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Ultimo Aggiornamento: 11/11/2014 22:52
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21/10/2014 19:38
 
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Il Timone n. 8 - anno 2000 -


 


“La scienza moderna è nata grazie ad alcune circostanze favorevoli dovute in buona parte al cristianesimo, che porta a vedere i mondo come l'opera razionale di un Creatore infinitamente sapiente e l'uomo come creatura fatta a immagine di Dio, con una intelligenza capace di penetrare nell'ordine impresso da Dio nel mondo. Questa scienza si è sviluppata grazie al lavoro e alle convinzioni di scienziati profondamente cristiani. La scienza e la fede sono alleate, non nemiche. E la fede cristiana offre aiuti più validi per evitare un materialismo che niente ha da spartire con la scienza, affinchè la scienza possa contribuire alla soluzione dei gravi problemi che oggi l'umanità deve affrontare”.
(Sir John Eccles, Premio Nobel per la Medicina, in Mariano Artigas, Le frontiere dell'evoluzionismo, Ares, Milano 1993, p. 231 ).

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“Dio, dando all'uomo e alla donna il potere di trasmettere la vita, ha legato tale potere alla sua volontà espressa nella natura e prima ancora nell'ordine della creazione. I soggetti procreativi sono tenuti a rispettarla fedelmente. Con la loro intelligenza penetrano nell'ordine della creazione e leggono le norme stabilite da Dio stesso. Quando la Chiesa si appella all'ordine della creazione o alla legge naturale fa esplicito riferimento alla volontà di Dio, percepibile dalla ragione e dalla coscienza. Pertanto, non fa della natura un assoluto etico, tanto meno un criterio di comportamento umano. Ribadisce soltanto che, nella procreazione, rispettando l'ordine naturale, si rispetta la volontà di Dio; viceversa, violandolo e alterandolo si contraddice l'ordine stabilito da Dio”. 
(Gino Concetti, L'embrione uno di noi, Edizioni Vivere in, Roma - Monopoli 1997, p. 15).

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“Gli uomini dei tempi passati, quelli che  torto chiamiamo “primitivi”, avrebbero potuto concepire un Dio a loro statura, che conoscesse la morte, che avesse fatto il mondo come essi facevano i loro vasi di terra o i loro tetti di corteccia. Non è mai avvenuto così [...]. L'uomo di cui scopriamo le ardue tappe superate con fatica, ad una ad una, nella conquista della materia, sembra non aver mai lottato, mai faticato per raggiungere la certezza del Dio unico, principio creatore di tutte le cose [...]. La testimonianza apportata dallo studio delle civiltà, da un estremo all'altro del tempo e dello spazio, ci mostra un uomo rivolto verso l'Invisibile in se stesso in ogni istante della vita quotidiana, come se rimpiangesse una patria perduta”. 
(Jean Servier, L'uomo e l'Invisibile, Rusconi, Milano 1973, pp. 122 e 124).

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“Senza la vicenda della  caduta di Adamo e della redenzione del Messia, senza il peccato e la grazia, senza la salvezza eterna che il Cristo promette al credente, senza sopravvivenza immortale, il cristianesimo si riduce a un non-senso. Non si può sostituire l'escatologia con la sociologia, tacendo la promessa della liberazione dal peccato e della vita eterna: o, almeno, lo si può ma rendendo insignificante la fede. Per fare il sindacalista o l'“operatore sociale” non occorre il Vangelo. E per asserire l'eguaglianza e la fraternità tra tutti gli uomini non occorre che un Dio si immoli sulla croce: bastano la morale di Kant e la ragione terrena”.
(Luigi Firpo, in Vittorio Messori, Inchiesta sul Cristianesimo, Mondadori, Cles 1993, p. 31 )

