si rende presente e il mondo viene trasformato.
Amen.

                           VATICAN CITY, VATICAN - DECEMBER 24:  Pope Benedict XVI gives Christmas Night Mass at St. Peter's Basilica on December 24, 2009 in Vatican City, Vatican. The mass on Christmas Eve and Christmas Day are scheduled to be televised in an estimated 73 countries.


MESSAGGIO URBI ET ORBI
DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

NATALE 2009

 (Video)



Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero,
e voi tutti, uomini e donne amati dal Signore!

Lux fulgebit hodie super nos,
quia natus est nobis Dominus
.
- Oggi su di noi splenderà la luce,
Perché è nato per noi il Signore”
(Messale Romano, Natale del Signore, Messa dell’Aurora, Antifona d’ingresso).

La liturgia della Messa dell’Aurora ci ha ricordato che ormai la notte è passata, il giorno è avanzato; la luce che promana dalla grotta di Betlemme risplende su di noi.

Tuttavia, la Bibbia e la Liturgia non ci parlano della luce naturale, ma di una luce diversa, speciale, in qualche modo mirata e orientata verso un “noi”, lo stesso “noi” per cui il Bambino di Betlemme “è nato”. Questo “noi” è la Chiesa, la grande famiglia universale dei credenti in Cristo, che hanno atteso con speranza la nuova nascita del Salvatore ed oggi celebrano nel mistero la perenne attualità di questo evento.

All’inizio, attorno alla mangiatoia di Betlemme, quel “noi” era quasi invisibile agli occhi degli uomini. Come ci riferisce il Vangelo di san Luca, comprendeva, oltre a Maria e a Giuseppe, pochi umili pastori, che giunsero alla grotta avvertiti dagli Angeli.

La luce del primo Natale fu come un fuoco acceso nella notte. Tutt’intorno era buio, mentre nella grotta risplendeva la luce vera “che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Eppure tutto avviene nella semplicità e nel nascondimento, secondo lo stile con il quale Dio opera nell’intera storia della salvezza. Dio ama accendere luci circoscritte, per rischiarare poi a largo raggio. La Verità, come l’Amore, che ne sono il contenuto, si accendono là dove la luce viene accolta, diffondendosi poi a cerchi concentrici, quasi per contatto, nei cuori e nelle menti di quanti, aprendosi liberamente al suo splendore, diventano a loro volta sorgenti di luce. È la storia della Chiesa che inizia il suo cammino nella povera grotta di Betlemme, e attraverso i secoli diventa Popolo e fonte di luce per l’umanità.

Anche oggi, mediante coloro che vanno incontro al Bambino, Dio accende ancora fuochi nella notte del mondo per chiamare gli uomini a riconoscere in Gesù il “segno” della sua presenza salvatrice e liberatrice e allargare il “noi” dei credenti in Cristo all’intera umanità.

Dovunque c’è un “noi” che accoglie l’amore di Dio, là risplende la luce di Cristo, anche nelle situazioni più difficili. La Chiesa, come la Vergine Maria, offre al mondo Gesù, il Figlio, che Lei stessa ha ricevuto in dono, e che è venuto a liberare l’uomo dalla schiavitù del peccato. Come Maria, la Chiesa non ha paura, perché quel Bambino è la sua forza. Ma lei non lo tiene per sé: lo offre a quanti lo cercano con cuore sincero, agli umili della terra e agli afflitti, alle vittime della violenza, a quanti bramano il bene della pace. Anche oggi, per la famiglia umana profondamente segnata da una grave crisi economica, ma prima ancora morale, e dalle dolorose ferite di guerre e conflitti, con lo stile della condivisione e della fedeltà all’uomo, la Chiesa ripete con i pastori: “Andiamo fino a Betlemme” (Lc 2,15), lì troveremo la nostra speranza.

Il “noi” della Chiesa vive là dove Gesù è nato, in Terra Santa, per invitare i suoi abitanti ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta e ad impegnarsi con rinnovato vigore e generosità nel cammino verso una convivenza pacifica. Il “noi” della Chiesa è presente negli altri Paesi del Medio Oriente. Come non pensare alla tribolata situazione in Iraq e a quel piccolo gregge di cristiani che vive nella Regione? Esso talvolta soffre violenze e ingiustizie ma è sempre proteso a dare il proprio contributo all’edificazione della convivenza civile contraria alla logica dello scontro e del rifiuto del vicino. Il “noi” della Chiesa opera in Sri Lanka, nella Penisola coreana e nelle Filippine, come pure in altre terre asiatiche, quale lievito di riconciliazione e di pace. Nel Continente africano non cessa di alzare la voce verso Dio per implorare la fine di ogni sopruso nella Repubblica Democratica del Congo; invita i cittadini della Guinea e del Niger al rispetto dei diritti di ogni persona ed al dialogo; a quelli del Madagascar chiede di superare le divisioni interne e di accogliersi reciprocamente; a tutti ricorda che sono chiamati alla speranza, nonostante i drammi, le prove e le difficoltà che continuano ad affliggerli.

In Europa e in America settentrionale, il “noi” della Chiesa sprona a superare la mentalità egoista e tecnicista, a promuovere il bene comune ed a rispettare le persone più deboli, a cominciare da quelle non ancora nate. In Honduras aiuta a riprendere il cammino istituzionale; in tutta l’America Latina il “noi” della Chiesa è fattore identitario, pienezza di verità e di carità che nessuna ideologia può sostituire, appello al rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona ed al suo sviluppo integrale, annuncio di giustizia e di fraternità, fonte di unità.

Fedele al mandato del suo Fondatore, la Chiesa è solidale con coloro che sono colpiti dalle calamità naturali e dalla povertà, anche nelle società opulente. Davanti all’esodo di quanti migrano dalla loro terra e sono spinti lontano dalla fame, dall’intolleranza o dal degrado ambientale, la Chiesa è una presenza che chiama all’accoglienza. In una parola, la Chiesa annuncia ovunque il Vangelo di Cristo nonostante le persecuzioni, le discriminazioni, gli attacchi e l’indifferenza, talvolta ostile, che – anzi – le consentono di condividere la sorte del suo Maestro e Signore.

Cari fratelli e sorelle, quale grande dono far parte di una comunione che è per tutti ! È la comunione della Santissima Trinità, dal cui cuore è disceso nel mondo l’Emmanuele, Gesù, Dio-con-noi. Come i pastori di Betlemme, contempliamo pieni di meraviglia e di gratitudine questo mistero d’amore e di luce!
 
Buon Natale a tutti!




                           Pope Benedict XVI is flanked by Cardinal Agostino Cacciavillan (L) and Cardinal Francesco marchisano (R) as he delivers Urbi et Orbi (to the city and the world) Christmas Day message from the central balcony of Saint Peter's Square at the Vatican December 25, 2009. Pope Benedict called on the world to abandon violence and vengeance on Friday and showed no sign of strain after an "unstable" woman lunged at him, forcing him to the ground, on Christmas Eve.


                           VATICAN CITY, VATICAN - DECEMBER 25:  Pope Benedict XVI delivers his 'urbi et orbi' blessing (to the city and to the world) from the central balcony of St Peter's Basilica on December 25, 2009 in Vatican City, Vatican.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CELEBRAZIONE DEI VESPRI E DEL TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO
PER LA FINE DELL’ANNO

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Giovedì, 31 dicembre 2009

(Video)

  

Cari fratelli e sorelle!

Al termine di un anno ricco di eventi per la Chiesa e per il mondo, ci ritroviamo questa sera nella Basilica Vaticana per celebrare i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e per elevare un inno di ringraziamento al Signore del tempo e della storia.

Sono, anzitutto, le parole dell’apostolo Paolo, che abbiamo poc’anzi ascoltato, a gettare una luce particolare sulla conclusione dell’anno: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna…perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5).

Il denso brano paolino ci parla della “pienezza del tempo” e ci illumina sul contenuto di tale espressione. Nella storia della famiglia umana, Dio ha voluto introdurre il suo Verbo eterno, facendogli assumere un’umanità come la nostra. Con l’incarnazione del Figlio di Dio, l’eternità è entrata nel tempo, e la storia dell’uomo si è aperta al compimento nell’assoluto di Dio. Il tempo è stato - per così dire - “toccato” da Cristo, il Figlio di Dio e di Maria, e da lui ha ricevuto significati nuovi e sorprendenti: è diventato tempo di salvezza e di grazia. Proprio in questa prospettiva dobbiamo considerare il tempo dell’anno che si chiude e di quello che inizia, per porre le più diverse vicende della nostra vita - importanti o piccole, semplici o indecifrabili, gioiose o tristi - sotto il segno della salvezza ed accogliere la chiamata che Dio ci rivolge per condurci verso una meta che è oltre il tempo stesso: l’eternità.

Il testo paolino vuole anche sottolineare il mistero della vicinanza di Dio all’intera umanità. E’ la vicinanza propria del mistero del Natale: Dio si fa uomo e all’uomo viene data l’inaudita possibilità di essere figlio di Dio. Tutto questo ci riempie di gioia grande e ci porta ad elevare la lode a Dio. Siamo chiamati a dire con la voce, il cuore e la vita il nostro “grazie” a Dio per il dono del Figlio, fonte e compimento di tutti gli altri doni con i quali l’amore divino colma l’esistenza di ciascuno di noi, delle famiglie, delle comunità, della Chiesa e del mondo. Il canto del Te Deum, che oggi risuona nelle Chiese di ogni parte della terra, vuole essere un segno della gioiosa gratitudine che rivolgiamo a Dio per quanto ci ha offerto in Cristo. Davvero «dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia» (Gv 1,16).

