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Ultimo Aggiornamento: 02/03/2015 13:02
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02/03/2015 13:02
 
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  SESSUOLOGIA E PSICOLOGIA UMANA


Convivenza e matrimonio


a cura del dott. Bruto Maria Bruti


 


La piccola parabola sull'amore coniugale non vuole essere un'apologia della convivenza, anche se può prestarsi a questo equivoco.... La storia vuole soltanto dire che, quando due individui innamorati sono posti in condizioni estreme (come il carcere), la difficoltà della situazione diventa un " principio di realtà" in grado di distruggere le illusioni più forti. Il significato della storia è che l'innamoramento (cioè il desiderio di stare insieme ad un altro) è più facile dell'amore (che, invece, consiste nello stare insieme totalmente e definitivamente con la persona dell'altro): amore, infatti, deriva dal greco ama che significa insieme. La fase dell'innamoramento, cioè del desiderio, è un periodo condizionato fortemente dalle illusioni.


La convivenza, in realtà, è nociva ai fini del matrimonio. Le convivenze e i cosiddetti matrimoni per esperimento rafforzano la tendenza a separare la sessualità dall'amore per la totalità della persona.


In queste unioni non c'è un impegno definitivo e totale verso l'altra persona, la ricerca del benessere fisico e/o affettivo finisce per avere un ruolo dominante: il rapporto di coppia viene trasformato in un rapporto di tipo utilitario secondo il quale si rimane insieme solo fino a quando si è in grado di ricavare dalla relazione un utile. Il rapporto di tipo utilitario rafforza e mantiene il narcisismo dei partners impedendo la crescita dell'amore autentico verso la persona.


Solo l'amore vero supera gli ostacoli più gravi, chi cerca nella convivenza o nel matrimonio per esperimento una garanzia sul funzionamento futuro della relazione, ottiene l'opposto di quanto si è prefissato. Infatti, spiega Robert J. Sternberg, docente di Psicologia presso l'università di Yale, che, una volta che questi soggetti si sposano, il loro atteggiamento non cambia, pretendono dalla relazione un continuo entusiasmo affettivo, una completa assenza di problemi, continuano a non accettare le difficoltà, evitano ogni sacrificio e continuano a mettere alla prova i loro compagni: coloro che hanno convissuto vanno più facilmente in crisi degli altri perché sono maggiormente suscettibili ad una condizione psicologica chiamata reazione di difesa di fronte ai problemi che inevitabilmente nascono in ogni matrimonio e che questi soggetti considerano come una vera e propria trappola (cfr Robert J. Sternberg e Catherine Whitney, L 'intelligenza del cuore, Sperling e Kupfer, Milano 1996, trad. italiana, p.10). Significativa, a tale proposito, è la ricerca svolta negli Stati Uniti dalla Wisconsin University. Da tale ricerca è emerso che i giovani i quali si sposano dopo un lungo periodo di convivenza sono più soggetti alla separazione rispetto alle coppie che si sposano senza aver convissuto. Entro dieci anni dal matrimonio, il 38% di coloro che hanno vissuto insieme prima del matrimonio si sono separati, contro il 27 % di coloro che si sono sposati senza coabitare. Dunque, all'interno della cultura dell'amore libero, costituita dalla diffusa pratica dei rapporti pre-matrimoniali e dalla mentalità divorzista, la convivenza aumenta dell'11% le possibilità, già elevatissime, del divorzio, rafforzando sensibilmente il narcisismo e l' irresponsabilità dei partners (cfr. Nereo Condini, Convivere per divorziare, Avvenire, 5 ottobre 1989, p.12).


"È stato ampiamente dimostrato che coloro che vivono insieme prima del matrimonio corrono rischi considerevolmente più elevati di divorziare dopo. Risulta piuttosto evidente che l'esperienza della coabitazione in sé genera nelle persone convinzioni e attitudini che portano più facilmente al divorzio. A cominciare dalla persuasione che le relazioni siano esperienze temporanee, e che quindi siano destinate a terminare. Ciò diminuisce notevolmente la determinazione e la capacità di battersi perché continuino."


(Claudio Risé, op. cit., p. 92; Cfr Alfred De Maris and K. Vaninadha Rao, Premarital Cohabitation and Marital Instability in the United States: A Reassessment, in Journal of Marriage and the Family 54 (1992), pp 178-190; Cfr Pamela J. Smock, Cohabitation in the United States, in Annual Review of Sociology 26 ( 2000 ) ).


 


Quando ci si deve sposare?


