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La Tradizione è contraria alla Bibbia?

Ultimo Aggiornamento: 29/11/2009 22:47
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Da: Soprannome MSNcristiano-cattolico  (Messaggio originale)Inviato: 15/01/2004 11.43
Ma la Tradizione è servita e serve per il bene della Chiesa o per la sua rovina?
Le Chiese primitive come erano organizzate? Seguivano solo la Bibbia o anche la Tradizione?
Ecco dei testi tratti dal sito www.murialdo.it e in parte dal mio sito:
    L'organizzazione della Chiesa

Una comunità deve avere un minimo di organizzazione. Anche la Chiesa se ne è data una, costituendosi dei capi (gerarchia o clero) e delle strutture (edifici detti chiese). Tale organizzazione si è evoluta durante i secoli. Tracceremo perciò un breve profilo storico.
a) L'organizzazione alle origini (I sec.)
Le comunità cristiane del I sec., diffuse ben presto nelle principali città dell’impero romano, hanno avuto la necessità di darsi un’organizzazione che assicurasse:
-     il sostegno alla fede dei singoli: riunioni di istruzione, di preghiera, eucaristia... (At 2,41-47);
-     la diffusione del messaggio ai non cristiani (Mt 28,19-20; Mc 16,15-16);
-     l’aiuto reciproco per sostenersi nelle persecuzioni ebraiche e romane;
-     il controllo contro le deviazioni dallo spirito e dall’insegnamento di Gesù (Gv 16,12-15; At 15; 1 Cor 1,5-8; 11-12; Gal 1-3; 1 Tim 1,3-7; ecc.).
Poiché il numero dei fedeli aumentava, gli apostoli dovettero scegliere in ogni città persone adatte ad essere capi che

-       continuassero nella Chiesa la loro presenza e quella di Gesù (Gv 20,21; Mt 28,20; Lc 10,16);
-       organizzassero la predicazione del vangelo (Mt 28,18-20; Mc 16,15-16; Gal 1,11-12; 1 Cor 1,17);
-       accogliessero nella comunità coloro che avevano creduto (iniziazione cristiana) (Mt 28,19);
-       accogliessero ogni successiva espressione di fede nei momenti fondamentali dell’esistenza (gli altri sacramenti) (Gv 20,23; 1 Cor 11,24-25).
            Segno della scelta ad essere capi era (ed è tuttora) l’imposizione delle mani sulla testa, allora da parte dell’apostolo, oggi da parte di un vescovo.
             Questo rito si chiama ordinazione (cfr. Atti 6,8; 13,3; 1 Tim 4,14; 5,22).
            In assenza degli apostoli (alcuni nel frattempo erano morti), la scelta dei capi dovette avvenire nei modi più diversi, a seconda delle situazioni locali (v. appendice).
            Sempre però fu richiesta, per l’esercizio dell’autorità, l’imposizione delle mani da parte di qualche vescovo, che garantisse il collegamento con Gesù. Nessuno infatti può dire di rappresentare Gesù, se non ha ricevuto da Lui la delega. E questa si ha attraverso la successione apostolica.
            Alla fine del I secolo è già delineata una distinzione precisa di funzioni nel gruppo dei capi (gerarchia):
-      capo della comunità è il vescovo (™p…skopoj - epíscopos = sorvegliante), visto come successore degli apostoli, centro della comunione dei cristiani, segno visibile della presenza di Gesù nella comunità;
   egli è aiutato
-     nella guida spirituale della comunità dai presbiteri (= anziani - di qui  il termine "preti");
-     nella organizzazione materiale (beneficenza, assistenza, amministrazione dei beni della comunità) dai diaconi (= servitori) (At 6) e dalle diaconesse (Rom 16,1). Cfr. la testimonianza di Ignazio di Antiochia († 107 circa).
b) Tra il II e il V secolo
            Tra il II ed il V secolo, le varie comunità cristiane si organizzano erritorialmente in base al principio dell’accomodamento alle divisioni amministrative dell’impero romano (provincia e diocesi).
Capo della comunità locale è il vescovo, aiutato dai preti e dai diaconi.
Quanto più è importante la città, tanto più il vescovo della Chiesa che ivi si riunisce acquista importanza in relazione ai vescovi vicini, sui quali svolge una funzione di controllo. A seconda dell’importanza della Chiesa, il vescovo ha il titolo di patriarca, metropolita (= arcivescovo), vescovo.
Ogni Chiesa metropolitana ha molti vescovi suffraganei (= che concorrono all'elezione del metropolita) e a sua volta il patriarcato è formato da molte Chiese metropolitane, delle quali la più importante è la stessa sede patriarcale.
            La struttura organizzativa del V secolo è rimasta sostanzialmente immutata fino ad oggi.
Continua....
Salvatore