Seguendo una felice consuetudine, questa sera vorrei insieme con voi ringraziare il Signore, in particolare, per le grazie sovrabbondanti elargite alla nostra comunità diocesana di Roma nel corso dell’anno che volge al termine. Desidero rivolgere, innanzitutto, un particolare saluto al Cardinale Vicario, ai Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, alle persone consacrate, come pure ai tanti fedeli laici qui convenuti. Saluto, altresì, con deferente cordialità il Signor Sindaco e le Autorità presenti. Il mio pensiero si estende poi a chiunque vive nella nostra Città, in particolare a quanti si trovano in situazioni di difficoltà e di disagio: a tutti e a ciascuno assicuro la mia vicinanza spirituale, avvalorata dal costante ricordo nella preghiera.

Per quanto riguarda il cammino della Diocesi di Roma, rinnovo il mio apprezzamento per la scelta pastorale di dedicare tempo ad una verifica dell’itinerario percorso, al fine di accrescere il senso di appartenenza alla Chiesa e favorire la corresponsabilità pastorale. Per sottolineare l’importanza di questa verifica, anch’io ho voluto offrire il mio contributo, intervenendo, nel pomeriggio del 26 maggio scorso, al Convegno diocesano in San Giovanni in Laterano. Mi rallegro perché il programma della diocesi sta procedendo positivamente con una capillare azione apostolica, che viene svolta nelle parrocchie, nelle prefetture e nelle varie aggregazioni ecclesiali su due ambiti essenziali per la vita e la missione della Chiesa, quali la celebrazione dell’Eucaristia domenicale e la testimonianza della carità. Desidero incoraggiare i fedeli a partecipare numerosi alle assemblee che si svolgeranno nelle varie parrocchie, così da poter offrire un valido contributo all’edificazione della Chiesa. Ancora oggi il Signore vuole far conoscere il suo amore per l’umanità agli abitanti di Roma ed affida a ciascuno, nella diversità dei ministeri e delle responsabilità, la missione di annunciare la sua parola di verità e di testimoniare la carità e la solidarietà.

Solo contemplando il mistero del Verbo incarnato, l’uomo può trovare la risposta ai grandi interrogativi dell’esistenza umana e scoprire così la verità sulla propria identità. Per questo la Chiesa, in tutto il mondo e anche qui, nell’Urbe, è impegnata a promuovere lo sviluppo integrale della persona umana. Ho appreso, pertanto, con favore la programmazione di una serie di “incontri culturali in Cattedrale”, che avranno come tema la mia recente Enciclica Caritas in veritate.

Da diversi anni tante famiglie, numerosi insegnanti e le comunità parrocchiali si dedicano ad aiutare i giovani a costruire il loro futuro su solide fondamenta, in particolare sulla roccia che è Gesù Cristo. Auspico che questo rinnovato impegno educativo possa sempre più realizzare una feconda sinergia fra la comunità ecclesiale e la città per aiutare i giovani a progettare la propria vita. Formulo voti, altresì, che un prezioso contributo in questo importante ambito possa scaturire dal Convegno promosso dal Vicariato e che si terrà nel prossimo mese di marzo.

Per essere testimoni autorevoli della verità sull’uomo è necessario un ascolto orante della Parola di Dio. A questo proposito, desidero soprattutto raccomandare l’antica tradizione della lectio divina. Le parrocchie e le diverse realtà ecclesiali, anche grazie al sussidio preparato dal Vicariato potranno utilmente promuovere questa antica pratica, in modo che essa diventi parte essenziale della pastorale ordinaria.

La Parola, creduta, annunciata e vissuta ci spinge a comportamenti di solidarietà e di condivisione. Nel lodare il Signore per l’aiuto che le comunità cristiane hanno saputo offrire con generosità a quanti hanno bussato alle loro porte, desidero incoraggiare tutti a proseguire nell’impegno di alleviare le difficoltà in cui versano ancora oggi tante famiglie provate dalla crisi economica e dalla disoccupazione. Il Natale del Signore, che ci ricorda la gratuità con la quale Dio è venuto a salvarci, facendosi carico della nostra umanità e donandoci la sua vita divina, possa aiutare ogni uomo di buona volontà a comprendere che solo aprendosi all’amore di Dio l’agire umano cambia, si trasforma, diventando lievito di un futuro migliore per tutti.

Cari fratelli e sorelle, Roma ha bisogno di sacerdoti che siano annunciatori coraggiosi del Vangelo e, allo stesso tempo, rivelino il volto misericordioso del Padre. Invito i giovani a non avere paura di rispondere con il dono completo della propria esistenza alla chiamata che il Signore rivolge loro a seguirlo nella via del sacerdozio o della vita consacrata.

Auspico, fin d’ora, che l’incontro del 25 marzo prossimo, 25° anniversario dell’istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù e 10° anniversario di quella, indimenticabile, di Tor Vergata, costituisca per tutte le comunità parrocchiali e religiose, i movimenti e le associazioni un momento forte di riflessione e di invocazione per ottenere dal Signore il dono di numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

Mentre ci congediamo dall’anno che si conclude e ci avviamo verso il nuovo, la liturgia odierna ci introduce nella Solennità di Maria Santissima, Madre di Dio.

La Vergine Santa è Madre della Chiesa e madre di ciascuno dei suoi membri, cioè Madre di ciascuno di noi, in Cristo. Chiediamo a Lei di accompagnarci con la sua premurosa protezione oggi e sempre, perché Cristo ci accolga un giorno nella sua gloria, nell’assemblea dei Santi:
 Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari.
Amen!


Pope Benedict XVI celebrates the First Vespers and Te Deum prayers in Saint Peter's Basilica at the Vatican December 31, 2009.


VATICAN CITY, VATICAN - DECEMBER 31:  Pope Benedict XVI leads the First Vespers and Te Deum prayers at St. Peter's Basilica on December 31, 2009 in Vatican City, Vatican. On new year's eve two different perspectives converge; one is the end of the calendar year, the other is the solemn liturgy of Mary, which concludes with the Octave of the Nativity. The first event is common to everyone, the second is for believers.

VATICAN CITY, VATICAN - DECEMBER 31:  Pope Benedict XVI leads the Te Deum prayer in front of the traditional crib at St. Peter's Square on December 31, 2009 in Vatican City, Vatican. On new year's eve two different perspectives converge; one is the end of the calendar year, the other is the solemn liturgy of Mary, which concludes with the Octave of the Nativity. The first event is common to everyone, the second is for believers.


VATICAN CITY, VATICAN - DECEMBER 31:  Pope Benedict XVI  kneels to pray in front of the traditional crib in St. Peter's Square at the end of the Te Deum prayer on December 31, 2009 in Vatican City, Vatican. On the new year's eve two different perspectives converge: one is the end of the calendar year, the other is the solemn liturgy of Mary, which concludes the Octave of the Nativity. The first event is common to everyone, the second is for belivers.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO
XLIII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Venerdì, 1° gennaio 20
10

(Video)

  

Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle
!

Nel primo giorno del nuovo anno abbiamo la gioia e la grazia di celebrare la Santissima Madre di Dio e, al tempo stesso, la Giornata Mondiale della Pace. In entrambe le ricorrenze celebriamo Cristo, Figlio di Dio, nato da Maria Vergine e nostra vera pace! A tutti voi, che siete qui convenuti: Rappresentanti dei popoli del mondo, della Chiesa romana e universale, sacerdoti e fedeli; e a quanti sono collegati mediante la radio e la televisione, ripeto le parole dell’antica benedizione: il Signore rivolga a voi il suo volto e vi conceda la pace (cfr Nm 6,26). Proprio il tema del Volto e dei volti vorrei sviluppare oggi, alla luce della Parola di Dio - Volto di Dio e volti degli uomini - un tema che ci offre anche una chiave di lettura del problema della pace nel mondo.

Abbiamo ascoltato, sia nella prima lettura – tratta dal Libro dei Numeri – sia nel Salmo responsoriale, alcune espressioni che contengono la metafora del volto riferita a Dio: “Il Signore faccia risplendere per te il suo volto / e ti faccia grazia” (Nm 6,25); “Dio abbia pietà di noi e ci benedica, / su di noi faccia splendere il suo volto; / perché si conosca sulla terra la tua via, / la tua salvezza fra tutte le genti” (Sal 66/67,2-3). Il volto è l’espressione per eccellenza della persona, ciò che la rende riconoscibile e da cui traspaiono sentimenti, pensieri, intenzioni del cuore. Dio, per sua natura, è invisibile, tuttavia la Bibbia applica anche a Lui questa immagine. Mostrare il volto è espressione della sua benevolenza, mentre il nasconderlo ne indica l’ira e lo sdegno. Il Libro dell’Esodo dice che “il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico” (Es 33,11), e sempre a Mosè il Signore promette la sua vicinanza con una formula molto singolare: “Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo” (Es 33,14). I Salmi ci mostrano i credenti come coloro che cercano il volto di Dio (cfr Sal 26/27,8; 104/105,4) e che nel culto aspirano a vederlo (cfr Sal 42,3), e ci dicono che “gli uomini retti” lo “contempleranno” (Sal 10/11,7).

Tutto il racconto biblico si può leggere come progressivo svelamento del volto di Dio, fino a giungere alla sua piena manifestazione in Gesù Cristo. “Quando venne la pienezza del tempo – ci ha ricordato anche oggi l’apostolo Paolo – Dio mandò il suo Figlio” (Gal 4,4). E subito aggiunge: “nato da donna, nato sotto la legge”. Il volto di Dio ha preso un volto umano, lasciandosi vedere e riconoscere nel figlio della Vergine Maria, che per questo veneriamo con il titolo altissimo di “Madre di Dio”. Ella, che ha custodito nel suo cuore il segreto della divina maternità, è stata la prima a vedere il volto di Dio fatto uomo nel piccolo frutto del suo grembo. La madre ha un rapporto tutto speciale, unico e in qualche modo esclusivo con il figlio appena nato.

