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Benedetto XVI: per superare la crisi occorre L'ETICA E LA MORALE DI DIO!

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2013 19:34
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15/12/2012 20:22
 
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Introvigne sul Messaggio del Papa: ecco perché aborto, unioni gay ed eutanasia feriscono la ragione

intervista a Massimo Introvigne

sabato 15 dicembre 2012

La pace non è un’utopia, non è un sogno. La pace è possibile. Per diventare “autentici operatori di pace”, scrive Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2013, sono fondamentali l'attenzione alla dimensione trascendentale e il colloquio costante con Dio. In questo modo l’uomo “può vincere quel germe di oscuramento e di negazione della pace che è il peccato in tutte le sue forme: egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste”. Il Pontefice aggiunge che proprio l’attuale periodo storico, caratterizzato dalla globalizzazione, con i suoi aspetti positivi e negativi, nonché da sanguinosi conflitti ancora in atto e da minacce di guerra, reclama più che mai un rinnovato e corale impegno nella ricerca del bene comune, dello sviluppo di tutti gli uomini e di tutto l’uomo.
Benedetto XVI affronta tematiche centrali, dai principi non negoziabili (la difesa della vita umana, la difesa del matrimonio monogamico tra uomo e donna e la difesa della libertà di educazione) fino ai diritti sociali e le soluzioni per uscire dalla crisi. Massimo Introvigne, contattato da IlSussidiario.net, comincia ad analizzare le parole del Papa parlando del riferimento al Concilio Ecumenico Vaticano II, “di cui ha ribadito la capacità di aver rafforzato la missione della Chiesa nel mondo”, fino al riferimento alla Pacem in Terris sulla tematica delle beatitudini, “secondo cui non basta essere in pace con gli altri ma è necessario essere in pace con sé stessi, con il Creato e con Dio".


Cosa può dirci in più rispetto a questo tema?

Vi sono in particolare due grandi temi che è necessario approfondire: il primo è generale, di fondo, secondo cui le beatitudini non parlano soltanto dell’altra vita, perché altrimenti non avrebbero niente da dire a chi non ci crede, ma sono anche una “ricetta” per una vita sociale ordinata, pacifica e felice su questa Terra. Nello stesso tempo, però, questa e l’altra vita sono strettamente collegate e il Papa afferma chiaramente che senza un’apertura alla trascendenza non è possibile costruire nessuna cultura di pace.

Quindi la pace presuppone un umanesimo aperto alla trascendenza?

Certo. Naturalmente, per conoscere questo, afferma il Papa con una’altra decisa e fondamentale espressione, occorre lo “smantellamento della dittatura del relativismo”, che intende continuamente imporci l’idea che non è lecito né opportuno aprirsi alla trascendenza. Questa dittatura però, dice ancora il Santo Padre, possiede in sé caratteristiche e conseguenze catastrofiche.

Dal tema generale passiamo quindi a quello più particolare: i tre principi non negoziabili.

Il Papa si riferisce ovviamente alla vita, alla famiglia e alla libertà di educazione. Benedetto XVI afferma che chiunque è favorevole all’aborto, o lo liberalizza con le sue leggi, forse non si rende conto che in tal modo propone l’inseguimento di una pace illusoria. Non è quindi possibile alcuna pace e alcuna felicità in presenza di leggi abortiste che tollerano l’uccisione di un essere inerme e innocente.

Allo stesso modo parla anche dell’eutanasia.

Esatto. Afferma lo stesso in parallelo anche sull’eutanasia e le leggi che riconoscono questa pratica, ispirate a falsi diritti che minacciano quello vero e fondamentale alla vita. Il secondo principio non negoziabile analizzato da Benedetto XVI è poi quello della famiglia: afferma quindi che se si vuole la pace andrà riconosciuta la struttura naturale del matrimonio rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione. Questo riconoscimento, con chiaro riferimento alle unioni omosessuali, destabilizza la pace ed è inoltre necessario riconoscere la libertà di educazione come diritto dei genitori e diritto essenziale alla valorizzazione della famiglia. Riguardo i principi non negoziabili, il Papa fa inoltre una considerazione molto importante.

