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MA CHI SONO I FALSI MAESTRI, COME RICONOSCERLI? (qui alcuni esempi) (2)

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2012 17:03
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13/04/2012 16:20
 
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Gay, Schoenborn trova una sponda in Buttiglione

Pubblichiamo questo articolo uscito sul Foglio di oggi

di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

I fatti sono noti: il giovane austriaco Florian Stangl, che vive pubblicamente una relazione omosessuale, è stato eletto a capo del consiglio pastorale di Stützenhofen, a nord di Vienna. Il parroco ha eccepito, ma il suo vescovo, il cardinale Cristoph Schönborn, è intervenuto per sconfessare il sacerdote e benedire la nomina.
La vicenda continua a far discutere dentro le mura vaticane con prudenza e preoccupazione proporzionali alla caratura del porporato in questione. Ai “placet” progressisti si oppongono “non placet” conservatori in un dibattito che, a rigore, non avrebbe titolo di esistere, dato che Santa Romana Chiesa ha sempre censurato fatti come quello in oggetto.
Ma ora si fa strada la terza via del “placet iuxta modum” che riafferma la dottrina e, insieme, giustifica l’operato dell’arcivescovo di Vienna. Su queste pagine ne ha dato un esempio Rocco Bottiglione attraverso l’unica via possibile: fraintendendo l’iniziativa del cardinale Schönborn fino a farla sembrare una prova di carità cristiana. Il discorso di Buttiglione si articola in sei punti. Primo: Dio vuole la salvezza di tutte le anime, e dunque anche delle persone che vivono comportamenti omosessuali. Secondo: un omosessuale può essere benissimo un cristiano. Terzo: il cardinale non ha detto che l’omosessualità non sia un grave disordine morale. Quarto: la Chiesa non è il luogo dei perfetti, ma dei peccatori. Quinto: ciò che esclude dalla Chiesa non è il peccato ma l’eresia. Sesto: l’intransigenza contro l’omosessualità deve andare di pari passo con l’accoglienza umana per le persone omosessuali.
Tutte cose vere, ma nulla hanno a che fare con la condotta di Schönborn. Essere chiamati a far parte di un consiglio pastorale non significa essere riconosciuti dal parroco e dal vescovo come “perfetti”, categoria ignota al diritto canonico, ma come persone sufficientemente stimabili agli occhi della comunità. Il problema ha una doppia direzione: il consiglio pastorale “si” legittima grazie alla qualità dei suoi membri e, allo stesso tempo, “legittima” i suoi membri. Se un giovane negazionista con simpatie naziste venisse eletto in un consiglio pastorale, sarebbe difficile trovare nell’orbe cattolico un vescovo e un filosofo disposti a difenderlo in nome della carità e dicendo che nessuno è perfetto.
Il clamoroso e teatrale intervento di Schönborn non ha nulla a che vedere con l’incontro del cardinal Federigo con l’Innominato, non è un atto di doverosa elargizione del perdono che Cristo ha promesso a ogni peccatore pentito. Quello del porporato viennese è un gesto politico e dall’inevitabile significato magisteriale. E’, inequivocabilmente, un mettersi in ginocchio davanti al mondo. Le lobby gay premono alle porte della Chiesa affinchè sia abbandonato il tradizionale insegnamento morale sulla condotta omosessuale e il cardinale le ha accontentate.


Schönborn crede di cavarsela dicendo che ha incontrato il giovane a pranzo e ha capito che merita quel posto. Ma così facendo dimostra di ignorare la severa disciplina che la Chiesa applica, per esempio, ai divorziati risposati, ai quali è interdetto l’accesso alla Santa Comunione, è proposto di vivere “come fratello e sorella”, e anche in tal caso, è caldamente consigliato di non comunicarsi in parrocchia per non dare scandalo alla comunità. Perfino in assenza del peccato si deve aver riguardo allo scandalo che può derivare dall’apparenza. Il male si può tollerare, ma non può essere portato a modello.
Per finire, una considerazione tutt’altro che marginale: con quale autorità il parroco sconfessato dal suo vescovo potrà svolgere il suo ministero tra la sua gente?

