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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Cos'è per voi la fede?

Ultimo Aggiornamento: 15/10/2011 13:58
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31/08/2011 23:31
 
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Gentilissimi Caterina e Teofilo,
grazie di tutta l'attenzione che continuate a dedicarmi. Ringrazio Antonio per il suo consiglio: anche per me il libro di Giobbe è uno dei preferiti.
In effetti, l'affermazione «sono contento così» intendeva riferirsi solamente alla mia breve ma entusiasmante esperienza di volontariato, per la quale mi considero ampiamente ricompensato con la gioia di essermi reso utile al prossimo; ma mi accorgo ora che la stessa affermazione può benissimo applicarsi anche a tutta questa discussione, come mi sembra che Caterina abbia inteso.
Come ho detto e volentieri ripeto, gli spunti, le idee e le informazioni che ho ricevuto da voi sono state un valido impulso per arrivare a completare certe linee di pensiero che erano in attesa di definizione nella mia mente, e per questo mi considero vostro debitore.
Ho cercato di esporre i miei ragionamenti in modo molto conciso, e la comprensibilità dell'elaborato inevitabilmente può aver risentito di tale concisione forse eccessiva; inoltre molti punti sono stati solo abbozzati, e avrebbero bisogno di una affinazione, oltre che di essere giustificati in modo più rigoroso.
Ma poiché tutto questo serve solo a me, come mio personale studio e cultura, non sento particolare urgenza di procedere ad una sistemazione della teoria, anche perché la cosa di gran lunga più importante per me è il “messaggio”.

In altre parole, vorrei capire la possibilità di trovare una condivisione di intenti nel proposito che mi sta a cuore: diffondere la coscienza del pericolo a cui sta correndo incontro l'Umanità a causa dello sfrenato sfruttamento delle risorse, determinato principalmente dallo scellerato egoismo che affligge la società attuale.
È mia sensazione che persone dotate di elevato senso morale, come dovrebbero essere i credenti, possano essere più sensibili a queste tematiche. Il punto cruciale è capire se un credente possa essere disponibile a dedicare una porzione della propria tensione mistica ad una missione diversa, seppure non contrastante, rispetto alla dottrina della propria religione.
È sotto quest'ottica che va letto il mio messaggio. Anche, per esempio, la mia domanda «non potremmo lasciare per un momento da parte le elucubrazioni spirituali e guardare alle questioni concrete?» è da intendersi in senso puramente operativo e letterale, come richiesta di una almeno parziale disponibilità ad interessarsi ai problemi concreti che ci troviamo a dover fronteggiare ogni giorno con maggior urgenza.
Lungi da me invece ogni intenzione di convincere il mio prossimo della correttezza della mia filosofia; anche perché, io non ho una specifica filosofia da proporre. Non ritengo neppure di potermi identificare in una precisa corrente di pensiero ateo: infatti, come ho precisato in precedenza, io semplicemente rifiuto tutte le religioni, ma non per questo, di converso, aderisco ad una determinata filosofia atea. Sono, come ho già detto, un ateo in senso “operativo”. È vero peraltro che ci sono alcune religioni, come il Taoismo, per le quali provo una certa “simpatia” (se così si può dire: proprio non mi sovviene un vocabolo più adeguato, mi spiace).

Pertanto, Caterina, la prego di non interpretare la mia domanda come un'esortazione personale a trascurare il suo impegno nelle discipline spirituali per dare retta alle mie istanze: la domanda è un semplice espediente retorico!
D'altro canto è bene sottolineare di nuovo che la mia posizione concettuale esclude l'eventualità di accreditare una qualsiasi teoria della trascendenza. Anch'io penso che si debba oltrepassare il livello immediato della realtà sensibile, e che questa realtà sensibile non è quello che sembra, ma la comprensione di questo livello ulteriore di realtà per me deriva dalla scienza; tale conoscenza può essere oggi la Teoria Standard della fisica e domani forse (se ci sarà un domani per l'Umanità) verrà raggiunta un'altra spiegazione più completa e profonda; in ogni caso, credo che sarà attraverso la scienza, non con la contemplazione mistica, che saranno trovate le risposte.
Dunque io non “dubito” che Gesù Cristo sia esistito, nel senso che, per me la cosa è del tutto indifferente: solide argomentazioni storiografiche indicano che si tratti di un personaggio “costruito” a posteriori; ma, anche se la sua esistenza storica fosse comprovata, per me tutto l'indotto resterebbe mera favola. Ciascuna religione ha i suoi miti, e l'origine di tali narrazioni sta puramente nella fantasia umana, nell'amalgama di racconti e leggende.

