< Infine nel brano di Luca 12,42 ss troviamo la figura del servo che di fronte all’attesa del proprio padrone, si può comportare in modi differenti. Rileggiamo il testo:
43 Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. 44In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.
47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
1) totale fedeltà, 2) totale infedeltà, 3) parziale infedeltà, 4) parziale fedeltà.
Per ciascuno di questi atteggiamenti, Gesù dichiara come si comporterà il padrone al suo ritorno dicendo che
- nel primo caso il servo fedele sarà posto a capo di tutti i suoi beni: cioè in uno stato di premio, che noi, in base alle altre Scritture chiamiamo "paradiso".
- nel secondo caso il servo malvagio sarà trattato con rigore come gli infedeli, cioè verrà punito nel fuoco eterno (cf.Mt.25,41)
•nel terzo caso Gesù indica il comportamento di chi non si uniforma pienamente alla volontà del Padrone pur conoscendola e dice che riceverà molte percosse;
•nel quarto caso indica il comportamento di un servo che ha agito male ma senza sapere di offendere il Padrone. Si noti l’attenuante e come Gesù tenga conto delle responsabilità individuali di ogni suo servo. Questo servo dunque, di percosse ne
riceverà poche."
Questo testo non lascia dubbi circa il destino dei singoli servi: è chiarissimo il riferimento al premio del paradiso, al castigo eterno, ma soprattutto alla parziale pena comminata a chi pur non avendo fatto in tutto e per tutto la volontà del padrone non si è reso responsabile di un castigo eterno ma solo di "molte o poche percosse"; e siccome queste sono promesse al ritorno del padrone è chiaro anche che non si riferisce alla vita presente ma a quella futura.
Per questa parziale e temporanea punizione decisa dal Padrone quando si incontrerà di nuovo col suo servo non del tutto fedele e non del tutto infedele, è stato utilizzato il termine unico di "purgatorio" per sintetizzare tutto il concetto espresso nella Scrittura in tutti i brani sopra riportati.>
http://difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8698757
E, sinceramente, ho dato sempre per scontata questa interpretazione. Tuttavia, frequentando anche un sito americano di apologetica CATTOLICA....
http://phatcatholic.blogspot.com/2006/09/scripture-commentary-by-st-thomas.html
....che apprezzo anche a causa del fatto che ciascun versetto dei Vangeli sia seguito da numerose citazioni ascrivibili ai Padri della Chiesa, ho trovato che San Basilio Magno lo interpreta in modo del tutto differente:
BASIL; But you will say, If the one indeed received many stripes, and the other few, how do some say He assigns no end to punishments? But we must know, that what is here said assigns neither measure nor end of punishments, but their differences.
For a man may deserve unquenchable fire, to either a slight or more intense degree of heat, and the worm that dies not with greater or more violent gnawings. (link: http://dhspriory.org/thomas/CALuke.htm#12)
Ovvero, in italiano:
BASILIO: Ma voi direte....se uno, in realtà, ha ricevuto parecchie frustate, e l'altro poche (frustate), come mai alcuni asseriscono che Egli non assegni alcun termine alle punizioni? Tuttavia, noi dobbiamo sapere che ciò che è qui espresso non conferisce
né una misura, né una fine alle punizioni, ma solo le loro differenze. Dal momento che un uomo può meritarsi il fuoco inestinguibile, sia con una lieve intensità di calore, sia con un calore più intenso; (nonché meritarsi) il verme che non muore mai con
maggiori o comunque più violenti morsi.
a) Ora, a parte il sincero timor di Dio che in me nasce da questi versi, la cosa che (a mio avviso) risalta è un'apparente contraddizione tra le due interpretazioni: San Basilio Magno, a quanto pare, sottrae a questi versi di Luca ogni riferimento al
Purgatorio. Qual è la posizione "UFFICIALE" riguardo alla corretta interpretazione di questi versi? Sono io (come spero tanto) ad aver capito male? Ovviamente, credo assolutamente nella Dottrina del Purgatorio, che emerge da decine di altri versi.