Quale?

Che tali principi non sono verità di fede, ma sono iscritti nella natura umana, riconoscibili dalla ragione e comuni a tutte le persone. La violazione di questi principi, quindi, non rappresenta un’offesa alla Chiesa, ma alla stessa verità della persona umana.

Il Papa affronta poi il tema della libertà religiosa.

Rispetto a questo tema il Santo Padre dice tre cose molto importanti. Innanzitutto che non è più sufficiente promuovere la libertà religiosa come diritto negativo, come libertà da (ad esempio da obblighi e costrizioni circa la libertà di scegliere la propria religione) ma anche come diritto positivo nelle sue varie articolazioni, quindi come libertà di (ad esempio, di testimoniare la propria religione, di annunciare e comunicare il suo insegnamento; di compiere attività educative, di beneficenza e di assistenza che permettono di applicare i precetti religiosi). Si legge inoltre che non è più sufficiente affermare che la libertà religiosa è minacciata in Africa o in Asia, perché in realtà è minacciata anche in Occidente, e infine spiega che fa parte della stessa libertà religiosa il diritto all’obiezione di coscienza di fronte a leggi che attentano contro la dignità umana, come l‘aborto o l’eutanasia.

Il messaggio di Benedetto XVI si rivolge poi anche ai diritti sociali.

Il Papa critica in particolare quella che torna a chiamare “tecnocrazia”, cioè l’idea secondo cui dalla crisi economica si possa uscire semplicemente attraverso misure per l’appunto “tecniche”. Tali misure, secondo il Pontefice, sono certamente essenziali, ma rischiano di perdere la loro giusta valenza, finendo per assurgere a “nuovi idoli”.  

In conclusione, Benedetto XVI parla della cosiddetta “pedagogia della pace”. Cosa può dirci?

Il Papa si rende conto che affinché un progetto di questo tipo possa davvero affermarsi nella società, è necessario un lento lavoro per assumere una visione nuova sulla storia umana che è difficile proporre in un periodo “che porta verso il ripiegamento su se stessi”. Però, dice ancora il Santo Padre, mentre si compie questo lungo lavoro che richiede appunto una lunga pedagogia della pace, bisogna anche tener conto del fatto che i principi richiamati in precedenza devono essere promossi immediatamente e che non è possibile aspettare ancora.  

(Claudio Perlini)
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Pax in veritate. La Giornata del 2013 e il solito tentativo di distorcere il messaggio del Papa (Cozzoli)

 

La Giornata del 2013 e il solito tentativo di distorcere il messaggio del Papa

Pax in veritate


Mauro Cozzoli


Si avvicina la Giornata mondiale della pace del prossimo primo gennaio che il Papa ha quest’anno solennizzato con un suo Messaggio – «Beati gli operatori di pace» – ampio e variegato nell’esporre il bene della pace e nell’analizzare e denunciare i mali che oggi la contrastano in campo socio-politico, ambientale, economico-finanziario, alimentare, occupazionale, familiare. Eppure nei giorni scorsi l’attenzione e il rilievo dati da non pochi media si sono ridotti al tema delle nozze gay e, tutt’al più, dell’aborto e dell’eutanasia. Una scelta opportunista. 

Opportunista perché risponde alla logica del sensazionale: una notizia è tale e viene data in ordine al clamore che può suscitare. Ma così facendo non s’informa, perché non s’inducono le intelligenze a pensare. E il bene primario e centrale della pace – educare a essa, e promuoverla – è così dissipato.