Io ho letto tutta la Bibbia, confrontando anche due versioni diverse, entrambe approvate dalla C.E.I.: quella del 1974 e quella del 2008; come ho letto anche i libri sacri di altre religioni, alcuni in inglese e gli altri in italiano, secondo le versioni disponibili, compreso il Corano, nella traduzione ufficiale dell'U.C.O.I.I., nonché molti testi di teologia: tutte queste letture hanno sempre più rafforzato la mia opinione.
Per me, tuttalpiù si può discutere dell'intento con cui sono stati scritti tali libri, che in molti casi è stato quello di fondare delle regole per favorire l'ordine e l'integrità delle nascenti società umane, ma in qualche caso di fondare dei sistemi di potere teocratici.

Tutto questo ambito però esula dai miei obiettivi, e sono perplesso sull'opportunità di dirottare la discussione verso temi che, per quanto intellettualmente stimolanti, ci troverebbero inesorabilmente separati dalla radicale diversità delle rispettive posizioni: letteratura fantastica per me, Verità divina per voi.
Mi spingono tuttavia due ragioni: non lasciar cadere senza replica interventi posti con acuta intelligenza, ciò che mi sembrerebbe una villania, e il fatto che – lo ammetto – il dibattito mi appassiona molto.
Pertanto, avvisandovi doverosamente che farò un po' di confusione, perché le idee mi si ammucchiano sempre una sull'altra nella mente e così come sono mescolate le tiro fuori, riprendo con qualche breve osservazione i punti che avete trattato.
Lasciatemi solo prima ribadire quanto accennato sopra: che non ho ambizione di essere considerato un ateo “veramente tale” piuttosto che soltanto un'imitazione di ateo, perché sono allergico ad attribuirmi etichette di alcun genere!

