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DIFENDERE LA VERA FEDE

Il Papa ed internt: ATTENTI AL RELATIVISMO INTELLETTUALE e al gioco delle opinioni

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    Caterina63
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    00 24/04/2010 20:48
    l Papa ai partecipanti al convegno promosso dalla Conferenza episcopale italiana

    Prendiamo il largo nel mare digitale


    "Il mondo della comunicazione sociale entri a pieno titolo nella programmazione pastorale". È l'invito rivolto da Benedetto XVI ai partecipanti al convegno promosso dalla Conferenza episcopale italiana sul tema "Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell'era crossmediale", ricevuti in udienza sabato mattina, 24 aprile, nell'Aula Paolo vi.

    Eminenza,
    Venerati Confratelli nell'episcopato,
    cari amici,
    sono lieto di questa occasione per incontrarvi e concludere il vostro convegno, dal titolo quanto mai evocativo:  "Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell'era crossmediale". Ringrazio il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Angelo Bagnasco, per le cordiali parole di benvenuto, con le quali, ancora una volta, ha voluto esprimere l'affetto e la vicinanza della Chiesa che è in Italia al mio servizio apostolico. Nelle sue parole, Signor Cardinale, si rispecchia la fedele adesione a Pietro di tutti i cattolici di questa amata Nazione e la stima di tanti uomini e donne animati dal desiderio di cercare la verità.

    Il tempo che viviamo conosce un enorme allargamento delle frontiere della comunicazione, realizza un'inedita convergenza tra i diversi media e rende possibile l'interattività.
     
    La rete manifesta, dunque, una vocazione aperta, tendenzialmente egualitaria e pluralista, ma nel contempo segna un nuovo fossato:  si parla, infatti, di digital divide. Esso separa gli inclusi dagli esclusi e va ad aggiungersi agli altri divari, che già allontanano le nazioni tra loro e anche al loro interno. Aumentano pure i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell'intimità della persona. Si assiste allora a un "inquinamento dello spirito, quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia..." (Discorso in Piazza di Spagna, 8 Dicembre 2009).

    Questo Convegno, invece, punta proprio a riconoscere i volti, quindi a superare quelle dinamiche collettive che possono farci smarrire la percezione della profondità delle persone e appiattirci sulla loro superficie:  quando ciò accade, esse restano corpi senz'anima, oggetti di scambio e di consumo.

    Come è possibile, oggi, tornare ai volti? Ho cercato di indicarne la strada anche nella mia terza Enciclica. Essa passa per quella caritas in veritate, che rifulge nel volto di Cristo. L'amore nella verità costituisce "una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione" (n. 9). I media possono diventare fattori di umanizzazione "non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un'immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali" (n. 73).

    Ciò richiede che "essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale" (ibid.).

    Solamente a tali condizioni il passaggio epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuove opportunità. Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un'anima all'ininterrotto flusso comunicativo della rete.

    È questa la nostra missione, la missione irrinunciabile della Chiesa:  il compito di ogni credente che opera nei media è quello di "spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l'attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo tempo "digitale" i segni necessari per riconoscere il Signore" (Messaggio per la 44 Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 16 maggio 2010). Cari amici, anche nella rete siete chiamati a collocarvi come "animatori di comunità", attenti a "preparare cammini che conducano alla Parola di Dio", e ad esprimere una particolare sensibilità per quanti "sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche" (ibid.). La rete potrà così diventare una sorta di "portico dei gentili", dove "fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto" (ibid.).

    Quali animatori della cultura e della comunicazione, voi siete segno vivo di quanto "i moderni mezzi di comunicazione siano entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, entrando in contatto con il proprio territorio ed instaurando, molto spesso, forme di dialogo a più vasto raggio" (ibid.).

    Le voci, in questo campo, in Italia non mancano:  basti qui ricordare il quotidiano Avvenire, l'emittente televisiva TV2000, il circuito radiofonico inBlu e l'agenzia di stampa SIR, accanto ai periodici cattolici, alla rete capillare dei settimanali diocesani e agli ormai numerosi siti internet di ispirazione cattolica. Esorto tutti i professionisti della comunicazione a non stancarsi di nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l'uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto. Vi aiuterà in questo una solida preparazione teologica e soprattutto una profonda e gioiosa passione per Dio, alimentata nel continuo dialogo con il Signore. Le Chiese particolari e gli istituti religiosi, dal canto loro, non esitino a valorizzare i percorsi formativi proposti dalle Università Pontificie, dall'Università Cattolica del Sacro Cuore e dalle altre Università cattoliche ed ecclesiastiche, destinandovi con lungimiranza persone e risorse. Il mondo della comunicazione sociale entri a pieno titolo nella programmazione pastorale.