 

 

 

[SM=g1740733]appello riflessione

 

Intanto Buttiglione farebbe bene a RISARCIRE in qualche modo, le centinaia di persone tratte in inganno dal suo essere testimonial di una università fasulla, ora indagata, e dalla quale ricevette una laurea Honorem causa, e per la quale si è sbracciato in elogi senza rendersi conto della truffa.... lui c'ha rimesso la faccia, che è così tanto tosta che neppure gli interessa più di tanto, ma molti giovani c'hanno rimesso i soldi e i corsi....  
detto questo allora vediamo come dovrebbe regolarsi la Chiesa PER I PADRINI E LE MADRINE i quali e le quali non possono vivere condizioni ADULTERATE rispetto ai Sacramenti, proprio per evitare di ingannare i fedeli....  
 
Qui siamo alla GIUSTIFICAZIONE del peccato mascherandola con l'amore e la carità che si deve al peccatore... e ancora, si continua a confondere l'essere omosessuale con il far filtrare L'ATTO omosessuale che inacettabile per la Chiesa... si scambia ormai ciò che è male in bene, chiamano bene ciò che è male.... (cfr Isaia)  
 
Il problema non è rifiutare l'incarico a tal persona perchè è omosessuale, ma semmai perchè VIVE L'ATTO DISORDINATO e non intende rinunciarvi!! questa deve essere la motivazione della rimozione del peccatore...e non perchè è un peccatore MA PERCHE' GLI PIACE RESTARE NEL PECCATO!  
Se il peccatore promettesse che da questa nomina farà il possibile, a cominciare da subito, per evitare l'atto e il peccare, allora la nomina potrebbe essere accolta.... [SM=g1740733]  
 
Certo che la Chiesa è fatta di peccatori, caro Buttiglione, ma che si sforzano di non peccare più.... o che almeno ci provano....  
qui invece si vuole la botte piena e la moglie ubriaca!!  
La Chiesa NON può accettare IL RIFIUTO A NON PECCARE PIU'.... e non può accogliere nomine di persone che non intendono cambiare vita.... l'atto omosessuale è un peccato, non l'essere tale, di conseguenza la Chiesa non può tacere davanti a coloro che intendono giustificare l'atto del peccare!  
 
All'adultera Gesù è vero che dice "neanch'io ti condanno..." ma aggiunge: "VA E NON PECCARE PIU'"..... la condizione per lavorare nella vigna del Signore è UNA CONVERSIONE, dallo stato di peccatore allo stato del discepolo  CHE LASCIA TUTTO, LASCIA IL PECCARE per cercare di essere testimone di UN PERDONO PIENO che lo si acquisisce resistendo al peccato, non giustificandolo!!   [SM=g1740730]
 
Buttiglione mi ascolti, dopo il fallimento delle sue politiche (non mi risulta che abbiano mai prodotto frutti), si dia all'ippica e lasci la dottrina a chi è competente, ossia al Magistero BIMILLENARIO della Chiesa, senza alterazioni....!  
 
dice la CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE: 3.6.2003  CONSIDERAZIONI CIRCA I PROGETTI  DI RICONOSCIMENTO LEGALE DELLE UNIONI TRA PERSONE OMOSESSUALI:  

Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. (..) Nella Sacra Scrittura le relazioni omosessuali « sono condannate come gravi depravazioni... (cf. Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tm 1, 10). Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati », senza se e senza ma.

 

[SM=g1740771]

 

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Per comprendere su cosa e dove poggiano i piedi i "falsi maestri" è bene andare per un attimo alle sorgenti del problema....

 

L’errore di Mounier

di Augusto Del Noce

Un'acuta disamina di Del Noce sugli errori di Emmanuel Mounier, iniziatore del «progressismo cattolico», e la sua interpretazione equivoca del fenomeno ateistico.

[Da «Il Tempo» del 2 aprile 1974, ora anche in «L’eurocomunismo e l’Italia», Editrice Europa Informazioni, Roma 1976, pp. 29-34]

La lettura di un recente, assai interessante libro di un giovane studioso (Lucio Pala, I cattolici francesi e la guerra di Spagna, Argalia, Urbino) mi ha riportato alle questioni che fervevano nel 1937, in ambienti, in quel tempo molto ristretti, di giovani cattolici. Ne era occasione la guerra di Spagna col suo duplice aspetto; perché erano innegabili le persecuzioni antireligiose stimolate, prima della guerra civile, dalle forze radicali e socialiste al potere, continuate poi dai comunisti e dagli anarchici; e altrettanto innegabile il fatto che gli aiuti alle forze tradizionaliste avessero dato al conflitto le sembianze di momento decisivo della marcia, che allora appariva irresistibile, del fascismo. Per la maggior parte dei cattolici si trattava di una «guerra santa», di una «crociata»; una minoranza, in Italia davvero minima, attenta al secondo aspetto, vi vedeva invece una lotta mortale tra «coloro che volevano servirsi di Dio, fingendo di servirLo» e «coloro che combattevano contro la religione confondendola con “quella religione di cui i potenti si servono”».

