Le bellissime catechesi su Maria di GPII

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(Gino61)
00sabato 29 agosto 2009 11:20
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 10 settembre 1997

 

Maria, modello della Chiesa nel culto divino (Lc 1, 46-48).

1. Nell'Esortazione apostolica Marialis cultus il Servo di Dio Paolo VI di venerata memoria presenta la Vergine come modello della Chiesa nell'esercizio del culto. Tale affermazione costituisce quasi un corollario della verità che indica in Maria il paradigma del Popolo di Dio nella via della santità: "L'esemplarità della beata Vergine in questo campo deriva dal fatto che ella è riconosciuta eccellentissimo modello della Chiesa nell'ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo, cioè di quelle disposizioni interiori con cui la Chiesa, sposa amatissima, strettamente associata al suo Signore, lo invoca e, per mezzo di lui, rende il culto all'Eterno Padre" (Paolo VI, Marialis Cultus, n. 16).

2. Colei che nell'Annunciazione ha manifestato totale disponibilità al progetto divino rappresenta per tutti i credenti un modello sublime di ascolto e di docilità alla Parola di Dio.

Rispondendo all'angelo: "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38) e dichiarandosi pronta a compiere in modo perfetto la volontà del Signore, Maria entra a giusto titolo nella beatitudine proclamata da Gesù: "Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!" (Lc 11, 28).

Con tale atteggiamento, che abbraccia la sua intera esistenza, la Vergine indica la via maestra dell'ascolto della Parola del Signore, momento essenziale del culto, diventato tipico della liturgia cristiana. Il suo esempio fa comprendere che il culto non consiste innanzitutto nell'esprimere i pensieri e i sentimenti dell'uomo, ma nel porsi in ascolto della Parola divina per conoscerla, assimilarla e renderla operativa nella vita quotidiana.

3. Ogni celebrazione liturgica è memoriale del mistero di Cristo nella sua azione salvifica per l'intera umanità, e intende promuovere la partecipazione personale dei fedeli al Mistero pasquale riespresso ed attualizzato nei gesti e nelle parole del rito.

Maria è stata testimone degli eventi della salvezza nel loro svolgersi storico, culminato nella morte e risurrezione del Redentore, ed ha conservato "tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19).

Ella non si limitava ad essere presente ai singoli eventi, ma cercava di coglierne il significato profondo, aderendo con tutta l'anima a quanto in essi misteriosamente si compiva.

Maria appare, pertanto, come supremo modello di partecipazione personale ai divini misteri. Ella guida la Chiesa nella meditazione del mistero celebrato e nella partecipazione all'evento di salvezza, promuovendo nei fedeli il desiderio di un intimo coinvolgimento personale con Cristo per cooperare con il dono della propria vita alla salvezza universale.

4. Maria costituisce, altresì, il modello della preghiera della Chiesa. Con ogni probabilità Maria era raccolta in preghiera, quando l'angelo Gabriele entrò nella casa di Nazaret e la salutò. Tale contesto di preghiera ha certamente sostenuto la Vergine nella sua risposta all'angelo e nella generosa adesione al mistero dell'Incarnazione.

Nella scena dell'Annunciazione, gli artisti quasi sempre hanno raffigurato Maria in atteggiamento orante. Ricordiamo fra tutti il Beato Angelico. Ne proviene alla Chiesa e ad ogni credente l'indicazione del clima che deve presiedere allo svolgimento del culto.

Possiamo poi aggiungere che Maria rappresenta per il Popolo di Dio il paradigma di ogni espressione della sua vita di preghiera. In particolare, Ella insegna ai cristiani come rivolgersi a Dio per invocarne l'aiuto e il sostegno nella varie situazioni della vita.

La sua materna intercessione alle nozze di Cana e la sua presenza nel Cenacolo accanto agli Apostoli in preghiera nell'attesa della Pentecoste suggeriscono che la preghiera di domanda è una forma essenziale di cooperazione allo sviluppo dell'opera salvifica nel mondo. Seguendo il suo modello, la Chiesa impara ad essere audace nel chiedere, a perseverare nelle sue intercessioni e, soprattutto, ad implorare il dono dello Spirito Santo (cfr Lc 11, 13).

5. La Vergine costituisce, altresì, per la Chiesa il modello nella partecipazione generosa al sacrificio.

Nella presentazione di Gesù al tempio e, soprattutto, ai piedi della croce, Maria compie il dono di sé che l'associa quale Madre alla sofferenza ed alle prove del Figlio. Così nella vita quotidiana come nella Celebrazione eucaristica la "Vergine offerente" (Paolo VI, Marialis cultus, 20) incoraggia i cristiani ad "offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1 Pt 2, 5).

(Gino61)
00sabato 29 agosto 2009 11:20
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 17 settembre 1997

   

Madre della Chiesa (Gv 19, 25-27).

1. Il Concilio Vaticano II, dopo aver proclamato Maria "sovreminente membro", "tipo" e "modello" della Chiesa, afferma: "La Chiesa Cattolica, edotta dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale la venera come madre amantissima" (Lumen Gentium, 53).

A dir il vero, il testo conciliare non attribuisce esplicitamente alla Vergine il titolo di "Madre della Chiesa", ne enuncia però in modo inconfutabile il contenuto, riprendendo una dichiarazione fatta, più di due secoli fa, nel 1748 dal Papa Benedetto XIV (Bullarium romanum, serie 2, t.2, n.61, p.428).

In tale documento, il mio venerato Predecessore, descrivendo i sentimenti filiali della Chiesa che riconosce in Maria la sua madre amantissima, la proclama, in modo indiretto, Madre della Chiesa.

2. L'uso di tale appellativo è stato piuttosto raro nel passato, ma recentemente è diventato più comune nei pronunciamenti del Magistero della Chiesa e nella pietà del Popolo cristiano. I fedeli hanno invocato Maria prima di tutto con i titoli di "Madre di Dio", "Madre dei fedeli" o "Madre nostra", per sottolinearne la relazione personale con ciascuno dei suoi figli.

In seguito, grazie alla maggiore attenzione riservata al mistero della Chiesa ed alle relazioni di Maria con essa, si è cominciato ad invocare più frequentemente la Vergine come "Madre della Chiesa".

L'espressione, prima del Concilio Vaticano II, è presente nel Magistero del Papa Leone XIII, dove si afferma che Maria è stata "in tutta verità madre della Chiesa" (Acta Leonis XIII, 15, 302). Successivamente, l'appellativo è stato usato più volte negli insegnamenti di Giovanni XXIII e di Paolo VI.

3. Anche se attribuito a Maria tardivamente, il titolo di "Madre della Chiesa" esprime la relazione materna della Vergine con la Chiesa, quale è illustrata già in alcuni testi del Nuovo Testamento.

Maria, sin dall'Annunciazione, è chiamata ad offrire il suo consenso all'avvento del Regno messianico, che si compirà con la formazione della Chiesa.

Maria a Cana, sollecitando il Figlio all'esercizio del potere messianico, offre un fondamentale contributo al radicamento della fede nella prima comunità dei discepoli e coopera all'instaurazione del Regno di Dio, che ha il suo "germe" ed "inizio" nella Chiesa (cfr Lumen Gentium, 5).

Sul Calvario Maria, unendosi al sacrificio di suo Figlio, offre all'opera della salvezza il proprio contributo materno, che assume la forma di un parto doloroso, il parto della nuova umanità.

Rivolgendosi a Maria con le parole "Donna, ecco tuo figlio", il Crocifisso ne proclama la maternità non solo verso l'apostolo Giovanni, ma anche verso ogni discepolo. Lo stesso Evangelista, affermando che Gesù doveva morire "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Gv 11, 52), indica nella nascita della Chiesa il frutto del sacrificio redentore, cui Maria è maternamente associata.