Il primo volto che il bambino vede è quello della madre, e questo sguardo è decisivo per il suo rapporto con la vita, con se stesso, con gli altri, con Dio; è decisivo anche perché egli possa diventare un “figlio della pace” (Lc 10,6). Tra le molte tipologie di icone della Vergine Maria nella tradizione bizantina, vi è quella detta “della tenerezza”, che raffigura Gesù bambino con il viso appoggiato – guancia a guancia – a quello della Madre. Il Bambino guarda la Madre, e questa guarda noi, quasi a riflettere verso chi osserva, e prega, la tenerezza di Dio, discesa in Lei dal Cielo e incarnata in quel Figlio di uomo che porta in braccio. In questa icona mariana noi possiamo contemplare qualcosa di Dio stesso: un segno dell’amore ineffabile che lo ha spinto a “dare il suo figlio unigenito” (Gv 3,16). Ma quella stessa icona ci mostra anche, in Maria, il volto della Chiesa, che riflette su di noi e sul mondo intero la luce di Cristo, la Chiesa mediante la quale giunge ad ogni uomo la buona notizia: “Non sei più schiavo, ma figlio” (Gal 4,7) – come leggiamo ancora in san Paolo.

Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Signori Ambasciatori, cari amici!

Meditare sul mistero del volto di Dio e dell’uomo è una via privilegiata che conduce alla pace. Questa, infatti, incomincia da uno sguardo rispettoso, che riconosce nel volto dell’altro una persona, qualunque sia il colore della sua pelle, la sua nazionalità, la sua lingua, la sua religione. Ma chi, se non Dio, può garantire, per così dire, la “profondità” del volto dell’uomo? In realtà, solo se abbiamo Dio nel cuore, siamo in grado di cogliere nel volto dell’altro un fratello in umanità, non un mezzo ma un fine, non un rivale o un nemico, ma un altro me stesso, una sfaccettatura dell’infinito mistero dell’essere umano. La nostra percezione del mondo e, in particolare, dei nostri simili, dipende essenzialmente dalla presenza in noi dello Spirito di Dio. E’ una sorta di “risonanza”: chi ha il cuore vuoto, non percepisce che immagini piatte, prive di spessore. Più, invece, noi siamo abitati da Dio, e più siamo anche sensibili alla sua presenza in ciò che ci circonda: in tutte le creature, e specialmente negli altri uomini, benché a volte proprio il volto umano, segnato dalla durezza della vita e dal male, possa risultare difficile da apprezzare e da accogliere come epifania di Dio.
 
A maggior ragione, dunque, per riconoscerci e rispettarci quali realmente siamo, cioè fratelli, abbiamo bisogno di riferirci al volto di un Padre comune, che tutti ci ama, malgrado i nostri limiti e i nostri errori.

Fin da piccoli, è importante essere educati al rispetto dell’altro, anche quando è differente da noi. Ormai è sempre più comune l’esperienza di classi scolastiche composte da bambini di varie nazionalità, ma anche quando ciò non avviene, i loro volti sono una profezia dell’umanità che siamo chiamati a formare: una famiglia di famiglie e di popoli. Più sono piccoli questi bambini, e più suscitano in noi la tenerezza e la gioia per un’innocenza e una fratellanza che ci appaiono evidenti: malgrado le loro differenze, piangono e ridono nello stesso modo, hanno gli stessi bisogni, comunicano spontaneamente, giocano insieme… I volti dei bambini sono come un riflesso della visione di Dio sul mondo. Perché allora spegnere i loro sorrisi? Perché avvelenare i loro cuori?

Purtroppo, l’icona della Madre di Dio della tenerezza trova il suo tragico contrario nelle dolorose immagini di tanti bambini e delle loro madri in balia di guerre e violenze: profughi, rifugiati, migranti forzati. Volti scavati dalla fame e dalle malattie, volti sfigurati dal dolore e dalla disperazione. I volti dei piccoli innocenti sono un appello silenzioso alla nostra responsabilità: di fronte alla loro condizione inerme, crollano tutte le false giustificazioni della guerra e della violenza. Dobbiamo semplicemente convertirci a progetti di pace, deporre le armi di ogni tipo e impegnarci tutti insieme a costruire un mondo più degno dell’uomo.

Il mio Messaggio per l’odierna XLIII Giornata Mondiale della Pace: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”, si pone all’interno della prospettiva del volto di Dio e dei volti umani. Possiamo, infatti, affermare che l’uomo è capace di rispettare le creature nella misura in cui porta nel proprio spirito un senso pieno della vita, altrimenti sarà portato a disprezzare se stesso e ciò che lo circonda, a non avere rispetto dell’ambiente in cui vive, del creato. Chi sa riconoscere nel cosmo i riflessi del volto invisibile del Creatore, è portato ad avere maggiore amore per le creature, maggiore sensibilità per il loro valore simbolico. Specialmente il Libro dei Salmi è ricco di testimonianze di questo modo propriamente umano di relazionarsi con la natura: con il cielo, il mare, i monti, le colline, i fiumi, gli animali… “Quante sono le tue opere, Signore! – esclama il Salmista – / Le hai fatte tutte con saggezza; / la terra è piena delle tue creature” (Sal 104/103,24).

In particolare, la prospettiva del “volto” invita a soffermarsi su quella che, anche in questo Messaggio, ho chiamato “ecologia umana”. Vi è infatti un nesso strettissimo tra il rispetto dell’uomo e la salvaguardia del creato. “I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri” (ivi, 12).

Se l’uomo si degrada, si degrada l’ambiente in cui vive; se la cultura tende verso un nichilismo, se non teorico, pratico, la natura non potrà non pagarne le conseguenze. Si può, in effetti, constatare un reciproco influsso tra volto dell’uomo e “volto” dell’ambiente: “quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio” (ibid.; cfr Enc.
Caritas in veritate, 51). Rinnovo, pertanto, il mio appello ad investire sull’educazione, proponendosi come obiettivo, oltre alla necessaria trasmissione di nozioni tecnico-scientifiche, una più ampia e approfondita “responsabilità ecologica”, basata sul rispetto dell’uomo e dei suoi diritti e doveri fondamentali. Solo così l’impegno per l’ambiente può diventare veramente educazione alla pace e costruzione della pace.

Cari fratelli e sorelle, nel Tempo di Natale ricorre un Salmo che contiene, tra l’altro, anche un esempio stupendo di come la venuta di Dio trasfiguri il creato e provochi una specie di festa cosmica. Questo inno inizia con un invito universale alla lode: “Cantate al Signore un canto nuovo, / cantate al Signore, uomini di tutta la terra. / Cantate al Signore, benedite il suo nome” (Sal 95/96,1). Ma a un certo punto questo appello all’esultanza si estende a tutto il creato: “Gioiscano i cieli, esulti la terra, / risuoni il mare e quanto racchiude; / sia in festa la campagna e quanto contiene, / acclamino tutti gli alberi della foresta” (vv. 11-12). La festa della fede diventa festa dell’uomo e del creato: quella festa che a Natale si esprime anche mediante gli addobbi sugli alberi, per le strade, nelle case.

Tutto rifiorisce perché Dio è apparso in mezzo a noi. La Vergine Madre mostra il Bambino Gesù ai pastori di Betlemme, che gioiscono e lodano il Signore (cfr Lc 2,20); la Chiesa rinnova il mistero per gli uomini di ogni generazione, mostra loro il volto di Dio, perché, con la sua benedizione, possano camminare sulla via della pace.

ANGELUS

Piazza San Pietro
Venerdì, 1° gennaio 2010

(Video)

 


                                    Pope Benedict XVI delivers his weekly Angelus blessing to the crowd gathered below in Saint Peter's square at the Vatican January 1, 2010.


Cari fratelli e sorelle
!

Oggi il Signore ci dona di iniziare un nuovo anno nel suo Nome e sotto lo sguardo di Maria Santissima, di cui celebriamo la Solennità della Divina Maternità. Sono lieto di incontrarvi per questo primo Angelus del 2010. Mi rivolgo a voi, che siete convenuti numerosi in Piazza San Pietro, ed anche a quanti si uniscono alla nostra preghiera mediante la radio e la televisione: a tutti auguro che l’anno appena incominciato sia un tempo in cui, con l’aiuto del Signore, possiamo andare incontro a Cristo, alla volontà di Dio e così anche migliorare questo nostro mondo.

Un obiettivo condivisibile da tutti, condizione indispensabile per la pace, è quello di amministrare con giustizia e saggezza le risorse naturali della Terra. “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”: a questo tema, di grande attualità, ho dedicato il mio Messaggio per l’odierna XLIII Giornata Mondiale della Pace. Mentre il Messaggio veniva pubblicato, i Capi di Stato e di Governo erano riuniti a Copenaghen per il vertice sul clima, dove è emersa ancora una volta l’urgenza di orientamenti concertati sul piano globale. Tuttavia, in questo momento, vorrei sottolineare l’importanza che, nella tutela dell’ambiente, hanno anche le scelte dei singoli, delle famiglie e delle amministrazioni locali. “Si rende ormai indispensabile un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti ad adottare nuovi stili di vita” (cfr Messaggio, n. 11). Tutti infatti siamo responsabili della protezione e della cura del creato. Perciò, anche in questo campo, è fondamentale l’educazione: per imparare a rispettare la natura; orientarsi sempre più “a costruire la pace a partire dalle scelte di ampio raggio a livello personale, familiare, comunitario e politico” (ibid.).