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“La certezza che il credente ha dei dogmi della fede non si poggia sugli argomenti storicamente trovati della loro verità e nemme¬no sulla confutazione delle obiezioni che si oppongono ad esso. Essa poggia sopra un principio che oltrepassa tutte le condizioni, tutte le presupposizioni e persino tutte le eventualità storiche. Credere di fede cattolica è sapere fermissimamente che contro le verità credute non vale argomento trovato o trovabile; è sapere che non solo sono insussistenti, false e solubili le obiezioni accampate contro di esse, ma che saranno insussistenti, false e solubili quelle che potranno essere accampate in tutto il corso dell'avvenire in secula seculorum sotto qualunque estensione dei lumi del genere umano”.
(Romano Amerio, Iota Unum, Riccardo Ricciardi Editore, Milano - Napoli 1989, pp. 330-331).

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“La vita, tutte le vite, lunghe o brevi che siano, sono come un'ascesi ininterrotta tra gioie e dolori, i compiersi di vicende irripetibili, come scrivevo all'inizio di questo personale racconto. Il significato di ogni esistenza si trasfigura nella memoria e raccoglie i frutti di tutti gli incontri che nel tempo diventano un unico incontro con il destino e con quella Persona, la quale, duemila anni orsono irruppe nella Storia per redimerci e salvarci. Anche se mala tempora currunt, nelle case, nelle strade e nella società tutta molti cuori ardono nell'attesa”.
(Mario Marcolla, Una vita in fabbrica, Mau¬rizio Minchella Editore, Milano 1998, p. 100).

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“Dobbiamo pensare che Cristo resterà sempre un segno di contraddizione. Non è possibile annunciare i suo Vangelo in modo che nessuno se ne dispiaccia. Poiché chi scrive o predica con parole così velate da non ferire nessuno, non può consolare o entusiasmare nessuno. Solo se noi nello smarrimento spirituale, di cui ancora non si prevede la fine, diamo ai fedeli chiarezza, sicurezza, consolazione e coraggio, allora soltanto quelli che cercano Dio ci aiuteranno con sorprendente spirito di sacrificio a continuare l'opera che ci è affidata dalla Chiesa”. 
(P. Werenfried van Straaten, Dove Dio piange, Edizioni Aiuto alla Chiesa che soffre, Roma 1994, p. 8).



TIMONE – N. 8 - ANNO II -  Luglio/Agosto 2000 - pag. 19



Fai ciò che vuoi…

Giovani a rischio: musica alcool, droga, sesso ingredienti delle feste “rave”. Una sola regola: fai ciò che vuoi. Siamo al delirio della ragione. Il rimedio di san Tommaso: la temperanza.

 

Negli ultimi mesi, i mezzi di comunicazione hanno dato grande risalto al problema delle “morti in discoteca”, legate al consumo dell'ecstasy, di alcolici e di altri tipi di droghe.
Alcuni ragazzi hanno perso la vita durante una semplice serata trascorsa in un locale, dove si erano recati per divertirsi e ballare insieme agli amici. Tutto questo dovrebbe spingerci a riflettere.

Che cosa significa “divertirsi”? La musica, il ballo, le discoteche possono davvero diventare degli strumenti di morte? Oggi la droga, gli alcolici, il sesso sfrenato accompagnano liberamente quelle che, un tempo, erano le normali parentesi di divertimento dei giovani. Ma come si è arrivati a questo punto?

Innanzitutto, bisogna chiarire un concetto fondamentale. La musica moderna si può considerare un grande “spot pubblicitario”, capace di raggiungere il cuore di milioni di persone. I suoi messaggi sono facilmente in grado di influenzare le mode, i pensieri, i comportamenti della gente.

Il concetto-chiave che accomuna le trasgressioni musicali di oggi è uno solo: “Fai ciò che vuoi”. Un invito a vivere senza regole, senza limiti, senza rispetto per se stessi e per gli altri. È la grande presunzione dell'uomo che vuole mettersi al posto di Dio e diventare Dio di se stesso, seguendo le leggi che più gli fanno comodo e cercando di soddisfare il proprio, egoistico piacere. È lo stesso peccato di Adamo ed Eva, che caddero nella trappola del serpente che li invitava a diventare delle divinità.

