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GLI OSTACOLI NEL CAMMINO DELLA TRADIZIONE riflessioni

Ultimo Aggiornamento: 26/03/2013 12:33
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06/05/2011 12:34
 
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Risposta ai tradizionalisti di "Remnant", in difesa di Arzillo



di p. Giovanni Cavalcoli OP




Cari amici di "Remnant",

sono un frate domenicano docente di teologia sistematica nella facoltà teologica di Bologna, studioso delle dottrine del Concilio Vaticano II da quarant’anni.

Ho letto la vostra critica all’articolo di Francesco Arzillo su www.chiesa e, dopo aver ottenuto il suo consenso, mi piace prendere cavallerescamente le sue difese, in un fraterno dibattito all’interno della nostra comune fede cattolica e volontà di obbedire al magistero della Chiesa e al papa.

Mi fermo solo su tre punti del vostro discorso che mi sembrano centrali.

Primo punto. Leggo in "Remnant":

"Che cosa intende Arzillo con la mentalità 'cartesiana' come opposta a quella 'aristotelica'? Vuol dire che questo tradizionalismo che deve essere censurato è in qualche modo dualistico? Ciò che scrive non è affatto chiaro. Coloro che intendono i cambiamenti della formulazione come cambiamenti della dottrina davvero a me non sembra, almeno a una considerazione di superficie, che siano dei dualisti cartesiani. Né pare a me dualistico, almeno a una considerazione di superficie, trattare i concetti teologici come se fossero idee chiare e distinte. Non sto dicendo che essi dovrebbero essere trattati così, ma non è specificamente cartesiano farlo in qualsiasi caso".

Confrontando Cartesio con Aristotele, Arzillo non intendeva riferirsi al dualismo di Cartesio, del quale non fa parola, ma al modo cartesiano di pensare, troppo attaccato alla chiarezza ed alla distinzione, cosa che può essere accettabile nel sapere matematico, ma non in quello teologico, che è un pensare basato più sull’analogia che sull’univocità. Ora, appunto il metodo dell’analogia è caratteristico di Aristotele e non di Cartesio.

Il pensare analogico consente di comprendere come un concetto, pur restando identico a se stesso, possa però nel contempo svilupparsi, progredire, esplicitarsi e chiarirsi. Questo è tipico di tutti fenomeni vitali, dal livello biologico a quello spirituale. Per questo giustamente il beato John Henry Newman paragonava il progresso dogmatico o teologico allo sviluppo di una pianta, la quale cresce e si sviluppa pur restando se stessa. Una quercia di due metri è sempre la stessa anche quando ha raggiunto i venti metri.

Così le dottrine del Vaticano II non vanno viste come una smentita o una rottura con quelle del magistero precedente, ma come una loro conferma ed una loro esplicitazione. In altre parole, col Vaticano II noi conosciamo meglio quelle stesse verità di fede che già conoscevamo prima.

Indubbiamente questa tesi dev’essere dimostrata, perché effettivamente essa non è sempre così evidente. Ma come cattolici, supposto che si tratti di materie di fede, possiamo supporre già a priori che il Concilio non può insegnarci il falso o qualcosa di contrario a quanto la Chiesa insegnava prima, perché questo supporrebbe che Cristo ci ha ingannati quando promise agli apostoli che lo Spirito Santo avrebbe condotto la Chiesa alla pienezza della verità e disse inoltre: “Cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.

Per quanto riguarda invece le disposizioni pratico-pastorali non ci sarebbe da meravigliarsi se col Concilio la Chiesa ci offre una direzione che contrasta con direttive del preconcilio. Qui a volte non solo si può, ma si deve cambiare. Che diremmo se la Chiesa, come avveniva nel Medioevo, ci ordinasse di confessarci solo dal nostro parroco? Qui non si pone il problema: a quale magistero obbedire, quello medioevale o quello di oggi. È chiaro che dobbiamo obbedire a quello di oggi.

Inoltre in questo campo la Chiesa può anche sbagliare: può abbandonare abitudini che andrebbero conservate o introdurre leggi che alla prova dei fatti si rivelano dannose. In questo caso bisognerà adoperarsi o per ripristinare ciò che si è abbandonato o per correggere decisioni sbagliate.

Ma nel campo dogmatico, dove le nozioni sono immutabili, tutto ciò non ha senso. L’unico progresso che si può e si deve attuare non sta nel sostituire concetti, ma nell’approfondirli, nel renderli più ricchi e più chiari, ma sempre nel medesimo significato. Qui alla Chiesa non verrà mai in mente di dire, per esempio, che Cristo non è Dio o che in Dio non ci sono tre Persone, ma ce ne sono due o quattro.