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Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 15/01/2004 11.44
c) La situazione della Chiesa oggi
            (secondo i cattolici)
-     Oggi la Chiesa è divisa territorialmente in diocesi, a capo di ognuna delle quali sta un vescovo.
      In occidente di norma è nominato dal vescovo di Roma, il papa.
      Tra i vescovi c'è una gerarchia:
      Patriarca - Arcivescovo - Vescovo.
-     I vescovi formano il Collegio Episcopale, il cui capo è il vescovo di Roma come successore di Pietro ("primus inter pares" = primo fra uguali).
      Il Collegio Episcopale, riunito insieme al vescovo di Roma (papa), costituisce il Concilio Ecumenico.         
      L'insieme dei vescovi di una regione o di uno stato forma una Conferenza Episcopale.
-     Il vescovo è aiutato dai preti, dai diaconi.
      I preti e i diaconi sono nominati (= ordinati) dal vescovo, col consenso, almeno indiretto, del popolo cristiano.
      A questa chiamata precede un periodo di formazione.
-     Per attività pastorali meno importanti ci sono degli incaricati (ministri istituiti).
3. Il laicato nella Chiesa
    a) Chi è il laico?
            "Laico" è una parola usata oggi con almeno due diversi significati, sui quali dobbiamo intenderci:
1.   Laico è un aggettivo sostantivato proveniente dal greco laÕj - laòs (= popolo).
      Prima del Cristianesimo, indicava il semplice cittadino, membro del popolo, privo di un qualsiasi grado gerarchico.
      Il Cristianesimo si è appropriato di questo termine usandolo per indicare ogni membro della Chiesa non appartenente alla gerarchia.
Purtroppo di "laico" viene data una definizione solamente "negativa". È difficile trovare una definizione "positiva" che vada bene anche per i religiosi "laici".
2.   La medesima parola è stata a sua volta "catturata" recentemente dai politici e viene usata anche col significato di non cristiano: es. le forze laiche, in contrapposizione alle forze cattoliche.
      Noi la usiamo nel senso cristiano.
      Definiamo dunque laici tutti coloro che fanno parte della Chiesa (cristiani battezzati), senza rivestire incarichi nella gerarchia.
      Come abbiamo visto nel capitolo precedente, il laico può essere religioso o secolare.
      Qui parleremo dei laici secolari, che costituiscono la stragrande maggioranza dei cristiani.
      Dei laici religiosi abbiamo parlato nel capitolo precedente.
 
b) Funzioni del laico secolare
            Dovremmo ripetere qui il medesimo discorso svolto nel capitolo precedente sulle funzioni profetica, sacerdotale e regale dei secolari.