L'Evangelista san Luca riferisce della presenza della Madre di Gesù all'interno della prima comunità di Gerusalemme (At 1, 14). Sottolinea così il ruolo materno di Maria verso la Chiesa nascente, in analogia con quello da Lei avuto nella nascita del Redentore. La dimensione materna diviene così elemento fondamentale della relazione di Maria verso il Popolo nuovo dei redenti.

4. Seguendo la Sacra Scrittura, la dottrina patristica riconosce la maternità di Maria nei riguardi dell'opera di Cristo e, quindi, della Chiesa, anche se in termini non sempre espliciti.

Secondo sant'Ireneo, Maria "è diventata causa di salvezza per tutto il genere umano" (Sant'Ireneo, Adversus Haer. 3,22,4; PG 7,959) e il seno puro della Vergine "rigenera gli uomini in Dio" (Ibid. 4,33,11; PG 7,1080). Gli fanno eco sant'Ambrogio che afferma: "Una Vergine ha generato la salvezza del mondo, una Vergine ha dato la vita a tutte le cose" (Ep. 63, 33; PL 16,1198), e altri Padri che chiamano Maria "Madre della salvezza" (Severiano di Gabala, Or. 6 de mundi creatione, 10, PG 54,4; Fausto di Riez, Max.Bibl. Patrum, VI, 620-621).

Nel Medioevo, sant'Anselmo così si rivolge a Maria: "Tu sei la madre della giustificazione e dei giustificati, la madre della riconciliazione e dei riconciliati, la madre della salvezza e dei salvati" (Sant'Anselmo, Or. 52,8; PL 158,957), mentre altri autori le attribuiscono i titoli di "Madre della grazia" e "Madre della vita".

5. Il titolo "Madre della Chiesa" riflette, pertanto, la profonda convinzione dei fedeli cristiani, che vedono in Maria non solo la madre della persona del Cristo, ma anche dei fedeli. Colei che è riconosciuta come madre della salvezza, della vita e della grazia, madre dei salvati e madre dei viventi, a buon diritto è proclamata Madre della Chiesa.

Il Papa Paolo VI avrebbe desiderato che lo stesso Concilio Vaticano II proclamasse "Maria Madre della Chiesa, cioè di tutto il Popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei Pastori". Lo ha fatto egli stesso nel discorso di chiusura della terza sessione conciliare (21 nov. 1964), chiedendo altresì, che "d'ora innanzi, con un tale titolo dolcissimo la Vergine venga ancor più onorata ed invocata da tutto il Popolo cristiano" (AAS 1964, 37).

In questo modo, il mio venerato Predecessore enunciava esplicitamente la dottrina già contenuta nel capitolo VIII della Lumen Gentium, auspicando che il titolo di Maria, Madre della Chiesa, acquistasse un posto sempre più rilevante nella liturgia e nella pietà del Popolo cristiano.

(Gino61)
00sabato 29 agosto 2009 11:21
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 24 settembre 1997

 

L'intercessione celeste della Madre della divina grazia (Gv 3, 5-7).

1. Maria è madre dell'umanità nell'ordine della Grazia. Il Concilio Vaticano II pone in evidenza questo ruolo di Maria collegandolo alla sua cooperazione alla redenzione di Cristo.

Ella "per una disposizione della divina Provvidenza, è stata su questa terra l'alma madre del divino Redentore, la compagna generosa del tutto eccezionale e l'umile serva del Signore" (Lumen Gentium, 61).

Con tali affermazioni, la Costituzione Lumen Gentium intende porre nel suo giusto rilievo il fatto che la Vergine sia stata intimamente associata all'opera redentrice di Cristo, divenendo "compagna generosa" e "del tutto eccezionale" del Salvatore.

Mediante i gesti di ogni madre, dai più ordinari a quelli più impegnativi, Maria coopera liberamente all'opera della salvezza dell'umanità, in profonda e costante sintonia con il suo divin Figlio.

2. Il Concilio pone altresì in evidenza che la cooperazione di Maria è stata animata dalle virtù evangeliche dell'obbedienza, della fede, della speranza e della carità, e si è realizzata sotto l'influsso dello Spirito Santo. Ricorda, inoltre, che proprio da tale cooperazione Le deriva il dono della maternità spirituale universale: associata a Cristo nell'opera della redenzione, che include la rigenerazione spirituale dell'umanità, diviene madre degli uomini rinati a vita nuova.

Affermando che Maria è "per noi madre nell'ordine della grazia" (cfr Ibid.), il Concilio mette in risalto che la sua maternità spirituale non si limita ai soli discepoli, come se si dovesse interpretare in senso restrittivo la frase pronunciata da Gesù sul Calvario: "Donna, ecco il tuo figlio" (Gv 19, 26). Con tali parole infatti, il Crocifisso, stabilendo un rapporto d'intimità fra Maria e il discepolo prediletto, figura tipologica a raggio universale, intendeva offrire sua madre come madre a tutti gli uomini.

D'altra parte, l'efficacia universale del sacrificio redentore e la cooperazione consapevole di Maria all'offerta sacrificale di Cristo, non tollera una limitazione del suo amore materno.

Questa missione materna universale di Maria si esercita nel contesto del suo singolare rapporto con la Chiesa. Con la sua sollecitudine verso ogni cristiano, e anzi verso ogni creatura umana, Ella guida la fede della Chiesa verso un'accoglienza sempre più profonda della Parola di Dio, sostenendone la speranza, animandone la carità e la comunione fraterna ed incoraggiando il dinamismo apostolico.

3. Durante la sua vita terrena, Maria ha manifestato la sua maternità spirituale verso la Chiesa per un tempo molto breve. Tuttavia, questa sua funzione è apparsa in tutto il suo valore dopo l'Assunzione, ed è destinata a prolungarsi nei secoli sino alla fine del mondo. Il Concilio afferma espressamente: "Questa maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso prestato nella fede al tempo dell'Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti" (Lumen Gentium, 62).

Entrata nel regno eterno del Padre, più vicina al divin Figlio e, quindi, a tutti noi, Ella può esercitare nello Spirito in maniera più efficace la funzione d'intercessione materna affidatale dalla Provvidenza divina.

4. Vicina a Cristo e in comunione con lui, che "può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore" (Eb 7, 25), il Padre celeste ha voluto porre Maria: all'intercessione sacerdotale del Redentore ha voluto unire quella materna della Vergine. E' una funzione che Ella esercita a beneficio di coloro che sono in pericolo e hanno bisogno di favori temporali e, soprattutto, della salvezza eterna: "Nella sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora pellegrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti alla patria beata. Per questo la Beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice" (Lumen Gentium, 62).

Questi appellativi suggeriti dalla fede del popolo cristiano, aiutano a meglio comprendere la natura dell'intervento della Madre del Signore nella vita della Chiesa e dei singoli fedeli.

5. Il titolo di "Avvocata" risale a sant'Ireneo. Trattando della disobbedienza di Eva e dell'obbedienza di Maria, egli afferma che al momento della Annunciazione "la Vergine Maria divenne l'Avvocata" di Eva (Sant'Ireneo, Haer. 5,19,1; PG 7,1175-1176). Infatti, con il suo "sì" ha difeso e liberato la progenitrice dalle conseguenze della sua disobbedienza, divenendo causa di salvezza per lei e per tutto il genere umano.