Inizio dunque dal tema posto da Teofilo con la citazione di S.Paolo: «Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo.»
Questo tema è importantissimo, perché se Teofilo ha ragione, ciò pone una seria, serissima ipoteca sulla possibilità di sopravvivenza della società umana.
Secondo il punto di vista di Teofilo, la religione avrebbe un ruolo politico insostituibile per garantire la stabilità dello Stato. Nella Storia questo ruolo non sempre ha funzionato, in realtà, e spesso ha avuto un costo troppo alto, ma non si può negare che a prima vista il concetto è difficile da smentire.
Come ci comporteremmo, se Dio non ci fosse, e non ci fosse nulla dopo la morte, si chiede Teofilo. Per rispondere a questo interrogativo si potrebbe pensare di compiere un “Gedankenexperiment”: chi è credente, provi ad immaginare che Dio non esista, e quali conseguenze pratiche e morali ciò avrebbe sul suo stile di vita.
È arduo, lo so. Ma posso venire io in aiuto! Io non credo all'esistenza di Dio sin da quando ero bambino.
Com'ero io da giovane? Impaziente e nervoso, come tutti i giovani; anche ambizioso, se vogliamo, avido di esperienze, egoista senza dubbio; insomma, non al di fuori dell'ordinario. Come per (quasi) tutti, la vita poi mi è stata maestra di umiltà, e ho imparato che ogni risultato che si voglia raggiungere va conquistato con l'impegno, che il prossimo va rispettato anche se non la pensa come noi, che l'amore e l'amicizia si ottengono col sacrificio e non con la predazione.
Perciò nella mia vita adulta ho sempre cercato di essere corretto verso il mio prossimo: ritengo la sincerità una qualità fondamentale nei rapporti con le persone. Non ho mai fatto né desiderato fare deliberatamente del male agli altri. So di aver commesso molti errori che anche altri hanno pagato, ma sono stati danni involontari. Ho sempre cercato di aiutare con ogni mia capacità le persone con cui sono venuto in contatto, e molti hanno aiutato me. Il mio unico rammarico è di aver potuto assai di rado ricambiare l'aiuto agli stessi che me ne hanno dato, ma, in senso figurato, ho tenuto una mia contabilità di quanto ricevuto e quanto dato, e, complessivamente, ho perseguito l'obiettivo che fosse sempre più alto l'ammontare in credito che quello in debito.
Devo precisare che sono molto selettivo nella mia disponibilità verso il prossimo. Se giudico che qualcuno non sia una brava persona o non abbia meriti o sia bugiardo o fedifrago non avrà nulla da me. Aiuto volentieri chi se lo merita e mi impegno con passione per le cause che ritengo giuste: come fanno (quasi) tutti, direi. Nel complesso, mi sembra di essere un cittadino di qualità accettabile.
Eppure, non ho nessuna prospettiva di un “premio” nell'altra vita; né di una “punizione”, se è per questo. È solo per la mia coscienza, per il fatto di poter guardare ogni persona che incontro dritto negli occhi, con sguardo sincero e senza ombra di frode, che mi comporto onestamente. Tradimenti, sotterfugi e bugie mi danno un senso di malessere, mi sentirei un verme se imbrogliassi il prossimo.
Quanto al darsi alla pazza gioia, al divertimento sfrenato e ai piaceri, ritengo di essere molto sobrio, dal momento che il massimo del godimento per me è fare un'escursione tra i monti. Se porto i ragazzi alle giostre o al parco acquatico, faccio volentieri anch'io un giro sull'otto volante o una scivolata sul toboga.
Penso che tutto questo sia perfettamente compatibile con la morale cristiana!
Certo, la quantità di divertimenti a cui ci si può dedicare è severamente limitata dalle risorse economiche personali, oltre che dal tempo libero: almeno per tutti quelli che devono lavorare per guadagnarsi il pane. Chi è molto ricco è anche molto esposto ad indulgere nei piaceri sino ad abusarne e scivolare nel vizio.
Ci sono poi individui asociali che non hanno alcuna remora a danneggiare il prossimo per il proprio tornaconto: i delinquenti comuni, certamente, ma anche alcuni influenti personaggi pubblici che abusano del proprio potere.
È curioso notare che alcuni dei peggiori delinquenti (i mafiosi per esempio) manifestano esteriormente grande devozione verso i simboli religiosi.
Il sistema ricompensa/punizione (paradiso e inferno) sembrerebbe lo strumento migliore per controllare la tendenza antisociale degli individui violenti o criminali. Ma funziona davvero? Tante volte mi è capitato di pensare quanto sarebbe bello se l'inferno esistesse davvero, e i malvagi prima o poi finissero là. Però qualunque forma di vendetta o rivalsa non serve a nulla, neppure quando è amministrata dalla società, attraverso la legge. Nei Paesi dove le pene sono più severe la delinquenza non è meno diffusa. Penso che, almeno per quanto riguarda coloro che delinquono spinti dal bisogno, più giustizia sociale ed equità darebbero migliori risultati del carcere.
C'è una soluzione a questi complessi problemi? Forse sì. Suggerirei a Teofilo di studiare le antiche società gilaniche. Potrebbe esserne sorpreso (positivamente).

Replico ora a Caterina che dice: «Dio è morto sulla croce per riscattarci dal peccato».
Questo assunto implica un concetto profondamente sbagliato, ma rovesciando il punto di vista il concetto diventa profondamente giusto!
È profondamente sbagliato, infatti, parlare di un ipotetico “peccato originale” da cui sarebbe afflitta tutta l'Umanità, e da cui avrebbe necessità di essere riscattata.
La responsabilità è personale, ed è assurdo attribuire una colpa a chi non era neppure nato, all'epoca del presunto “delitto”.
Ma è profondamente giusto, dire che abbiamo un dovere di responsabilità verso i nostri figli e discendenti. Gli errori che commettiamo oggi potrebbero essere scontati fino in un lontano futuro, da chi verrà dopo di noi!
Noi abbiamo la Terra in prestito dai nostri figli: questo è il modo corretto di vedere le cose. Dobbiamo usare con criterio e rispetto il patrimonio che ci viene dato modo di godere, per la durata della nostra vita, e consegnarlo intatto – sarebbe ancora meglio, arricchito – ai nostri posteri.
Intendo un patrimonio non solo materiale ma anche di cultura e sapere: chi ha aumentato in modo significativo tale patrimonio sono i pochi Giganti del pensiero che hanno fatto progredire la conoscenza, ma ciascuno di noi, nel suo modesto ambito, può farsi parte diligente per preservare i beni materiali e intellettuali dell'Umanità.

Caterina dice: «la Chiesa ha cercato la Verità e quando l'ha trovata l'ha sigillata con i dogmi».
Mi viene in mente di proporre un'analogia, parafrasando la sua dichiarazione: «i matematici hanno cercato le verità dei numeri e quando le hanno trovate le hanno sigillate con i teoremi».
La differenza sostanziale tra le due affermazioni è che i teoremi sono prove logiche rigorose delle verità matematiche, mentre i dogmi discenderebbero da una ipotetica “illuminazione” divina. La Storia però ci racconta, stavolta in modo assai preciso, come e perché le “verità” religiose si sono formate e trasformate attraverso i secoli.