Dietro operazioni di questo genere c’è ideologica voglia di rissa, conformismo al «politicamente corretto» o l’una e l’altro insieme. E soprattutto c’è l’obiettivo di indebolire il messaggio, rendendolo meno vero, unilaterale e tendenzioso e provocando reazioni scomposte. Operazioni per alimentare la faziosità, non per promuovere la verità. 
Quella verità che il Papa si propone di servire e far risplendere agli occhi delle intelligenze e delle coscienze: «La verità sull’uomo – scrive – iscritta dal Creatore nel suo cuore». Non un’imposizione, ma un invito alla riflessione con il richiamo a princìpi di ragione: espressioni non di un credo ma di un cogito , non di un dogma ma di una sophia, di una sapienza etica. 

«Questi principi – leggiamo nel messaggio – non sono verità di fede. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone». Tali princìpi valgono in tutti i campi della moralità. Perché la morale è una e indivisibile. Non circoscrivibile agli ambiti della società e della politica, dell’economia e dell’ecologia, dell’alimentazione e dello sviluppo.
C’è, infatti, un 'libro della natura' che bisogna leggere con intelligenza cordiale. Un libro che l’analfabetismo e l’agnosticismo etico tendono a rimuovere dalla cultura e dalla paideia etica del nostro tempo. Sono scritte in questo libro la grammatica e la semantica del matrimonio e della famiglia. 

Non relazioni e legami ad libitum dei soggetti. Ma uno status ontologico, fondato sull’essere uomo e sull’essere donna e sul vincolo d’amore aperto alla vita che li unisce. Statuto che l’unione omosessuale non possiede. Tutto questo non è opinione, è verità: è natura, biologicamente, affettivamente e spiritualmente avvalorata. Natura umana e umanizzante. E perciò eticamente vincolante.

Uomini e donne sono liberi di sposarsi o no. Ma, se ci si sposa, si accoglie uno status di vita che non è fatto dagli interessati. E neppure da un potere legislativo. È fatto prima, dalla natura umana del nostro essere al mondo e dalla legge morale in cui essa prende forma normativa. Natura e legge che, per il credente, hanno la sapienza creatrice divina come principio. Cosa c’è in tutto questo d’intollerante? Dove sono i diritti conculcati? In che cosa è offesa e non rispettata la persona omosessuale? Dire la verità, farla risplendere, accoglierla e osservarla senza relativizzarla non è mai, per nessuno, un meno, ma un più di umanità. Per questo la verità è via alla pace. E senza verità, nella falsità e nella menzogna, non c’è pace.

Un mondo senza verità è un mondo babelico e nella babele delle opinioni non fiorisce la pace, ma allignano individualismo ed estraneità, dispersione e discordia. Papa Benedetto ha fatto della conoscenza e dell’amore della verità un pilastro e la via maestra del suo magistero. Caritas in veritate è più che il titolo della sua ultima enciclica. È un indicatore di direzione, volto a fare vera la carità (il termine con cui il cristiano dice l’amore), e con essa la pace, che della carità è espressione. Come a dire Pax in veritate: senza verità la pace è abbandonata alla retorica e votata all’utopia.

  Avvenire, 29 dicembre 2012 consultabile online anche qui.




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29 Dicembre 2012
Monti - N13.jpg

I cattolici vogliono Monti, ma Monti vuole i cattolici? E’ l’interrogativo che si pone Paolo Rodari, vaticanista del Foglio, in un tweet. La stessa domanda me la ponevo anch’io, ieri, ascoltando la conferenza stampa del presidente del consiglio dimissionario, e leggendo qualche agenzia. La risposta che mi sono data è che sì, li vuole (anche il più sprovveduto politico che ambisca ad occupare l’area moderata in Italia sa che il voto cattolico è indispensabile) ma a certe condizioni: che non si facciano troppo notare, insomma che si nascondano sotto un impenetrabile loden.

Persino l’agenzia Ansa sottolinea, con un pizzico di malizia, come le espressioni di stima arrivate dalle gerarchie e dal giornale vaticano producano in Monti qualche impaccio: “L'endorsement della Chiesa, ormai conclamato, imbarazza un po' lo stesso presidente del Consiglio, che si dice lusingato ma chiarisce: i temi prettamente etici non saranno nell'indice dell'Agenda”.