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Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 15/01/2004 11.46
L'elezione dei vescovi in Occidente
      Non c’è stato un uso costante ed uniforme, però si può indicare la seguente linea evolutiva:
a)  Nei primi secoli della Chiesa (III-V sec.), concorrono ad eleggere il vescovo tutti i capifamiglia cristiani della diocesi (cfr. il caso di s. Ambrogio a Milano).
b)  Quando i vescovi assunsero anche importanza politica (da Costantino - IV sec.- in poi) ed essere vescovo divenne anche un titolo d’onore, iniziarono allora ad esserci fra i cristiani controversie e divisioni per l’elezione del vescovo. Per evitare questo, l’elezione venne affidata al clero.
c)  In un successivo momento (V-VI sec.), sempre per evitare litigi dovuti ad ambizione di potere, si incaricarono di eleggere il vescovo solo i «notabili» del clero (canonici), oppure alcune famiglie potenti (cfr. quanto avvenne per il vescovo di Roma, eletto, anche ora, dai notabili del clero di Roma, i cardinali, anche se di fatto i cardinali sono sparsi in tutto il mondo).
d)  In varie occasioni e luoghi (VI-XI sec.), intervennero nell’elezione del vescovo i príncipi, i re e poi l’imperatore del Sacro Romano Impero
-   o per ingerenza autonoma (principio: "cuius regio eius et religio", cioè il re ha anche il potere religioso);
-   o su invito dei fedeli che non erano riusciti a mettersi d’accordo sulla persona da eleggere;
-   o per richiesta dell’eletto stesso, che desiderava avere maggiore autorità od eliminare contendenti.
Questo fece sì che lentamente la massima autorità politica, cioè l’imperatore, cominciasse ad eleggere a vescovi persone di suo gradimento o a confermarne l’elezione (investitura). Spesso, assieme al potere spirituale, l’imperatore dava anche al vescovo un potere politico (vescovi-prìncipi, marchesi, duchi o conti).
Questo modo di elezione fu accolto abbastanza bene dal popolo cristiano, in base al principio che anche l’autorità politica veniva da Dio (Rom 13).
Questo sistema, in vari casi, produsse però gravi inconvenienti:
1.    vescovi eletti con criteri non religiosi, ma politici o militari;
2.    vescovi che risiedevano normalmente alla corte imperiale, mentre la loro diocesi era spiritualmente abbandonata;
3.    vescovi senza una formazione teologica adatta, più signorotti medievali che pastori.
Tutto questo provocò grande decadenza spirituale e morale nel clero e nel laicato cristiano.
e)  Nel sec. XI il movimento monastico, soprattutto di Cluny, cercò di reagire a questi inconvenienti in nome della "libertas Ecclesiae". Personificazione di questa reazione fu il monaco di Cluny, Ildebrando di Soana, divenuto papa nel 1073, col nome di Gregorio VII. Egli volle liberare la Chiesa d'Occidente dalla tutela-oppressione dell’imperatore, onde poter avere pastori (vescovi e preti) che fossero all’altezza del loro compito. Per questo diede inizio alla lotta per le investiture. Essa si concluse nel 1122 col trattato di Worms: le nomine dei vescovi in Occidente diventarono di competenza del vescovo di Roma.
    Questo fatto ha lasciato l'impressione nel popolo cristiano occidentale che il papa fosse il capo della Chiesa universale.
f)   La lotta ebbe ancora qualche ripresa nel 1200, ma terminò con Innocenzo III (Concilio Lateranense IV del 1215).
g)  Alla fine del 1300 ritornò l’ingerenza statale nella nomina dei vescovi, ma questa volta per concessione pontificia (vari concordati), fatta soprattutto per ottenere per la Chiesa di qualche nazione o per lo Stato Pontificio "beni maggiori" (?). Sorsero così varie forme di regalismo 1  (gallicanesimo, giuseppinismo...), che rimasero fino alla Rivoluzione Francese (fine 1700).
h)  Nel 1800-1900 si stipularono vari concordati fra stati e Santa Sede, che permisero ancora ingerenze statali nelle nomine dei vescovi (si richiedeva infatti almeno il gradimento statale del vescovo eletto, oppure la scelta da parte dello stato su una terna di nomi, ...). Alcuni stati intervennero anche nella elezione del vescovo di Roma. Il culmine fu raggiunto nel 1904 col veto posto dall’Austria all’elezione a papa del card. Rampolla, veto che portò all’elezione di Pio X, il quale però, con un suo decreto, eliminò (speriamo per sempre) ogni ingerenza degli stati nell’elezione del papa.
i)   Il Concilio Vaticano II invitò i capi di stato cattolici (erano solo più Spagna e Portogallo) a rinunciare spontaneamente ai diritti e privilegi che avevano in relazione alla nomina dei vescovi e fece voti che in futuro non fossero più concessi (Decreto sull’Ufficio Pastorale dei Vescovi n. 20 del 28.X.1965).
     Oggi ci sono pressioni perché il vescovo torni ad essere eletto dai cristiani, come già si faceva in antico. Tuttavia, data l'attuale confusione su chi è cristiano e chi non lo è (basta essere battezzati da piccoli per essere cristiani?), questa proposta sembra per ora irrealizzabile.
Un'evoluzione analoga all'elezione dei vescovi si è avuta nei modi per scegliere i preti da ordinare. Col tempo è prevalsa la consuetudine di affidare al vescovo e ai suoi collaboratori il totale controllo sulla formazione e sull'elezione dei preti. Tuttavia il popolo cristiano in molte occasioni è stato chiamato ad esprimere il proprio consenso (applausi) oppure la propria eventuale opposizione all'ordinazione.


