8-15 maggio 2009 Benedetto XVI Pellegrino in Terra Santa

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Caterina63
00giovedì 14 maggio 2009 15:13
All’inizio della Messa di Nazareth l’ordinario greco-melkita per la Galilea Elias Chacour ha rivolto al Papa l’indirizzo di saluto. Ne diamo un’ampia sintesi:
 
Santità,
A nome mio e a nome delle Chiese Cattoliche nella Terra Santa e a nome di  tutti i presenti, porgo un saluto caloroso dicendo: “Benedetto Colui che viene nel nome del Signore”. Cristo e risorto! Lui è veramente risorto. Questo è il nostro auguro pasquale a Sua Santità, proclamato dalle nostre Chiese antiche.
 
Questo Cristo risorto dai morti è il Figlio di questo nostro Paese, figlio di Nazareth, di questa Nazareth che saluta Sua Santità con gioia e amore filiale. Infatti, qui a Nazareth il Verbo si è fatto carne per venire ad abitare tra noi.
 
Santità, la Chiesa della Galilea custodisce sempre l’alleanza della Resurrezione, proclamando continuamente la Buona Notizia nonostante le grandi difficoltà e i pericoli che minacciano la sua presenza in Terra Santa. L'esodo dei cristiani ci angoscia con dolore e ci mostra una prospettiva poco incoraggiante.   Santità, abbiamo bisogno delle sue preghiere e del suo sostegno morale e spirituale. Gli sfollati di ”Bourom e Ikreth”, qui presenti, aspettano con speranza un sostegno per poter ritornare ai loro villaggi e vivere nelle loro case così come fanno gli altri cittadini di questo Paese.
 
Noi abbiamo un grande amore per San Pietro di cui Lei, per la grazia di Dio, è il degno Successore.  Ringraziamo Dio per la comunione profonda con la Santa Sede. In tutta umiltà vogliamo annunciare la nostra fede davanti al mondo intero: Tu sei la pietra e su questa pietra Gesù ha costruito la sua Chiesa, e le porte degli inferi, molte nei nostri giorni, non prevarranno.
 
Ringraziamo Sua Santità per la benedizione della Prima pietra del Centro Mondiale per la famiglia cristiana nella città della Santa Famiglia, Nazareth. Si tratta della Prima pietra della prima istituzione accademica araba cristiana in Terra Santa così come in Galilea e in Israele. Siamo lieti per aver permesso di dare il suo nome a quest’Università, che si chiama appunto “Università Papa Benedetto XVI”. Ringraziamo il Consiglio israeliano per l’Insegnamento superiore per il suo riconoscimento di questa istituzione accademica. Continuiamo ad aspettare sempre più sostegno dalle autorità israeliane, come cittadini di questo Paese: siamo convinti che rispetteranno i nostri diritti. Le nostre istituzioni educative, le nostre scuole sono la nostra prima priorità perché questo è lo strumento per diffondere il messaggio di Cristo, per diffondere lo spirito di riconciliazione. Le nostre scuole lottano per la sopravvivenza, fanno grandi sacrifici, ma andiamo avanti: le nostre scuole sono di altissimo livello.
 
La ringraziamo per la sua presenza tra noi. Così Lei rinnova la presenza del grande Figlio di Nazareth. Dio benedica questa sua presenza. Continui ad essere nostro padre, padre dei discepoli di Cristo nella terra di Cristo. Stiamo camminando sulle sue orme. Vogliamo giustizia e rettitudine per godere della pace e della sicurezza per tutti.









Nello splendido scenario del Monte del Precipizio a Nazareth, che si apre ad anfiteatro sulle colline della Galilea, il Papa ha presieduto stamani la Messa per la conclusione dell’Anno della Famiglia indetto dalla Chiesa cattolica in Terra Santa. Oltre 45 mila i fedeli presenti. Nella sua omelia Benedetto XVI ha ribadito che la famiglia ha una “missione insostituibile nella società” che va sostenuta dallo Stato. Poi, in merito alle passate tensioni tra cristiani e musulmani a Nazareth, ha invitato a respingere "il potere distruttivo dell’odio e del pregiudizio”.


Il testo integrale

Cari fratelli e sorelle!

"La pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo!" (Col 3,15). Con queste parole dell’apostolo Paolo, saluto tutti voi con affetto nel Signore. Mi rallegro di essere venuto a Nazareth, luogo benedetto dal mistero dell’Annunciazione, il posto che ha visto gli anni nascosti della crescita di Cristo in sapienza, età e grazia (cfr Lc 2,52). Ringrazio l’Arcivescovo Elia Chacour per le cortesi parole di benvenuto, ed abbraccio con il segno della pace i miei confratelli Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli della Galilea, che, nella diversità dei riti e delle tradizioni, danno espressione all’universalità della Chiesa di Cristo. Desidero ringraziare in modo speciale quanti hanno reso possibile questa celebrazione, particolarmente coloro che sono stati coinvolti nella pianificazione e nella costruzione di questo nuovo teatro con il suo splendido panorama.

Qui nella città di Gesù, Maria e Giuseppe, siamo riuniti per segnare la conclusione dell’Anno della Famiglia celebrato dalla Chiesa nella Terra Santa. Come segno promettente per il futuro, benedirò la prima pietra di un Centro internazionale per la Famiglia, che sarà costruito a Nazareth. Preghiamo affinché esso promuova una forte vita familiare in questa regione, offra sostegno ed assistenza alle famiglie ovunque, e le incoraggi nella loro insostituibile missione nella società.

È inoltre mia speranza che questa tappa del mio pellegrinaggio attiri l’attenzione di tutta la Chiesa verso questa città di Nazareth. Abbiamo tutti bisogno, come disse qui il Papa Paolo VI, di tornare a Nazareth, per contemplare sempre di nuovo il silenzio e l’amore della Sacra Famiglia, modello di ogni vita familiare cristiana. Qui, sull’esempio di Maria, di Giuseppe e di Gesù, possiamo giungere ad apprezzare ancor di più la santità della famiglia, che, nel piano di Dio, si basa sulla fedeltà per la vita intera di un uomo e di una donna, consacrata dal patto coniugale ed aperta al dono di Dio di nuove vite. Quanto hanno bisogno gli uomini e le donne del nostro tempo di riappropriarsi di questa verità fondamentale, che è alla base della società, e quanto importante è la testimonianza di coppie sposate in ordine alla formazione di coscienze mature e alla costruzione della civiltà dell’amore!

Nella prima lettura odierna, tratta dal Siracide, la parola di Dio presenta la famiglia come la prima scuola della sapienza, una scuola che educa i propri membri nella pratica di quelle virtù che portano alla felicità autentica e ad un durevole appagamento. Nel piano divino per la famiglia, l’amore del marito e della moglie porta frutto in nuove vite, e trova quotidiana espressione negli amorevoli sforzi dei genitori di assicurare un’integrale formazione umana e spirituale per i loro figli. Nella famiglia ogni persona, sia che si tratti del bambino più piccolo o del genitore più anziano, viene considerata per ciò che è in se stessa e non semplicemente come un mezzo per altri fini. Qui iniziamo a vedere qualcosa del ruolo essenziale della famiglia come primo mattone di costruzione di una società ben ordinata e accogliente. Possiamo inoltre giungere ad apprezzare, all’interno della società più ampia, il ruolo dello Stato chiamato a sostenere le famiglie nella loro missione educatrice, a proteggere l’istituto della famiglia e i suoi diritti nativi, come pure a far sì che tutte le famiglie possano vivere e fiorire in condizioni di dignità.

Scrivendo ai Colossesi, l’apostolo Paolo parla istintivamente della famiglia quando cerca di illustrare le virtù che edificano "l’unico corpo", che è la Chiesa. Quali "scelti da Dio, santi e amati", siamo chiamati a vivere in armonia e in pace l’uno con l’altro, mostrando anzitutto magnanimità e perdono, con l’amore quale più alto vincolo di perfezione (cfr Col 3,12-14). Come nel patto coniugale, l’amore dell’uomo e della donna viene innalzato dalla grazia fino a divenire condivisione ed espressione dell’amore di Cristo e della Chiesa (cfr Ef 5,32), così anche la famiglia fondata sull’amore viene chiamata ad essere una "Chiesa domestica", luogo di fede, di preghiera e di preoccupazione amorevole per il bene vero e durevole di ciascuno dei propri membri.