Maria esercita il suo ruolo di "Avvocata", cooperando sia con lo Spirito Paraclito, sia con Colui che sulla croce intercedeva per i suoi persecutori (cfr Lc 23, 34) e che Giovanni chiama il nostro "avvocato presso il Padre" (1 Gv 2, 1). Come madre, Ella difende i suoi figli e li protegge contro i danni causati dalle loro stesse colpe.

I cristiani invocano Maria come "Ausiliatrice", riconoscendone l'amore materno che vede le necessità dei suoi figli ed è pronto ad intervenire in loro aiuto, soprattutto quando è in gioco la salvezza eterna.

La convinzione che Maria è vicina a quanti soffrono o si trovano in situazioni di grave pericolo, ha suggerito ai fedeli di invocarla come "Soccorritrice". La stessa fiduciosa certezza è espressa dalla più antica preghiera mariana con le parole: "Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci sempre da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta!" (Dal Breviario Romano).

Come materna Mediatrice, Maria presenta a Cristo i nostri desideri, le nostre suppliche e ci trasmette i doni divini, intercedendo continuamente in nostro favore.

(Gino61)
00sabato 29 agosto 2009 11:21
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 1° Ottobre 1997

   

Maria Mediatrice (1 Tm 2, 5-6).

1. Tra i titoli attribuiti a Maria nel culto della Chiesa, il capitolo VIII della Lumen Gentium ricorda quello di "Mediatrice". Benché alcuni Padri conciliari non condividessero pienamente tale scelta (cfr Acta Synodalia III, 8, 163-164), quest'appellativo fu inserito ugualmente nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, a conferma del valore della verità che esprime. Si ebbe, però, cura di non legarlo a nessuna particolare teologia della mediazione, ma di elencarlo soltanto tra gli altri titoli riconosciuti a Maria.

Il testo conciliare, peraltro, riferisce già il contenuto del titolo di "Mediatrice", quando afferma che Maria "con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni della salvezza eterna" (Lumen Gentium, 62).

Come ricordo nell'Enciclica Redemptoris Mater, "la mediazione di Maria è strettamente legata alla sua maternità, possiede un carattere specificamente materno, che la distingue da quella delle altre creature" (n. 38).

Da questo punto di vista, essa è unica nel suo genere e singolarmente efficace.

2. Alle difficoltà manifestate da alcuni Padri conciliari circa il termine "Mediatrice", lo stesso Concilio ha provveduto a rispondere affermando che Maria è "per noi la madre nell'ordine della grazia" (Lumen Gentium, 61). Ricordiamo che la mediazione di Maria è qualificata fondamentalmente dalla sua divina maternità. Il riconoscimento del ruolo di mediatrice è, inoltre, implicito nella espressione "Madre nostra", che propone la dottrina della mediazione mariana, ponendo l'accento sulla maternità. Infine, il titolo "Madre nell'ordine della grazia", chiarisce che la Vergine coopera con Cristo alla rinascita spirituale dell'umanità.

3. La mediazione materna di Maria non offusca l'unica e perfetta mediazione di Cristo. Il Concilio, infatti, dopo aver menzionato Maria "mediatrice", si premura di precisare: "Questo però va inteso in modo che nulla detragga o aggiunga alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico mediatore" (Lumen Gentium, 62). E cita a questo proposito il noto testo della Prima Lettera a Timoteo: "Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il Mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1 Tm 2, 5-6).

Il Concilio afferma, inoltre, che "la funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia" (Lumen Gentium, 60).

Lungi pertanto dall'essere un ostacolo all'esercizio dell'unica mediazione di Cristo, Maria ne mette piuttosto in evidenza la fecondità e l'efficacia. "Poiché ogni salutare influsso della Beata Vergine verso gli uomini non nasce da necessità, ma dal beneplacito di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di Lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia" (Lumen Gentium, 60).

4. Da Cristo deriva il valore della mediazione di Maria e pertanto l'influsso salutare della Beata Vergine "non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita" (Ibid.).

L'intrinseco orientamento a Cristo dell'opera della "Mediatrice" spinge il Concilio a raccomandare ai fedeli di ricorrere a Maria "perché, sostenuti da questo materno aiuto, essi più intimamente aderiscono col Mediatore e Salvatore" (Lumen Gentium, 62).

Nel proclamare Cristo unico mediatore (cfr 1 Tm 2, 5-6), il testo della Lettera di san Paolo a Timoteo, esclude ogni altra mediazione parallela, ma non una mediazione subordinata. Infatti, prima di sottolineare l'unica ed esclusiva mediazione di Cristo, l'autore raccomanda "che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini . . ." (Ibid., 2, 1). Non sono forse le preghiere una forma di mediazione? Anzi, secondo san Paolo, l'unica mediazione di Cristo è destinata a promuovere altre mediazioni dipendenti e ministeriali. Proclamando l'unicità di quella di Cristo, l'Apostolo tende ad escludere soltanto ogni mediazione autonoma o concorrente, non altre forme compatibili col valore infinito dell'opera del Salvatore.

5. E' possibile partecipare alla mediazione di Cristo in diversi ambiti dell'opera della salvezza. La Lumen gentium, dopo aver ribadito che "nessuna creatura può mai essere paragonata col Verbo incarnato e Redentore", illustra come sia possibile per le creature esercitare alcune forme di mediazione in dipendenza da Cristo. Afferma, infatti: "come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato dai sacri ministri e dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi nelle creature, così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata dall'unica fonte" (Lumen Gentium, 62).

In questa volontà di suscitare partecipazioni all'unica mediazione di Cristo, si manifesta l'amore gratuito di Dio che vuol condividere ciò che possiede.

6. In verità che cos'è la mediazione materna di Maria se non un dono del Padre per l'umanità? Ecco perché il Concilio conclude: "Questo compito subordinato di Maria, la Chiesa non dubita di riconoscerlo apertamente, continuamente lo sperimenta e lo raccomanda al cuore dei fedeli . . ." (Ibid.).

Maria svolge la sua azione materna in continua dipendenza dalla mediazione di Cristo e da Lui riceve tutto ciò che il suo cuore vuole dare agli uomini.

La Chiesa, nel suo pellegrinaggio terreno, sperimenta "continuamente" l'efficacia dell'azione della "Madre nell'ordine della grazia".

(Gino61)
00sabato 29 agosto 2009 11:22
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 15 ottobre 1997

 

Il culto della Beata Vergine (Gal 4, 4-6).

1. "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna . . ." (Gal 4, 4). Il culto mariano si fonda sulla mirabile decisione divina di legare per sempre, come ricorda l'apostolo Paolo, l'identità umana del Figlio di Dio ad una donna, Maria di Nazaret.

Il mistero della maternità divina e della cooperazione di Maria all'opera redentrice suscita nei credenti di ogni tempo un atteggiamento di lode sia verso il Salvatore sia verso Colei che lo ha generato nel tempo, cooperando così alla redenzione.

Un ulteriore motivo di riconoscente amore per la Beata Vergine è offerto dalla sua maternità universale. Scegliendola come Madre dell'intera umanità, il Padre celeste ha voluto rivelare la dimensione per così dire materna della sua divina tenerezza e della sua sollecitudine per gli uomini di tutte le epoche.

Sul Calvario, Gesù con le parole: "Ecco il tuo figlio", "Ecco la tua madre" (Gv 19, 26-27), donava già anticipatamente Maria a tutti coloro che avrebbero ricevuto la buona novella della salvezza e poneva così le premesse del loro filiale affetto per Lei. Seguendo Giovanni, i cristiani avrebbero prolungato con il culto l'amore di Cristo per sua madre, accogliendola nella propria vita.