Se dobbiamo avere cura delle creature che ci circondano, quale considerazione dovremo avere per le persone, nostri fratelli e sorelle! Quale rispetto per la vita umana! Nel primo giorno dell’anno, vorrei rivolgere un appello alle coscienze di quanti fanno parte di gruppi armati di qualunque tipo. A tutti e a ciascuno dico: fermatevi, riflettete, e abbandonate la via della violenza! Sul momento, questo passo potrà sembrarvi impossibile, ma, se avrete il coraggio di compierlo, Dio vi aiuterà, e sentirete tornare nei vostri cuori la gioia della pace, che forse da tempo avete dimenticata. Affido questo appello all’intercessione della Santissima Madre di Dio, Maria. Oggi, la liturgia ci ricorda che otto giorni dopo la nascita del Bambino Ella, insieme con il suo sposo Giuseppe, lo fecero circoncidere, secondo la legge di Mosè, e gli misero nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo (cfr Lc 2,21). Questo nome, che significa “Dio salva”, è il compimento della rivelazione di Dio. Gesù è il volto di Dio, è la benedizione per ogni uomo e per tutti i popoli, è la pace per il mondo. Grazie, Madre Santa, che hai dato alla luce il Salvatore, il Principe della pace!


Dopo l'Angelus:

In questi giorni ho ricevuto numerosi messaggi augurali: ringrazio tutti con affetto, soprattutto per il dono della preghiera. Uno speciale augurio desidero indirizzare al Signor Presidente della Repubblica Italiana. A lui, alle altre Autorità dello Stato e all’intero popolo italiano formulo ogni miglior auspicio per l’anno appena iniziato.

Nell’odierna Giornata Mondiale della Pace, rivolgo un cordiale saluto ai partecipanti alla marcia intitolata “Pace in tutte le terre”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma e in molti altri Paesi del mondo. Estendo l’espressione della mia spirituale vicinanza alle molteplici iniziative per la pace organizzate dalle Chiese particolari, dalle associazioni e dai movimenti ecclesiali; penso, in modo speciale, a quella a carattere nazionale svoltasi ieri a Terni e a L’Aquila.

En ce premier jour de l’an nouveau, je suis heureux de saluer les francophones présents ici sur la place Saint-Pierre ou qui nous rejoignent par la radio ou la télévision. Aujourd’hui, nous célébrons la Vierge Marie, Mère de Dieu. Femme bénie entre toutes les femmes, en accueillant en elle le Fils unique, elle nous a permis de découvrir le visage d’amour de notre Dieu. En cette Journée mondiale de prière pour la Paix, que Marie, Mère de Dieu, soit aussi pour tous les hommes la Mère qui les guide sur les chemins de la réconciliation et de la fraternité! Bonne et sainte année à tous!

I am happy to greet all the English-speaking visitors present at today’s Angelus prayer and I wish you all a blessed New Year filled with abundant joy and consolation in Our Lord and Saviour Jesus Christ! On this World Day of Peace I pray that Christians everywhere, through the intercession of Mary the Mother of God, may be careful stewards of nature and diligent promoters of forgiveness, reconciliation and peace!

Mit Freude heiße ich an diesem Neujahrstag alle Pilger und Besucher deutscher Sprache willkommen. Besonders grüße ich die Sternsinger aus dem Erzbistum Köln, die in diesen Tagen die Botschaft der Geburt Christi von Haus zu Haus tragen. Die Sternsinger zeigen uns mit ihrem Tun etwas ganz Wichtiges: Der Glaube will nämlich ausgesprochen und weitergesagt werden. Nur so bleibt er lebendig! Wir wollen unseren Glauben überall verkünden und bezeugen, das wollen wir uns in diesem neuen Jahr als Vorsatz zu Herzen nehmen. Euch und euren Familien wünsche ich ein friedvolles und glückliches Neues Jahr!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en el día en que la Iglesia celebra la solemnidad de Santa María, Madre de Dios, y a quienes se unen a ella a través de la radio y la televisión. Al inicio del año, os invito a todos a poner con total confianza todos vuestros proyectos e intenciones en las manos providentes de Dios, para que sea Él el que guíe nuestros pasos cada día y acreciente en nosotros la fe, esperanza y caridad. Feliz Año Nuevo.

A todos os povos e nações de língua portuguesa - nominalmente aos peregrinos vindos de Angola - aos seus lares e comunidades, aos seus governantes e instituições, desejo a paz do Céu, que hoje vemos reclinada nos braços da Virgem Mãe. Feliz Ano Novo!

Wszystkich Polaków polecam opiece Maryi, Królowej Pokoju i życzę szczęśliwego nowego roku. Niech Bóg wam błogosławi!

[Affido tutti i polacchi alla protezione di Maria, Regina della Pace, e auguro un felice anno nuovo. Dio vi benedica!]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare gli aderenti al Movimento dell’Amore Familiare e i giovani amici dell’Opera Don Orione, che stanotte hanno vegliato in Piazza San Pietro pregando per l’unità e la pace nelle famiglie e tra le nazioni. Un saluto va anche agli amici e volontari della Fraterna Domus. A tutti auguro di custodire nel cuore, ogni giorno del nuovo anno, la pace che Cristo ci ha donato. Buon anno!

 







 

Pope Benedict XVI holds the pastoral staff during a solemn mass in Saint Peter's Basilica at the Vatican January 1, 2010.


Pope Benedict XVI holds his pastoral staff during a solemn mass in Saint Peter's Basilica at the Vatican January 1, 2010.

[Modificato da Caterina63 06/01/2010 16:03]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/01/2010 16:05
 
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BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 3 gennaio 2010

(Video)

 

Cari fratelli e sorelle!

In questa Domenica – seconda dopo il Natale e prima del nuovo anno – sono lieto di rinnovare a tutti il mio augurio di ogni bene nel Signore! I problemi non mancano, nella Chiesa e nel mondo, come pure nella vita quotidiana delle famiglie. Ma, grazie a Dio, la nostra speranza non fa conto su improbabili pronostici e nemmeno sulle previsioni economiche, pur importanti. La nostra speranza è in Dio, non nel senso di una generica religiosità, o di un fatalismo ammantato di fede. Noi confidiamo nel Dio che in Gesù Cristo ha rivelato in modo compiuto e definitivo la sua volontà di stare con l’uomo, di condividere la sua storia, per guidarci tutti al suo Regno di amore e di vita. E questa grande speranza anima e talvolta corregge le nostre speranze umane.

Di tale rivelazione ci parlano oggi, nella Liturgia eucaristica, tre letture bibliche di straordinaria ricchezza: il capitolo 24 del Libro del Siracide, l’inno che apre la Lettera agli Efesini di san Paolo e il prologo del Vangelo di Giovanni. Questi testi affermano che Dio è non soltanto creatore dell’universo – aspetto comune anche ad altre religioni – ma che è Padre, che “ci ha scelti prima della creazione del mondo … predestinandoci ad essere per lui figli adottivi” (Ef 1,4-5) e che per questo è arrivato fino al punto inconcepibile di farsi uomo: “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Il mistero dell’Incarnazione della Parola di Dio è stato preparato nell’Antico Testamento, in particolare là dove la Sapienza divina si identifica con la Legge mosaica. Afferma infatti la stessa Sapienza: “Il creatore dell’universo mi fece piantare la tenda e mi disse: «Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele»” (Sir 24,8). In Gesù Cristo, la Legge di Dio si è fatta testimonianza vivente, scritta nel cuore di un uomo in cui, per l’azione dello Spirito Santo, è presente corporalmente tutta la pienezza della divinità (cfr Col 2,9).

Cari amici, questa è la vera ragione di speranza dell’umanità: la storia ha un senso, perché è “abitata” dalla Sapienza di Dio. E tuttavia, il disegno divino non si compie automaticamente, perché è un progetto d’amore, e l’amore genera libertà e chiede libertà. Il Regno di Dio viene certamente, anzi, è già presente nella storia e, grazie alla venuta di Cristo, ha già vinto la forza negativa del maligno. Ma ogni uomo e donna è responsabile di accoglierlo nella propria vita, giorno per giorno. Perciò, anche il 2010 sarà più o meno “buono” nella misura in cui ciascuno, secondo le proprie responsabilità, saprà collaborare con la grazia di Dio. Rivolgiamoci dunque alla Vergine Maria, per imparare da Lei questo atteggiamento spirituale. Il Figlio di Dio ha preso carne da Lei non senza il suo consenso.

Ogni volta che il Signore vuole fare un passo avanti, insieme con noi, verso la “terra promessa”, bussa prima al nostro cuore, attende, per così dire, il nostro “sì”, nelle piccole come nelle grandi scelte. Ci aiuti Maria ad accogliere sempre la volontà di Dio, con umiltà e coraggio, perché anche le prove e le sofferenze della vita cooperino ad affrettare la venuta del suo Regno di giustizia e di pace.


Dopo l'Angelus:

En ce premier dimanche de l’année nouvelle, je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones. Le temps de Noël nous donne de rendre grâce car le Christ, Sagesse incarnée de Dieu, vient habiter parmi les hommes. Il est venu dans notre histoire pour en éclairer et en orienter le cours. Aujourd’hui de nombreux Pays célèbrent la fête de l’Épiphanie, manifestation du Sauveur à toutes les nations. Nous aussi, avec la Vierge Marie soyons attentifs aux signes que Dieu nous donne de sa présence dans notre vie et dans notre monde ! Bon dimanche et bonne année à tous!

I greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus. As we continue to rejoice in the birth of Christ our Saviour, let us pray for the grace to live through love in his presence. Thus, like John the Baptist in today’s Gospel, we can be witnesses to the light that enlightens the whole of creation. Upon each of you and your loved ones at home, I invoke God’s abundant blessings!