Mentre riflettiamo su tali realtà in questa che è la città dell’Annunciazione, il nostro pensiero si volge naturalmente a Maria, "piena di grazia", la Madre della Santa Famiglia e nostra Madre. Nazareth ci ricorda il dovere di riconoscere e rispettare dignità e missione concesse da Dio alle donne, come pure i loro particolari carismi e talenti. Sia come madri di famiglia, come una vitale presenza nella forza lavoro e nelle istituzioni della società, sia nella particolare chiamata a seguire il Signore mediante i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, le donne hanno un ruolo indispensabile nel creare quella "ecologia umana" (cfr Centesimus annus, 39) di cui il mondo, e anche questa terra, hanno così urgente bisogno: un ambiente in cui i bambini imparino ad amare e ad apprezzare gli altri, ad essere onesti e rispettosi verso tutti, a praticare le virtù della misericordia e del perdono.

Qui pensiamo pure a san Giuseppe, l’uomo giusto che Dio pose a capo della sua casa. Dall’esempio forte e paterno di Giuseppe, Gesù imparò le virtù della pietà virile, della fedeltà alla parola data, dell’integrità e del duro lavoro. Nel falegname di Nazareth poté vedere come l’autorità posta al servizio dell’amore sia infinitamente più feconda del potere che cerca di dominare. Quanto bisogno ha il nostro mondo dell’esempio, della guida e della calma forza di uomini come Giuseppe!

Infine, nel contemplare la Sacra Famiglia di Nazareth, rivolgiamo lo sguardo al bambino Gesù, che nella casa di Maria e di Giuseppe crebbe in sapienza e conoscenza, sino al giorno in cui iniziò il ministero pubblico. Qui vorrei lasciare un pensiero particolare ai giovani presenti. Il Concilio Vaticano II insegna che i bambini hanno un ruolo speciale nel far crescere i loro genitori nella santità (cfr Gaudium et spes, 48). Vi prego di riflettere su questo e di lasciare che l’esempio di Gesù vi guidi non soltanto nel mostrare rispetto ai vostri genitori, ma anche nell’aiutarli a scoprire più pienamente l’amore che dà alla nostra vita il senso più completo. Nella Sacra Famiglia di Nazareth fu Gesù ad insegnare a Maria e Giuseppe qualcosa della grandezza dell’amore di Dio, suo celeste Padre, la sorgente ultima di ogni amore, il Padre da cui ogni paternità in cielo e in terra prende nome (cfr Ef 3,14-15).

Cari amici, nella colletta della Messa odierna abbiamo chiesto al Padre di "aiutarci a vivere come la Sacra Famiglia, unita nel rispetto e nell’amore". Rinnoviamo qui il nostro impegno ad essere lievito di rispetto e di amore nel mondo che ci attornia. Questo Monte del Precipizio ci ricorda, come lo ha fatto con generazioni di pellegrini, che il messaggio del Signore fu talvolta sorgente di contraddizione e di conflitto con i propri ascoltatori. Purtroppo, come il mondo sa, Nazareth ha sperimentato tensioni negli anni recenti che hanno danneggiato i rapporti fra le comunità cristiana e musulmana. Invito le persone di buona volontà di entrambe le comunità a riparare il danno che è stato fatto, e in fedeltà al comune credo in un unico Dio, Padre dell’umana famiglia, ad operare per edificare ponti e trovare modi per una pacifica coesistenza. Ognuno respinga il potere distruttivo dell’odio e del pregiudizio, che uccidono l’anima umana prima ancora che il corpo!

Permettetemi di concludere con una parola di gratitudine e di lode per quanti si adoperano per portare l’amore di Dio ai bambini di questa città e per educare le generazioni future nelle vie della pace. Penso in modo speciale agli sforzi delle Chiese locali, particolarmente nelle loro scuole e nelle istituzioni caritative, per abbattere i muri e per essere fertile terreno d’incontro, di dialogo, di riconciliazione e di solidarietà. Incoraggio i sacerdoti, i religiosi, i catechisti e gli insegnanti che sono impegnati, insieme con i genitori e quanti si dedicano al bene dei nostri ragazzi, a perseverare nel dare testimonianza al Vangelo, ad aver fiducia nel trionfo del bene e della verità e a confidare che Dio farà crescere ogni iniziativa destinata a diffondere il suo Regno di santità, solidarietà, giustizia e pace. Al tempo stesso riconosco con gratitudine la solidarietà che tanti nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo mostrano verso i fedeli della Terra Santa, sostenendo i lodevoli programmi ed attività del Catholic Near East Welfare Association.

"Si faccia di me secondo la tua parola" (Lc 1,38). La Vergine dell’Annunciazione, che coraggiosamente aprì il cuore al misterioso piano di Dio, e divenne Madre di tutti i credenti, ci guidi e ci sostenga con la sua preghiera. Ottenga per noi e le nostre famiglie la grazia di aprire le orecchie a quella parola del Signore che ha il potere di edificarci (cfr At 20,32), di ispirarci decisioni coraggiose e di guidare i nostri passi sulla via della pace!

[00730-01.01] [Testo originale: Inglese]

Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Papa benedice le prime pietre per il Centro Internazionale della Famiglia, il Parco Memoriale Giovanni Paolo II e la "University of Pope Benedict XVI".

Quindi si trasferisce in auto al Convento dei Francescani di Nazareth dove pranza con gli Ordinari locali, con la Comunità dei Francescani e con i Membri del Seguito papale.


Fonte Radio Vaticana










...le suore dell'Immacolata di Kolbe che si sono avviate per la Messa in rito Straordinario... Occhiolino







 

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Caterina63
00giovedì 14 maggio 2009 18:21
Ho appena terminato di seguire la diretta dei Vespri dalla Basilica dell'Annunciazione....davvero l'anticamera del Paradiso....un atmosfera angelica, io ho percepito davvero la presenza di Maria Santissima....ho davvero pregato bene a distanza...e vi invito a meditare molto sull'omelia del Santo Padre, davvero un capolavoro... [SM=g1740722]


Ecco il testo integrale dell’omelia del Papa:
 
 
Fratelli Vescovi,
Padre Custode,
cari fratelli e sorelle in Cristo!
 
E’ per me fonte di profonda commozione essere presente con voi oggi proprio nel luogo dove la Parola di Dio si è fatta carne ed è venuta ad abitare fra noi. Quanto è opportuno trovarci qui riuniti per cantare la Preghiera dei Vespri della Chiesa, dando lode e grazie a Dio per le meraviglie che egli ha fatto per noi! Ringrazio l’Arcivescovo Sayah per le parole di benvenuto, e, tramite lui, saluto tutti i membri della comunità Maronita qui in Terra Santa. Saluto i sacerdoti, i religiosi, i membri dei movimenti ecclesiali e gli operatori pastorali venuti da tutta la Galilea. Ancora una volta rendo lode alla cura dimostrata dai Frati della Custodia, nel corso di molti secoli, nel provvedere ai luoghi santi come questo. Saluto il Patriarca Latino emerito, Sua Beatitudine Michel Sabbah, che per più di venti anni ha guidato il suo gregge in queste terre. Saluto i fedeli del Patriarcato Latino ed il loro attuale Patriarca, Sua Beatitudine Fouad Twal, così come i membri della comunità Greco-Melchita, qui rappresentata dall’ Arcivescovo Elias Chacour. Ed in questo luogo dove Gesù stesso crebbe fino alla maturità ed imparò la lingua ebraica, saluto i Cristiani di lingua ebraica, che sono per noi un richiamo alle radici ebraiche della nostra fede.
 
Ciò che accadde qui a Nazareth, lontano dagli sguardi del mondo, è stato un atto singolare di Dio, un potente intervento nella storia attraverso il quale un bambino fu concepito per portare la salvezza al mondo intero. Il prodigio dell'Incarnazione continua a sfidarci ad aprire la nostra intelligenza alle illimitate possibilità del potere trasformante di Dio, del suo amore per noi, del suo desiderio di essere in comunione con noi. Qui l'eterno Figlio di Dio divenne uomo, e rese così possibile a noi, suoi fratelli e sorelle, di condividere la sua figliolanza divina. Quel movimento di abbassamento di un amore che si è svuotato di sé ha reso possibile il movimento inverso di esaltazione nel quale anche noi siamo elevati a condividere la vita stessa di Dio (cfr Fil 2,6-11).

