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Il successo della riscoperta della Messa Antica (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2010 12:09
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17/08/2010 15:59
 
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Riflessioni a due anni dal “motu proprio”

By Rai Vaticano | Giugno 19, 2009

Sono passati due anni, era il 7 luglio 2007, quando Benedetto XVI promulgava la Lettera Pastorale in forma di “motu proprio” per ripristinare l’antica liturgia romana, voluta da san Pio V, durante il Concilio di Trento. 

Una data importante per tanti uomini, donne e religiosi che negli anni bui (non voglio usare la parola repressione, ma ignoranza sì) hanno subìto pressioni per non assistere a questa Messa, come se fosse stato uno scandalo, mentre, in quegli stessi anni, in tante chiese si celebrava la nuova liturgia tra canti, danze, musica jazz o rock, sacerdoti vestiti da clown, basta vedere il vastissimo repertorio su you tube. Ma la Messa tridentina, quella no, era un cattivo esempio, come veniva propinato da tanti prelati.

Il messale cosiddetto di san Pio V, è bene rilevare, pur nella rivisitazione di varie parti del rito, non ha innovato, ma solo riordinato in maniera più omogenea un tesoro liturgico invariato nella sostanza dai tempi apostolici.  Per cinquecento anni, dunque, questa liturgia ha intriso il mondo cattolico di  fede, di cultura, di storia. Ovunque si andava, dall’Italia al Giappone, dall’Australia all’America si ascoltava sempre la stessa Messa, senza cambiamenti estemporanei e nella lingua della Chiesa: il latino. Un punto fermo nella dinamica del mondo.

Poi il cambiamento nel 1969, con un rito nato a tavolino, sotto la guida di mons. Bugnini, con la partecipazione anche di protestanti e ortodossi, per rendere, si disse, la celebrazione più universale. Per molti, leggiamo le cronache del tempo, questa innovazione fu imposta dall’alto: nessun fedele (o soltanto la minima parte della comunità) sentiva l’esigenza di un cambiamento nel rito.

Per molti, queste riforme portarono ad un improvviso sensibile allontanamento dalle chiese: i “progressisti” perché si sentivano di poter vivere un Vangelo libero da ogni dovere e i “tradizionalisti” perché vedevano  crollare le loro certezze dottrinali. Insomma, una crisi  che ancora fa sentire i suoi frutti non certo esaltanti.
Anch’io, come tanti giovani dell’epoca, mi allontanai percorrendo le vie più in voga in quegli anni. Fino ad allora mi ero interessato molto a varie esperienze religiose, dal buddismo all’induismo, dall’islam allo sciamanesimo e la dottrina cattolica la ritenevo quanto meno desueta e priva di quell’ appeal tanto cara ai giovani figli dei fiori di allora.

La mia “conversione” alla Messa in latino, avvenne più di trent’anni fa quando, come autentici congiurati, alcuni amici mi portarono in un piccolo oratorio nella chiesa di san Girolamo della Carità, qui a Roma, dove un anziano francescano, padre Coccia, davanti a pochissimi fedeli, celebrava l’antico rito.
 
Rimasi subito colpito dall’atmosfera di mistico silenzio, di partecipazione dei presenti e dalla frase pronunciata dal vecchio sacerdote all’inizio della liturgia, “…et  introìbo ad altare Dei: ad Deum qui laetificat juventutem meam”. Quell’uomo stanco e malato per il mondo, davanti all’altare del suo Signore diventava giovane.

Un atto di fede enorme ed un significato metafisico che mi fece capovolgere in pochi minuti tutto il mio bagaglio mentale, le mie idee, le mie certezze e da quel momento, ogni domenica ed ogni festa religiosa, per quanto mi è stato possibile, sono stato presente alla liturgia di sempre nella ricerca, anche per me, oggi alla soglia dei sessant’anni, di essere sempre “giovane” davanti al Signore.

In questi due anni, dopo il motu prorio, molte persone si sono interessate a questa liturgia, quasi fosse un cimelio, qualcosa da Jurassic park, e non una costruzione perfetta di un rito che ha attraversato indenne i secoli. Le persone che sapevano del mio interesse per l’antico rito mi hanno posto tante domande, che in realtà rimangono sempre le stesse.
Con la benevolenza del lettore, cercherò in poche righe di dare umilmente qualche risposta.

- Perché la Messa in latino, una lingua morta, che non comprende più nessuno ed anche allora tanti fedeli biascicavano in un latino molto personale? Oggi, con la lingua volgare, tutti possono comprendere quello che si fa! E poi la Chiesa, per chi ama questa lingua, ha mantenuto il latino con il Novus Ordo, la traduzione della Messa di Paolo VI.