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Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 15/01/2004 11.54
Senza la Tradizione potremmo provare la storicità della risurrezione di Cristo?
Spessp metodi di analisi pentecostale, sono molto superficiali, e prive di solide basi, i testi che seguiranno dimostrano invece il rigore cattolico nel dimostrare ogni cosa, compre la storicità della risurrezione di Cristo, per far questo bisogno per forza conoscere la mentalità ebraica di quei tempi, gli usi e i costumi, e non per ultima la Tradizione cristiana.
La STORICITA' della RISURREZIONE
Analisi di alcuni documenti

 
In questo capitolo analizzeremo
i seguenti documenti:
-  Giovanni 20,1-10 (i lini sepolcrali)
-  Matteo 27-28     (le guardie al sepolcro)
-  il vangelo (apocrifo) di Pietro

Per stabilire la storicità della risurrezione, ci limiteremo all’analisi dettagliata (in traduzione letterale) di due brani dei vangeli canonici che riteniamo particolarmente significativi:
-     la disposizione dei lini sepolcrali: Gv 20,1-10;
-     le guardie al sepolcro: Mt 27,57-66 e 28,11-15.
Ci porremo poi il problema delle divergenze contenute nei racconti e vedremo come il vangelo di Pietro (apocrifo) abbia tentato di eliminarle.                                                            
Primo documento
1. Gv 20,1-10: i lini sepolcrali
a) Informazioni preliminari sul IV vangelo
1.   La tradizione antica è unanime nel dire che questo vangelo lo scrisse (o dettò) Giovanni, l'apostolo amato da Gesù, ad Efeso, quando era vecchio.