    Mentre vi ringrazio del servizio che rendete alla Chiesa e quindi alla causa dell'uomo, vi esorto a percorrere, animati dal coraggio dello Spirito Santo, le strade del continente digitale. La nostra fiducia non è acriticamente riposta in alcuno strumento della tecnica. La nostra forza sta nell'essere Chiesa, comunità credente, capace di testimoniare a tutti la perenne novità del Risorto, con una vita che fiorisce in pienezza nella misura in cui si apre, entra in relazione, si dona con gratuità.
    Vi affido alla protezione di Maria Santissima e dei grandi Santi della comunicazione e di cuore tutti vi benedico.


    (©L'Osservatore Romano - 25 aprile 2010)

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 27/04/2010 17:59

    Vino nuovo in otri nuovi


    ROMA, sabato, 24 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo sabato da mons. Domenico Pompili, Sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana e Direttore dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, per la terza giornata del Convegno “Testimoni digitali” svoltasi nell'Aula Paolo VI del Vaticano.



    * * *

    1. Il nuovo del Vangelo e il vecchio della comunicazione

    Paul Ricoeur scriveva che “solo interpretando i simboli possiamo credere”, dato che il simbolo è una “immagine-verbo” che fa di noi ciò che esprime (Il simbolo dà a pensare, 2002:13).

    Il frammento di Luca (5,33-39), appena risuonato in quest’Aula, invita a lasciarci trasformare da una immagine che è quasi una parabola concentrata, un effetto spot, tagliente ed ironico, efficace come se pronunciato oggi per la prima volta. Possiamo immaginare che gli interlocutori di Gesù abbiano sorriso o siano stati spiazzati dalle sue parole. Cosa avverrebbe infatti in quella cantina di otri vecchi, con i cocci e l’intera annata perduta che schiuma per terra? Dietro questa immagine ad effetto c’è una convinzione che sfugge a colui che non vuole assaggiare nessuna novità e - dal momento che ‘non vi è nulla di nuovo sotto il sole” - ritiene la sua bottiglia l’unico e miglior elisir che si possa mai bere, in barba al frizzantino che traspira negli otri nuovi, giù in cantina. Ciò che gli sfugge è che per poter cogliere il nuovo bisogna far piazza pulita del vecchio.

    Anche nella comunicazione del Vangelo oggi c’è qualcosa di nuovo e qualcosa di vecchio. Il nuovo è, naturalmente, la buona notizia, spumeggiante e dirompente come un vino novello; il vecchio è paradossalmente la comunicazione, che è soggetta a innovazioni rapide e presto datate, a mutamenti che cominciamo a comprendere solo quando sono passati; come scriveva McLuhan, noi guardiamo sempre i media nello specchietto retrovisore: “Di fronte a una situazione assolutamente nuova, tendiamo sempre ad attaccarci agli oggetti, all’aroma del passato più prossimo. Guardiamo il presente in uno specchietto retrovisore. Arretriamo nel futuro” (Il medium è il massaggio, 1981:75).

    Il digitale è solo il più recente, mutevole scenario che ci interpella, il futuro in cui rischiamo di arretrare. A chi come noi è chiamato ad assaggiare e far gustare la novità dentro questa condizione in perenne divenire è richiesta a prima vista una impossibile missione. Che però non può essere elusa. Come uscirne?

    2. Gli otri nuovi: l’intenzionalità, l’interesse, l’impegno, la responsabilità

    Non esiste una risposta a buon mercato, beninteso. Ci sono però una serie di condizioni preliminari, ineludibili per ciascuno di noi, senza le quali è impossibile attivare qualsiasi comunicazione umana, ivi compresa quella del Vangelo.

    La prima è certamente l’intenzionalità, cioè la consapevolezza di ciò che ci sta a cuore e l’impegno a condividerlo, senza dissimulare la propria identità. Non si può comunicare senza volerlo, lasciando all’eventualità del caso l’emergere delle nostre convinzioni.