Per fare qualche esempio: nell'anno 375, sebbene i primi cristiani venerassero solo Dio, la Chiesa introdusse il culto dei santi e degli angeli; successivamente nel 431 il Concilio di Efeso proclamò Maria “Madre di Dio”. Questi e altri provvedimenti dovevano accontentare le istanze del popolo che, come Caterina giustamente osserva, all'epoca della nascita del Cristianesimo era abituato al paganesimo. In particolare la Madonna doveva riempire il “vuoto” lasciato nella venerazione popolare dalla sparizione delle varie dee della religione pagana.
Maria dunque prese il posto, nella devozione popolare, di Diana, Iside, Artemide. Infatti, molte caratteristiche del culto della Madonna risalgono a divinità femminili precristiane. L'iconografia della Vergine con in braccio il bambino è ispirata al culto di Iside (ivi comprese le grotte come tipico luogo di apparizioni). Lo stesso racconto della verginità di Maria e della nascita miracolosa di Gesù fu aggiunto ai Vangeli posteriormente, per facilitare la diffusione del Cristianesimo fra i pagani che già erano abituati ai racconti riguardanti esseri semidivini, figli di un dio e di una donna vergine (Eracle, Mithra, Horus).
Nel 593 il Vescovo di Roma (non c'erano ancora i papi!) Gregorio Magno decretò l'esistenza del purgatorio. Questa geniale invenzione ha permesso alla Chiesa, per molti secoli, fino a tutt'oggi, di vendere suffragi, indulgenze, promozioni in paradiso, realizzando ottimi introiti economici, macchiandosi però di simonia.
Il primo papa è del 610. L'idea fu dell'imperatore Foca, che prese il potere facendo assassinare il suo predecessore. Per tale crimine, il Vescovo Ciriaco di Costantinopoli lo scomunicò, ma Foca, per ritorsione, proclamò “papa” (ossia capo di tutti i vescovi) il Vescovo di Roma, Gregorio I, il quale tuttavia rifiutò il titolo, rimanendo fedele alla tradizione episcopale della Chiesa Cristiana dell'epoca. Ma già il successore, Bonifacio III, fu pronto ad avvalersi del titolo di “papa”.
Si scardinava così l'insegnamento di Gesù: «Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.» (Mat 23,8-10).
Nel 788 la Chiesa Cattolica adottò ufficialmente l'adorazione della croce, delle immagini e delle reliquie dei santi. I primi cristiani, proprio come gli ebrei, consideravano idolatria ogni pratica di questo tipo. Poiché il secondo dei famosi dieci comandamenti di Mosè proibiva il culto delle immagini, e ciò poteva turbare i devoti, la Chiesa modificò la lista dei dieci comandamenti, censurando il secondo e, per far tornare i conti, spezzando in due l'ultimo.
Nel 995 Giovanni XIV introdusse la canonizzazione dei santi. Nel Nuovo Testamento il termine “santi” si riferisce a tutti i membri della comunità. Infatti Paolo conclude le sue lettere con la tipica espressione “un saluto a tutti i santi”. L'idea che essere “santo” sia una condizione peculiare ed elitaria è perciò in contrasto con le Scritture.
Nel 1079 papa Gregorio VII introdusse il celibato dei preti.
Nel Nuovo Testamento si dice l'esatto contrario, ovvero secondo Paolo il vescovo dovrebbe avere famiglia, in quanto: «... bisogna che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?» (I Epistola a Timoteo, cap. 3).
Nel 1090 venne introdotto il rosario. Ciò costituisce l'ennesimo capovolgimento dell'insegnamento di Gesù, che disse: «... E nel pregare non usate inutili dicerie come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per la moltitudine delle loro parole.... Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, e serratone l'uscio fai orazione al Padre tuo che è nel segreto...» (Mat 6,5-8).
Nel 1184 il Concilio di Verona istituì l'inquisizione per gli eretici. Da questa data e per oltre cinque secoli la Chiesa commise crimini ed atrocità di ogni genere sterminando milioni di innocenti.
Si potrebbe continuare con un elenco foltissimo nei secoli seguenti, riempiendo (come infatti sono stati riempiti) parecchi volumi per raccontare come la Chiesa sia andata in deriva rispetto alle sue finalità originarie per creare un sistema di potere temporale monolitico e assoluto, deriva che ha avuto, anche sotto il profilo ideologico, il suo culmine finale nella connivenza con il nazifascismo. A tale proposito si veda questa documentazione:
www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&a...