E con ciò avvio la risposta anche al secondo punto. Leggo ancora in "Remnant":

"Arzillo omette del tutto il cuore dell'argomentazione tradizionalista. I tradizionalisti non sono dei disobbedienti al magistero della Chiesa, specialmente quando esso tocca le questioni dell'ecumenismo e della libertà religiosa. I tradizionalisti semplicemente evidenziano il fatto che il magistero della Chiesa ha contraddetto se stesso. Gli attuali insegnamenti del magistero ordinario della Chiesa riguardo all'ecumenismo e alla libertà religiosa sono sicuramente contrari a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato prima del Concilio Vaticano II. Non è una questione di disobbedienza al magistero, la questione è qual è l'insegnamento magisteriale al quale obbedire. L'attuale magistero abroga l'insegnamento precedente? Se è così, perché ciò non è stato detto con chiarezza? Se non lo è, qual è il motivo delle discordanze? Come possono interpretare i fedeli questi insegnamenti del magistero che paiono così contrari tra loro?".

In base a quello che ho detto, il problema, per quanto riguarda le dottrine del Concilio, non è quello di chiedersi se dobbiamo obbedire a quelle di adesso o a quelle precedenti, perché sono le stesse: le prime esposte in una modalità più avanzata e adatta alla cultura moderna, le seconde in una fase meno sviluppata, adatta ai tempi nei quali furono enunciate. Viceversa, nelle direttive pratico-pastorali-giuridiche è evidente che dobbiamo obbedire alle disposizioni del Concilio e non a quelle precedenti.

Quello che tuttavia mi sembra da prendere in seria considerazione in ciò che "Remnant" scrive è effettivamente il fatto che il linguaggio del Concilio non è sempre chiaro, si presta ad opposte interpretazioni, persino di tipo modernistico, per cui oggi i modernisti ne approfittano come se il Concilio desse ragione a loro, mentre sono loro che falsificano le dottrine del Concilio a loro vantaggio.

D’altra parte è importante seguire le interpretazioni che del Concilio ha dato il magistero successivo, considerando anche le condanne dottrinali pronunciate dalla congregazione per la dottrina della fede, condanne che generalmente colpiscono false interpretazioni del Concilio.

Inoltre, una buona guida per capire il vero senso delle dottrine conciliari in continuità con quelle precedenti è il Catechismo della Chiesa Cattolica. Ed è molto utile anche seguire i discorsi del papa, nel quale è evidente la tendenza a proporre il Concilio in continuità con la Tradizione.

Con miei due amici teologi, don Enrico Finotti e don Piero Cantoni, sto preparando un libro nel quale ci proponiamo di dimostrare la continuità dottrinale tra il Concilio e il magistero precedente mediante un accurato confronto dei testi ufficiali della Chiesa.

Infine, per avere un modello di teologo che mostra la possibilità di una continuità fra il Vaticano II e il magistero precedente, mi permetto di indirizzarvi al padre domenicano cecoslovacco, il servo di Dio Tomas Tyn (1950-1990), della cui causa di beatificazione io sono il vicepostulatore. Padre Tomas Tyn era fiero del suo tradizionalismo, ma lo viveva nella piena comunione con la Chiesa del postconcilio. Al riguardo vi invito a visitare i siti www.studiodomenicano.com e www.arpato.org

Un terzo punto è l’interpretazione delle parole di sant’Ignazio di Loyola: "Quello che io vedo bianco lo credo nero, se lo stabilisce la Chiesa gerarchica".

A tal riguardo Arzillo intende semplicemente elogiare lo spirito di obbedienza del grande santo, benchè questi si esprimesse in una forma paradossale. Non dobbiamo infatti intendere sant'Ignazio quasi fosse un irrazionalista.

Anche lui oggi, davanti alle oscurità dei testi conciliari, laddove si tratti di dottrina, li avrebbe senz’altro in linea di principio considerati in continuità col magistero precedente.

Quanto alla richiesta di un chiarimento alla Santa Sede, non sappiamo quale sarebbe stata la sua reazione, ma certamente avrebbe dato un contributo per chiarire la continuità.


Bologna, 5 maggio 2011

__________


La nota di Francesco Arzillo in www.chiesa dell'8 aprile 2011:

> I grandi delusi da papa Benedetto


La replica di "Remnant" del 18 aprile 2011:

> Traditionalist Attacked... Again. A Response to Francesco Arzillo’s Essay On Continuity


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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