Ein herzliches Grüß Gott sage ich allen deutschsprachigen Pilgern und Besuchern. Der heutige zweite Sonntag nach Weihnachten stellt uns noch einmal das Geheimnis der Menschwerdung Gottes vor Augen: „Das Wort ist Fleisch geworden und hat unter uns gewohnt“ (Joh 1,14). In Jesus Christus ist Gott wirklich der „Gott-mit-uns“. Er ist in unsere Welt eingetreten, einer von uns geworden, um uns als seine Kinder am göttlichen Leben teilhaben zu lassen. Aus diesem Geschenk der Gegenwart und Gemeinschaft Gottes wollen wir leben und auch im neuen Jahr auf dem Weg des Guten voranschreiten. Der Herr segne euch alle!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana. El Evangelio de hoy nos recuerda el grandioso acontecimiento del misterio de la Navidad: la Palabra de Dios se hizo carne y acampó entre nosotros, para que podamos contemplar su gloria y ser hijos de Dios, si creemos en su nombre. En ese nombre se ha abierto hace pocos días en Santiago de Compostela la puerta del Año Santo, puerta por la que pasan desde hace muchos siglos multitud de peregrinos en busca de la luz de la fe y la gracia del perdón, tras contemplar el majestuoso «Pórtico de la Gloria» del templo que guarda una particular memoria del Apóstol Santiago el Mayor, en los extremos confines de Europa continental. Invito a todos a dejarse iluminar por Cristo, luz del mundo, y renacer así a la esperanza, a una nueva vida y a un mundo nuevo, lleno de paz y concordia. Feliz domingo.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Dzisiejsza liturgia raz jeszcze przypomina, że odwieczne Słowo Boga stało się ciałem i zamieszkało pośród nas. Chrystus wszedł w naszą doczesność, aby wprowadzić ją w wieczność. Niech świadomość Jego stałej obecności w naszym życiu będzie źródłem pokoju i radości. Niech Pan wam błogosławi!

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. La liturgia odierna ancora una volta ci ricorda che l’eterno Verbo di Dio si fece carne e venne ad abitare tra noi. Cristo è entrato nella nostra quotidianità per introdurla nell’eternità. La consapevolezza della sua perenne presenza nella nostra vita sia la fonte della pace e della gioia. Il Signore vi benedica!]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai giovani e alle famiglie provenienti da Sogliano Cavour e da Collepasso, al gruppo di ministranti di Bellagio, ai ragazzi di Chiaramonti e a quelli che partecipano all’incontro organizzato dalle Suore del Bambino Gesù. Cari amici, la visita alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo accresca in ciascuno di voi la forza e la gioia della fede. A tutti auguro una serena domenica e un buon anno nuovo.

                                      Pope Benedict XVI waves to the crowd gathered below in Saint Peter's square during his Angelus blessing in Saint Peter's square at the Vatican January 3, 2010.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/01/2010 16:13
 
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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Martedì, 6 gennaio 2010

Cari fratelli e sorelle!

Oggi, Solennità dell’Epifania, la grande luce che irradia dalla Grotta di Betlemme, attraverso i Magi provenienti da Oriente, inonda l’intera umanità. La prima lettura, tratta dal Libro del profeta Isaia, e il brano del Vangelo di Matteo, che abbiamo poc’anzi ascoltato, pongono l’una accanto all'altro la promessa e il suo adempimento, in quella particolare tensione che si riscontra quando si leggono di seguito brani dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ecco apparire davanti a noi la splendida visione del profeta Isaia il quale, dopo le umiliazioni subite dal popolo di Israele da parte delle potenze di questo mondo, vede il momento in cui la grande luce di Dio, apparentemente senza potere e incapace di proteggere il suo popolo, sorgerà su tutta la terra, così che i re delle nazioni si inchineranno di fronte a lui, verranno da tutti i confini della terra e deporranno ai suoi piedi i loro tesori più preziosi. E il cuore del popolo fremerà di gioia.

Rispetto a tale visione, quella che ci presenta l’evangelista Matteo appare povera e dimessa: ci sembra impossibile riconoscervi l’adempimento delle parole del profeta Isaia. Infatti, arrivano a Betlemme non i potenti e i re della terra, ma dei Magi, personaggi sconosciuti, forse visti con sospetto, in ogni caso non degni di particolare attenzione. Gli abitanti di Gerusalemme sono informati dell'accaduto, ma non ritengono necessario scomodarsi, e neppure a Betlemme sembra che ci sia qualcuno che si curi della nascita di questo Bambino, chiamato dai Magi Re dei Giudei, o di questi uomini venuti dall’Oriente che vanno a farGli visita. Poco dopo, infatti, quando il re Erode farà capire chi effettivamente detiene il potere costringendo la Sacra Famiglia a fuggire in Egitto e offrendo una prova della sua crudeltà con la strage degli innocenti (cfr Mt 2,13-18), l'episodio dei Magi sembra essere cancellato e dimenticato. E’, quindi, comprensibile che il cuore e l'anima dei credenti di tutti i secoli siano attratti più dalla visione del profeta che non dal sobrio racconto dell'evangelista, come attestano anche le rappresentazioni di questa visita nei nostri presepi, dove appaiono i cammelli, i dromedari, i re potenti di questo mondo che si inginocchiano davanti al Bambino e depongono ai suoi piedi i loro doni in scrigni preziosi. Ma occorre prestare maggiore attenzione a ciò che i due testi ci comunicano.

In realtà, che cosa ha visto Isaia con il suo sguardo profetico? In un solo momento, egli scorge una realtà destinata a segnare tutta la storia. Ma anche l’evento che Matteo ci narra non è un breve episodio trascurabile, che si chiude con il ritorno frettoloso dei Magi nelle proprie terre. Al contrario, è un inizio. Quei personaggi provenienti dall'Oriente non sono gli ultimi, ma i primi della grande processione di coloro che, attraverso tutte le epoche della storia, sanno riconoscere il messaggio della stella, sanno camminare sulle strade indicate dalla Sacra Scrittura e sanno trovare, così, Colui che apparentemente è debole e fragile, ma che, invece, ha il potere di donare la gioia più grande e più profonda al cuore dell’uomo.
 
In Lui, infatti, si manifesta la realtà stupenda che Dio ci conosce e ci è vicino, che la sua grandezza e potenza non si esprimono nella logica del mondo, ma nella logica di un bambino inerme, la cui forza è solo quella dell’amore che si affida a noi. Nel cammino della storia, ci sono sempre persone che vengono illuminate dalla luce della stella, che trovano la strada e giungono a Lui. Tutte vivono, ciascuna a proprio modo, l’esperienza stessa dei Magi.

Essi hanno portato oro, incenso e mirra. Non sono certamente doni che rispondono a necessità primarie o quotidiane. In quel momento la Sacra Famiglia avrebbe certamente avuto molto più bisogno di qualcosa di diverso dall’incenso e dalla mirra, e neppure l'oro poteva esserle immediatamente utile. Ma questi doni hanno un significato profondo: sono un atto di giustizia. Infatti, secondo la mentalità vigente a quel tempo in Oriente, rappresentano il riconoscimento di una persona come Dio e Re: sono, cioè, un atto di sottomissione. Vogliono dire che da quel momento i donatori appartengono al sovrano e riconoscono la sua autorità. La conseguenza che ne deriva è immediata.
 
I Magi non possono più proseguire per la loro strada, non possono più tornare da Erode, non possono più essere alleati con quel sovrano potente e crudele. Sono stati condotti per sempre sulla strada del Bambino, quella che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà a Colui che ci aspetta fra i poveri, la strada dell'amore che solo può trasformare il mondo.

Non soltanto, quindi, i Magi si sono messi in cammino, ma da quel loro atto ha avuto inizio qualcosa di nuovo, è stata tracciata una nuova strada, è scesa sul mondo una nuova luce che non si è spenta. La visione del profeta si realizza: quella luce non può più essere ignorata nel mondo: gli uomini si muoveranno verso quel Bambino e saranno illuminati dalla gioia che solo Lui sa donare. La luce di Betlemme continua a risplendere in tutto il mondo. A quanti l’hanno accolta Sant’Agostino ricorda: “Anche noi, riconoscendo Cristo nostro re e sacerdote morto per noi, lo abbiamo onorato come se avessimo offerto oro, incenso e mirra; ci manca soltanto di testimoniarlo prendendo una via diversa da quella per la quale siamo venuti” (Sermo 202. In Epiphania Domini, 3,4).

Se dunque leggiamo assieme la promessa del profeta Isaia e il suo compimento nel Vangelo di Matteo nel grande contesto di tutta la storia, appare evidente che ciò che ci viene detto, e che nel presepio cerchiamo di riprodurre, non è un sogno e neppure un vano gioco di sensazioni e di emozioni, prive di vigore e di realtà, ma è la Verità che s'irradia nel mondo, anche se Erode sembra sempre essere più forte e quel Bambino sembra poter essere ricacciato tra coloro che non hanno importanza, o addirittura calpestato. Ma solamente in quel Bambino si manifesta la forza di Dio, che raduna gli uomini di tutti i secoli, perché sotto la sua signoria percorrano la strada dell’amore, che trasfigura il mondo.

Tuttavia, anche se i pochi di Betlemme sono diventati molti, i credenti in Gesù Cristo sembrano essere sempre pochi. Molti hanno visto la stella, ma solo pochi ne hanno capito il messaggio. Gli studiosi della Scrittura del tempo di Gesù conoscevano perfettamente la parola di Dio. Erano in grado di dire senza alcuna difficoltà che cosa si poteva trovare in essa circa il luogo in cui il Messia sarebbe nato, ma, come dice sant'Agostino: “è successo loro  come le pietre miliari (che indicano la strada): mentre hanno dato indicazioni ai viandanti in cammino, essi sono rimasti inerti e immobili” (Sermo 199. In Epiphania Domini, 1,2).

Possiamo allora chiederci: qual è la ragione per cui alcuni vedono e trovano e altri no? Che cosa apre gli occhi e il cuore? Che cosa manca a coloro che restano indifferenti, a coloro che indicano la strada ma non si muovono? Possiamo rispondere: la troppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose rendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novità di Dio. Sono sicuri dell’idea che si sono fatti del mondo e non si lasciano più sconvolgere nell'intimo dall'avventura di un Dio che li vuole incontrare. Ripongono la loro fiducia più in se stessi che in Lui e non ritengono possibile che Dio sia tanto grande da potersi fare piccolo, da potersi davvero avvicinare a noi.