“Fai ciò che vuoi” era anche il motto dell'occultista inglese Aleister Crowley (1875 -1947), che può essere considerato il “padre del satanismo moderno”. Questo stregone, nel suo “Liber Oz”, dichiarò: “Non c'è altro Dio che l'uomo. L'uomo ha diritto di vivere secondo la sua stessa legge”. Di conseguenza, tutto diventa lecito.

Il mondo del rock, che fin dagli anni sessanta era assetato di trasgressioni, adottò Aleister Crowley e ne subì spesso l'influenza. Troviamo il suo volto, ad esempio, sulla copertina del disco dei Beatles “Sergeant Pepper's Lonely Hearts Club Band” (1967).

I Beatles, ovviamente, non possono essere considerati dei “satanisti”. Tuttavia, non si può negare che alcuni loro atteggiamenti trasgressivi (i primi, timidi accenni alla droga) rappresentarono l'inizio di una rivoluzione che sarebbe diventata, a poco a poco, sempre più grande.

È interessante notare che questo processo rivoluzionario di morte (musica più droga) ha spesso utilizzato linguaggi dolci e seducenti per ingannare le persone. Pensiamo, ad esempio, al soave slogan “Pace, amore e musica”, che accompagnò nell'agosto 1969 il grande raduno musicale di Woodstock. 

In realtà, questo megaconcerto non fu altro che la celebrazione della droga e del sesso libero, nascosto dietro la maschera rassicurante del pacifismo e dei “figli dei fiori”. Non è cambiato nulla da allora.
I Woodstock di oggi si chiamano “rave” (parola inglese che significa “delirio”).
Ovvero, i grandi raduni che estremizzano il linguaggio delle discoteche: musica assordante, ritmi martellanti, impossibilità di comunicazione, ballo senza sosta, messaggi sessuali liberi e, ovviamente, consumo di droga ed alcolici.

I mass media gridano allo scandalo quando un giovane muore dopo aver ingerito una pastiglia di ecstasy. La gente è colta di sorpresa di fronte allo stridente contrasto tra l'idea del divertimento e quella della morte. In realtà, c'è ben poco da sorprendersi. Se analizziamo i biglietti d'invito che vengono offerti ai giovani per pubblicizzare le feste in discoteca o i “rave”, possiamo già trovare dei chiarissimi messaggi di trasgressione, sia visivi che verbali.

Questi biglietti d'invito sono lo specchio di ciò che i ragazzi troveranno dopo aver varcato la soglia del locale che viene pubblicizzato.
E allora, perché meravigliarsi se un certo tipo d'ambiente diventa la cornice ideale per il consumo delle droghe di oggi? I nuovi profeti del “Fai ciò che vuoi” hanno trovato nelle discoteche un terreno fertile per diffondere i propri ideali di vita spericolata, senza regole né confini. L'atteggiamento del cristiano di fronte al divertimento dev'essere, invece, ben diverso e non può non tenere conto del valore della temperanza e del rispetto del nostro corpo come “tempio dello Spirito Santo” (1 Corinzi 6, 19).

“L'intemperanza”, scriveva San Tommaso d'Aquino “ripugna sommariamente alla nobiltà e al decoro, in quanto nei piaceri riguardanti l'intemperanza viene offuscata la luce della ragione, dalla quale deriva tutta la nobiltà e la bellezza della virtù”.

Per questo, nell'epoca del “Fai ciò che vuoi” siamo tutti chiamati a remare controcorrente e a riscoprire quella “cultura del limite” che ha sempre caratterizzato le grandi civiltà. Solo così potremo rispondere positivamente all'invito di San Paolo: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione. E tutto quello che é vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Tessalonicesi 5, 23).



IL TIMONE – N. 8 - ANNO II - Luglio/Agosto 2000 - pag. 6-7





[Modificato da Caterina63 21/10/2014 19:43]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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