Questo dovrebbe rispondere anche all'obiezione di Teofilo, che parlava di “puntualizzazioni e precisazioni”: si tratta di puntualizzazioni piuttosto drastiche, direi, e non sempre limpide, anzi persino in alcuni casi nette deviazioni dai «principi eterni divini enunciati nelle Scritture»; perciò io mi rallegro molto, che oggi la Chiesa non bruci più gli eretici sul rogo, e che abbia intrapreso una nuova via di ecumenismo.
Si tratta di una “sterzata” molto secca e molto recente, come specifica Caterina: «... è quanto si sta facendo in questi ultimi 40 anni...»; ma va bene così.
Dunque l'evoluzione della Religione Cattolica non è stata sempre lineare, ma a tratti è stata un'involuzione, un allontanamento anche drastico dai principi originali del Cristianesimo. Forse è stata proprio la Chiesa, a marciare in contromano, per qualche lungo periodo della sua storia.
Quindi, userei molta cautela, se volessi difendere la posizione della Chiesa, nel proclamare che i dogmi siano “verità sigillate”. Non è affar mio, ma ho l'impressione che alcuni di quei sigilli adesso si stiano rivelando imbarazzanti.
Però, ripeto, oggi c'è un sentimento diverso, e ne sono lieto. Eccomi a proporre un dialogo, in vista di un bene comune e, a mio parere, superiore.

Teofilo obietta: «Penso che sia molto difficile ottenere che molti abbiano uno stile di vita a favore degli altri, se per tale scelta non vi è alcuna motivazione di ordine soprannaturale; già questo è difficile da parte degli stessi credenti, dai quali ci si aspetterebbe un impegno continuo per il prossimo in forza della propria fede nella giustizia di Dio.
Ciò non toglie che si debbano fare tentativi in tal senso, ma senza sperare comunque che questo risolva i problemi dell'umanità. La Chiesa sa che la sua missione non si può limitare all'azione sociale e alla solidarietà perché in tal caso fallirebbe miseramente. Una tale riduzione non solo non servirebbe alla salvezza eterna ma neppure al miglioramento sulla terra, proprio perché perdendo di vista il valore fondamentale, non si capirebbe perché doversi impegnare a favore di altri pagando di persona. Ognuno arriverebbe alla conclusione di s.Paolo: arraffo quanto posso finché posso perché dopo non ci sarà più nulla da sperare.».