Alla fine, quello che manca è l'umiltà autentica, che sa sottomettersi a ciò che è più grande, ma anche il coraggio autentico, che porta a credere a ciò che è veramente grande, anche se si manifesta in un Bambino inerme. Manca la capacità evangelica di essere bambini nel cuore, di stupirsi, e di uscire da sé per incamminarsi sulla strada che indica la stella, la strada di Dio.

Il Signore però ha il potere di renderci capaci di vedere e di salvarci. Vogliamo, allora, chiedere a Lui di darci un cuore saggio e innocente, che ci consenta di vedere la stella della sua misericordia, di incamminarci sulla sua strada, per trovarlo ed essere inondati dalla grande luce e dalla vera gioia che egli ha portato in questo mondo.

Amen!

Pope Benedict XVI is helped to wear his cap as he leads the Epiphany mass in Saint Peter Basilica at the Vatican January 6, 2010.

Pope Benedict XVI walks as he leads the Epiphany mass in Saint Peter Basilica at the Vatican January 6, 2010.


Pope Benedict XVI holds a cross as he leads the Epiphany mass in Saint Peter Basilica at the Vatican January 6, 2010.

VATICAN CITY, VATICAN - JANUARY 06:  Pope Benedict XVI celebrates the solemnity of the Epiphany in St. Peter's Basilica on January 6, 2010 in Vatican City, Vatican.

VATICAN CITY, VATICAN - JANUARY 06:  Pope Benedict XVI celebrates the solemnity of the Epiphany in St. Peter's Basilica on January 6, 2010 in Vatican City, Vatican.


VATICAN CITY, VATICAN - JANUARY 06:  Pope Benedict XVI celebrates the solemnity of the Epiphany in St. Peter's Basilica on January 6, 2010 in Vatican City, Vatican.

VATICAN CITY, VATICAN - JANUARY 06:  Pope Benedict XVI celebrates the solemnity of the Epiphany in St. Peter's Basilica on January 6, 2010 in Vatican City, Vatican.

VATICAN CITY, VATICAN - JANUARY 06:  Pope Benedict XVI celebrates the solemnity of the Epiphany in St. Peter's Basilica on January 6, 2010 in Vatican City, Vatican.

VATICAN CITY, VATICAN - JANUARY 06:  Pope Benedict XVI celebrates the solemnity of the Epiphany in St. Peter's Basilica on January 6, 2010 in Vatican City, Vatican.

VATICAN CITY, VATICAN - JANUARY 06:  Pope Benedict XVI celebrates the solemnity of the Epiphany in St. Peter's Basilica on January 6, 2010 in Vatican City, Vatican.

ANGELUS

Piazza San Pietro
Mercoledì, 6 gennaio 2010

 

Cari fratelli e sorelle!

Celebriamo oggi la grande festa dell’Epifania, il mistero della Manifestazione del Signore a tutte le genti, rappresentate dai Magi, venuti dall’Oriente per adorare il Re dei Giudei (cfr Mt 2,1-2). L’evangelista Matteo, che racconta l’avvenimento, sottolinea come essi arrivarono fino a Gerusalemme seguendo una stella, avvistata nel suo sorgere e interpretata quale segno della nascita del Re annunciato dai profeti, cioé del Messia. Giunti, però, a Gerusalemme, i Magi ebbero bisogno delle indicazioni dei sacerdoti e degli scribi per conoscere esattamente il luogo in cui recarsi, cioè Betlemme, la città di Davide (cfr Mt 2,5-6; Mic 5,1). La stella e le Sacre Scritture furono le due luci che guidarono il cammino dei Magi, i quali ci appaiono come modelli degli autentici cercatori della verità.

Essi erano dei sapienti, che scrutavano gli astri e conoscevano la storia dei popoli. Erano uomini di scienza in un senso ampio, che osservavano il cosmo ritenendolo quasi un grande libro pieno di segni e di messaggi divini per l’uomo. Il loro sapere, pertanto, lungi dal ritenersi autosufficiente, era aperto ad ulteriori rivelazioni ed appelli divini. Infatti, non si vergognano di chiedere istruzioni ai capi religiosi dei Giudei. Avrebbero potuto dire: facciamo da soli, non abbiamo bisogno di nessuno, evitando, secondo la nostra mentalità odierna, ogni “contaminazione” tra la scienza e la Parola di Dio.

Invece i Magi ascoltano le profezie e le accolgono; e, appena si rimettono in cammino verso Betlemme, vedono nuovamente la stella, quasi a conferma di una perfetta armonia tra la ricerca umana e la Verità divina, un’armonia che riempì di gioia i loro cuori di autentici sapienti (cfr Mt 2,10). Il culmine del loro itinerario di ricerca fu quando si trovarono davanti “il bambino con Maria sua madre” (Mt 2,11). Dice il Vangelo che “prostratisi lo adorarono”. Avrebbero potuto rimanere delusi, anzi, scandalizzati. Invece, da veri sapienti, sono aperti al mistero che si manifesta in maniera sorprendente; e con i loro doni simbolici dimostrano di riconoscere in Gesù il Re e il Figlio di Dio. Proprio in quel gesto si compiono gli oracoli messianici che annunciano l’omaggio delle nazioni al Dio d’Israele.

Un ultimo particolare conferma, nei Magi, l’unità tra intelligenza e fede: è il fatto che “avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2,12). Sarebbe stato naturale ritornare a Gerusalemme, nel palazzo di Erode e nel Tempio, per dare risonanza alla loro scoperta. Invece, i Magi, che hanno scelto come loro sovrano il Bambino, la custodiscono nel nascondimento, secondo lo stile di Maria, o meglio, di Dio stesso e, così come erano apparsi, scompaiono nel silenzio, appagati, ma anche cambiati dall’incontro con la Verità. Avevano scoperto un nuovo volto di Dio, una nuova regalità: quella dell’amore. Ci aiuti la Vergine Maria, modello di vera sapienza, ad essere autentici ricercatori di Dio, capaci di vivere sempre la profonda sintonia che c’è tra ragione e fede, scienza e rivelazione.


Dopo l'Angelus:

Sono lieto di indirizzare il mio augurio più cordiale ai fratelli e alle sorelle delle Chiese Orientali che celebrano domani il santo Natale. Il mistero di luce sia fonte di gioia e di pace per ogni famiglia e comunità.

Nella solennità dell’Epifania ricorre la Giornata Missionaria dei Bambini, con il motto “I bambini aiutano i bambini”. Promossa dal Venerabile Papa Pio XII nel 1950, questa iniziativa educa i bambini a formarsi una mentalità aperta al mondo e ad essere solidali con i loro coetanei più disagiati. Saluto con affetto tutti i piccoli missionari presenti nei cinque continenti e li incoraggio ad essere sempre testimoni di Gesù e annunciatori del suo Vangelo.

En ce jour de l’Épiphanie, la prière de l’Angélus me donne la joie de saluer les pèlerins francophones et particulièrement nos frères chrétiens d’Orient. Comme les Mages guidés par l’étoile nous sommes invités à marcher vers la lumière de Dieu. En venant adorer l’Enfant de Bethléem, acceptons de nous faire humbles et pauvres. Il indique à tous les hommes de bonne volonté un chemin pour les rassembler dans l’unité et la fraternité. à la suite des Mages et avec la Vierge Marie sachons accueillir Dieu qui s’est rendu visible à nos yeux et marchons avec joie vers la clarté de son aurore !

I greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus. Today we celebrate the solemnity of the Epiphany of our Lord. As the wise men of old followed a star and knelt before the Christ child, we too are called to welcome him who today reveals the loving face of God to the nations. May the example of the wise men encourage us to give our very best to God and to our neighbours. Upon each of you and your loved ones at home, I invoke God’s abundant blessings!

Einen herzlichen Gruß richte ich an die Pilger aus den Ländern deutscher Sprache. Als die Sterndeuter aus dem Osten das Jesuskind und Maria, seine Mutter, fanden, fielen sie vor ihm nieder und beteten ihn an (vgl. Mt 2,11). Wie sie sollen auch wir uns in tiefer Anbetung vor dem Herrn, unserem Schöpfer, niederwerfen und ihm allein dienen. Mit unserem Lob und Dank bringen wir dem menschgewordenen Sohn Gottes uns selber als geistige Opfergabe dar, indem wir unser Leben in Glaube, Hoffnung und Liebe auf ihn ausrichten. Die Freude des neugeborenen Erlösers erfülle euch und eure Familien!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana. La Iglesia celebra hoy la solemnidad de la Epifanía del Señor, la manifestación del Mesías a todos los pueblos. San Mateo nos narra en su evangelio como unos personajes, venidos de Oriente, son guiados por una estrella hasta Belén y, adorando al Niño Jesús, le reconocen como el único Salvador del Mundo. Queridos hermanos, os invito a imitar la obediencia de estos Magos que, gracias a su docilidad a la acción providente de Dios, pudieron recibir la luz sin ocaso: Cristo, el Señor. Feliz fiesta de la Epifanía. Muchas gracias.

Serdecznie pozdrawiam Polaków. Dzisiejsza uroczystość przypomina nam, że Bóg objawił się światu w swoim Synu, odpowiedział na ludzkie pytania o sens i cel życia. Jak Mędrcom, którzy Go szukali wskazał drogę swoim światłem, tak nas prowadzi drogą wiary. Pozwala się znaleźć tym, którzy Go szukają, daje dowody swej obecności. Bądźmy Jego świadkami!

[Saluto cordialmente i Polacchi. La solennità odierna ci fa ricordare che Dio si è rivelato nel Suo Figlio, ha risposto alle domande dell’uomo sul senso e sullo scopo della vita. Come ai Magi, i quali Lo hanno cercato, ha mostrato la strada con la sua luce, così conduce noi sulla via della fede. Dio permette di essere trovato da tutti coloro che lo cercano, dando conferma della sua presenza. Perciò siamone testimoni!]