E' l'uso di questi specifici versi, al fine di convalidare ulteriormente la medesima Dottrina, che alla luce di quanto scritto da San Basilio mi mette in difficoltà. Come interpretano gli altri Padri questi stessi versi?
b) Io inoltre ho sempre correlato il verso 48 alla posizione dei "fratelli separati"..., collegandolo a sua volta a Mc 9, 38-39, ossia al fatto che l'appellarsi al nome di Gesù comunque consenta ad essi di essere strumento nelle mani di Dio, pur non
trovandosi in piena comunione con la Santa Chiesa. Tuttavia, San Basilio Magno, così interpretando, li escluderebbe dalla Salvezza, a prescindere....Ho capito io male? Non c'è nessuna salvezza per chi fraintenda in buona fede le Scritture? E'
possibile inoltre, come afferma San Basilio, che nell'Inferno si soffra in certi casi di più ed in altri di meno?
c) sempre riguardo a Mc 9, 38-39, come lo interpretate? Io l'ho sempre considerato con riferimento ai nostri Fratelli Separati:
a - costui che operava i l'esorcismo (tuttavia Gesù amplia il discorso, comprendendo i "miracoli" nel senso più ampio) non apparteneva al "corpo" dei discepoli/apostoli, né sembra avesse deciso di aderirvi in seguito al "divieto" subito per opera dei
discepoli/apostoli (scrivo discepoli/apostoli perché in Mc 9 non ho ancora capito se si potesse parlare già di Apostoli....forse mi sfugge);
b - sicuramente, possedeva una conoscenza "dottrinaria" molto imperfetta e, complessivamente, incompleta, soprattutto riguardo le cose che Gesù spiegava ai soli discepoli/apostoli (addirittura, è ampiamente probabile non sapesse neanche che
Gesù fosse il Cristo, cosa che solo S.Pietro aveva riconosciuta e riguardo la quale Gesù aveva imposto ai suoi il silenzio);
c - il Consolatore, lo Spirito Santo, non era ancora sceso su alcuno, per cui l'operatore di "miracoli" di cui si parla nel versetto in esame non poteva aver in alcun modo ricevuto la pienezza della Fede che poi sarebbe stata conferita ai 120 durante la
Pentecoste (tanto per fare un esempio);
d - complessivamente, mi sembra di poter dire che codesto "operatore di miracoli" non fosse in "comunione" con il corpo dei discepoli/apostoli (embrione già parzialmente operante della Chiesa) e , quindi, con la Chiesa medesima; né che fosse in
possesso della "completezza" dottrinale; tanto meno mi sembra di poter asserire che costui avesse mostrato l'intenzione di "entrare" nel corpo dei discepoli/apostoli, altrimenti S.Giovanni si sarebbe espresso diversamente.
e - mi sembra quindi "assimilabile" concettualmente ad un ERETICO e, difatti, tra gli altri, sul medesimo sito CATTOLICO americano di apologetica, sopra menzionato, il grande Sant'Agostino, riguardo l'interpretazione di tali versi, si esprime così:
"...Ad esempio, colui il quale operasse miracoli nel nome di Cristo e che, tuttavia, non si fosse unito al corpo dei Suoi discepoli, fintantoché operasse tali miracoli nel Suo nome, era CON loro, e NON contro di loro; tuttavia, nel non aver aderito
alla loro comunità, egli NON era CON loro, bensì, CONTRO di essi.
Fu a causa del loro proibire a costui di poter procedere in ciò in cui egli stesso era CON loro che il Signore rispose: "Non proibiteglielo." Ciò in quanto i discepoli avrebbero dovuto invece proibire che egli rimanesse al di fuori della loro comuni-
tà, in modo tale da persuaderlo [della necessità] dell'unità della Chiesa. Tuttavia essi non avrebbero dovuto affatto proibirgli di operare ciò in virtù di cui egli era CON loro, ossia il suo appellarsi al nome del loro Signore e Maestro al fine di otte-
nere l'espulsione dei demòni.
E' per questo che la Chiesa Cattolica non disapprova negli ERETICI i sacramenti, che sono in comune, bensì essa biasima la loro divisione nonché talune loro opinioni contrarie alla pace ed alla verità; dal momento che in ciò, essi, sono contro
di noi." (Sant'Agostino di Ippona)
Il medesimo sito (a mia avviso straordinario, purché si abbia una certa dimestichezza con l'inglese) non indica, tuttavia, in tal caso il riferimento a quale sia l'opera di Sant'Agostino dalla quale sia stato estratto tale brano. Mi sembra comunque, una
interpretazione precisa e puntuale (e non potrebbe essere diversamente, considerando l'Autore). Cosa ne pensate?
d) Come interpretare 2Pt 3, 16, ove è scritto "...che gli ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina"? Allora avrebbe ragione San Basilio, nel senso che l'eretico, anche se in buona fede, andrebbe inevitabilmente
verso la rovina totale, senza possibilità di salvezza?
Vi chiedo scusa per l'eccessiva prolissità.
Dio benedica Voi e la nostra Santa Madre Chiesa, che a 37 anni ho scoperto di amare più di ogni altra cosa nella mia vita (dal momento che è la sposa ed il corpo di Nostro Signore).
Paolo (alea_iacta_est72)