Apparvero in quell’anno le encicliche di condanna del comunismo (Divini Redemptoris, 19 marzo) e del nazismo (Mit brennender Sorge, 14 maggio). Il 1° maggio Mounier pubblicò nella sua rivista, Esprit, un commento alla prima. Possiamo fissare in quella lontana data l’inizio di ciò che poi maturò come «progressismo cattolico».

Non che fosse un commento particolarmente audace. Ma mentre, almeno dalla conclusione delle controversie sul modernismo in poi, le encicliche pontificie venivano lette dai fedeli come documenti infallibili, nell’articolo di Mounier si vedeva, come ben osserva il Pala, l’intenzione di.«ridurre la portata del documento pontificio al livello di un contributo, e neppure di primaria importanza, ad un dibattito in corso che continuava a restare aperto». In questa accettazione condizionata, in forma di limitazione del significato, si può scorgere un sia pur lontano germe di quel rifiuto dell’infallibilità, che è oggi pronunziato da certi teologi.

Non che Mounier fosse un cattolico-marxista, nel senso che ha oggi il termine, né che lo sia diventato negli anni successivi. Anche la sua posizione nei riguardi della Spagna era tutt’altro che oltranzista; in conclusione, si limitava a proporre una mediazione internazionale, non dissimile da quella auspicata dall’ortodossissimo Sturzo. Potrebbe anzi sembrare che le sue idee non differissero nella sostanza dalla condanna correlativa di comunismo e di nazismo pronunziata dal Papa. Eppure a ben guardare, la diversità c’era. Ce ne accorgiamo se portiamo l’attenzione su una frase, poco ricordata, della Divini Redemptoris: «Per la prima volta nella storia stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta e accuratamente preparata dall’uomo contro tutto ciò che è divino» (la sottolineatura, che è nel titolo, significa l‘importanza che il Pontefice le annetteva). Ossia, la storia contemporanea è prima che storia sociale e politica, storia dell’espansione dell’ateismo.

Mounier pensa invece esattamente l’opposto. Non sottovaluta certo il fenomeno dell’ateismo, ma ne spiega la genesi con motivazioni sociali. Ridotto all’essenziale il suo ragionamento è il seguente:

1) Ci sono dei cristiani per cui esiste una sorta di vincolo necessario tra la religione e il rispetto dell’ordine costituito. Soggettivamente la loro fede può essere fuori di discussione; possono essere esemplari nell’esercizio delle virtù private, nell’osservanza dei Comandamenti. Resta però che il loro è un cattolicesimo conservatore; lo vogliano o no, sono di conseguenza «dalla parte dei ricchi». Quando quest’ordine vacilla, essi finiscono con l’allearsi con avventurieri, miscredenti a ogni senso del sacro, che accorrono a difendere, per padroneggiarla, questa società «chiusa»; dopo che essa è caduta nelle loro mani, l’aspetto per cui la religione è strumento di conservazione balza in primo piano. I cattolici dell’«ordine costituito» si identificano nel consenso ai fascismi; e poco importa se di buona o di cattiva voglia.

2) Il difetto della riduzione della vita religiosa alla pura interiorità si manifesta nella sua dissociazione dalla politica; quel che ne consegue non è però una religione «pura», ma ridotta, sotto il riguardo politico, a strumento di conservazione. Ed essa non può non essere vista come tale da coloro che, sensibili alle ingiustizie e alle miserie sociali, vedono «l’organizzazione del disordine» là dove gli altri scorgono un ordine che la legittimità esteriore basta, se non a rendere sacro, almeno a porre al di fuori della critica. I ribelli contro i’ingiustizia sono dunque portati, al limite, ad unire rivoluzione e ateismo.

3) Per uscire da questo dilemma, che è la tragedia del nostro tempo, occorre che così i religiosi come i rivoluzionari rinunzino ai rispettivi «integralismi» (per servirci di un termine che diventerà di uso comune negli anni successivi): che i religiosi rinuncino a unire «religione» e «conservazione», e i rivoluzionari «rivoluzione» e «ateismo». Ma il primo passo devono muoverlo i religiosi; i rivoluzionari sono infatti dei «cristiani anonimi», e quando il carattere cristiano delle loro rivendicazioni sarà riconosciuto, comincerà il loro, sia pur lento, processo di conversione.