Infine, saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i giovani del Movimento “Tra Noi” e i partecipanti al consueto corteo storico-folcloristico, ispirato quest’anno alle tradizioni delle città di Alatri, Fiuggi e Vico nel Lazio. Mentre rivolgo un pensiero affettuoso ai bambini di Roma, auguro a tutti una buona festa dell’Epifania.


VATICAN CITY, VATICAN - JANUARY 06:  Pope Benedict XVI holds his sunday angelus blessing in St. Peter's  Square during the solemnity of the Epiphany  on January 6, 2010 in Vatican City, Vatican.



 


Fraternamente CaterinaLD

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Pubblicazione delle Feste Mobili dell'anno 2010 nell'Epifania del Signore


IN EPIPHANIA DOMINI POST EVANGELIUM MISSÆ SOLEMNIS SIC PRÆNUNTIATUR


Novéritis, fratres caríssimi, quod, annuénte Dei misericórdia, sicut de Nativitáte Dómini nostri Iesu Christi gavísi sumus, ita et de Resurrectióne eiúsdem Salvatóris nostri gáudium vobis annuntiámus.

Die trigésima prima ianuárii erit Domínica in Septuagésima.
Décima séptima februárii Dies Cínerum, et inítium ieiúnii sacratíssimæ Quadragésimæ.
Quarta aprílis Sanctum Pascha Dómini nostri Iesu Christi cum gáudio celebrábitis.
Décima tértia máii erit Ascénsio Dómini nostri Iesu Christi.
Vigésima tértia eiúsdem festum Pentecóstes.
Tértia iúnii festum sacratíssimi Córporis Christi.
Vigésima octáva novémbris domínica prima Advéntus Dómini nostri Iesu Christi, cui est honor et glória in sǽcula sæculórum. Amen.

Si dioecesana synodus habeatur, suo loco additur: Die...dioecesána synodus habébitur.

***

I Parroci provvedano che le Feste Mobili, dopo il Vangelo della Messa dell’Epifania, vengano annunziate anche in lingua vernacola come segue:


Sappiate, fratelli carissimi, che come con l’aiuto di Dio ci siamo rallegrati della Nascita del nostro Signore Gesù Cristo, così oggi a voi annunciamo la gioia della Risurrezione dello stesso Salvatore con le date delle Feste che precedono e seguono la S. Pasqua:

31 gennaio – Domenica di Settuagesima
17 febbraio – Sacre Ceneri e principio del digiuno della sacratissima Quaresima.
4 aprile – Santa Pasqua.
13 maggio – Ascensione di N.S. Gesù Cristo.
23 maggio – Pentecoste.
3 giugno – Corpus Domini.
28 novembre – Prima Domenica di Avvento di N.S. Gesù Cristo, a Cui è lode ed onore nei secoli dei secoli. Amen.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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10/01/2010 12:16
 
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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SANTA MESSA NELLA CAPPELLA SISTINA E AMMINISTRAZIONE DEL SACRAMENTO DEL BATTESIMO DEI BAMBINI

Alle ore 10 di oggi - Festa del Battesimo del Signore - il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Cappella Sistina la Santa Messa nel corso della quale amministra il Sacramento del Battesimo a 14 neonati.

Dopo la lettura del Santo Vangelo, il Papa pronuncia la seguente omelia:

OMELIA DEL SANTO PADRE



Cari fratelli e sorelle!

Nella festa del Battesimo del Signore, anche quest’anno ho la gioia di amministrare il sacramento del Battesimo ad alcuni neonati, che i genitori presentano alla Chiesa. Siate i benvenuti, cari papà e mamme di questi piccoli, e voi padrini e madrine, amici e parenti, che fate loro corona. Rendiamo grazie a Dio, che oggi chiama queste sette bambine e questi sette bambini a diventare suoi figli in Cristo. Li circondiamo con la preghiera e con l’affetto e li accogliamo con gioia nella Comunità cristiana, che da oggi diventa anche la loro famiglia.

Con la festa del Battesimo di Gesù continua il ciclo delle manifestazioni del Signore, che è iniziato a Natale con la nascita a Betlemme del Verbo incarnato, contemplato da Maria, Giuseppe e i pastori nell’umiltà del presepe, e che ha avuto una tappa importante nell’Epifania, quando il Messia, attraverso i Magi, si è manifestato a tutte le genti. Oggi Gesù si rivela, sulle rive del Giordano, a Giovanni e al popolo d'Israele. È la prima occasione in cui egli, da uomo maturo, entra nella scena pubblica, dopo aver lasciato Nazaret. Lo troviamo presso il Battista, da cui si reca un gran numero di gente, in una scena inconsueta. Nel brano evangelico, poc’anzi proclamato, san Luca osserva anzitutto che il popolo "era in attesa" (3,15). Egli sottolinea, così, l’attesa di Israele, coglie, in quelle persone che avevano lasciato le loro case e gli impegni abituali, il profondo desiderio di un mondo diverso e di parole nuove, che sembrano trovare risposta proprio nelle parole severe, impegnative, ma colme di speranza del Precursore. Il suo è un battesimo di penitenza, un segno che invita alla conversione, a cambiare vita, perché si avvicina Colui che "battezzerà in Spirito santo e fuoco" (3,16). Infatti, non si può aspirare ad un mondo nuovo rimanendo immersi nell’egoismo e nelle abitudini legate al peccato. Anche Gesù abbandona la casa e le consuete occupazioni per raggiungere il Giordano. Arriva in mezzo alla folla che sta ascoltando il Battista e si mette in fila come tutti, in attesa di essere battezzato. Giovanni, non appena lo vede avvicinarsi, intuisce che in quell’Uomo c’è qualcosa di unico, che è il misterioso Altro che attendeva e verso il quale era orientata tutta la sua vita. Comprende di trovarsi di fronte a Qualcuno di più grande di lui e di non essere degno neppure di sciogliergli i lacci dei sandali.

Presso il Giordano, Gesù si manifesta con una straordinaria umiltà, che richiama la povertà e la semplicità del Bambino deposto nella mangiatoia, e anticipa i sentimenti con i quali, al termine dei suoi giorni terreni, giungerà a lavare i piedi dei discepoli e subirà l’umiliazione terribile della croce. Il Figlio di Dio, Colui che è senza peccato, si pone tra i peccatori, mostra la vicinanza di Dio al cammino di conversione dell’uomo. Gesù prende sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera umanità, inizia la sua missione mettendosi al nostro posto, al posto dei peccatori, nella prospettiva della croce.

Mentre, raccolto in preghiera, dopo il battesimo, esce dall’acqua, si aprono i cieli. È il momento atteso da schiere di profeti. "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!", aveva invocato Isaia (63,19). In questo momento, sembra suggerire san Luca, tale preghiera viene esaudita. Infatti, "Il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo" (3,21-22); si udirono parole mai ascoltate prima: "Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento" (v. 22). Gesù salendo dalle acque, come afferma san Gregorio Nazianzeno, "vede scindersi e aprirsi i cieli, quei cieli che Adamo aveva chiuso per sé e per tutta la sua discendenza" (Discorso 39 per il Battesimo del Signore, PG 36). Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo scendono tra gli uomini e ci rivelano il loro amore che salva. Se sono gli angeli a recare ai pastori l'annuncio della nascita del Salvatore, e la stella ai Magi venuti dall’Oriente, ora è la voce stessa del Padre che indica agli uomini la presenza nel mondo del suo Figlio e che invita a guardare alla risurrezione, alla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte.

Il lieto annuncio del Vangelo è l'eco di questa voce che scende dall’alto. A ragione, perciò, Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, scrive a Tito: "Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini" (2,11). Il Vangelo, infatti, è per noi grazia che dà gioia e senso alla vita. Essa, prosegue l’Apostolo, "ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà" (v. 12); ci conduce, cioè, ad una vita più felice, più bella, più solidale, ad una vita secondo Dio. Possiamo dire che anche per questi bambini oggi si aprono i cieli. Essi riceveranno in dono la grazia del Battesimo e lo Spirito Santo abiterà in loro come in un tempio, trasformando in profondità il loro cuore. Da questo momento, la voce del Padre chiamerà anche loro ad essere suoi figli in Cristo e, nella sua famiglia che è la Chiesa, donerà a ciascuno il dono sublime della fede. Tale dono, ora che non hanno la possibilità di intendere pienamente, sarà deposto nel loro cuore come un seme pieno di vita, che attende di svilupparsi e portare frutto. Oggi vengono battezzati nella fede della Chiesa, professata dai genitori, dai padrini e dalle madrine e dai cristiani presenti, che poi li condurranno per mano nella sequela di Cristo. Il rito del Battesimo richiama con insistenza il tema della fede già all’inizio, quando il Celebrante ricorda ai genitori che chiedendo il battesimo per i propri figli, essi assumono l’impegno ad "educarli nella fede". Questo compito è richiamato in modo ancora più forte a genitori e padrini nella terza parte della celebrazione, che inizia con le parole loro rivolte: "A voi il compito di educarli nella fede perché la vita divina che ricevono in dono sia preservata dal peccato e cresca di giorno in giorno. Se dunque, in forza della vostra fede, siete pronti ad assumervi questo impegno… fate la vostra professione in Cristo Gesù. E’ la fede della Chiesa nella quale i vostri figli vengono battezzati". Queste parole del rito suggeriscono che, in qualche modo, la professione di fede e la rinuncia al peccato di genitori, padrini e madrine rappresentano la premessa necessaria perché la Chiesa conferisca il Battesimo ai loro bambini.