2. I testi evangelici attestano la presenza del culto mariano sin dai primordi della Chiesa.

I primi due capitoli del Vangelo di san Luca sembrano raccogliere l'attenzione particolare per la Madre di Gesù dei giudeo-cristiani che manifestavano il loro apprezzamento per Lei e ne custodivano gelosamente le memorie.

Nei racconti dell'infanzia, inoltre, possiamo cogliere le espressioni iniziali e le motivazioni del culto mariano, sintetizzate nelle esclamazioni di Elisabetta: "Benedetta tu fra le donne . . . Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore!" (Lc 1, 42.45).

Tracce di una venerazione già diffusa nella prima comunità cristiana sono presenti nel cantico del Magnificat: "Tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1, 48). Ponendo sulla bocca di Maria tale espressione, i cristiani le riconoscevano una grandezza unica, che sarebbe stata proclamata sino alla fine del mondo.

Inoltre, le testimonianze evangeliche (cfr Lc 1, 34-35; Mt 1, 23 e Gv 1, 13), le prime formule di fede e un passo di sant'Ignazio d'Antiochia (cfr Smirn. 1,2: SC 10, 155) attestano la particolare ammirazione delle prime comunità per la verginità di Maria, strettamente legata al mistero dell'Incarnazione.

Il Vangelo di Giovanni, segnalando la presenza di Maria all'inizio e alla fine della vita pubblica del Figlio, lascia supporre tra i primi cristiani una coscienza viva del ruolo svolto da Maria nell'opera della Redenzione in piena dipendenza di amore da Cristo.

3. Il Concilio Vaticano II, nel sottolineare il carattere particolare del culto mariano, afferma: "Maria, esaltata per la grazia di Dio, dopo suo Figlio, al di sopra di tutti gli angeli e gli uomini, perché è la madre santissima di Dio, che ha preso parte ai misteri di Cristo, viene dalla Chiesa giustamente onorata con culto speciale" (Lumen Gentium, 66).

Alludendo, poi, alla preghiera mariana del terzo secolo "Sub tuum praesidium" - "Sotto la tua protezione" -, aggiunge che tale peculiarità emerge sin dall'inizio: "In verità dai tempi più antichi la beata Vergine è venerata col titolo di Madre di Dio, sotto il cui presidio i fedeli pregandola si rifugiano in tutti i loro pericoli e le loro necessità" (Ibid.).

4. Quest'affermazione trova conferma nell'iconografia e nella dottrina dei Padri della Chiesa, sin dal secondo secolo.

A Roma, nelle catacombe di Priscilla, è possibile ammirare la prima rappresentazione della Madonna col Bambino, mentre nello stesso tempo san Giustino e sant'Ireneo parlano di Maria come della nuova Eva che con la fede e l'obbedienza ripara l'incredulità e la disobbedienza della prima donna. Secondo il Vescovo di Lione, non bastava che Adamo fosse riscattato in Cristo, ma "era giusto e necessario che Eva fosse restaurata in Maria" (Dem., 33). Egli sottolinea in tal modo l'importanza della donna nell'opera di salvezza e pone un fondamento a quella inseparabilità del culto mariano da quello tributato a Gesù che percorrerà i secoli cristiani.

5. Il culto mariano si espresse inizialmente nell'invocazione di Maria come "Theotokos", titolo che ebbe autorevole conferma, dopo la crisi nestoriana, dal Concilio di Efeso svoltosi nell'anno 431.

La stessa reazione popolare alla posizione ambigua ed oscillante di Nestorio, che giunse a negare la divina maternità di Maria, e la successiva gioiosa accoglienza delle decisioni del Sinodo Efesino, confermano il radicamento del culto della Vergine tra i cristiani. Tuttavia "soprattutto a partire dal Concilio di Efeso, il culto del popolo di Dio verso Maria crebbe mirabilmente in venerazione e in amore, in invocazione e in imitazione . . ." (Lumen Gentium, 66). Esso si espresse specialmente nelle feste liturgiche, tra le quali, dagli inizi del V secolo, assunse particolare rilievo "il giorno di Maria Theotokos", celebrato il 15 agosto a Gerusalemme e divenuto successivamente la festa della Dormizione o dell'Assunzione.

Sotto l'influsso del "Protovangelo di Giacomo" furono, inoltre, istituite le feste della Natività, della Concezione e della Presentazione, che contribuirono notevolmente a mettere in luce alcuni importanti aspetti del mistero di Maria.

6. Possiamo ben dire che il culto mariano si è sviluppato fino ai nostri giorni in mirabile continuità, alternando periodi fiorenti a periodi critici i quali, tuttavia, hanno avuto spesso il merito di promuoverne ancor più il rinnovamento.

Dopo il Concilio Vaticano II, il culto mariano appare destinato a svilupparsi in armonia con l'approfondimento del mistero della Chiesa e in dialogo con le culture contemporanee, per radicarsi sempre più nella fede e nella vita del popolo di Dio pellegrino sulla terra.

(Gino61)
00sabato 29 agosto 2009 11:25
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 22 ottobre 1997

     

Natura del culto mariano (Mt 22, 36-38)

1. Il Concilio Vaticano II afferma che il culto della Beata Vergine, "quale sempre fu nella Chiesa, sebbene del tutto singolare, differisce essenzialmente dal culto di adorazione, prestato al Verbo incarnato come al Padre e allo Spirito Santo, e particolarmente lo promuove" (Lumen Gentium, 66).

Con queste parole la Costituzione Lumen Gentium ribadisce le caratteristiche del culto mariano. La venerazione dei fedeli verso Maria, pur superiore al culto rivolto agli altri santi, è tuttavia inferiore al culto di adorazione riservato a Dio, dal quale differisce essenzialmente. Con il termine "adorazione" viene indicata la forma di culto che l'uomo rende a Dio, riconoscendolo Creatore e Signore dell'universo. Illuminato dalla divina rivelazione, il cristiano adora il Padre "in spirito e verità" (Gv 4, 23). Con il Padre, adora Cristo, Verbo incarnato, esclamando con l'apostolo Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20, 28). Nel medesimo atto di adorazione include, infine, lo Spirito Santo, che "con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato" (Denz.-Schönm., 150), come ricorda il Simbolo Niceno-Constantinopolitano.

I fedeli, quando invocano Maria come "Madre di Dio" e contemplano in lei la più alta dignità conferita a una creatura, non le attribuiscono però un culto uguale a quello delle Persone divine. C'è una distanza infinita fra il culto mariano e quello rivolto alla Trinità e al Verbo incarnato.

Ne consegue che lo stesso linguaggio col quale la comunità cristiana si rivolge alla Vergine, pur richiamando talora i termini del culto a Dio, assume un significato e valore del tutto diverso.

Così l'amore che i credenti nutrono per Maria differisce da quello che essi devono a Dio: mentre il Signore va amato sopra ogni cosa con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente (cfr Mt 22, 37), il sentimento che unisce i cristiani alla Vergine ripropone sul piano spirituale l'affetto dei figli verso la madre.

2. Tra il culto mariano e quello reso a Dio vi è però una continuità: infatti, l'onore reso a Maria è ordinato e conduce all'adorazione della Santissima Trinità.

Il Concilio ricorda che la venerazione dei cristiani per la Vergine "singolarmente promuove" il culto prestato al Verbo incarnato, al Padre ed allo Spirito Santo. Aggiunge poi in prospettiva cristologica che "le varie forme di devozione verso la Madre di Dio, che la Chiesa ha approvato entro i limiti di una dottrina sana e ortodossa, secondo le circostanze di tempo e di luogo e l'indole e la mentalità dei fedeli, fanno sì, che mentre è onorata la Madre, il Figlio per il quale esistono tutte le cose (cfr Col 1, 15-16) e nel quale 'piacque all'eterno Padre di far risiedere tutta la pienezza' (Col 1, 19) sia debitamente conosciuto, amato, glorificato, e siano osservati i suoi comandamenti" (Lumen Gentium, 66).