Lo Spirito che “discese su Maria” (cfr Lc 1,35) è lo stesso Spirito che si librò sulle acque all'alba della Creazione (cfr Gn 1,2). Questo ci ricorda che l'Incarnazione è stata un nuovo atto creativo. Quando nostro Signore Gesù Cristo fu concepito per opera dello Spirito Santo nel seno verginale di Maria, Dio si unì con la nostra umanità creata, entrando in una permanente nuova relazione con noi e inaugurando una nuova Creazione. Il racconto dell'Annunciazione illustra la straordinaria gentilezza di Dio (cfr Madre Julian di Norwich, Rivelazioni 77-79). Egli non impone se stesso, non predetermina semplicemente la parte che Maria avrà nel suo piano per la nostra salvezza, egli cerca innanzitutto il suo assenso. Nella Creazione iniziale ovviamente non era questione che Dio chiedesse il consenso delle sue creature, ma in questa nuova Creazione egli lo chiede. Maria sta al posto di tutta l’umanità. Lei parla per tutti noi quando risponde all'invito dell'angelo. San Bernardo descrive come l’intera corte celeste stesse aspettando con ansiosa impazienza la sua parola di consenso grazie alla quale si compì l'unione nuziale tra Dio e l’umanità. L'attenzione di tutti i cori degli angeli s’era concentrata su questo momento, nel quale ebbe luogo un dialogo che avrebbe dato avvio ad un nuovo e definitivo capitolo della storia del mondo.
Maria disse: "Avvenga di me secondo la tua parola".
E la Parola di Dio divenne carne.[SM=g1740720] 

 
Il riflettere su questo gioioso mistero ci dà speranza, la sicura speranza che Dio continuerà a condurre la nostra storia, ad agire con potere creativo per realizzare gli obiettivi che al calcolo umano sembrano impossibili. Questo ci sfida ad aprirci all’azione trasformatrice dello Spirito Creatore che ci fa nuovi, ci rende una cosa sola con Lui e ci riempie con la sua vita. Ci invita, con squisita gentilezza, a consentire che egli abiti in noi, ad accogliere la Parola di Dio nei nostri cuori, rendendoci capaci di rispondere a Lui con amore ed andare con amore l’uno verso l'altro.
 
Nello Stato di Israele e nei Territori Palestinesi i Cristiani formano una minoranza della popolazione. Forse a volte vi sembra che la vostra voce conti poco. Molti dei vostri amici cristiani sono emigrati, nella speranza di trovare altrove maggiore sicurezza e migliori prospettive. La vostra situazione richiama alla mente quella della giovane vergine Maria, che condusse una vita nascosta a Nazareth, con ben poco per il suo quotidiano quanto a ricchezza e ad influenza mondana. Per citare le parole di Maria nel suo grande inno di lode, il Magnificat, Dio ha guardato alla sua serva nella sua umiltà, ha ricolmato di beni l’affamato. Prendiamo forza dal cantico di Maria, che tra poco canteremo in unione con la Chiesa intera in tutto il mondo! Abbiate il coraggio di essere fedeli a Cristo e di rimanere qui nella terra che Egli ha santificato con la sua stessa presenza! Come Maria, voi avete un ruolo da giocare nel piano divino della salvezza, portando Cristo nel mondo, rendendo a Lui testimonianza e diffondendo il suo messaggio di pace e di unità. [SM=g1740738]
Per questo, è essenziale che siate uniti fra voi, così che la Chiesa nella Terra Santa possa essere chiaramente riconosciuta come "un segno ed uno strumento di comunione con Dio e di unità di tutto il genere umano" (Lumen gentium, 1). La vostra unità nella fede, nella speranza e nell’amore è un frutto dello Spirito Santo che dimora in voi e vi rende capaci di essere strumenti efficaci della pace di Dio, aiutandovi a costruire una genuina riconciliazione tra i diversi popoli che riconoscono Abramo come loro padre nella fede. Perché, come Maria ha gioiosamente proclamato nel suo Magnificat, Dio è sempre memore “della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza per sempre" (Lc 1,54-55).
 
Cari Amici in Cristo, siate certi che io continuamente vi ricordo nella mia preghiera, e vi chiedo di fare lo stesso per me. Volgiamoci ora verso il nostro Padre celeste, che in questo luogo ha guardato all’umiltà della sua serva, e cantiamo le sue lodi in unione con la Beata Vergine Maria, con tutti i cori degli angeli e dei santi e con tutta la Chiesa in ogni parte del mondo.
 

fonte Radio Vaticana


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Dalla sotto Basilica dell'Annunciazione, la parte archeologica custodita dentro la Basilica esterna....un incontro davvero commovente e profondamente mariano....

     

     






 
Caterina63
00giovedì 14 maggio 2009 18:57
Nel pomeriggio il Papa, dopo l’incontro col premier israeliano Netanyahu, si è recato nel Santuario dell’Annunciazione (prima della recita dei Vespri) per un saluto ai capi religiosi della Galilea, in rappresentanza di cristiani, musulmani, ebrei e drusi.

Ecco il testo integrale del saluto del Papa:
 
Cari Amici,
 
grato per le parole di benvenuto del Vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo e per la vostra calorosa accoglienza, saluto cordialmente i leaders delle diverse comunità presenti, comprendenti Cristiani, Musulmani, Giudei, Drusi ed altre persone religiose. Avverto come una particolare benedizione il poter visitare questa città venerata dai Cristiani come il luogo dove l’Angelo annunciò alla Vergine Maria che avrebbe concepito per opera dello Spirito Santo. Qui anche Giuseppe, suo promesso sposo, vide in sogno un Angelo e gli fu indicato di chiamare il bambino “Gesù”. Dopo questi meravigliosi eventi che accompagnarono la sua nascita, il bambino venne portato in questa città da Giuseppe e Maria, dove egli “cresceva e si fortificava pieno di sapienza e la grazia di Dio era su di lui” (Lc 2, 40).
 
La convinzione che il mondo è un dono di Dio e che Dio è entrato nelle svolte e nei tornanti della storia umana, è la prospettiva dalla quale i Cristiani vedono che la creazione ha una ragione ed uno scopo. Lungi dall'essere il risultato di un fato cieco, il mondo è stato voluto da Dio e rivela il suo splendore glorioso.
 
Al cuore di ogni tradizione religiosa c’è la convinzione che la pace stessa è un dono di Dio, anche se non può essere raggiunta senza lo sforzo umano. Una pace durevole proviene dal riconoscimento che il mondo non è ultimamente nostra proprietà, ma piuttosto l'orizzonte entro il quale noi siamo invitati a partecipare all'amore di Dio e a cooperare nel guidare il mondo e la storia sotto la sua ispirazione. Non possiamo fare con il mondo tutto quello che ci piace; anzi, siamo chiamati a conformare le nostre scelte alle complesse e tuttavia percettibili leggi scritte dal Creatore nell'universo e a modellare le nostre azioni secondo la bontà divina che pervade il regno del creato.
 
La Galilea, una terra conosciuta per la sua eterogeneità etnica e religiosa, è la patria di un popolo che ben conosce gli sforzi richiesti per vivere in armoniosa coesistenza. Le nostre diverse tradizioni religiose hanno in sé potenzialità notevoli in ordine alla promozione di una cultura della pace, specialmente attraverso l’insegnamento e la predicazione dei valori spirituali più profondi della nostra comune umanità. Plasmando i cuori dei giovani, noi plasmiamo il futuro della stessa umanità. I Cristiani volentieri si uniscono ad Ebrei, Musulmani, Drusi e persone di altre religioni nel desiderio di salvaguardare i bambini dal fanatismo e dalla violenza, mentre li preparano ad essere costruttori di un mondo migliore.
 
Miei cari Amici, so che voi accogliete gioiosamente e con il saluto della pace i molti pellegrini che giungono in Galilea. Vi incoraggio a continuare ad esercitare il vicendevole rispetto, mentre vi adoperate ad alleviare le tensioni concernenti i luoghi di culto, garantendo così un ambiente sereno per la preghiera e la meditazione, qui e in tutta la Galilea. Rappresentando diverse tradizioni religiose, condividete il comune desiderio di contribuire al miglioramento della società e di testimoniare così i valori religiosi e spirituali che aiutano a corroborare la vita pubblica. Vi assicuro che la Chiesa Cattolica è impegnata a partecipare a questa nobile impresa. Cooperando con uomini e donne di buona volontà, essa cercherà di assicurare che la luce della verità, della pace e della bontà continui a risplendere dalla Galilea e a guidare le persone del mondo intero a cercare tutto ciò che promuove l'unità della famiglia umana.
Dio vi benedica tutti!














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Caterina63
00giovedì 14 maggio 2009 23:07
Vespri nella Basilica dell'Annunciazione






 

qui il Santo Padre all'interno del sito archeologico del luogo dove secondo la Tradizione avvenne l'Annunciazione, tutto attorno c'è la Basilica, per chi non l'avesse mai vista, l'idea più vicina è quella della Basilica di Loreto con all'interno la Casa di Maria  Occhiolino

accanto all'Altare si vede il dono del Papa: una Lampada per il Santissimo Sacramento... Occhiolino







Messa di stamani a Nazaret[SM=g1740738]




 

 

 





visita all'ospedale[SM=g1740738]

 

campo profughi

 
 



 



 


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Caterina63
00venerdì 15 maggio 2009 09:50
La visita del Papa volge al termine....stamani si è concluso un incontro solo con il mondo Ortodosso Sorriso

“Sperimentiamo la vergogna della nostra divisione. Tuttavia, inviati nel mondo, resi saldi dalla forza unificante dello Spirito Santo, chiamati ad annunciare la riconciliazione che attira ogni uomo a credere che Gesù è il Figlio di Dio, noi dobbiamo trovare la forza di raddoppiare il nostro impegno per perfezionare la nostra comunione, per renderla completa, per recare comune testimonianza all’amore del Padre, che invia il Figlio affinché il mondo conosca il suo amore per noi”. E’ quanto ha affermato il Papa stamani durante l’incontro ecumenico al Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, prima tappa dell’ultima giornata del suo pellegrinaggio in Terra Santa.