Immediatamente prima dell’infusione dell’acqua sul capo del neonato vi è, poi, un ulteriore richiamo alla fede. Il celebrante rivolge un’ultima domanda: "Volete che il vostro bambino riceva il Battesimo nella fede della Chiesa, che tutti insieme abbiamo professato?". E solo dopo la loro risposta affermativa viene amministrato il Sacramento. Anche nei riti esplicativi - unzione con il crisma, consegna della veste bianca e del cero accesso, gesto dell’"effeta" - la fede rappresenta il tema centrale. "Abbiate cura - dice la formula che accompagna la consegna del cero – che i vostri bambini… vivano sempre come figli della luce; e perseverando nella fede, vadano incontro al Signore che viene"; "Il Signore Gesù – afferma ancora il Celebrante nel rito dell’"effeta" – ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre". Tutto poi è coronato dalla benedizione finale che ricorda ancora ai genitori il loro impegno di essere per i figli "i primi testimoni della fede".

Cari amici, oggi per questi bambini è un grande giorno. Con il Battesimo, essi, divenuti partecipi della morte e risurrezione del Cristo, iniziano con lui l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo. La liturgia la presenta come un’esperienza di luce. Infatti, consegnando a ciascuno la candela accesa al cero pasquale, la Chiesa afferma: "Ricevete la luce di Cristo!". È del Battesimo illuminare con la luce di Cristo, aprire gli occhi al suo splendore e introdurre al mistero di Dio attraverso il lume divino della fede. In questa luce i bambini che stanno per essere battezzati dovranno camminare per tutta la vita, aiutati dalle parole e dall’esempio dei genitori, dei padrini e delle madrine. Questi dovranno impegnarsi ad alimentare con le parole e la testimonianza della loro vita le fiaccole della fede dei bambini, perché possa risplendere in questo nostro mondo, che brancola spesso nelle tenebre del dubbio, e recare la luce del Vangelo che è vita e speranza. Solo così, da adulti potranno pronunciare con piena consapevolezza la formula collocata al termine della professione di fede presente nel rito: "Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù nostro Signore".

Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare. Con questa celebrazione del Battesimo, il Signore conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani, perché possiamo introdurre i bambini battezzati alla pienezza dell’adesione a Cristo. Affidiamo questi piccoli alla materna intercessione della Vergine Maria. Chiediamo a Lei che, rivestiti della veste bianca, segno della loro nuova dignità di figli di Dio, siano per tutta la loro vita fedeli discepoli di Cristo e coraggiosi testimoni del Vangelo.

Amen.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

# PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Questa mattina, durante la santa Messa celebrata nella Cappella Sistina, ho amministrato il sacramento del Battesimo ad alcuni neonati. Tale consuetudine è legata alla festa del Battesimo del Signore, con la quale si conclude il tempo liturgico del Natale. Il Battesimo suggerisce molto bene il senso globale delle Festività natalizie, nelle quali il tema del diventare figli di Dio grazie alla venuta del Figlio unigenito nella nostra umanità costituisce un elemento dominante. Egli si è fatto uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio. Dio è nato perché noi possiamo rinascere. Questi concetti ritornano continuamente nei testi liturgici natalizi e costituiscono un entusiasmante motivo di riflessione e di speranza. Pensiamo a ciò che scrive san Paolo ai Galati: "Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli" (Gal 4,4-5); o ancora san Giovanni nel Prologo del suo Vangelo: "A quanti l’hanno accolto / ha dato potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12). Questo stupendo mistero che è la nostra "seconda nascita" – la rinascita di un essere umano dall’"alto", da Dio (cfr Gv 3,1-8) – si realizza e si riassume nel segno sacramentale del Battesimo.

Con tale sacramento l’uomo diventa realmente figlio, figlio di Dio. Da allora, il fine della sua esistenza consiste nel raggiungere in modo libero e consapevole ciò che fin dall’inizio è la destinazione dell’uomo. "Diventa ciò che sei" – rappresenta il principio educativo di base della persona umana redenta dalla grazia. Tale principio ha molte analogie con la crescita umana, dove il rapporto dei genitori con i figli passa, attraverso distacchi e crisi, dalla dipendenza totale alla consapevolezza di essere figli, alla riconoscenza per il dono della vita ricevuta e alla maturità e alla capacità di donare la vita. Generato dal Battesimo a vita nuova, anche il cristiano inizia il suo cammino di crescita nella fede che lo porterà ad invocare consapevolmente Dio come "Abbà – Padre", a rivolgersi a Lui con gratitudine e a vivere la gioia di essere suo figlio.

Dal Battesimo deriva anche un modello di società: quella dei fratelli. La fraternità non si può stabilire mediante un’ideologia, tanto meno per decreto di un qualsiasi potere costituito. Ci si riconosce fratelli a partire dall’umile ma profonda consapevolezza del proprio essere figli dell’unico Padre celeste. Come cristiani, grazie allo Spirito Santo ricevuto nel Battesimo, abbiamo in sorte il dono e l’impegno di vivere da figli di Dio e da fratelli, per essere come "lievito" di un’umanità nuova, solidale e ricca di pace e di speranza. In questo ci aiuta la consapevolezza di avere, oltre che un Padre nei cieli, anche una madre, la Chiesa, di cui la Vergine Maria è il perenne modello. A lei affidiamo i bambini neo-battezzati e le loro famiglie, e chiediamo per tutti la gioia di rinascere ogni giorno "dall’alto", dall’amore di Dio, che ci rende suoi figli e fratelli tra noi.

[00034-01.01] [Testo originale: Italiano]

# DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Due fatti hanno attirato, in modo particolare, la mia attenzione in questi ultimi giorni: il caso della condizione dei migranti, che cercano una vita migliore in Paesi che hanno bisogno, per diversi motivi, della loro presenza, e le situazioni conflittuali, in varie parti del mondo, in cui i cristiani sono oggetto di attacchi, anche violenti.

Bisogna ripartire dal cuore del problema! Bisogna ripartire dal significato della persona! Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura, e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita. La violenza non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano! Invito, a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me.

Vorrei fare simili considerazioni per ciò che riguarda l’uomo nella sua diversità religiosa. La violenza verso i cristiani in alcuni Paesi ha suscitato lo sdegno di molti, anche perché si è manifestata nei giorni più sacri della tradizione cristiana. Occorre che le Istituzioni sia politiche, sia religiose non vengano meno – lo ribadisco – alle proprie responsabilità. Non può esserci violenza nel nome di Dio, né si può pensare di onorarlo offendendo la dignità e la libertà dei propri simili.

Chers frères et sœurs de langue française, soyez les bienvenus pour la prière de l’Angélus. Ce matin, rendons grâce à Dieu pour notre Baptême. Écoutons nous aussi le Père nous redire « Tu es mon Fils bien-aimé ; en toi j’ai mis tout mon amour». L’Esprit de Dieu fait route avec nous, et il remplit notre vie de lumière et de sainteté. En prenant conscience de la splendeur de notre Baptême, soyons les serviteurs et les témoins de cette Bonne Nouvelle pour notre monde ! Que la Vierge Marie, nous aide à demeurer toujours fidèles à notre Baptême ! Bon dimanche et bonne semaine à tous !

I greet all English-speaking visitors taking part in this Angelus prayer. Today, on the Feast of the Baptism of the Lord, the Church invites us to contemplate Jesus as the Messiah, the beloved Son of the Father, who gives us a share in the divine life through the gift of the Holy Spirit in the waters of Baptism. May all of us be renewed in the grace of our own Baptism and strengthened in faithful witness to the Gospel and its promises! Upon you and your families I invoke the Lord’s blessings of joy and peace.

Gerne grüße ich alle deutschsprachigen Gläubigen beim heutigen Angelusgebet, besonders die Schüler aus Bad Tölz und die Pilger aus Eisenstadt. Bei der Taufe im Jordan stellt sich Jesus Christus in eine Reihe mit uns Menschen. Er ist der geliebte Sohn des Vaters und zugleich einer von uns. Durch unsere eigene Taufe werden auch wir in Christus geliebte Kinder Gottes. Wir haben Anteil erhalten am Heiligen Geist. In der Kraft dieses Geistes wollen wir leben und die Welt gestalten, wie es Gott gefällt. Der Herr geleite euch alle Tage dieses neuen Jahres mit seiner Gnade.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, así como a quienes se unen a ella a través de la radio y la televisión. En la fiesta del Bautismo del Señor, invito a todos a renovar con alegría y convicción las promesas realizadas al recibir este Sacramento, para ser ante el mundo discípulos y misioneros de Cristo, llevando la luz de su Evangelio a todos los ámbitos de la sociedad, con la palabra y el propio ejemplo. Que en esta hermosa misión sintáis el consuelo y la compañía de María Santísima, a cuyas maternas manos encomendamos a todos los hijos de la Iglesia. Feliz Domingo.

Pozdrawiam serdecznie wszystkich Polaków. Dzisiaj wspominamy chrzest Jezusa w Jordanie. Przyjmując go, Syn Boży poddał się woli Ojca, podjął publicznie zbawczą misję, uprzedził swoją śmierć i zmartwychwstanie. Wspominając swój własny chrzest pamiętajmy, że jest on fundamentem naszej więzi z Bogiem. Na nim wznośmy dom naszego życia, naszego powołania.

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Oggi ricordiamo il Battesimo di Gesù al Giordano. Ricevendolo, il Figlio di Dio si sottomise alla volontà del Padre, assunse pubblicamente la missione salvifica, anticipò la propria morte e risurrezione. Tornando col pensiero al nostro battesimo, ricordiamo che esso è il fondamento del nostro legame con Dio. Costruiamo su di esso l’edificio della nostra vita e della nostra vocazione.]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. Cari fratelli e sorelle, vi auguro di conservare viva nello spirito la luce delle feste del Natale, perché vi guidi nel cammino di ogni giorno. Buona domenica!




[SM=g1740738] Con queste parole concludiamo anche questo Thread riprendendo il Tempo Ordinario Liturgico della Chiesa...



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