Bisogna innanzi tutto capire che la Messa non è solo un incontro con Dio, ma il rinnovo dell’Offerta di Cristo al Padre per i nostri peccati con il miracolo della Transustanziazione, della Passione e della Resurrezione. Misteri insondabili, e non certo comprensibili con l’italiano, con l’inglese o il russo e neanche con il latino.  Si può svelare questo mistero solo con una  fede sincera ed una partecipazione vera al rito e non con la mentalità del mondo che pensa di spiegare tutto. Inoltre, tutti i messali hanno a fianco del testo latino la traduzione in lingua corrente che anche coloro con una cultura elementare possono capire perfettamente.
Quando si parla poi del fatto del latino nel Novus Ordo, bisogna ricordare che la Messa in latino non è stata semplicemente tradotta in volgare, ma è stato cambiato tutto l’assetto, nelle formule, nelle preghiere e nelle benedizioni, lasciando intatto il Canone, almeno per ora. Concludo che nella stesura della riforma liturgica c’era questa postilla: “L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini. Dato però che, sia nella messa che nell’amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado l’uso della lingua nazionale può riuscire di grande utilità per il popolo, si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti”. Poi qualcosa è cambiato.

- Il sacerdote nell’antico rito dava le spalle al fedele, separando di fatto l’assemblea da Dio, mentre oggi si partecipa tutti insieme: sacerdote, o presidente dell’assemblea, e i fedeli alla stessa mensa.

Fin dai tempi antichi, la Chiesa era simboleggiata come una nave con un nocchiero, san Pietro, ossia come la prosecuzione apostolica. Nelle tempeste, la Chiesa-nave, da cui navata per indicare la parte centrale dell’architettura sacra, non vacilla perché il marinaio esperto sta a prua per indicare la via. Immaginate cosa accadrebbe se il comandante della nave, invece di guardare avanti e condurre la nave in salvo nel porto, si girasse verso i passeggeri. Chi vedrà, allora, più a prua? Chi eviterà gli scogli? Così il sacerdote che guardando rivolto a Cristo, vero porto della nostra salvezza, conduce con sé anche i fedeli. Inoltre, il fatto che il sacerdote presiede all’eucarestia è vero, ma si dimentica spesso che in quel momento, specialmente nel Canone, egli è sostituito da Cristo stesso che offre al Padre la sua Passione per i nostri peccati. Qualcosa di più, forse, di un presidente dell’assemblea.

- Perché il Papa ha riammesso questo rito e il suo messale nella Chiesa?

Semplicemente il Papa ha preso atto che l’antico messale (l’ultima riforma risale al 1962) era ed è sempre valido, in quanto non c’è nulla di eretico o peggio di blasfemo o che vada contro la salvezza delle anime, per questo motivo è stato vietato, ma non proibito perché la sua validità è incontestabile.

- Nella Messa Tridentina non c’è partecipazione. Ci sono lunghi silenzi dove si percepisce appena la voce del sacerdote, mentre nelle Messe odierne esperti liturgisti studiano come intrattenere i fedeli in chiesa con esperimenti estemporanei anche liturgici.

Rispondo, come si legge in Elia sul monte Oreb, che “Dio parla nel silenzio”, e non certo, come diciamo a Roma, nella caciara.

- Nelle chiese che seguono il vecchio rito, c’è sull’altare il tabernacolo che spesso è fonte di distrazione da parte di alcuni fedeli che non seguirebbero con la giusta attenzione la funzione religiosa. Così si è pensato bene di spostarlo e chi vuole può adorare Dio con maggiore partecipazione.

Nelle chiese, diciamo, tradizionali, l’altare non è solo il luogo santo dove si svolgono i Misteri, ma è il corpo stesso di Cristo ed il tabernacolo è, nella mente “retrograda” vecchia di duemila anni, il punto fondamentale e centrale di tutta l’architettura di ogni chiesa, cattedrale, basilica o semplice pieve di campagna. Spostare il tabernacolo significa, usando la simbologia corrente, decentrare la funzione che invece deve essere centrale. Abbiamo così, nelle chiese moderne ed aggiornate, altari spogli, vere e proprie tavole protestanti vuote della presenza reale di Cristo e che nulla hanno a che fare con la fede cattolica. C’è bisogno di conoscere le proprie radici per poter crescere nella vera fede, come leggiamo nelle opere di tanti santi: la Messa tridentina è per il credente una radice solida che non conosce gli smottamenti del mondo, e quando sembrava ormai collocata nell’oblio della storia questa sua nuova giovinezza ne dimostra, invece, tutta la sua validità.

Antonello Cannarozzo (giornalista cronista)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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