Ecco il testo integrale del discorso del Papa:

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

è con profonda gratitudine e gioia che compio questa visita al Patriarcato Greco-Ortodosso di Gerusalemme; un momento che ho a lungo desiderato. Ringrazio Sua Beatitudine il Patriarca Teofilo III per le sue gentili parole di saluto fraterno, che ricambio con calore. Esprimo a voi tutti la mia cordiale gratitudine per avermi offerto questa opportunità di incontrare ancora una volta i molti leader di Chiese e comunità ecclesiali presenti.
 
Stamani il mio pensiero va agli storici incontri che ebbero luogo qui, in Gerusalemme, fra il mio predecessore, il Papa Paolo VI, e il Patriarca Ecumenico Atenagora I, come pure quello fra Papa Giovanni Paolo II e Sua Beatitudine il Patriarca Diodoros. Questi incontri, in essi comprendendo la mia visita odierna, sono di grande significato simbolico. Essi ricordano che la luce da Oriente (cfr Is 60,1; Ap 21,10) ha illuminato il mondo intero sin dal momento stesso in cui un “sole che sorge” venne a visitarci (Lc 1,78) e ci rammentano anche che da qui il Vangelo venne predicato a tutte le nazioni.
 
Stando in questo santo luogo, a fianco della Chiesa del Santo Sepolcro, che segna il posto dove il nostro crocifisso Signore risorse dai morti per l’intera umanità, e vicino al Cenacolo, dove nel giorno di Pentecoste “si trovavano tutti insieme nello stesso luogo” (At 2,1), chi potrebbe non sentirsi sospinto a porre la pienezza della buona volontà, della sana dottrina e del desiderio spirituale nel nostro impegno ecumenico? Elevo la mia preghiera affinché il nostro odierno incontro possa imprimere nuovo slancio ai lavori della Commissione Internazionale Congiunta per il Dialogo Teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse, aggiungendosi ai recenti frutti di documenti di studio e di altre iniziative congiunte.
 
Di particolare gioia per le nostre Chiese è stata la partecipazione del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, al recente Sinodo dei Vescovi a Roma dedicato al tema: “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. La calorosa accoglienza da lui ricevuta e il suo toccante intervento sono state sincere espressioni della profonda gioia spirituale che scaturisce dall’ampiezza con cui la comunione è già presente tra le nostre Chiese. Una simile esperienza ecumenica testimonia chiaramente il legame fra l’unità della Chiesa e la sua missione. Nello stendere le braccia sulla croce, Gesù ha rivelato la pienezza del suo desiderio di attirare ogni persona a sé, raccogliendoli tutti insieme in unità (cfr Gv 12,32). Alitando il suo Spirito su di noi, ha rivelato il suo potere di renderci capaci di partecipare alla sua missione di riconciliazione (cfr Gv 19,30; 20,22-23). In quell’alito, mediante la redenzione che unisce, sta la nostra missione! Non meraviglia, perciò, che sia precisamente in presenza del nostro ardente desiderio di portare Cristo agli altri, di render noto il suo messaggio di riconciliazione (cfr 2 Cor 5,19), che noi sperimentiamo la vergogna della nostra divisione.
Tuttavia, inviati nel mondo (cfr Gv 20,21), resi saldi dalla forza unificante dello Spirito Santo (cfr ibid., v.22), chiamati ad annunciare la riconciliazione che attira ogni uomo a credere che Gesù è il Figlio di Dio (cfr ibid., 31), noi dobbiamo trovare la forza di raddoppiare il nostro impegno per perfezionare la nostra comunione, per renderla completa, per recare comune testimonianza all’amore del Padre, che invia il Figlio affinché il mondo conosca il suo amore per noi (cfr Gv 17,23).
 
Circa due mila anni orsono, lungo queste stesse strade, un gruppo di greci chiese a Filippo: “Signore, vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21). È una richiesta che ci viene fatta di nuovo oggi, qui in Gerusalemme, nella Terra Santa, in questa regione e in tutto il mondo. Come dobbiamo rispondere? La nostra risposta viene udita? San Paolo ci allerta sulla gravità della nostra risposta, sulla nostra missione di insegnare e di predicare. Egli dice: “La fede viene dall’ascolto, e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Rm 10,17). È perciò imperativo che i Capi cristiani e le loro comunità rechino una testimonianza vigorosa a quanto proclama la nostra fede: la Parola eterna, che entrò nello spazio e nel tempo in questa terra, Gesù di Nazareth, che camminò su queste strade, chiama mediante le sue parole e i suoi atti persone di ogni età alla sua vita di verità e d’amore.
 
Cari Amici, mentre vi incoraggio a proclamare con gioia il Signore risorto, desidero riconoscere l’opera svolta a questo scopo dai Capi delle comunità cristiane, che regolarmente si incontrano in questa città. Mi sembra che il servizio più grande che i Cristiani di Gerusalemme possano offrire ai propri concittadini sia di allevare ed educare una nuova generazione di Cristiani ben formati ed impegnati, solleciti nel desiderio di contribuire generosamente alla vita religiosa e civile di questa città unica e santa. La priorità fondamentale di ogni leader cristiano è di nutrire la fede degli individui e delle famiglie affidati alle sue premure pastorali. Questa comune preoccupazione pastorale farà sì che i vostri incontri regolari siano contrassegnati dalla sapienza e dalla carità fraterna necessarie per sostenervi l’un l’altro e per affrontare tanto le gioie quanto le difficoltà particolari che segnano la vita della vostra gente. Prego perché si comprenda che le aspirazioni dei Cristiani di Gerusalemme sono in sintonia con le aspirazioni di tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro religione: una vita contrassegnata da libertà religiosa e da coesistenza pacifica, e – in particolare per le giovani generazioni – il libero accesso all’educazione e all’impiego, la prospettiva di una conveniente ospitalità e residenza familiare e la possibilità di trarre vantaggio da una situazione di stabilità economica e di contribuirvi.
 
Beatitudine, La ringrazio ancora una volta per la gentilezza nell’avermi invitato qui, assieme agli altri ospiti. Su ciascuno di voi e sulle comunità da voi rappresentate invoco l’abbondanza delle benedizioni di Dio che donano forza e sapienza! Possa ciascuno di voi essere rinvigorito dalla speranza di Cristo che non delude!


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Cristo è risorto! E’ il grido lanciato oggi al mondo da Benedetto XVI davanti alla Tomba vuota di Gesù, nella Basilica del Santo Sepolcro. “Qui – ha detto il Papa - la storia dell’umanità fu definitivamente cambiata. Il lungo dominio del peccato e della morte venne distrutto dal trionfo dell’obbedienza e della vita; il legno della croce svela la verità circa il bene e il male; il giudizio di Dio fu pronunciato su questo mondo e la grazia dello Spirito Santo venne riversata sull’umanità intera. Qui Cristo, il nuovo Adamo, ci ha insegnato che mai il male ha l’ultima parola, che l’amore è più forte della morte, che il nostro futuro e quello dell’umanità sta nelle mani di un Dio provvido e fedele. La tomba vuota ci parla di speranza, quella stessa che non ci delude, poiché è dono dello Spirito della vita (cfr Rm 5,5). Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi, a conclusione del mio pellegrinaggio nella Terra Santa”.



 Ecco il testo integrale del discorso del Papa:
 
 
Cari Amici in Cristo,

l’inno di lode che abbiamo appena cantato ci unisce alle schiere angeliche ed alla Chiesa di ogni tempo e luogo – “il glorioso coro degli Apostoli, la nobile compagnia dei Profeti e la candida schiera dei Martiri” – mentre diamo gloria a Dio per l’opera della nostra redenzione, compiuta nella passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo. Davanti a questo Santo Sepolcro, dove il Signore “ha vinto l’aculeo della morte e aperto il regno dei cieli ad ogni credente”, vi saluto tutti nella gioia del tempo pasquale. Ringrazio il Patriarca Fouad Twal e il Custode, padre Pierbattista Pizzaballa, per le loro gentili parole di benvenuto. Desidero esprimere alla stessa maniera il mio apprezzamento per l’accoglienza riservatami dai Gerarchi della Chiesa ortodossa greca e della Chiesa armeno-apostolica. Con animo grato prendo atto della presenza di rappresentanti delle altre comunità cristiane della Terra Santa. Saluto il Cardinale John Foley, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme ed anche i Cavalieri e le Dame dell’Ordine qui presenti, con gratitudine per la loro inesauribile dedizione a sostegno della missione della Chiesa in queste terre rese sante dalla presenza terrena del Signore.
 