    Poi è fondamentale la capacità di avvicinare l’altro, cioè il nostro interlocutore. Se manca la disponibilità ad ascoltare chi ci sta di fronte, cioè realmente la voglia di entrare nel suo mondo e di ospitarlo nel nostro, qualsiasi comunicazione è depotenziata, perché manca il terreno per allestire le condizioni dell’incontro, al di là di differenze che restano altrimenti insormontabili.

    Ma per intendersi bisogna fare lo sforzo di imparare i linguaggi e le nuove forme di comunicazione, cioè entrare dentro il mondo per noi cifrato che altri abitano con naturalezza (pensiamo a quel che scrivono i nostri adolescenti su Facebook!) e cercare di acquisire le capacità per entrare in sintonia con loro, per comprendere il mondo delle loro immagini e percezioni, raggiungendoli sul loro terreno.

    Accanto a queste condizioni di partenza c’è su tutte una qualità che occorre saper realizzare, ed è la credibilità che ciascun testimone, anche in versione digitale, deve poter assicurare per garantire la tenuta del proprio agire comunicativo. Essere credibili significa saper rispondere di sé, anzitutto. La chiesa non fa testimonianza nei media (solo) perché ne possiede e gestisce alcuni. Per esserci occorre prima essere, giacché la responsabilità è una questione di ontologia prima che di etica della comunicazione. Aver cura di sé significa per ciascun animatore della cultura e della comunicazione, così come per qualsiasi professionista dei media, porre in prima istanza l’autenticità e l’affidabilità della propria vita.

    Ma responsabilità è anche rispondere del contenuto della comunicazione non solo ovviamente nel senso della sua integralità [integrità? Verità?], ma anche in quello della sua comprensibilità, della sua capacità di parlare agli uomini e alle donne di oggi. La sfida è di ampia portata. Essa ci chiama ad un linguaggio non meno razionale, ma certo meno intellettuale, meno argomentativo ed astratto, in favore di un linguaggio più simbolico e poetico che lasci emergere il legame profondo tra la fede e la vita vissuta; lo stesso linguaggio delle parabole di Gesù insomma. Un linguaggio capace, cioè, di risvegliare i sensi, di riaccendere le domande sulla vita, di mostrare un Dio dal volto umano, di proporre la fede in modo non esterno alle battaglie e alle speranze degli uomini.

    Quindi responsabilità significa rispondere della relazione che la comunicazione instaura. E’ sorprendente che nel marketing si usi target, cioè bersaglio, per designare il destinatario. Ben altro è evidentemente quello che si richiede dalla nostra comunicazione, che deve essere giocata per un verso sull’ascolto e per altro verso sulla trasparenza. Ma essa non può prescindere anche da un radicamento sul territorio, che è la parete mancante della Rete, mentre è invece uno dei motivi di forza della Chiesa. E’ a partire da questo radicamento, da questa concretezza relazionale e da questo intreccio di vite e di storie che si può pensare a un’azione comunicativa capace di costruire unità, anziché a singoli, sporadici interventi.

    Infine responsabilità è rispondere degli effetti dell’agire comunicativo, cioè interrogarsi su quello che accade e su quello che produce la nostra comunicazione. Il che significa non solo pianificare, ma anche verificare; non soltanto progettare a tavolino restyling accattivanti, ma anche monitorare poi i risultati delle nostre innovazioni. La mancanza di questa capacità di analisi conduce spesso a ripetere gli errori del passato e impedisce qualsiasi reale innovazione, giocando solo sul susseguirsi di superficiali novità.

    3. Un impegno per gli anni avvenire: la credibilità di ciascuno

    Negli anni avvenire siamo chiamati a stare dentro il mondo dei media, sempre più pervasivo ed istantaneo come internet, alla maniera di credenti capaci di rendere ragione, cioè responsabili, in concreto credibili. Allora si realizza il detto del Maestro “vino nuovo in otri nuovi” che è un invito a ritrovare l’eccedenza del Vangelo che sorpassa ogni nostra aspettativa dentro “otri nuovi”, cioè rinnovati da questa credibilità che non fa sconti a nessuno e tutti provoca a lasciarsi plasmare da quello che si intende comunicare. Come efficacemente detto da Gregorio Magno:”Parlerò affinchè la spada della Parola di Dio anche per mezzo di me arrivi a trafiggere il cuore del prossimo. Parlerò affinchè la parola di Dio risuoni contro di me per mezzo di me (Omelie su Ezechiele, I,11, 5).