Ebbene io non sono così pessimista, perché ho visto molti impegnarsi per puro disinteressato entusiasmo. Inoltre parecchi studi di sociologia dimostrano che, in ogni tipo di società, la collaborazione tra gli individui è vantaggiosa anche per il singolo.
Non mi dilungo qui a riportare alcuno stralcio di tali argomenti, ma voglio sottolineare che la categoria di problemi a cui mi riferisco genera effetti devastanti a cui nessuno può illudersi di sfuggire.
Negli anni del dopoguerra, preoccupati dalla minaccia di un possibile conflitto tra Stati Uniti e Unione Sovietica, con l'impiego di armamenti nucleari, gli svizzeri iniziarono a costruire rifugi antiatomici in numero tale da poter ospitare l'intera popolazione del Paese. Quasi ogni abitazione, ad un certo momento, aveva il suo rifugio sotterraneo bunkerizzato sempre rifornito di viveri e acqua, per poter sopravvivere al sicuro in attesa che si depositasse l'eventuale fall-out radioattivo.
Queste misure oggi appaiono superate, ma a me sembrano anche patetiche, nel loro incredibile egoismo. Forse gli svizzeri pensavano che la loro millenaria neutralità li avrebbe preservati anche in un simile scenario apocalittico, e che bastasse tenere la testa sotto la sabbia abbastanza a lungo per poi poter tornare indisturbati a produrre cioccolata e fabbricare orologi.
Oggi l'apocalisse prossima ventura non lascerebbe scampo a nessuno, perché quello che stiamo provocando è un disastro di proporzioni immani: la bomba demografica!
Quando sopra scrivevo che abbiamo un dovere di responsabilità verso i nostri figli, in realtà avrei dovuto includere nei soggetti responsabili anche i nostri padri, che con scarsa lungimiranza hanno seguito un modello di sviluppo forsennato e senza limiti. Oggi che la crisi economica attanaglia i Paesi industrializzati, il mantra è sempre quello: “crescita”, “sviluppo”... ma fino a quando? Qualcuno si è accorto che il mondo non ha una superficie infinita? Inoltre il mondo non è tutto fertile e ridente come l'Alto Adige. Molte vaste aree sono del tutto inadatte alla vita umana, e il fatto di averle comunque colonizzate non significa averle rese abitabili. Se l'Arabia Saudita, per esempio, o gli Emirati hanno avuto un enorme sviluppo, e oggi sono nazioni ricche e hanno estese autostrade e grandi città piene di edifici lussuosi e modernissimi, è solo grazie al petrolio e al metano, di cui i paesi industrializzati hanno bisogno e che pagano a caro prezzo; altrimenti, là ci vivrebbero solo pochi beduini con qualche tenda e un gregge di capre macilente.
Ma per far funzionare una città con milioni di abitanti in mezzo al deserto occorre una quantità di energia mostruosa: per pompare e desalinizzare l'acqua del mare, per l'elettricità, per i trasporti, per la produzione del cibo, etc. e tutta questa energia viene dal petrolio. Che cosa sarà di tutta quella gente quando il petrolio sarà finito?
Stiamo già oggi consumando una volta e mezza le risorse sostenibili della Terra. Le insostituibili foreste pluviali vengono abbattute ad un ritmo sempre crescente. Il clima si sta surriscaldando e le riserve d'acqua si stanno esaurendo.
Prendiamo un altro diverso esempio: per secoli e secoli i giapponesi hanno vissuto in case di legno e bambù, di un solo piano, con il tetto di paglia, il pavimento di stuoie sul quale si sedevano davanti a bassi tavolini. Un terremoto pur fortissimo poteva fare pochi danni: anche se la casa fosse crollata, le persone non si sarebbero ferite gravemente.
Poi è arrivato lo sviluppo industriale: alcune delle più grandi aziende del mondo sono giapponesi; sono state costruite città di grattacieli altissimi e grandi autostrade e treni superveloci e molte centrali atomiche per avere energia a basso costo. Tutto ciò è stato costruito con criteri rigorosamente antisismici, applicando il meglio della tecnologia, ma tutto il territorio è stato antropizzato, perché il Giappone ha una superficie poco maggiore dell'Italia, e bisognava farci stare una numerosa, laboriosa popolazione, più del doppio di quella dell'Italia (che è già uno dei paesi più sovrappopolati). Il risultato è un gigante dai piedi d'argilla, come il recente cataclisma ha dimostrato, facendo quasi esplodere una centrale atomica, che comunque ha contaminato una vastissima area comprendente campagne e città rendendole inabitabili per secoli, come a Cernobyl. Non si può costruire tutto quello che si vuole dovunque si vuole, prima o poi la natura rivendicherà la sua legge che noi umani sistematicamente, volontariamente, violiamo.
In ogni modo, se anche il mondo fosse tutto come l'Alto Adige, presto o tardi verrebbe tutto occupato, e non sarebbe possibile comunque continuare indefinitamente nello sviluppo: “crescete e moltiplicatevi” è un incitamento che andava bene per le dodici bellicose tribù di Israele, per le quali il mondo era la Palestina da occupare a costo del genocidio delle popolazioni che vi abitavano prima di loro. Oggi, per l'Umanità ciò equivale all'incitamento al suicidio, ma con il corollario della distruzione finale del pianeta.

È così difficile che la Chiesa, con prudenza e saggezza, possa emettere una nuova enciclica, una puntualizzazione o precisazione del dogma, chiarendo che “crescete e moltiplicatevi” va letto come “crescete nella consapevolezza e nel giudizio e moltiplicate le attenzioni per la salvaguardia dell'ambiente e della natura”?

Sembra un proposito irraggiungibile, cambiare una tendenza in atto che ha la forza di una valanga, ma è proprio attraverso la presa di coscienza di ognuno che ci si può arrivare. Se la parola “democrazia”, ossia governo del popolo, ha un senso, dovrebbe essere possibile cambiare, un poco alla volta, la situazione. In Islanda ci stanno riuscendo. Anche per questo non sono così pessimista da darmi subito per vinto.