Il Vangelo di san Giovanni ci ha trasmesso un suggestivo racconto della visita di Pietro e del Discepolo amato alla tomba vuota nel mattino di Pasqua. Oggi, a distanza di circa venti secoli, il Successore di Pietro, il Vescovo di Roma, si trova davanti a quella stessa tomba vuota e contempla il mistero della risurrezione. Sulle orme dell’Apostolo, desidero ancora una volta proclamare, davanti agli uomini e alle donne del nostro tempo, la salda fede della Chiesa che Gesù Cristo “fu crocifisso, morì e fu sepolto”, e che “il terzo giorno risuscitò dai morti”. Innalzato alla destra del Padre, egli ci ha mandato il suo Spirito per il perdono dei peccati. All’infuori di Lui, che Dio ha costituito Signore e Cristo, “non vi è sotto il cielo altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati” (At 4,12).
 
Trovandoci in questo santo luogo e considerando quel meraviglioso evento, come potremmo non sentirci “trafiggere il cuore” (cfr At 2,37), alla maniera di coloro che per primi udirono la predicazione di Pietro nel giorno di Pentecoste? Qui Cristo morì e risuscitò, per non morire mai più. Qui la storia dell’umanità fu definitivamente cambiata. Il lungo dominio del peccato e della morte venne distrutto dal trionfo dell’obbedienza e della vita; il legno della croce svela la verità circa il bene e il male; il giudizio di Dio fu pronunciato su questo mondo e la grazia dello Spirito Santo venne riversata sull’umanità intera. Qui Cristo, il nuovo Adamo, ci ha insegnato che mai il male ha l’ultima parola, che l’amore è più forte della morte, che il nostro futuro e quello dell’umanità sta nelle mani di un Dio provvido e fedele.
 
La tomba vuota ci parla di speranza, quella stessa che non ci delude, poiché è dono dello Spirito della vita (cfr Rm 5,5). Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi, a conclusione del mio pellegrinaggio nella Terra Santa. Possa la speranza levarsi sempre di nuovo, per la grazia di Dio, nel cuore di ogni persona che vive in queste terre! Possa radicarsi nei vostri cuori, rimanere nelle vostre famiglie e comunità ed ispirare in ciascuno di voi una testimonianza sempre più fedele al Principe della Pace. La Chiesa in Terra Santa, che ben spesso ha sperimentato l’oscuro mistero del Golgota, non deve mai cessare di essere un intrepido araldo del luminoso messaggio di speranza che questa tomba vuota proclama. Il Vangelo ci dice che Dio può far nuove tutte le cose, che la storia non necessariamente si ripete, che le memorie possono essere purificate, che gli amari frutti della recriminazione e dell’ostilità possono essere superati, e che un futuro di giustizia, di pace, di prosperità e di collaborazione può sorgere per ogni uomo e donna, per l’intera famiglia umana, ed in maniera speciale per il popolo che vive in questa terra, così cara al cuore del Salvatore.
 
Quest’antica chiesa dell’Anastasis reca una sua muta testimonianza sia al peso del nostro passato, con tutte le sue mancanze, incomprensioni e conflitti, sia alla promessa gloriosa che continua ad irradiare dalla tomba vuota di Cristo. Questo luogo santo, dove la potenza di Dio si rivelò nella debolezza, e le sofferenze umane furono trasfigurate dalla gloria divina, ci invita a guardare ancora una volta con gli occhi della fede al volto del Signore crocifisso e risorto. Nel contemplare la sua carne glorificata, completamente trasfigurata dallo Spirito, giungiamo a comprendere più pienamente che anche adesso, mediante il Battesimo, portiamo “sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale” (2 Cor 4,10-11). Anche ora la grazia della risurrezione è all’opera in noi! Possa la contemplazione di questo mistero spronare i nostri sforzi, sia come individui che come membri della comunità ecclesiale, a crescere nella vita dello Spirito mediante la conversione, la penitenza e la preghiera. Possa inoltre aiutarci a superare, con la potenza di quello stesso Spirito, ogni conflitto e tensione nati dalla carne e rimuovere ogni ostacolo, sia dentro che fuori, che si frappone alla nostra comune testimonianza a Cristo ed al potere del suo amore che riconcilia.
 
Con tali parole di incoraggiamento, cari amici, concludo il mio pellegrinaggio ai luoghi santi della nostra redenzione e rinascita in Cristo. Prego che la Chiesa in Terra Santa tragga sempre maggiore forza dalla contemplazione della tomba vuota del Redentore. In quella tomba essa è chiamata a seppellire tutte le sue ansie e paure, per risorgere nuovamente ogni giorno e continuare il suo viaggio per le vie di Gerusalemme, della Galilea ed oltre, proclamando il trionfo del perdono di Cristo e la promessa di una vita nuova. Come cristiani, sappiamo che la pace alla quale anela questa terra lacerata da conflitti ha un nome: Gesù Cristo. “Egli è la nostra pace”, che ci ha riconciliati con Dio in un solo corpo mediante la Croce, ponendo fine all’inimicizia (cfr Ef 2,14). Nelle sue mani, pertanto, affidiamo tutta la nostra speranza per il futuro, proprio come nell’ora delle tenebre egli affidò il suo spirito nelle mani del Padre.
 
Permettetemi di concludere con una speciale parola di incoraggiamento ai miei fratelli Vescovi e sacerdoti, come pure ai religiosi e alle religiose che servono l’amata Chiesa in Terra Santa. Qui, davanti alla tomba vuota, al cuore stesso della Chiesa, vi invito a rinnovare l’entusiasmo della vostra consacrazione a Cristo ed il vostro impegno nell’amorevole servizio al suo mistico Corpo. Immenso è il vostro privilegio di dare testimonianza a Cristo in questa terra che Egli ha santificato mediante la sua presenza terrena e il suo ministero. Con pastorale carità rendete capaci i vostri fratelli e sorelle e tutti gli abitanti di questa terra di percepire la presenza che guarisce e l’amore che riconcilia del Risorto. Gesù chiede a ciascuno di noi di essere testimone di unità e di pace per tutti coloro che vivono in questa Città della Pace. Come nuovo Adamo, Cristo è la sorgente dell’unità alla quale l’intera famiglia umana è chiamata, quella stessa unità della quale la Chiesa è segno e sacramento. Come Agnello di Dio, egli è la fonte della riconciliazione, che è al contempo dono di Dio e sacro dovere affidato a noi. Quale Principe della Pace, Egli è la sorgente di quella pace che supera ogni comprensione, la pace della nuova Gerusalemme. Possa Egli sostenervi nelle vostre prove, confortarvi nelle vostre afflizioni, e confermarvi nei vostri sforzi di annunciare e di estendere il suo Regno.

A voi tutti e a quanti vanno le vostre premure pastorali imparto cordialmente la mia Benedizione Apostolica, quale pegno della gioia e della pace di Pasqua.


Fonte Radio Vaticana

(per le foto appena saranno disponibili)


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Caterina63
00venerdì 15 maggio 2009 17:00
La roccia sulla quale la Santa Tradizione riconosce il Golgota....la visita è stata davvero significativa, un profondo silenzio....[SM=g1740717] [SM=g1740720]












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parte esterna (nella Basilica) del Santo Sepolcro, la pietra sulla quale la Tradizione riconosce dove fu deposto il corpo di Gesù dopo la Croce e prima della sepoltura, purtroppo non ci sono ancora le foto dall'interno del sepolcro....













il Papa all'uscita della cripta del Santo Sepolcro




Il saluto con il Patriarca Teophilo III di Gerusalemme della Chiesa Ortodossa Sorriso




il Santo Padre Benedetto XVI come ultima tappa del suo pellegrinaggio è giunto alla Chiesa Patriarcale Armena Apostolica di Jerusalem, che ha sede nel Monastero di San Giacomo, ed è stato accolto dal Patriarca Sua Beatitudine Torkom II Manoukian e da un centinaio di fedeli.