    La durezza di queste parole, che ci richiamano a una responsabilità cui non vogliamo sottrarci, non ci impedisce di esplorare il nuovo ambiente digitale con la leggerezza, la curiosità, l’abilità e la passione del surfer. “La sua percezione – scriveva McLuhan - offre un possibile stratagemma per comprendere la nostra situazione, il nostro gorgo configurato elettricamente” (1981:150). Il “gorgo” della velocità del cambiamento non ci inghiottirà, se sapremo interpretare la sua azione, guardando con gli occhi e non in uno specchio: imparando, come il surfer, a stare sulla superficie dell’onda perché conosciamo la profondità delle correnti…


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 05/05/2010 10:55
    In un altro Blog si rifletteva sulle parole del Papa sopra riportate, nel suo invito a PRENDERE IL LARGO  nel mare digitale...
    Riporto le riflessioni scaturite....


    Riprendiamo con la riflessione di Caterina:

    PRENDERE IL LARGO.... quante riflessioni che fa venire a mente!
    Penso anche alle tempeste, prendere il largo significa entrare in punti sconosciuti, andare incontro alle tempeste improvvise, trovarsi davanti delle "onde anomale" oppure delle volte trovare il mare piatto, troppo calmo... sole a picco, magari qualche noia al motore... insomma, prendere il largo e capire a che punto siamo difficile dirlo... magari si scorge all'orizzonte qualche isola sperduta, magari solo scogli, magari il mare aperto...

    Pensavo al naufragio di Paolo che lo portò a Malta.... chissà a noi dove ci ha portato o dove ancora ci porterà... di certo è un'esperienza che arricchisce, insegna a navigare, insegna a sopravvivere, insegna ad accontentarsi... dice a ragione Mic:

    per dirla con S. Paolo "ci muoviamo, viviamo ed esistiamo" (At 17, 28).

    e, aggiungerei: impariamo, predichiamo, assistiamo... SPERIAMO, preghiamo e... facciamo anche discernimento, dice infatti il Papa sull'uso di internet:

    Aumentano pure i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, (..) Cari amici, anche nella rete siete chiamati a collocarvi come "animatori di comunità", attenti a "preparare cammini che conducano alla Parola di Dio", e ad esprimere una particolare sensibilità per quanti "sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche"

    Io penso che da quando abbiamo "preso il largo" seppur fra tempeste e bonacce, possiamo ritrovarci in queste parole del Santo Padre...

    ad maiora a tutti e con serenità, FIDUCIA IN CRISTO E NEL SUO VICARIO... avanti TUTTA!
    Ovvio che si Mic, non siamo mai soli! ^__^

    le tempeste sono utili per compattare la ciurma ahahahah ^__^
    è durante la tempesta sul lago che san Pietro si affida al Signore, è proprio in quel riconoscersi BISOGNOSI DI AIUTO che non solo si testimonia la VERITA', ma si riceve anche l'Aiuto vero....

    Il 15 aprile scorso così ha ben parlato Benedetto XVI nell'accennare a queste tempeste:

    Sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter fare penitenza è grazia. E vediamo che è necessario far penitenza, cioè riconoscere quanto è sbagliato nella nostra vita, aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione, della trasformazione, questo dolore è grazia, perché è rinnovamento, è opera della misericordia divina”.

    Stupendo concetto del prendere il largo mai da soli, ma sempre con l'umiltà che ci fa riconoscere le bonacce, il mare calmo, le tempeste.... e MAI a discapito del nostro compito che è appunto quello indicato dal Papa, ripetiamole con fiducia queste parole:

    Cari amici, anche nella rete siete chiamati a collocarvi come "animatori di comunità", attenti a "preparare cammini che conducano alla Parola di Dio", e ad esprimere una particolare sensibilità per quanti "sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche"

    parole che ci dicono in un certo senso "a che punto siamo".... come a dire "c'è ancora molto da fare, non scoraggiatevi"


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    chisolm ha detto...



    Non so nuotare, e da bambino ho sofferto molto per questo…
    Vedere gli amici “prendere il largo” e io a rimanere lì, sottocosta, appiccicato alla battigia perché se non si sa nuotare, il largo fa paura.