Tutto questo può sembrare persuasivo. L’ateismo può essere convinzione di intellettuali; ma essi non possono parlare al popolo se non secondando la sua sete di giustizia (qui il motivo populista che associa Mounier a Péguy). Ma vediamo, a distanza di decenni, se le cose siano così semplici, o se il presente non confermi invece il pensiero dell’Enciclica.

Sono almeno quindici anni che queste tesi sono diventate i presupposti pressoché indiscussi dell’ordinaria pubblicistica cattolica; basta sfogliare le riviste o guardare le vetrine delle librerie. Si è andati, nel progressismo, molto oltre a quelle che erano le intenzioni di Mounier. Quanto ai cattolici della «sacralità dell’ordine costituito», della rassegnazione, del sacrificio, delle virtù ascetiche, sono scomparsi e sarei grato a chi sapesse ancora mostrarmene un esemplare schietto, deciso, intransigente. Domandiamoci dunque se, da quando questo periodo ha avuto inizio, siano scomparsi i segni di una rinascita religiosa, o almeno quelli di un progresso di coscienza morale che possa preludervi, negli anni che verranno.

La risposta alla prima domanda e lampante: i cosiddetti «cristiani anonimi» hanno tratto dalla loro parte molti cristiani «progressivi», mentre neppur uno di loro si è aperto alla fede e alla morale religiosa. O, se lo ha fatto, non è perché sia passato al progressismo cattolico, ma perché ha ravvisato il carattere catastrofico dell’ateismo rivoluzionario. Quanto alla seconda, i più ottimisti continuano a parlare di «crescita», guardandosi però bene dallo specificare verso che cosa sia diretta. Si osservi: di «crescita», neppur più di «progresso».

Se i cattolici possono trarre qualche insegnamento da quel che è avvenuto negli ultimi quindici anni, esso mi par consistere proprio in questo: l’errore di Mounier e del gruppo «Esprit», si è fatto manifesto. La sua analisi dell’odio antireligioso, della lotta contro «tutto ciò che è divino» era affatto superficiale; pure curiosamente intoccabile, anche se raramente formulata, continua a sottendere quella cultura cattolica che si professa «aperta».

L’odio contro il divino, presente in ogni uomo sotto forma di tentazione, sperimentabile da ognuno quando si abbandona alla fantasticheria, ha radici ben più profonde di quelle che possono essere cercate nella socialità. Non consegue in alcun modo ad un amore frustrato della giustizia. Anche se, in chi lo assume, deve giustificarsi con una promessa menzognera di beni terreni: la liberazione, il progresso, la felicità, la realizzazione della persona, eccetera. Possiamo accorgercene se portiamo l’attenzione sulla forma d’irreligione che, proprio in questo periodo, si è straordinariamente diffusa: lo scientismo, da ben distinguere, naturalmente, dalla scienza. Il suo primo asserto, «non esiste che quel che è sperimentalmente verificabile», non è suscettibile di alcuna prova. Esso è perciò tanto più intollerante in quanto, pur avendo la gratuità della fede, non può riconoscerlo, e deve presentarsi come espressione della ragione: ha l’intolleranza della ragione mistificata. Ora è ben difficile vedere in questo scientismo una protesta «morale» contro il «mondo cristiano», e le ingiustizie che esso può aver storicamente coperto e coprire. In quel farsi storia dell’ateismo in cui la Divini Redemptoris vedeva il tratto che caratterizza il nostro tempo, bisogna distinguere degli stadi: lo stadio raggiunto oggi non permette più le illusioni che erano spiegabili al tempo in cui Mounier pensava.

Albert Béguin, che fu suo successore nella direzione di Esprit, vedeva il maggior merito di Mounier nell’aver liberato il cattolicesimo francese dalla tracce del pessimismo giansenista. Sarebbe più giusto dire che cadde nell’errore opposto e più pericoloso. C’era già in germe nella sua opera quella perdita del senso del peccato, che caratterizza certo cattolicesimo secolarizzato e «demitizzato» di oggi; e la cui natura difficilmente può essere compresa se non si risale alle sue prime origini, e alle occasioni storiche che spiegano come qualcuno possa essere giunto a tale benevola interpretazione, senza riscontro nella tradizione dell’ateismo.



[SM=g1740733]

 

[Modificato da Caterina63 16/04/2012 17:43]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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