 Il Papa è ritornato a Roma....

ringraziamo il Signore e a Lui affidiamo con Maria Santissima gli esiti di questo Pellegrinaggio....[SM=g1740734]


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Caterina63
00venerdì 15 maggio 2009 18:57
Concluso il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa
La semina della speranza nel cuore della cristianità

    dal nostro inviato Gianluca Biccini

    "Mai più spargimento di sangue! Mai più combattimenti! Mai più terrorismo! Mai più guerre!".
Benedetto XVI ha lasciato oggi pomeriggio la Terra Santa con un ultimo appello per la pace nella regione, a conclusione di un pellegrinaggio protrattosi per otto giorni tra Giordania, Israele e Territori palestinesi. Quattro "mai più" gridati a gran voce, nonostante le fatiche di un itinerario molto intenso, vissuto con lo spirito del messaggero di speranza, venuto a pregare nei luoghi dell'Incarnazione, affinché i popoli che li abitano trovino la forza e il coraggio di cancellare rancori e incomprensioni, per edificare una convivenza pacifica e armoniosa.

    Il Papa è consapevole che non sarà facile, ma riparte da queste terre con la consapevolezza di aver gettato semi di amicizia destinati a dare frutti. Il velivolo che lo sta riportando in Italia è decollato alle ore 13.40 locali, dall'aeroporto "Ben Gurion" di Tel Aviv,  dove  poco  prima, si era svolta la cerimonia di congedo, alla presenza del presidente israeliano, del primo ministro e di numerose autorità civili ed ecclesiali.

    In precedenza il Papa aveva partecipato a un incontro ecumenico nella sede del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, pregato nel Santo Sepolcro e visitato la chiesa patriarcale armena apostolica di San Giacomo. Due appuntamenti ecumenici, dunque, svoltisi entrambi in un clima di grande cordialità e un momento di preghiera silenziosa nella Basilica che raccoglie tutti i luoghi della crocifissione, della deposizione e della risurrezione di Gesù. Il successore di Pietro come il pescatore di Galilea è tornato a contemplare quella tomba vuota che ha cambiato il destino del mondo.

    Dunque quarantacinque anni dopo lo storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora Benedetto XVI, nell'ultimo giorno del suo pellegrinaggio, si è recato al Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme per realizzare "un desiderio a lungo coltivato", ha confessato confidenzialmente al Metropolita Teofilo III mentre ricambiava l'abbraccio con il quale, con grande affetto, lo ha accolto al suo arrivo.

    L'incontro con i rappresentanti delle Chiese ortodosse è avvenuto nella sala del trono. Si è trattato di un momento al quale il Papa ha attribuito "un grande valore simbolico", come ha detto lui stesso, soprattutto se letto nell'ottica dei precedenti storici. Nel gennaio del 1964, a Gerusalemme, furono la decisa volontà di Paolo VI e la carismatica iniziativa di Atenagora i a spingere l'un l'altro nell'abbraccio con il quale inaugurarono, praticamente più che simbolicamente, l'era ecumenica contemporanea. E nove anni fa Giovanni Paolo II, sempre in questi luoghi, rievocando quell'ormai famoso abbraccio, lo issò a vessillo di un rinnovato impegno di comunione tra cattolici e ortodossi.

Un ottimo viatico, dunque, per Papa Ratzinger il quale non ha esitato a porsi sulle orme dei suoi predecessori più immediati e a sentirsi proprio da loro "sospinto - ha detto ricordandoli - a porre la pienezza della buona volontà, della sana dottrina e del desiderio spirituale nel nostro impegno ecumenico". [SM=g1740722]

Un impegno che, proprio grazie al rinnovarsi della testimonianza dell'amore fraterno che lega le due Chiese, possa imprimere un nuovo slancio - è l'auspicio espresso dal Pontefice -, ai lavori della commissione internazionale congiunta per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, affinché ai già "fruttuosi recenti documenti di studio" si possano aggiungere altri frutti "di nuove iniziative congiunte". Non meno importante in questo senso è stata la partecipazione del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli al recente Sinodo dei Vescovi a Roma.

    Conclusa la visita al Patriarcato Benedetto XVI, a piedi, ha raggiunto la vicina basilica del Santo Sepolcro, attraversando le vie strette della Gerusalemme antica, punteggiate dai caratteristici mercatini orientali, da negozi-bazar e minareti.

    Accolto dai francescani della Custodia di Terra Santa, presso la "Pietra dell'Unzione", dopo il saluto rivoltogli da padre Pierbattista Pizzaballa, si è inginocchiato per baciare il marmo che alla tredicesima stazione della via crucis ricorda il luogo dove Gesù, deposto dalla croce, venne cosparso di unguenti.

    Attraversata poi la porticina alta appena un metro e trentatré centimetri, è entrato nella Rotonda del Sepolcro, accompagnato dai rappresentanti delle tre entità responsabili dello Status quo:  Chiesa greco-ortodossa, Custodia di Terra Santa e Chiesa armena apostolica.

Si è inginocchiato per baciare la lastra di marmo toccata nel corso dei tempi da milioni di pellegrini, che ricopre la roccia originale sulla quale fu deposto il corpo di Gesù.

Successivamente, avvenuto lo scambio di discorsi con il Patriarca di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal, il Papa si è recato nella cappella delle apparizioni per adorare il santissimo sacramento, prima di salire al Golgota per raccogliersi di nuovo in silenziosa preghiera sul luogo del Calvario.

Minuti di intensa meditazione, senza neanche il sostegno di un inginocchiatoio, che hanno preceduto l'ultimo appuntamento a Gerusalemme, quello nel Patriarcato Armeno Apostolico dove, nella cattedrale intitolata a San Giacomo - primo vescovo della città santa -, è stato accolto dal Patriarca Torkom Manoukian.

Benedetto XVI, così come aveva fatto rivolgendosi ai greco-ortodossi, ha auspicato che tutti i cristiani lavorino insieme per la riconciliazione, per la giustizia e per la pace. Un augurio che ha esteso, al momento del congedo, a tutti i popoli che abitano la Terra Santa e la martoriata regione mediorientale.



(©L'Osservatore Romano - 16 maggio 2009)

i saluti all'aereoporto di Tel Aviv





l'arrivo a Ciampino...BENTORNATO A CASA SANTO PADRE!

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Caterina63
00sabato 16 maggio 2009 00:09
Buona meditazione....


Sorriso eccola una bella foto da dentro il Sepolcro....
















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ed ora, da papartzifan forum ecco una carrellata TUTTA CATTOLICA degli incontri PELLEGRINAGGIO  del Papa[SM=g1740722] [SM=g1740721]

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Caterina63
00sabato 16 maggio 2009 19:27




















 

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Gerusalemme - Visita alla concatedrale...































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Caterina63
00sabato 16 maggio 2009 19:30
Visita al Centro Regina Pacis...in Giordania


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Giordania - Vespri alla catedrale greco-melchita...
















Caterina63
00domenica 17 maggio 2009 13:50


 

 


Angeliu Regina Coeli 17.5.2009


Cari fratelli e sorelle!

Sono tornato l’altro ieri dalla Terra Santa. Ho in animo di parlarvi di questo pellegrinaggio con maggiore ampiezza mercoledì prossimo, durante l’Udienza generale. Ora vorrei soprattutto ringraziare il Signore, che mi ha concesso di portare a termine questo viaggio apostolico così importante. Ringrazio anche tutti coloro che hanno offerto la loro collaborazione: il Patriarca latino e i Pastori della Chiesa in Giordania, in Israele e nei Territori Palestinesi, i Francescani della Custodia di Terra Santa, le Autorità civili della Giordania, di Israele e dei Territori Palestinesi, gli Organizzatori, le Forze dell’ordine. Ringrazio i sacerdoti, i religiosi e i fedeli che mi hanno accolto con tanto affetto e quanti mi hanno accompagnato e sostenuto con la loro preghiera. Grazie a tutti dal profondo del cuore!


Questo pellegrinaggio ai Luoghi santi è stato anche una visita pastorale ai fedeli che vivono là, un servizio all’unità dei cristiani, al dialogo con ebrei e musulmani, e alla costruzione della pace. La Terra Santa, simbolo dell’amore di Dio per il suo popolo e per l’intera umanità, è anche simbolo della libertà e della pace che Dio vuole per tutti i suoi figli. Di fatto, però, la storia di ieri e di oggi mostra che proprio quella Terra è diventata anche simbolo del contrario, cioè di divisioni e di conflitti interminabili tra fratelli. Come è possibile questo? È giusto che tale interrogativo interpelli il nostro cuore, benché sappiamo che un misterioso disegno di Dio concerne quella Terra, dove – come scrive san Giovanni – Egli "ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1 Gv 4,10). La Terra Santa è stata chiamata un "quinto Vangelo", perché qui possiamo vedere, anzi toccare la realtà della storia che Dio ha realizzato con gli uomini. Cominciando con i luoghi della vita di Abramo fino ai luoghi del la vita di Gesù, dall’incarnazione fino alla tomba vuota, segno della sua risurrezione.