Torniamo un attimo alla difficile questione della predestinazione; Caterina porta questa argomentazione: «Dio non obbliga Maria all'evento ma le chiede una sorta di permesso... l'Angelo non le dice di essere incinta, ma attende la sua risposta e in quel fiat avviene il prodigio dell'incarnazione...».
Purtroppo questo punto di vista è incompatibile con il dogma dell'Immacolata Concezione: «La beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento» (Papa Pio IX, “Ineffabilis Deus”, 8/12/1854).
Dunque, se Maria non avesse accettato di diventare la madre di Gesù, esercitando il suo libero arbitrio, che avrebbe fatto l'Angelo? C'era forse nei paraggi un'altra beata Vergine immune dal peccato originale sin dal concepimento, pronta diciamo così come “riserva”, alla quale rivolgersi? Oppure avrebbe dovuto rinunciare, e Gesù non sarebbe più venuto a salvarci (tremenda responsabilità di Maria!), o magari tutta l'operazione sarebbe stata rimandata a tempi di maggior “pienezza”?
Come si vede, l'onniscienza estesa nel tempo e nello spazio porta a paradossi insolubili se pretendiamo di conciliarla con il libero arbitrio.

Ora vediamo un altro punto interessante, anzi fondamentale, infatti questo, secondo me, coglie il nocciolo della questione. Caterina scrive: «Pietro ... compie un atto di fede, si fida di Gesù e risponde per tutti noi: "Signore! dove vuoi che andiamo? Tu solo hai parole di vita eterna..."».
Quando mio padre è mancato in circostanze tragiche, qualche anno fa, siamo rimasti tutti molto scossi, nella mia famiglia. I miei genitori non sono mai stati particolarmente devoti, ma, a modo loro, hanno sempre avuto una fondamentale fede nella vita ultraterrena, e sono sempre stati molto uniti. Mia madre ha la speranza di rivedere le persone amate, quando verrà il suo tempo di lasciare la vita. La mia mamma sa benissimo come la penso io al riguardo, ma questo non incrina minimamente le sue convinzioni: pensa che le mie siano opinioni, legittime ma non condivise. Ebbene, se ci fosse un modo di dissuaderla dal suo convincimento, io sarei il primo ad oppormi con tutte le mie forze ad attuarlo. Non posso pensare di privarla della sua consolazione, per quanto vana sia. Non sarà mai disillusa, e vivrà più serenamente gli anni che le restano.

Il nucleo della questione è proprio quella “vita eterna” che molte religioni promettono. Un'illusione paradossale anche questa, giacché, come potrebbe trascorrere l'eternità per una coscienza individuale limitata? Ma è una consolazione potente, e tanti preferiscono non analizzare le conseguenze di un'idea così assurda, e cullarsi nell'utopia consolatoria.
Eppure ci sono religioni che non promettono affatto la vita eterna, e alcune persino non proclamano neppure l'esistenza di alcuna divinità. Queste tra l'altro sono proprio quelle che a me, come idea filosofica, riescono più “simpatiche”, ma forse sono anche quelle che raccolgono meno i “semi del Verbo divino” che la Chiesa Cattolica oggi, nella sua nuova visione ecumenica, trova sparsi nelle altre religioni.

La mia obiezione è: davvero la nostra esistenza ci sembra così importante, da dover scomodare un Essere onnipotente per salvaguardare i nostri destini? Non sarà che i nostri destini siano invece del tutto nelle nostre mani?
Caterina dice: «Mentre è eresia, per esempio, pensare che uno nasce predestinato ad una sorte orrenda... Siamo tutti predestinati alla morte nel momento in cui nasciamo ma il come ciò avverrà dipenderà dalle scelte che faremo, perfino da quelle scelte che sul momento non comprendiamo, ma che saranno determinanti per il nostro avvenire...».
Siamo d'accordo che ogni nostra scelta può essere determinante per il nostro avvenire, ma non solo a livello individuale. Oggi l'Umanità detiene il potere di preservare o di distruggere il mondo che abita, e con esso, di preservare o distruggere anche sé stessa.
Un bambino che nasce oggi nell’Africa Sub-sahariana ha una probabilità su 7 di morire prima di aver raggiunto i 5 anni di età. Questa non è predestinazione ad una sorte orrenda?

Caterina dice ancora: «... dobbiamo ribaltare certe prospettive... discutere non come se Dio non esistesse, ma discutere come se Dio esistesse...».
Questo discorso mi richiama alla mente un argomento noto come “scommessa di Blaise Pascal”.
Non riporto qui il contenuto di questo famoso argomento, che sicuramente voi già conoscete benissimo, ma rimarco come tale argomento venga annoverato tra le principali prove dell'esistenza di Dio. Ebbene, a me sembra invece che non provi nulla quanto all'esistenza di Dio! Ben consapevole della mia misera competenza filosofica, sarei davvero grato a chi mi spiegasse sotto quale aspetto un simile argomento possa provare l'esistenza di Dio.