L'innamoramento è propriamente il desiderio di stare insieme con l'altro e cioè il movimento verso l'altro determinato dall'attrazione verso i suoi valori, oppure determinato dall'attrazione verso l'idea che ci si è fatta dell'altra persona ripiegamento sul proprio sentimento: mentre la pura e semplice attrazione è uno stato passeggero, l'innamoramento è un'attrazione che tende a perdurare nel tempo, diventando uno stato affettivo (cfr. Massimo Introvigne, Le domande dell'uomo, Cirone, Torino 1984, p. 117). Il periodo dell'innamoramento può andare avanti anche qualche anno ma resta sempre un periodo relativamente breve perché le emozioni alte che costituiscono il meccanismo psicologico dell'attrazione sono destinate a cessare appena la convivenza diventa più ravvicinata e il contatto con la realtà trasforma l'oggetto del desiderio in una persona concreta e imperfetta come noi.


Scrive lo psicanalista Piero Bellanova, segretario nazionale della società psicoanalitica italiana, che il periodo dell'innamoramento "(...) è il momento che nella vita di un individuo suscita le maggiori emozioni, fa riaffiorare aspetti adolescenziali e infantili con tutta una serie di comunicazioni che non fanno parte normalmente dell'età adulta.


Le emozioni sono più risonanti, più coinvolgenti (...) sono comunque tali da far sì che l'individuo colpito esca dalla routine abituale della sua vita e cominci a viverne un'altra. È come se uomini e donne si staccassero di colpo dal comune senso di realtà proponendosi l'uno all'altro in modi che sfiorano la patologia. (...) Il periodo dell'innamoramento è sempre relativamente breve perché si scontra presto – appena la convivenza diventa più ravvicinata – con la realtà, che non è mai quella utopizzata. Le piccole cose quotidiane, anche se non sempre avviliscono l'amore, lo rendono molto più – banale -. Così l'innamoramento sfuma in un sentimento che apparentemente sembra aver dimenticato le punte alte e gli eccessi, per dedicarsi semmai alla formazione di un'unione approfondita e costante. Quelle emozioni che l'innamoramento ha dato sembrano cessare, o quanto meno sfioccarsi, pronte magari a riaffiorare in circostanze cruciali della vita a due" (Piero Bellanova, L'innamoramento, l'amore, in Dieci Psicoanalisti spiegano i temi centrali della vita, a cura di Stefania Rossini, Rizzoli, Milano 1987, pp. 77 -78).


Scrive il sociologo Massimo Introvigne che "(...) l'innamoramento non è ancora vero amore: l'innamoramento offre materiali, mattoni per una costruzione che è successiva" (Massimo Introvigne, op. cit., p.118).


L'amore, che consiste nello stare insieme veramente con la totalità della persona dell'altro, implica un giudizio razionale sul materiale offerto con l'innamoramento e sul tipo di rapporto giusto che si intende costruire con l 'altro.


Il giudizio razionale fa giustizia di molte illusioni perché cerca di capire com'è veramente l'altra persona – i suoi criteri di giudizio, i suoi valori di riferimento, la sua prospettiva religiosa, i suoi interessi, i suoi difetti, la sua disponibilità ad autocriticarsi e correggersi ecc. – e si rende conto che non tutto è facile e che una convivenza esige sacrifici.


Nella vita di coppia non si vive insieme con un desiderio, un entusiasmo, un sentimento ma con una persona concreta.


Al giudizio razionale segue l'impegno della volontà di donarsi interamente all'altro e questo impegno presuppone la reciprocità. L'innamoramento è un fatto passionale legato ai sentimenti, cioè alle sensazioni e alla sensibilità, mentre l'amore riguarda anche la ragione e la volontà.


Nell'amore di coppia – amore coniugale – vengono impegnate tutte le componenti della personalità ed esso richiede la capacità di integrare queste componenti: sentimenti, sensibilità, ragione e volontà (cfr. Massimo Introvigne, ibidem, pp. 117-121).


Ci si deve sposare solo quando si è in grado di prendere un impegno definitivo verso l'altra persona.


Infatti, l'amore autentico è quello che cerca prima di tutto il vero bene dell'altro e non il proprio benessere. L'amore autentico non è fatto solo di belle sensazioni e di bei sentimenti ma è fatto di sacrificio, di perdono, di aiuto reciproco. L'amore autentico è una strada diversa da quella di chi cerca soprattutto il proprio benessere, l'assenza di dispiaceri, delusioni, contraddizioni, è una strada diversa da quella di chi rimane insieme con un'altra persona soltanto fino a quando tutto procede senza problemi.


Quello dell'amore autentico è un percorso faticoso e difficile ma è un percorso che mette al primo posto il bene dell'altro, è un itinerario diametralmente opposto a quello dell'egoismo e che porta a concepire e a vivere un amore sempre più disinteressato, simile a quello di Dio, un amore che mette al primo posto il valore della persona e non il valore del piacere.