Sin dai primordi della Chiesa il culto mariano è destinato a promuovere l'adesione fedele a Cristo. Venerare la Madre di Dio significa affermare la divinità di Cristo. Infatti i Padri del Concilio di Efeso, proclamando Maria Theotokos, "Madre di Dio", intesero confermare la fede in Cristo, vero Dio.

La stessa conclusione del racconto del primo miracolo di Gesù, ottenuto a Cana per intercessione di Maria, evidenzia come la sua azione sia finalizzata alla glorificazione del Figlio. Dice infatti l'evangelista: "Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui" (Gv 2, 11).

3. Il culto mariano favorisce altresì, in chi lo pratica secondo lo spirito della Chiesa, l'adorazione del Padre e dello Spirito Santo. Infatti, riconoscendo il valore della maternità di Maria, i credenti scoprono in essa una manifestazione speciale della tenerezza di Dio Padre.

Il mistero della Vergine Madre pone in risalto l'azione dello Spirito Santo che ha operato nel suo seno il concepimento del bambino e ha continuamente guidato la sua vita.

I titoli di Consolatrice, Avvocata, Ausiliatrice, attribuiti a Maria dalla pietà del popolo cristiano, non offuscano, ma esaltano l'azione dello Spirito Consolatore e dispongono i credenti a beneficiare dei suoi doni.

4. Il Concilio ricorda infine che il culto mariano è "del tutto singolare" e ne sottolinea la differenza rispetto all'adorazione di Dio ed alla venerazione dei santi.

Esso possiede una sua peculiarità irrepetibile perché si riferisce ad una persona unica per la sua perfezione personale e per la sua missione.

Del tutto eccezionali, infatti, sono i doni conferiti a Maria dall'amore divino, come la santità immacolata, la maternità divina, l'associazione all'opera redentrice e soprattutto al sacrificio della Croce.

Il culto mariano esprime la lode e la riconoscenza della Chiesa per tali straordinari doni. A Lei, divenuta Madre della Chiesa e Madre dell'umanità, ricorre il popolo cristiano, animato da filiale confidenza, per sollecitare la sua materna intercessione ed ottenere i beni necessari alla vita terrena in vista dell'eterna beatitudine.

(Gino61)
00sabato 29 agosto 2009 11:25
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 29 ottobre 1997

     

Devozione mariana e culto delle immagini (Col 1, 15-18).

1. Dopo aver giustificato dottrinalmente il culto della Beata Vergine, il Concilio Vaticano II esorta tutti i fedeli a farsene promotori: "Il Sacrosanto Concilio espressamente insegna questa dottrina cattolica, e insieme esorta tutti i figli della Chiesa, perché generosamente promuovano il culto, specialmente liturgico, verso la Beata Vergine, abbiano in grande stima le pratiche e gli esercizi di pietà verso di Lei, raccomandati lungo i secoli dal Magistero" (Lumen Gentium, 67).

Con quest'ultima affermazione i Padri conciliari, senza scendere a determinazioni particolari, intendevano ribadire la validità di alcune preghiere come il Rosario e l'Angelus care alla tradizione del popolo cristiano e frequentemente incoraggiate dai Sommi Pontefici, quali mezzi efficaci per alimentare la vita di fede e la devozione alla Vergine.

2. Il testo conciliare prosegue chiedendo ai credenti che "scrupolosamente osservino quanto in passato è stato sancito circa il culto delle immagini di Cristo, della Beata Vergine e dei Santi" (Lumen Gentium, 67).

Ripropone così le decisioni del secondo Concilio di Nicea, svoltosi nell'anno 787, che confermò la legittimità del culto delle immagini sacre, contro quanti volevano distruggerle, ritenendole inadeguate a rappresentare la divinità (Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 33).

"Noi definiamo, - dichiararono i Padri di quell'assise Conciliare -con ogni rigore e cura che, a somiglianza della raffigurazione della croce preziosa e vivificante, così le venerande

e sante immagini sia dipinte che in mosaico o in qualsiasi altro materiale adatto, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre suppellettili, sui sacri paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l'immagine del Signore Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della immacolata Signora nostra, la Santa Madre di Dio, dei santi angeli, di tutti i santi e giusti" (Denz.-Schönm., 600).

Richiamando tale definizione, la Lumen gentium ha inteso ribadire la legittimità e la validità delle immagini sacre nei confronti di alcune tendenze miranti ad eliminarle dalle chiese e dai santuari, al fine di concentrare tutta l'attenzione su Cristo.

3. Il secondo Concilio di Nicea non si limita ad affermare la legittimità delle immagini, ma cerca di illustrarne l'utilità per la pietà cristiana: "Infatti, quanto più frequentemente queste immagini vengono contemplate, tanto più quelli che le vedono sono portati al ricordo e al desiderio dei modelli originari e a tributare loro, baciandole, rispetto e venerazione" (Denz.-Schönm., 601).

Si tratta di indicazioni che valgono in modo particolare per il culto della Vergine. Le immagini, le icone e le statue della Madonna, presenti nelle case, nei luoghi pubblici e in innumerevoli chiese e cappelle, aiutano i fedeli ad invocare la sua costante presenza e il suo misericordioso patrocinio nelle diverse circostanze della vita. Rendendo concreta e quasi visibile la tenerezza materna della Vergine, esse invitano a rivolgersi a Lei, a pregarla con fiducia e ad imitarla nell'accogliere generosamente la volontà divina.

Nessuna delle immagini conosciute riproduce il volto autentico di Maria, come già riconosceva sant'Agostino (S. Agostino, De Trinitate, 8, 7); tuttavia esse ci aiutano a stabilire relazioni più vive con lei. Va incoraggiato, pertanto, l'uso di esporre le immagini di Maria nei luoghi di culto e negli altri edifici, per sentirne l'aiuto nelle difficoltà ed il richiamo ad una vita sempre più santa e fedele a Dio.

4. Per promuovere il retto uso delle sacre effigi, il Concilio Niceno ricorda che "l'onore reso all'immagine, in realtà, appartiene a colui che vi è rappresentato; e chi venera l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto" (Denz.-Schönm., 601).

Così adorando nell'immagine di Cristo la Persona del Verbo Incarnato, i fedeli compiono un genuino atto di culto, che nulla ha in comune con l'idolatria.

Analogamente, venerando le raffigurazioni di Maria, il credente compie un atto destinato in definitiva ad onorare la persona della Madre di Gesù.

5. Il Vaticano II esorta, però, i teologi e i predicatori ad astenersi tanto da esagerazioni quanto da atteggiamenti minimalisti nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio. E aggiunge: "Con lo studio della Sacra Scrittura, dei santi Padri e Dottori e delle liturgie della Chiesa, condotto sotto la guida del Magistero, illustrino rettamente i compiti e i privilegi della Beata Vergine, che sempre hanno per fine Cristo, origine di ogni verità, santità e devozione" (Lumen Gentium, 67).

L'autentica dottrina mariana è assicurata dalla fedeltà alla Scrittura ed alla Tradizione, come pure ai testi liturgici ed al Magistero. Sua caratteristica imprescindibile è il riferimento a Cristo: tutto, infatti, in Maria deriva da Cristo ed a Lui è orientato.