Ed è questo il punto dolente, per chi  crede che non si possa più fare politica senza avere una  chiara (e dichiarata) visione antropologica, cioè senza sapere quale atteggiamento tenere di fronte alle modificazioni dell’umano, le questioni che riguardano la genitorialità, la famiglia, la selezione genetica, l’eutanasia, il commercio di parti del corpo, l’uso di embrioni umani come semplice materiale biologico, e così via. Nel discorso rivolto alla Curia per gli auguri di Natale, il Papa ha sottolineato come oggi sia in gioco “la visione dell’essere stesso, di ciò che in realtà significa l’essere uomini”. Nella stessa occasione, ha ribadito per l’ennesima volta che i principi non negoziabili vanno tradotti in azione politica: “Nel dialogo con lo Stato e con la società, la Chiesa certamente non ha soluzioni pronte per le singole questioni. Insieme con le altre forze sociali, essa lotterà per le risposte che maggiormente corrispondano alla giusta misura dell’essere umano. Ciò che essa ha individuato come valori fondamentali, costitutivi e non negoziabili dell’esistenza umana, lo deve difendere con la massima chiarezza. Deve fare tutto il possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica.”

Nell’agenda Monti, invece, sui temi di biopolitica e sui principi non negoziabili c’è un perfetto silenzio, direi una censura. E nella conferenza di ieri il nuovo leader del centro ha spiegato che non di distrazione si tratta, ma di un preciso indirizzo strategico: quei temi sono “importanti”, ma vanno tenuti ai margini, delegati (meglio: relegati) al dibattito parlamentare e alle coscienze dei singoli. Se questa impostazione andava bene quando Monti era a capo di un governo tecnico, non va più bene quando assume un ruolo di leader che propone agli italiani un’offerta politica. Inoltre il Parlamento che ci aspetta avrà maggioranze assai diverse dalle attuali, e se tutto ciò che è eticamente sensibile sarà affidato solo alle coscienze dei singoli, senza prese di posizione che impegnino gli schieramenti davanti agli elettori, il voto dei cattolici non “adulti”, quelli che ascoltano le parole del Pontefice, diventa una cambiale in bianco.

Ci sono però anche altri elementi a sostegno del dubbio insinuato da Rodari. Per esempio quello che Monti afferma nell’intervista, sorprendentemente passata senza troppo risalto, rilasciata il 23 dicembre a Scalfari. Il fondatore di Repubblica, dopo aver illustrato un concetto di laicità come totale estraneità della Chiesa alla sfera pubblica, accetta la presenza, nelle future liste Monti, della Comunità di Sant’Egidio (cioè Andrea Riccardi) ma pone un altolà a qualunque altra associazione di laicato cattolico, tra cui annovera anche le cooperative bianche o la Coldiretti, perché “non sono società civile ma Chiesa militante”. Monti non fa una piega e si dichiara d’accordo. A parte la ridicola definizione di Chiesa militante per organizzazioni come la Coldiretti, anche in questo caso il cattolico bene accetto è quello non dichiarato, che può essere definito come appartenente alla società civile solo se vive la sua fede nella penombra di stanze chiuse, mentre un ingombrante Cesare occupa l’intero spazio pubblico.

Non è questa la laicità che desideriamo, che riteniamo sia sostanziata dal gioco aperto delle opinioni, e da un approccio liberamente critico a qualunque tema. La nostra offerta politica, a laici e cattolici, è diversa, ed è testimoniata da intense battaglie culturali e politiche. Avremo modo di confrontarci con l’agenda Monti e con i centristi anche sotto questo aspetto.



SI LEGGA ANCHE QUEST'ALTRO ARTICOLO SULL'ARGOMENTO:
http://www.campariedemaistre.com/2012/12/il-papa-e-i-gay-storia-di-una-doppia.html



[Modificato da Caterina63 30/12/2012 17:01]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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