Sì, Dio è entrato in questa terra, ha agito con noi in questo mondo. Ma qui possiamo dire ancora di più: la Terra Santa, per la sua stessa storia può essere considerata un microcosmo che riassume in sé il faticoso cammino di Dio con l’umanità. Un cammino che implica col peccato anche la Croce. Ma con l’abbondanza dell’amore divino sempre anche la gioia dello Spirito Santo, la Risurrezione già iniziata ed è un cammino tra le valli della nostra sofferenza verso il Regno di Dio. Regno che non è di questo mondo, ma vive in questo mondo e deve penetrarlo con la sua forza di giustizia e di pace.


La storia della salvezza comincia con l’elezione di un uomo, Abramo, e di un popolo, Israele, ma la sua intenzione è l’universalità, la salvezza di tutti i popoli. La storia della salvezza è sempre marcata da questo intreccio di particolarità e di universalità. Vediamo bene nella prima lettura di oggi questo nesso: san Pietro vedendo nella casa di Cornelio la fede dei pagani e il loro desiderio di Dio dice: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga" (At 10, 34-35). Temere Dio e praticare la giustizia imparare questo e aprire così il mondo al Regno di Dio: è questo lo scopo più profondo di ogni dialogo interreligioso.


Non posso concludere questa preghiera mariana senza rivolgere il mio pensiero allo Sri Lanka, per assicurare il mio affetto e la mia vicinanza spirituale ai civili che si trovano nella zona dei combattimenti, nel nord del Paese. Si tratta di migliaia di bambini, donne, anziani, a cui la guerra ha tolto anni di vita e di speranza. Al riguardo, desidero ancora una volta rivolgere un pressante invito ai belligeranti, affinché ne facilitino l’evacuazione e unisco, a questo scopo, la mia voce a quella del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che appena qualche giorno fa ha chiesto garanzie per la loro incolumità e sicurezza. Chiedo inoltre alle istituzioni umanitarie, comprese quelle cattoliche, di non lasciare nulla d’intentato per venire incontro alle urgenti necessità alimentari e mediche dei profughi. Affido quel caro Paese alla materna protezione della Vergine Santa di Madhu, amata e venerata da tutti i srilankesi, ed elevo le mie preghiere al Signore affinché affretti il giorno della riconciliazione e della pace.


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Caterina63
00mercoledì 20 maggio 2009 19:40
All'udienza generale il Papa parla del suo recente viaggio
in Giordania, Israele e Territori palestinesi

In Terra Santa è possibile uscire
dalla spirale della violenza


In Terra Santa è possibile uscire dalla spirale della violenza grazie alla "carica di rispetto, di riconciliazione e di collaborazione" che scaturisce dalla fede:  lo ha detto il Papa all'udienza generale di mercoledì 20 maggio, in piazza San Pietro, parlando del suo recente viaggio.

Cari fratelli e sorelle,
mi soffermo quest'oggi a parlare del viaggio apostolico che ho compiuto dall'8 al 15 maggio in Terra Santa, e per il quale non cesso di ringraziare il Signore, perché si è rivelato un grande dono per il Successore di Pietro e per tutta la Chiesa.

Desidero nuovamente esprimere il mio "grazie" sentito a Sua Beatitudine il Patriarca Fouad Twal, ai Vescovi dei vari riti, ai Sacerdoti, ai Francescani della Custodia di Terra Santa. Ringrazio il Re e la Regina di Giordania, il Presidente d'Israele e il Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, con i rispettivi Governi, tutte le Autorità e quanti in vario modo hanno collaborato alla preparazione e al buon esito della visita. Si è trattato anzitutto di un pellegrinaggio, anzi, del pellegrinaggio per eccellenza alle sorgenti della fede; e al tempo stesso di una visita pastorale alla Chiesa che vive in Terra Santa:  una Comunità di singolare importanza, perché rappresenta una presenza viva là dove essa ha avuto origine.

La prima tappa, dall'8 alla mattina dell'11 maggio, è stata in Giordania, nel cui territorio si trovano due principali luoghi santi:  il Monte Nebo, dal quale Mosè contemplò la Terra Promessa e dove morì senza esservi entrato; e poi Betania "al di là del Giordano", dove, secondo il quarto Vangelo, san Giovanni inizialmente battezzava. Il Memoriale di Mosè sul Monte Nebo è un sito di forte valenza simbolica:  esso parla della nostra condizione di pellegrini tra un "già" e un "non ancora", tra una promessa così grande e bella da sostenerci nel cammino e un compimento che ci supera, e che supera anche questo mondo. La Chiesa vive in se stessa questa "indole escatologica" e "pellegrinante":  è già unita a Cristo suo sposo, ma la festa di nozze è per ora solo pregustata, in attesa del suo ritorno glorioso alla fine dei tempi (cfr. Conc. Vat. ii, Cost. Lumen gentium, 48-50).

A Betania ho avuto la gioia di benedire le prime pietre di due chiese da edificare nel sito dove san Giovanni battezzava. Questo fatto è segno dell'apertura e del rispetto che vigono nel Regno Hascemita per la libertà religiosa e per la tradizione cristiana, e ciò merita grande apprezzamento. Ho avuto modo di manifestare questo giusto riconoscimento, unito al profondo rispetto per la comunità musulmana, ai Capi religiosi, al Corpo Diplomatico ed ai Rettori delle Università, riuniti presso la Moschea Al-Hussein bin-Talal, fatta costruire dal Re Abdullah ii in memoria del padre, il celebre Re Hussein, che accolse il Papa Paolo vi nel suo storico pellegrinaggio del 1964. Quanto è importante che cristiani e musulmani coabitino pacificamente nel mutuo rispetto! Grazie a Dio, e all'impegno dei governanti, in Giordania questo avviene. Ho pregato pertanto affinché anche altrove sia così, pensando specialmente ai cristiani che vivono invece realtà difficili nel vicino Iraq.

In Giordania vive un'importante comunità cristiana, incrementata da profughi palestinesi e iracheni. Si tratta di una presenza significativa e apprezzata nella società, anche per le sue opere educative e assistenziali, attente alla persona umana indipendentemente dalla sua appartenenza etnica o religiosa. Un bell'esempio è il Centro di riabilitazione Regina Pacis ad Amman, che accoglie numerose persone segnate da invalidità.

Visitandolo, ho potuto portare una parola di speranza, ma l'ho anche ricevuta a mia volta, come testimonianza avvalorata dalla sofferenza e dalla condivisione umana. Quale segno dell'impegno della Chiesa nell'ambito della cultura, ho inoltre benedetto la prima pietra dell'Università di Madaba, del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Ho provato grande gioia nel dare avvio a questa nuova istituzione scientifica e culturale, perché essa manifesta in modo tangibile che la Chiesa promuove la ricerca della verità e del bene comune, ed offre uno spazio aperto e qualificato a tutti coloro che vogliono impegnarsi in tale ricerca, premessa indispensabile per un vero e fruttuoso dialogo tra civiltà. Sempre ad Amman si sono svolte due solenni celebrazioni liturgiche:  i Vespri nella Cattedrale greco-melchita di San Giorgio, e la santa Messa nello Stadio Internazionale, che ci hanno dato modo di gustare insieme la bellezza di ritrovarsi come Popolo di Dio pellegrino, ricco delle sue diverse tradizioni e unito nell'unica fede.

Lasciata la Giordania, nella tarda mattinata di lunedì 11, ho raggiunto Israele dove, fin dall'arrivo, mi sono presentato come pellegrino di fede nella Terra dove Gesù è nato, ha vissuto, è morto ed è risorto, e, al tempo stesso, come pellegrino di pace per implorare da Dio che là dove Egli ha voluto farsi uomo, tutti gli uomini possano vivere da suoi figli, cioè da fratelli. Questo secondo aspetto del mio viaggio è naturalmente emerso negli incontri con le Autorità civili:  nella visita al Presidente israeliano ed al Presidente dell'Autorità palestinese.

In quella Terra benedetta da Dio sembra a volte impossibile uscire dalla spirale della violenza. Ma nulla è impossibile a Dio e a quanti confidano in Lui! Per questo la fede nell'unico Dio giusto e misericordioso, che è la più preziosa risorsa di quei popoli, deve poter sprigionare tutta la sua carica di rispetto, di riconciliazione e di collaborazione. Tale auspicio ho voluto esprimere facendo visita sia al Gran Muftì e ai capi della comunità islamica di Gerusalemme, sia al Gran Rabbinato di Israele, come pure nell'incontro con le Organizzazioni impegnate nel dialogo inter-religioso e, poi, in quello con i Capi religiosi della Galilea.