6. Il Concilio offre, infine, ai credenti alcuni criteri per vivere in maniera autentica il loro rapporto filiale con Maria: "I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimento, né in una vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti a un amore filiale verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù" (Lumen Gentium, 67).

Con queste parole i Padri conciliari mettono in guardia contro la "vana credulità" e il predominio del sentimento. Essi mirano soprattutto a riaffermare che la devozione mariana autentica, procedendo dalla fede e dall'amorevole riconoscimento della dignità di Maria, spinge al filiale affetto verso di lei e suscita il fermo proposito di imitare le sue virtù.

(Gino61)
00sabato 29 agosto 2009 11:27

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 5 novembre 1997

 

La preghiera a Maria (Lc 1, 26-28)

1. Nel corso dei secoli il culto mariano ha conosciuto uno sviluppo ininterrotto. Esso ha visto fiorire, accanto alle tradizionali feste liturgiche dedicate alla Madre del Signore, innumerevoli espressioni di pietà, sovente approvate ed incoraggiate dal Magistero della Chiesa.

Molte devozioni e preghiere mariane costituiscono un prolungamento della stessa liturgia e talvolta hanno contribuito ad arricchirne l'impianto, come nel caso dell'Ufficio in onore della Beata Vergine e di altre pie composizioni entrate a far parte del Breviario.

La prima invocazione mariana conosciuta risale al III secolo ed inizia con le parole: "Sotto la tua protezione (Sub tuum praesidium) cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio . . .". Tuttavia, dal secolo XIV, è l'"Ave Maria" la preghiera alla Vergine più comune tra i cristiani.

Essa, riprendendo le prime parole rivolte dall'Angelo a Maria, introduce i fedeli alla contemplazione del mistero dell'Incarnazione. La parola latina "Ave" traduce il vocabolo greco "Chaire": costituisce un invito alla gioia e potrebbe essere tradotto con "Rallegrati". L'inno orientale "Akáthistos" ribadisce con insistenza questo "rallegrati". Nell'Ave Maria la Vergine viene chiamata "piena di grazia" e così riconosciuta nella perfezione e nella bellezza della sua anima.

L'espressione "Il Signore è con te" rivela la speciale relazione personale tra Dio e Maria, che si situa nel grande disegno dell'alleanza di Dio con tutta l'umanità. Poi la locuzione

"Benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno Gesù", afferma l'attuazione del disegno divino nel corpo verginale della Figlia di Sion.

Invocando "Santa Maria, Madre di Dio", i cristiani chiedono a Colei che per singolare privilegio è l'immacolata Madre del Signore: "Prega per noi peccatori", e si affidano a Lei nell'ora presente e in quella suprema della morte.

2. Anche la tradizionale preghiera dell'"Angelus" invita a meditare il mistero dell'Incarnazione, esortando il cristiano a prendere Maria come punto di riferimento nei diversi momenti della propria giornata per imitarla nella sua disponibilità a realizzare il piano divino della salvezza. Questa preghiera ci fa quasi rivivere il grande evento della storia dell'umanità, l'Incarnazione, a cui già ogni "Ave Maria" fa riferimento. Sta qui il valore ed il fascino dell'"Angelus", tante volte espresso non solo da teologi e pastori, ma anche da poeti e pittori.

Nella devozione mariana ha assunto un posto di rilievo il Rosario, che attraverso la ripetizione delle "Ave Maria" conduce a contemplare i misteri della fede. Anche questa preghiera semplice, alimentando l'amore del popolo cristiano per la Madre di Dio, ordina più chiaramente la preghiera mariana al suo scopo: la glorificazione di Cristo.

Il Papa Paolo VI, come i suoi Predecessori, specialmente Leone XIII, Pio XII e Giovanni XXIII, tenne in grande considerazione la pratica del Rosario e ne auspicò la diffusione nelle famiglie. Inoltre, nell'Esortazione apostolica Marialis cultus, ne illustrò la dottrina, ricordando che trattasi di "preghiera evangelica, incentrata nel mistero dell'Incarnazione redentrice", e ribadendone l'"orientamento nettamente cristologico" (n. 46).

Al Rosario sono spesso affiancate dalla pietà popolare le litanie, tra le quali le più note sono quelle in uso nel Santuario di Loreto e chiamate perciò "lauretane".

Con invocazioni molto semplici, esse aiutano a concentrarsi sulla persona di Maria per cogliere la ricchezza spirituale riversata in Lei dall'amore del Padre.

3. Come dimostrano la liturgia e la pietà cristiana, la Chiesa ha sempre tenuto in grande considerazione il culto verso Maria, ritenendolo indissolubilmente legato alla fede in Cristo. Esso, infatti, trova il suo fondamento nel disegno del Padre, nella volontà del Salvatore e nell'azione ispiratrice del Paraclito.

Avendo ricevuto da Cristo la salvezza e la grazia, la Vergine è chiamata a svolgere un ruolo rilevante nella redenzione dell'umanità. Con la devozione mariana i cristiani riconoscono il valore della presenza di Maria nel cammino verso la salvezza, ricorrendo a Lei per ottenere ogni genere di grazie. Essi sanno soprattutto di poter contare sulla sua materna intercessione per ricevere dal Signore quanto è necessario allo sviluppo della vita divina e al conseguimento della salvezza eterna.

Come attestano i numerosi titoli attribuiti alla Vergine e i pellegrinaggi ininterrotti ai santuari mariani, la fiducia dei fedeli verso la Madre di Gesù li spinge ad invocarla nelle quotidiane necessità.

Essi sono certi che il suo cuore materno non può rimanere insensibile alle miserie materiali e spirituali dei suoi figli.

Così la devozione alla Madre di Dio, incoraggiando alla fiducia ed alla spontaneità, contribuisce a rasserenare il clima della vita spirituale e fa progredire i fedeli sulla via esigente delle beatitudini.

4. Vogliamo infine ricordare che la devozione a Maria, dando rilievo alla dimensione umana dell'Incarnazione, fa meglio scoprire il volto di un Dio che condivide le gioie e le sofferenze dell'umanità, il "Dio con noi", che Ella ha concepito come uomo nel suo seno purissimo, generato, assistito e seguito con ineffabile amore dai giorni di Nazaret e di Betlemme a quelli della Croce e della Risurrezione.

(Gino61)
00sabato 29 agosto 2009 11:27

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 12 Novembre 1997

 

La Madre dell'unità e della speranza (At 1, 13-14)

1. Dopo aver illustrato i rapporti fra Maria e la Chiesa, il Concilio Vaticano II si rallegra nel costatare che la Vergine è onorata anche dai cristiani che non appartengono alla comunità cattolica: "Per questo santo Concilio è di grande gioia e consolazione che vi siano anche, tra i fratelli separati, di quelli che tributano il debito onore alla Madre del Signore e Salvatore . . ." (Lumen Gentium, 69), (cfr Redemptoris Mater, 29-34). A ragion veduta possiamo dire che la maternità universale di Maria, anche se fa apparire ancor più dolorose le divisioni tra i cristiani, costituisce un grande segno di speranza per il cammino ecumenico.

Molte Comunità protestanti, a motivo di una particolare concezione della grazia e dell'ecclesiologia, si sono opposte alla dottrina e al culto mariano, ritenendo la cooperazione di Maria all'opera della salvezza lesiva dell'unica mediazione di Cristo. In questa prospettiva, il culto della Madre farebbe quasi concorrenza all'onore dovuto al Figlio.

2. Tuttavia, in tempi recenti, l'approfondimento del pensiero dei primi riformatori ha posto in luce posizioni più aperte nei confronti della dottrina cattolica. Gli scritti di Lutero manifestano ad esempio amore e venerazione per Maria, esaltata come modello di ogni virtù: egli sostiene l'eccelsa santità della Madre di Dio ed afferma talvolta il privilegio dell'Immacolata Concezione, condividendo con altri Riformatori la fede nella Verginità perpetua di Maria.