Insegna Giovanni Paolo II che "(...) l'amor coniugalis non è solo né soprattutto sentimento; è invece essenzialmente un impegno verso l'altra persona, impegno che si assume con un preciso atto di volontà" (Giovanni Paolo II, Discorso al tribunale della Rota Romana, 21- 1- 1999).


Come impedire che l'uomo e la donna si strumentalizzino reciprocamente senza amarsi veramente, come impedire che il sesso diventi il fine, anche se non sempre consapevole, delle relazioni fra l'uomo e la donna, invece di essere ciò che deve essere e cioè segno e strumento di reciproca e totale donazione fra due persone di sesso complementare ?


Per impedire questo, bisogna che entrambi i partners abbiano un bene comune e oggettivo da amare e a cui subordinare ogni altro bene soggettivo, utile o piacevole che sia. Nel matrimonio questo bene comune e oggettivo è la discen denza, la famiglia e la crescente maturità nei rapporti delle due persone su tutti i piani della comunità coniugale (cfr. Carlo Wojtyla, Amore e responsabilità, Marietti, Torino 1979, p.21).


Solo nei confronti di una persona – cioè solo all'interno di una scelta monogamica e indissolubile – sarà possibile assumere un impegno esclusivo e totale finalizzato alla piena comunione interpersonale, al reciproco perfezionamento e all'educazione dei figli: educazione che deve avvenire nella stabilità e nella continuità di quell'unione da cui i figli stessi sono nati.


I coniugi non devono cercare in un'altra donna o in un altro uomo ciò che devono costruire e realizzare con il proprio partner. Ogni sforzo che venisse indirizzato dai coniugi verso un'altra persona di sesso complementare, allo scopo di costruire con lei un'unione psicologica, affettiva o sessuale, sottrarrebbe energie all'amore coniugale: questo bloccherebbe la crescita e il perfezionamento della vita di coppia, provocando unalacerazione profonda nella relazione stessa. Non bisogna dimenticare che l'amore coniugale è un'opera che nasce soprattutto dall' impegno della volontà e della ragione verso una persona e all'interno di un ordine morale oggettivo: l'amore coniugale è soggetto a un continuo processo di sviluppo e di rinnovamento e deve essere sempre nutrito, curato, difeso.


Scrive Guido Gatti che "istinto e sentimento, lasciati a se stessi, verrebbero travolti da crisi e difficoltà ricorrenti se non fossero sorretti dalla decisione spirituale di appartenenza reciproca. Le stesse istituzioni giuridiche possono svolgere, in questo, solo un compito sussidiario di sostegno.


Ci si può chiedere fino a che punto sia autentico un amore che sembra a volte ridotto alla sola volontà di essere fedeli a qualcosa che non si sente più, fino a che punto l'uomo in questo caso scelga liberamente e fino a che punto resti schiavo di una scelta passata e non più condivisa.


Certo la realtà psicologica può essere complessa e diversissima da caso a caso e si può effettivamente dare anche questa situazione – limite in cui l' amore sembra ridursi a una forma di volontarismo disumano.


Bisogna però ammettere l'esistenza di una libertà dello spirito capace di sovrapporsi alla spontaneità della carne: in fondo solo le decisioni spirituali sono veramente libere. Del resto, se è vero che l'amore non può restare a lungo privo delle sue basi d'istinto e di sentimento, resta anche vero che sotto la guida di una volontà sincera, simpatia e tenerezza possono superare facilmente momenti di crisi e riemergere più forti e non meno sinceri" (Guido Gatti, Morale sessuale educazione dell'amore, Elle Di Ci, Torino 1987, pp. 36 -37).


Il Concilio Vaticano II dice che per tenere fede agli impegni dell'amore coniugale occorre "(...) una virtù fuori del comune (...)" (Costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo del 7 dicembre 1965, n. 49) e questo accade perché le esigenze dei sentimenti, che accompagnano l'attrazione fra l'uomo e la donna, esercitano una speciale e particolarissima violenza contro la ragione e la volontà: "l'amore è un tipo d'esperienza in cui l'affermazione della razionalità si trova di fronte a spinte contrapposte, quasi a una certa resistenza del senso e del sentimento che sembrano volere affermarsi autonomamente, far valere le oro ragioni anche contro la ragione" (Massimo Introvigne, op. cit., p.124).


Il Catechismo della Chiesa cattolica ricorda che il peccato originale ha avuto come prima conseguenza la rottura della comunione fra l'uomo e la donna: da allora la loro unione è sempre minacciata dalla discordia, dallo spirito di dominio, dall'infedeltà, dalla gelosia e da conflitti che possono arrivare fino all'odio. Questo disordine ha un carattere universale e senza l'aiuto della grazia l'uomo e la donna non possono giungere a realizzare l' unione delle loro vite (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1606, 1607 1608).


Bruto Maria Bruti






 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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