Gerusalemme è il crocevia delle tre grandi religioni monoteiste, e il suo stesso nome - "città della pace" - esprime il disegno di Dio sull'umanità:  formare di essa una grande famiglia. Questo disegno, preannunciato ad Abramo, si è pienamente realizzato in Gesù Cristo, che san Paolo chiama "nostra pace", perché ha abbattuto con la forza del suo Sacrificio il muro dell'inimicizia (cfr. Ef 2, 14). Tutti i credenti debbono pertanto lasciare alle spalle pregiudizi e volontà di dominio, e praticare concordi il comandamento fondamentale:  amare cioè Dio con tutto il proprio essere e amare il prossimo come noi stessi.

È questo che ebrei, cristiani e musulmani sono chiamati a testimoniare, per onorare con i fatti quel Dio che pregano con le labbra. Ed è esattamente questo che ho portato nel cuore, in preghiera, visitando, a Gerusalemme, il Muro Occidentale - o Muro del Pianto - e la Cupola della Roccia, luoghi simbolici rispettivamente dell'Ebraismo e dell'Islam. Un momento di intenso raccoglimento è stato inoltre la visita al Mausoleo di Yad Vashem, eretto a Gerusalemme in onore delle vittime della Shoah. Là abbiamo sostato in silenzio, pregando e meditando sul mistero del "nome":  ogni persona umana è sacra, ed il suo nome è scritto nel cuore del Dio eterno. Mai va dimenticata la tremenda tragedia della Shoah! Occorre al contrario che sia sempre nella nostra memoria quale monito universale al sacro rispetto della vita umana, che riveste sempre un valore infinito.

Come ho già accennato, il mio viaggio aveva come scopo prioritario la visita alle Comunità cattoliche della Terra Santa, e ciò è avvenuto in diversi momenti anche a Gerusalemme, a Betlemme e a Nazaret.

Nel Cenacolo, con la mente rivolta a Cristo che lava i piedi degli Apostoli e istituisce l'Eucaristia, come pure al dono dello Spirito Santo alla Chiesa nel giorno di Pentecoste, ho potuto incontrare, tra gli altri, il Custode di Terra Santa e meditare insieme sulla nostra vocazione ad essere una cosa sola, a formare un solo corpo e un solo spirito, a trasformare il mondo con la mite potenza dell'amore. Certo, questa chiamata incontra in Terra Santa particolari difficoltà, perciò, con il cuore di Cristo, ho ripetuto ai miei fratelli Vescovi le sue stesse parole:  "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno" (Lc 12, 32). Ho poi salutato brevemente le religiose e i religiosi di vita contemplativa, ringraziandoli per il servizio che, con la loro preghiera, offrono alla Chiesa e alla causa della pace.

Momenti culminanti di comunione con i fedeli cattolici sono state soprattutto le celebrazioni eucaristiche. Nella Valle di Giosafat, a Gerusalemme, abbiamo meditato sulla Risurrezione di Cristo quale forza di speranza e di pace per quella Città e per il mondo intero.

A Betlemme, nei Territori Palestinesi, la santa Messa è stata celebrata davanti alla Basilica della Natività con la partecipazione anche di fedeli provenienti da Gaza, che ho avuto la gioia di confortare di persona assicurando loro la mia particolare vicinanza.

Betlemme, il luogo nel quale è risuonato il canto celeste di pace per tutti gli uomini, è simbolo della distanza che ancora ci separa dal compimento di quell'annuncio:  precarietà, isolamento, incertezza, povertà. Tutto ciò ha portato tanti cristiani ad andare lontano. Ma la Chiesa continua il suo cammino, sorretta dalla forza della fede e testimoniando l'amore con opere concrete di servizio ai fratelli, quali, ad esempio, il Caritas Baby Hospital di Betlemme, sostenuto dalle Diocesi di Germania e Svizzera, e l'azione umanitaria nei campi profughi.

In quello che ho visitato, ho voluto assicurare alle famiglie che vi sono ospitate, la vicinanza e l'incoraggiamento della Chiesa universale, invitando tutti a ricercare la pace con metodi non violenti, seguendo l'esempio di san Francesco d'Assisi.

La terza e ultima Messa con il popolo l'ho celebrata giovedì scorso a Nazaret, città della santa Famiglia. Abbiamo pregato per tutte le famiglie, affinché siano riscoperti la bellezza del matrimonio e della vita familiare, il valore della spiritualità domestica e dell'educazione, l'attenzione ai bambini, che hanno diritto a crescere in pace e serenità.

Inoltre, nella Basilica dell'Annunciazione, insieme con tutti i Pastori, le persone consacrate, i movimenti ecclesiali e i laici impegnati della Galilea, abbiamo cantato la nostra fede nella potenza creatrice e trasformante di Dio. Là, dove il Verbo si è fatto carne nel seno della Vergine Maria, sgorga una sorgente inesauribile di speranza e di gioia, che non cessa di animare il cuore  della  Chiesa,  pellegrina  nella storia.

Il mio pellegrinaggio si è chiuso, venerdì scorso, con la sosta nel Santo Sepolcro e con due importanti incontri ecumenici a Gerusalemme:  al Patriarcato Greco-Ortodosso, dove erano riunite tutte le rappresentanze ecclesiali della Terra Santa, e infine alla Chiesa Patriarcale Armena Apostolica. Mi piace ricapitolare l'intero itinerario che mi è stato dato di effettuare proprio nel segno della Risurrezione di Cristo:  malgrado le vicissitudini che lungo i secoli hanno segnato i Luoghi santi, malgrado le guerre, le distruzioni, e purtroppo anche i conflitti tra cristiani, la Chiesa ha proseguito la sua missione, sospinta dallo Spirito del Signore risorto. Essa è in cammino verso la piena unità, perché il mondo creda nell'amore di Dio e sperimenti la gioia della sua pace.

In ginocchio sul Calvario e nel Sepolcro di Gesù, ho invocato la forza dell'amore che scaturisce dal Mistero pasquale, la sola forza che può rinnovare gli uomini e orientare al suo fine la storia ed il cosmo. Chiedo anche a voi di pregare per tale scopo, mentre  ci  prepariamo  alla  festa  dell'Ascensione che in Vaticano celebreremo domani. Grazie per la vostra attenzione.



(©L'Osservatore Romano - 21 maggio 2009)

Caterina63
00lunedì 8 agosto 2011 22:50
Le immagini più belle di Benedetto XVI in Terra Santa

«Un album di fotografie e parole da sfogliare insieme, in famiglia, per ricordare, rivivere e lasciar crescere nel cuore, parole e colori, emozioni e propositi di quei giorni benedetti».

Il francescano Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, presenta così nella prefazione il volume Pope Benedict in the Holy Land, realizzato dalla locale assemblea degli ordinari cattolici (Achol), a un anno e mezzo dalla visita compiuta dal Pontefice, dall'8 al 15 maggio 2009.

Non a un libro, dunque, ma a un album hanno pensato il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, gli undici vescovi, i cinque religiosi e i due nunzi che hanno voluto la pubblicazione: «come quando si sente, la sera, riuniti, il bisogno di ricordare insieme, partendo da una fotografia che ci è cara, e condividere su quell'immagine, le impressioni di un giorno che si ripresenta ancora nuovo, perché nel confronto dei ricordi risulta ricco di mille sfaccettature di molte verità, tante almeno quante le persone che le hanno vissute», scrive ancora Pizzaballa.

Testi in inglese, arabo, italiano e francese, corredati da bellissime immagini a colori, compongono le 190 pagine del volume, che riporta i 33 tra discorsi e omelie pronunciati da Benedetto XVI in Giordania, in Israele e nei Territori palestinesi.
«Uno strumento -- scrive nell'introduzione il Patriarca Fouad Twal -- per non dimenticare i punti salienti dell'insegnamento del Papa, e poter farne, così, oggetto di riflessione e meditazione. La visita pastorale che Benedetto XVI ci ha offerto aggiunge che è stata per tutte le nostre Chiese (latina, melkita, maronita, siro cattolica, armena e caldea) un'autentica grazia. Non lasciamola cadere nel vuoto».

Quelle del Pontefice sono parole alle quali fa eco il Custode di Terra Santa «mai uguali, ma ognuna diversa, e ancora una volta tutte unite nell'indicare una sola convergenza: la speranza, la certezza di un domani diverso, che sia davvero secondo il cuore di Dio, che davvero risponda alla sete di libertà e di verità del nostro cuore di figli».

Perché spiega ancora «questa visita è stato l'incontro voluto con i cristiani di Terra Santa, la nostra gente. Evento preparato, temuto, atteso, accompagnato, vissuto, commentato, analizzato, interpretato in tanti modi diversi, ma che ha trovato unanimità e unità nella sua finalità prima, nell'intenzione che ha mosso i passi del Papa pellegrino: “la mia presenza qui vuole essere segno che voi non siete dimenticati”». Per questo gli abitanti della Terra Santa ora sanno con certezza che la loro regione «è nel cuore di Benedetto XVI».


(gianluca biccini)

(©L'Osservatore Romano 7 agosto 2011)

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