Lo studio del pensiero di Lutero e di Calvino, come anche l'analisi di alcuni testi di cristiani evangelici, hanno contribuito a creare una rinnovata attenzione di alcuni protestanti ed anglicani verso diversi temi della dottrina mariologica. Alcuni sono giunti persino a posizioni molto vicine a quelle dei cattolici per quanto riguarda i cardini fondamentali della dottrina su Maria, quali la maternità divina, la verginità, la santità, la maternità spirituale.

La preoccupazione di sottolineare il valore della presenza della donna nella Chiesa favorisce lo sforzo di riconoscere il ruolo di Maria nella storia della salvezza.

Tutti questi dati costituiscono altrettanti motivi di speranza per il cammino ecumenico. Il desiderio profondo dei cattolici sarebbe di poter condividere con tutti i loro fratelli in Cristo la gioia derivante dalla presenza di Maria nella vita secondo lo Spirito.

3. Il Concilio ricorda tra i fratelli che "tributano il debito onore alla Madre del Signore e Salvatore", specialmente gli Orientali, "i quali concorrono nel venerare la Madre di Dio sempre Vergine, con ardente slancio ed animo devoto" (Lumen Gentium, 69).

Come risulta dalle numerose manifestazioni di culto, la venerazione per Maria rappresenta un significativo elemento di comunione tra cattolici ed ortodossi.

Restano, tuttavia, alcune divergenze circa i dogmi dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione, anche se tali verità furono illustrate inizialmente proprio da alcuni teologi orientali - basti pensare a grandi scrittori come Gregorio Palamas (+ 1359), Nicola Cabasilas (+ dopo il 1396), Giorgio Scholarios (+ dopo il 1472).

Tuttavia tali divergenze, forse più di formulazione che di contenuto, non devono far dimenticare la comune fede nella divina maternità di Maria, nella sua perenne Verginità, nella sua perfetta santità, nella sua materna intercessione presso il Figlio. Come ha ricordato il Concilio Vaticano II, l'"ardente slancio" e "l'animo devoto" accomunano ortodossi e cattolici nel culto della Madre di Dio.

4. Alla fine della Lumen Gentium il Concilio invita ad affidare a Maria l'unità dei cristiani: "Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché Ella, che con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa, anche ora in cielo esaltata sopra tutti i beati e gli angeli, nella Comunione di tutti i Santi interceda presso il Figlio suo" (Ibid.).

Come nella prima comunità la presenza di Maria promuoveva l'unanimità dei cuori, che la preghiera consolidava e rendeva visibile (cfr At 1, 14), così la più intensa comunione con Colei che Agostino chiama "madre dell'unità" (Sant'Agostino, Sermo 192, 2; PL 38, 1013), potrà condurre i cristiani a godere il dono tanto atteso dell'unità ecumenica.

Alla Vergine Santa si rivolgono incessanti le nostre preghiere perché, come agli inizi ha sostenuto il cammino della comunità cristiana unita nella preghiera e nell'annuncio del Vangelo, così oggi con la sua intercessione ottenga la riconciliazione e la piena comunione tra i credenti in Cristo.

Madre degli uomini, Maria ben conosce i bisogni e le aspirazioni dell'umanità. A Lei il Concilio chiede particolarmente di intercedere perché "le famiglie dei popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, nella pace e nella concordia siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della Santissima e indivisibile Trinità" (Lumen Gentium, 69).

La pace, la concordia e l'unità, oggetto della speranza della Chiesa e dell'umanità, appaiono ancora lontane. Esse, tuttavia, costituiscono un dono dello Spirito da domandare senza sosta, ponendosi alla scuola di Maria e confidando nella sua intercessione.

5. Con tale richiesta i cristiani condividono l'attesa di Colei che, ricolma della virtù della speranza, sostiene la Chiesa in cammino verso il futuro di Dio.

Raggiunta personalmente la beatitudine per aver "creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1, 45), la Vergine accompagna i credenti - e la Chiesa intera - perché tra le gioie e le tribolazioni della vita presente, siano nel mondo i veri profeti della speranza che non delude.

Caterina63
00venerdì 25 settembre 2009 15:20
Ioannes Paulus PP. II
Redemptoris Mater
sulla Beata Vergine Maria nella vita della Chiesa in cammino

1987.03.25



Introduzione

Venerati Fratelli, carissimi Figli e Figlie,
salute e Apostolica Benedizione!

1. La Madre del Redentore ha un preciso posto nel piano della salvezza, perché, «quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, che grida: Abbà, Padre» (Gal 4,4). Con queste parole dell'apostolo Paolo, che il Concilio Vaticano II riprende all'inizio della trattazione sulla Beata Vergine Maria,1 desidero anch'io avviare la mia riflessione sul significato che ha Maria nel mistero di Cristo e sulla sua presenza attiva ed esemplare nella vita della Chiesa. Sono parole, infatti, che celebrano congiuntamente l'amore del Padre, la missione del Figlio, il dono dello Spirito, la donna da cui nacque il Redentore, la nostra filiazione divina, nel mistero della «pienezza del tempo».2 Questa pienezza definisce il momento fissato da tutta l'eternità, in cui il Padre mandò suo Figlio, «perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Essa denota il momento beato, in cui «il Verbo, che era presso Dio, ...si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,1), facendosi nostro fratello. Essa segna il momento, in cui lo Spirito Santo, che già aveva infuso la pienezza di grazia in Maria di Nazareth, plasmò nel suo grembo verginale la natura umana di Cristo. Essa indica il momento in cui, per l'ingresso dell'eterno nel tempo, il tempo stesso viene redento e, riempiendosi del mistero di Cristo, diviene definitivamente «tempo di salvezza». Essa, infine, designa l'inizio arcano del cammino della Chiesa. Nella liturgia, infatti, la Chiesa saluta Maria quale suo esordio,3 perché nell'evento della concezione immacolata vede proiettarsi, anticipata nel suo membro più nobile, la grazia salvatrice della Pasqua, e soprattutto perché nell'evento dell'incarnazione incontra indissolubilmente congiunti Cristo e Maria: colui che è suo Signore e suo capo e colei che, pronunciando il primo fiat della Nuova Alleanza, prefigura la sua condizione di sposa e di madre.

2. Confortata dalla presenza di Cristo (Mt 28,20), la Chiesa cammina nel tempo verso la consumazione dei secoli e muove incontro al Signore che viene; ma in questo cammino - desidero rivelarlo subito - procede ricalcando l'itinerario compiuto dalla Vergine Maria, la quale «avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio fino alla Croce».4 Riprendo queste parole tanto dense ed evocatrici della Costituzione Lumen Gentium, la quale nella parte conclusiva traccia una sintesi efficace della dottrina della Chiesa sul tema della Madre di Cristo, da essa venerata come sua madre amantissima e come sua figura nella fede, nella speranza e nella carità. Poco dopo il Concilio, il mio grande predecessore Paolo VI volle ancora parlare della Vergine Santissima, esponendo nell'Epistola Enciclica Christi Matri e poi nelle Esortazioni Apostoliche Signum magnum e Marialis cultus5 i fondamenti e i criteri di quella singolare venerazione che la Madre di Cristo riceve nella Chiesa, nonché le varie forme di devozione mariana - liturgiche, popolari, private - rispondenti allo spirito della fede.