Ho escogitato invece per mio conto una brillante prova della non esistenza di Dio.
Eccola qui. Poniamoci la domanda: “Dio è ateo?”.
Se Dio non è ateo, allora è credente, cioè crede in un Essere Superiore.
Ma non può esserci un altro Essere Superiore, perché c'è un unico Dio (Lui), quindi Dio non può essere credente.
Se Dio è ateo, allora significa che non crede in un Essere Superiore. Ma l'Essere Superiore è Lui, quindi Dio non crederebbe in sé stesso. Che Dio non creda alla propria esistenza porta ad un paradosso insanabile. Se ne deduce che Dio non può esistere.
Bene, non posso in realtà essere sicuro che l'argomento sia davvero originale, può anche darsi che qualcun altro ci avesse già pensato; io però non ne sono a conoscenza (dopotutto, non sono onnisciente!) e lo presento come mio. Se qualcuno è in grado di proporre una confutazione, sarò felicissimo di studiarla.

Ora però, mi viene in mente un aforisma di Félix Le Dantec: «Una cosa mi ha sempre profondamente stupito: che i credenti di tutti i tempi abbiano cercato e fornito prove dell'esistenza di Dio. E, naturalmente, tutte queste prove sono irrefutabili per coloro che le utilizzano. Disgraziatamente sono tali soltanto per loro: provano che essi credono in Dio, e niente più.».
Credo che questo motto colga il nocciolo della questione in modo assolutamente preciso. Anzi, possiamo compiere un grande passo in avanti, e riconoscere che, in realtà, ciascuno di noi cerca ciò che dia sollievo alla propria angoscia.
Chi trova la propria pace nella Fede in Dio, vi si sostiene saldamente e per nulla al mondo lascerebbe la presa.
È chiarissima per esempio la testimonianza di Antonio, che ha trovato la sua via verso la pace attraverso l'accettazione della dottrina cattolica.
Io invece, ho trovato serenità e sollievo nella calma accettazione della mia finitezza. Solo apparentemente siamo agli opposti.

Un'ultima nota. Rilevo da parte di Caterina una sollecitudine verso di me, che si esprime in quell'invito: «...sei qui perché chiamato in qualche modo da Dio a rispondere sulle tante domande che ci affollano la mente... anche tu, come me sei libero di scegliere... ti invito a soffermarti sul quel vuoi tu? che Cristo continua a domandare al nostro cuore...»; e anche Antonio mi rivolge un augurio simile: «...auspico di tutto cuore che lei possa vincere questa battaglia, trovando in Cristo la sorgente di ogni sua ricerca e della sua pace.».
Io sono commosso della cortese premura che mi riservate, ma, come ho spiegato sopra, sono già perfettamente sereno così. Non sono alla ricerca di una nuova sintesi ideale: ne sono stato alla ricerca per molti anni, ed ero inquieto e angosciato prima di raggiungere la mia personale illuminazione, trovata solo di recente. Io capisco perfettamente che dal vostro punto di vista la mia posizione sembra inesorabilmente sbagliata, e che vi sentite in dovere di cercare di farmi vedere l'errore affinché io mi corregga. Viceversa a me la vostra posizione non sembra inesorabilmente sbagliata. La Fede vi aiuta a vivere meglio, a seguire uno stile di vita sobrio, vi fa sentire di essere nel giusto, dà un senso alla vostra esistenza, vi aiuta a superare le sofferenze della vita, a vincere i momenti di disperazione... io questo supporto lo trovo in me stesso, e nella mia grande visione: sono convinto che, se l'Umanità saprà superare questi tempi di crisi, di gran lunga i tempi più difficili in tutta la sua storia (e non mi riferisco certo solo alla crisi economica), ci sia un futuro splendido davanti.
Perché i mezzi per realizzare un nuovo paradiso terrestre oggi ci sono tutti: sono solo impiegati malissimo, spesso nel modo contrario al bene dell'Umanità.
Credo nella possibilità che un giorno le persone sapranno vivere e realizzarsi in condizioni di autentica libertà.

Ancora grazie della vostra grande pazienza, cordiali saluti a tutti,
Moreno
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