Unica voce contraria: Eusebio di Cesarea. Egli riferisce una testimonianza più antica, secondo cui ad Efeso c'erano due Giovanni: Giovanni l'apostolo e Giovanni l'anziano (in greco "presbìtero") e che il vangelo l'avrebbe scritto "l'anziano", non l'apostolo.
2.   Fino al 1700 la totalità degli studiosi accettava la tradizione e collocava questo vangelo verso gli anni 80/90. Dal 1700 i "critici" tedeschi (= la scuola critica o razionalista, che cercava di leggere i vangeli servendosi della sola ragione e togliendo perciò da essi tutto il "miracoloso" - v. cap. successivo) accettarono invece la tesi di Eusebio e collocarono questo vangelo dopo il 100 - alcuni anche al 180 - onde rendere possibile le amplificazioni popolari per far sorgere il "miracoloso".
3.   I dati attuali
Scoperte archeologiche recenti hanno portato nuova luce su tale questione:
-     il papiro P52, trovato in Egitto nel 1934 (v. fig.), contiene alcuni versetti del cap. 18 di questo vangelo. È stato datato dai papirologi attorno al 125 d.C. Quindi, tenuto conto che per essere copiato e per arrivare da Efeso in Egitto c'è voluto un po' di tempo, restano confermate le date che pongono questo vangelo attorno al 100 o anche prima.
-     La scoperta a Gerusalemme della piscina di Bethesdà (Gv 5,1-9) nel 1898 e del Lithò-strotos (Gv 19,13) con gli annessi del palazzo del pretorio (1900-1963) hanno rivelato che l'autore conosceva bene la città prima della sua distruzione del 70 d.C. e quindi quasi sicuramente è un testimone oculare dei fatti che racconta (come emerge anche da tanti altri particolari del libro).
4.L'autore si firma "il discepolo che Gesù amava".
Chi può essere?
Tre sono, secondo i vangeli sinottici (cioè Mt, Mc e Lc), i discepoli amati da Gesù: Pietro, Giacomo e Giovanni. Dovremo quindi cercare l'autore del vangelo tra uno di questi tre.
Ora il "discepolo che Gesù amava"
-     non può essere Pietro, perché è nominato insieme al discepolo amato (cfr. Gv 20,2);
-     non può essere Giacomo "fratello di Giovanni", perché  è stato ucciso da Erode nel 43 (Atti                   12,3) - troppo presto;
-      allora non rimane che Giovanni.
E che sia Giovanni può essere confermato da due indizi:
* Giovanni non è mai nominato in tutto il IV vangelo, che pure è il vangelo che riferisce il maggior numero di interventi di apostoli;
* i Giovanni famosi nel N.T. sono due: il Battezzatore e l'Apostolo. In questo vangelo, quando si parla di Giovanni il battista, lo si chiama semplicemente Giovanni. Questo è possibile solo se l'autore del vangelo è l'altro Giovanni, non essendoci  ambiguità, non c'è la necessità, come fanno i Sinottici, di qualificarlo come "il battezzatore".
b) Analisi del testo

È l'unico vangelo canonico che parla dettagliatamente della disposizione dei lini nel sepolcro di Gesù.
1. Il primo (giorno) della settimana, Maria la Maddalena va di buon mattino quando c’è ancora tenebra al sepolcro e vede la pietra tolta dal sepolcro.
* il primo (giorno) della settimana: è la domenica dopo la sepoltura di Gesù. Essa, secondo tutti i vangeli, è avvenuta il venerdì nel tardo pomeriggio. Dicono infatti che (stava per cominciare il sabato, cosa che, secondo gli ebrei, avviene al tramonto del sole).
*Maria Maddalena: Maria di Màgdala (località della Galilea sul lago di Genezareth) è persona ben nota ai vangeli: Mt 27,56-61; Mc 15,40-47; 16,1.9; Lc 8,2; 24,10; Gv 19,25; 20,18.
   Secondo Giovanni ad andare al sepolcro quella domenica  mattina è stata una sola donna: Maria Maddalena (ma al v. 2 c’è il plurale «non sappiamo» che fa pensare che le donne fossero più di una).
   Qui c’è una divergenza rispetto ai sinottici:
-  per Matteo le donne sono 2: Maria Maddalena e l’altra Maria (28,1);
-  per Marco le donne sono 3: Maria Maddalena, Maria quella di Giacomo e Salome (16,1);
-  per Luca le donne sono almeno 5: Maria di Màgdala, Giovanna, Maria di Giacomo e «le altre» (24,10)
* quando c’è ancora tenebra: c'è divergenza rispetto a Mc 15,2 che dice: «sorto il sole» (e tuttavia prima Marco aveva detto «assai di buon’ora», come anche Luca 24,1: «ai primi albori»).
Qualche commentatore preferisce interpretare la frase di Giovanni non in senso storico, ma in senso figurato: Maria era ancora nella tenebra dell’incredulità.
Sant’Agostino invece interpreta: Maria Maddalena partì da casa quando c’era ancora tenebra e giunse al sepolcro quando il sole era già alto.
 la pietra tolta dal sepolcro: nei sepolcri ebraici dei tempi di Gesù (ne conosciamo almeno 4), la pietra posta all’ingresso non può «ribaltare», essendo bloccata in una scanalatura praticata nel tufo (si veda nei disegni e foto) e perciò il sepolcro non può essere stato aperto dall’interno con una spallata. Per questo Maria conclude che il cadavere è stato rubato.
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