3. La circostanza che ora mi spinge a riprendere questo argomento è la prospettiva dell'anno Duemila ormai vicino, nel quale il Giubileo bimillenario della nascita di Gesù Cristo orienta al tempo stesso il nostro sguardo verso la sua madre. In anni recenti si sono levate varie voci per prospettare l'opportunità di far precedere tale ricorrenza da un analogo Giubileo, dedicato alla celebrazione della nascita di Maria. In realtà, se non è possibile stabilire un preciso punto cronologico per fissare la data della nascita di Maria, è costante da parte della Chiesa la consapevolezza che Maria è apparsa prima di Cristo sull'orizzonte della storia della salvezza. 6 È un fatto che, mentre si avvicinava definitivamente la «pienezza del tempo», cioè l'avvento salvifico dell'Emanuele, colei che dall'eternità era destinata ad esser sua madre esisteva già sulla terra. Questo suo «precedere» la venuta di Cristo trova ogni anno un riflesso nella liturgia dell'Avvento. Se dunque gli anni che ci avvicinano alla conclusione del secondo Millennio dopo Cristo e all'inizio del terzo, vengono rapportati a quell'antica attesa storica del Salvatore, diventa pienamente comprensibile che in questo periodo desideriamo rivolgerci in modo speciale a colei, che nella «notte» dell'attesa dell'Avvento cominciò a splendere come una vera «stella del mattino». Infatti, come questa stella insieme con l'«aurora» precede il sorgere del sole, cosi Maria fin dalla sua concezione immacolata ha preceduto la venuta del Salvatore, il sorgere del «sole di giustizia» nella storia del genere umano.7 La sua presenza in mezzo a Israele - così discreta da passare quasi inosservata agli occhi dei contemporanei - splendeva ben palese davanti all'Eterno, il quale aveva associato questa nascosta «figlia di Sion» (Sof 3,14); (Zc 2,14) al piano salvifico comprendente tutta la storia dell'umanità. A ragione dunque, al termine di questo Millennio, noi cristiani, che sappiamo come il piano provvidenziale della Santissima Trinità sia la realtà centrale della rivelazione e della fede, sentiamo il bisogno di mettere in rilievo la singolare presenza della Madre di Cristo nella storia, specialmente durante questi anni anteriori al Duemila.

4. A tanto ci prepara il Concilio Vaticano II, presentando nel suo magistero la Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa. Se infatti è vero che «solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo» - come proclama lo stesso Concilio8 -, bisogna applicare tale principio in modo particolarissimo a quella eccezionale «figlia della stirpe umana», a quella «donna» straordinaria che divenne Madre di Cristo. Solo nel mistero di Cristo si chiarisce pienamente il suo mistero. Così, del resto, sin dall'inizio ha cercato di leggerlo la Chiesa: il mistero dell'incarnazione le ha permesso di penetrare e di chiarire sempre meglio il mistero della Madre del Verbo incarnato. In questo approfondimento ebbe un'importanza decisiva il Concilio di Efeso (a. 431), durante il quale, con grande gioia dei cristiani, la verità sulla divina maternità di Maria fu confermata solennemente come verità di fede della Chiesa. Maria è la Madre di Dio (= Theotókos), poiché per opera dello Spirito Santo ha concepito nel suo grembo verginale e ha dato al mondo Gesù Cristo, il Figlio di Dio consostanziale al Padre.9 «Il Figlio di Dio..., nascendo da Maria Vergine, si è fatto veramente uno di noi»,10 si è fatto uomo. Così dunque, mediante il mistero di Cristo, sull'orizzonte della fede della Chiesa risplende pienamente il mistero della sua Madre. A sua volta, il dogma della maternità divina di Maria fu per il Concilio Efesino ed è per la Chiesa come un suggello del dogma dell'incarnazione, nella quale il Verbo assume realmente nell'unità della sua persona la natura umana senza annullarla.

5. Presentando Maria nel mistero di Cristo, il Concilio Vaticano II trova anche la via per approfondire la conoscenza del mistero della Chiesa. Come Madre di Cristo, infatti, Maria è unita in modo speciale alla Chiesa, «che il Signore ha costituito come suo corpo».11 Il testo conciliare avvicina significativamente questa verità sulla Chiesa come corpo di Cristo (secondo l'insegnamento delle Lettere paoline) alla verità che il Figlio di Dio «per opera dello Spirito Santo nacque da Maria Vergine». La realtà dell'incarnazione trova quasi un prolungamento nel mistero della Chiesa-corpo di Cristo. E non si può pensare alla stessa realtà dell'incarnazione senza riferirsi a Maria - Madre del Verbo incarnato. Nelle presenti riflessioni, tuttavia, mi riferisco soprattutto a quella «peregrinazione della fede», nella quale «la Beata Vergine avanzò», serbando fedelmente la sua unione con Cristo.12 In questo modo quel duplice legame, che unisce la Madre di Dio al Cristo e alla Chiesa, acquista un significato storico. Né si tratta soltanto della storia della Vergine Madre, del suo personale itinerario di fede e della «parte migliore», che ella ha nel mistero della salvezza, ma anche della storia di tutto il popolo di Dio, di tutti coloro che prendono parte alla stessa peregrinazione della fede. Questo esprime il Concilio constatando in un altro passo che Maria «ha preceduto», diventando «figura della Chiesa... nell'ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo».13 Questo suo «precedere» come figura, o modello, si riferisce allo stesso mistero intimo della Chiesa, la quale adempie la propria missione salvifica unendo in sé - come Maria - le qualità di madre e di vergine. È vergine che «custodisce integra e pura la fede data allo Sposo» e che «diventa essa pure madre, poiché ...genera ad una vita nuova e immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito Santo e nati da Dio».14

6. Tutto ciò si compie in un grande processo storico e, per così dire, «in un cammino».15 La peregrinazione della fede indica la storia interiore, come a dire la storia delle anime. Ma questa è anche la storia degli uomini, soggetti su questa terra alla transitorietà, compresi nella dimensione storica. Nelle seguenti riflessioni desideriamo concentrarci prima di tutto sulla fase presente, che di per sé non è ancora storia, e tuttavia incessantemente la plasma, anche nel senso di storia della salvezza. Qui si schiude un ampio spazio, all'interno del quale la beata Vergine Maria continua a «precedere» il popolo di Dio. La sua eccezionale peregrinazione della fede rappresenta un costante punto di riferimento per la Chiesa, per i singoli e le comunità, per i popoli e le nazioni, in un certo senso per l'umanità intera. È davvero difficile abbracciare e misurare il suo raggio. Il Concilio sottolinea che la Madre di Dio è ormai il compimento escatologico della Chiesa: «La Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione, con la quale è senza macchia e senza ruga (Ef 5,27)» - contemporaneamente che «i fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità, debellando il peccato; e per questo innalzano i loro occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti». La peregrinazione della fede non appartiene più alla Genitrice del Figlio di Dio: glorificata accanto al Figlio nei cieli, Maria ha ormai superato la soglia tra la fede e la visione «a faccia a faccia» (1Cor 13,12). Al tempo stesso, però, in questo compimento escatologico, Maria non cessa di essere la «stella del mare» (Maris Stella)16 per tutti coloro che ancora percorrono il cammino della fede. Se essi alzano gli occhi verso di lei nei diversi luoghi dell'esistenza terrena, lo fanno perché ella «diede ...alla luce il Figlio, che Dio ha posto quale primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29)»,17 ed anche perché «alla rigenerazione e formazione» di questi fratelli e sorelle «coopera con amore di madre».18

Ioannes Paulus PP. II
Redemptoris Mater
sulla Beata Vergine Maria nella vita della Chiesa in cammino

1987.03.25



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