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Ultimo Aggiornamento: 24/10/2012 17:03
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30/09/2011 12:00
 
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I Cappuccini in Amazzonia: missionari? No, non vogliono nè evangelizzare nè battezzare. Parola di Frà Paolo

La Chiesa in Amazzonia ha il volto di Frà Paolo [speriamo non solo sua!n.d.r.]
da Vatican Insider 16/09/2011

Cento anni fa i cappuccini sono arrivati in questo spicchio della grande "Foresta" per stare in mezzo alla gente. Dopo un secolo, l’entusiasmo delle origini non si è ancora placato
di Sante Altizio - Torino

Assomiglia a Jovanotti. Se invece del saio e sandali, vestisse jeans, t-shirt e scarpe da ginnastica, potrebbe fare la controfigura di Lorenzo Cherubini. Si chiama Paolo Braghini è un frate cappuccino (foto), nato a Varese 35 anni fa, missionario nell’amazzonia brasiliana dal 2005.

«Mi sono laureato in missiologia con una tesi sugli indios Tikuna. Io mi sono fatto frate per fare il missionario e per andare a vivere in mezzo alle popolazioni indigene».
Frà Paolo ha sempre avuto gli indios in testa. Indios Tikuna, per la precisione. Vivono nell’Alto Solimoes, nella regione più occidentale dell’Amazzonia, quasi al confine tra Brasile e Perù. Sono alcune decine di migliaia. I frati cappuccini Umbri che sono arrivati in Amazzonia all’inizio del Novecento, hanno iniziato ad andare tra i Tikuna all’inizio degli Anni Trenta. Pagine epiche. Con due protagonisti: Padre Fedele da Alviano e Padre Arsenio Sampalmieri. Non c’è due senza tre. Il terzo cappuccino-tikuna è lui, frà paolo Braghini. Parla la loro lingua, ne conosce usi e costumi.
«Il nostro compito qui è uno solo: aiutarli a recuperare e mantenere la propria identità. Noi non evangelizziamo i ticuna, noi viviamo in mezzo ai ticuna».
La comunità indigena più numerosa è a Bèlem do Solimoes, a un giorno di barca dal confine peruviano. A tre da Manaus. Qui ci si muove solo scendendo o risalendo la corrente del Rio Solimoes. In tutta la regione sono circa 30 mila.

Paolo Braghini, sostenuto dai suoi confratelli, in tra anni di lavora tra i ticuna ha smosso animi sopiti da tempo e contribuito a dare vita a un festival di danza e cultura indigena (il primo del suo genere in Brasile) e alle prime olimpiadi indigene (tiro con l’arco, tiro alla fune, gara di canoa, braccio di ferro, gara di abbattimento degli alberi), che hanno catturato l’attenzione del gigante della tv brasiliana Globo, che ha mandato un inviato della redazione sportiva a seguire quotidianamente le gare.
Belèm do Solimoes è diventata la culla della rinascita indigena di tutta l’amazzonia orientale. E frà Paolo Braghini ne è il principale artefice.
Ora che è stato anche nominato vice-provinciale, quindi responsabile di tutta l’attività pastorale della missione, ha deciso di allargare le frontiere e di spostare ancora più all’interno della foresta, il raggio d’azione del suo lavoro.
«La nuova frontiera si chiama Javarì». E quando lo dici gli brillano gli occhi. Non saranno le Colonne d’Ercole, ma poco ci manca. Il Rio Javari, affluente meridionale del Rio Solimoes, che percorre 1100 chilometri tra Brasile e Perù, si perde letteralmente nella foresta. Foresta inesplorata, o quasi, dall’uomo bianco.
«E’ terra indigena, punto. Lì nessun altro aveva praticamente messo piede. Fino al luglio scorso». Già, nel luglio scorso, frei Paolo ha vestito i panni dell’esploratore e insieme a una mezza dozzina di studiosi brasiliani è andato a prendere contatto con le popolazioni indigene di quell’area.

«Vogliamo aprire una missione nello Javarì, fare ciò che hanno fatto i cappuccini un secolo fa qui nell’Alto Solimoes. Camminare accanto agli indios, condividerne la quotidianità. Dare una mano se e quando possibile».

La piccola spedizione ha incontrato una delegazione di anziani indigeni. Si tratta di gruppi che di fatto vivono da sempre isolati, individuati da poco dalla FUNAI, l’agenzia governativa che si occupa della tutela del mondo indigeno. L’obiettivo è monitorare la situazione. Comprendere le dimensioni del fenomeno di isolamento.
Inutile chiedere a Paolo Braghini quali sono i suoi progetti. «Il mio sogno, lo confesso, è andare laggiù e vivere in mezzo a loro».

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«Il mio sogno, lo confesso, è andare laggiù e vivere in mezzo a loro».

[SM=g1740733] senza dubbio che tale "sogno" sarebbe anche quello del Cristo salvo il fatto che Gesù vi desidera andarvi per un altro motivo: perchè l'altro conosca il vero Dio, si converta, si faccia BATTEZZARE e viva di Lui.... è fuori dubbio che pertanto questo "sogno" del frate è l'ennesimo INGANNO, è infatti il SUO sogno e non quello del Cristo, neppure quello di Francesco, il suo fondatore...che sognò di andare in Terra Santa dal Sultano, e vi andò, ma per tentare di convertirlo anche se non vi riuscì... ed infatti se ne ritornò a casa sua...




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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