    E’ strana questa mia antica paura dell’acqua, considerando che la mia vita biologica e quella spirituale altro non sono state che il salto dal liquido amniotico di mia madre all’acqua del Fonte battesimale.
    Formato nell’acqua del ventre materno e accolto nel ventre acquoso della Chiesa: il mio piccolo “prendere il largo” si misura in questo spazio brevissimo, corto, essenziale.

    Mai avuta la tentazione di spingermi oltre, mai sentito il bisogno di varcare oceani sconosciuti: forse il mio piccolo mare era quello, è questo, magari sottocosta, a smanacciare braccia e gambe per mostrare una parvenza di nuoto, ma sempre vicino alla spiaggia, sempre nei pressi di una voce rassicurante, di una presenza visibile.

    Ora vorrei “prendere il largo”, davvero vorrei farlo, lasciare tutto e tutti per fissarmi col chiodo al muro di un’adorazione silenziosa, alla luce di un cero, al ritmo della preghiera del cuore ripetuta e ripetuta come il mio respiro.
    Vorrei, ma forse il mio “largo” è questo, vicino alla battigia, a guardare gli altri che sfrecciano come delfini e sperare, un giorno, di poter essere veloce come loro…

    Chisolm

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    mic ha detto...


    Vorrei, ma forse il mio “largo” è questo, vicino alla battigia, a guardare gli altri che sfrecciano come delfini e sperare, un giorno, di poter essere veloce come loro…

    si ha sempre l'impressione che gli altri volino più in alto o nuotino più veloci, riuscendo ad arrivare "al largo" mentre noi restiamo "alla battigia"...

    ma secondo me rimanere attaccati "alla battigia" nel senso che intendi tu, caro Chisolm, non è solo un bisogno di sicurezza, quanto un dato di fedeltà, se per "prendere il largo" si intendono acrobazie, avventure dello spirito, che alla fine sono solo immaginifiche illusioni che col Soprannaturale - e soprattutto con la sua concreta Incarnazione nel Figlio dell'Uomo da parte del Figlio di Dio - hanno poco a che vedere...



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    tamar ha detto...

    ogni mattina dico a GESU:"DOVE MI PORTI OGGI?"...E Lui mi dice:"NEL MIO CUORE"...allora io sò che chiunque incotrerò è perchè Lui lo ha deciso...qualunque cosa succeda è perchè Lui l'ha voluta...è un viaggio quotidiano travagliato ...a volte fatto di scontri...a volte di incontri...ma è un viaggio insieme LUI...non è importante come si "nuota"...l'importante è "nuotare con LUI !!!




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    Caterina63 ha detto...


    ^__^ leggere Chisolm di mattino è meglio di un cornetto alla crema.....^__^

    Ieri vedevo un video carinissimo che parla della CASTITA'...si, pensate, sono giovani fidanzati che, cattolicamente, fanno il giro delle scuole (in america) per invitare i loro coetanei a non lasciarsi fregare dalle mode del mondo...
    insomma qui trovate il tutto, gustatevelo, è un altro modo per "prendere il largo" SULLA STESSA BARCA!!


    in questo video c'è un esempio calzante:

    un uomo ha un cane in giardino il quale comincia ad abbaiare puntando il muso verso un cespuglio.
    Il padrone spazientito lo fa tacere dandogli dello stupido perchè abbaia verso un cespuglio...
    Dopo un'ora il cane ricomincia ad abbaiare verso lo stesso cespuglio, il padrone perde la pazienza e con un bastone gli intima di tacere...
    Ma il cane, fedele al padrone, ricomincia ad abbaiare...e così tutta la serata finchè, spazientito il padrone prende il fucile e gli spara....

    Di notte, da quel cespuglio, esce il ladro che scavalca il cane ed entra nella casa, e sapendo che la sua vittima ha un fucile, lo uccide per non correre il rischio di essere ucciso a sua volta, e gli svaligia la casa...

    Morale della storia:
    quel cane che abbaiava è la NOSTRA COSCIENZA...
    spesse volte quando questa ci avverte del pericolo, la mettiamo a tacere perchè non ci piace essere disturbati....ci infastidiamo nel sentirci continuamente chiamati all'attenzione di qualcosa che sta avvenendo...
    ma spesse volte finiamo con azzittire, uccidere la nostra coscienza per continuare a restare nel nostro dolce "far niente" ^__^
    preferiamo gli "accomodamenti" i compromessi, preferiamo restare nel nostro orticello, nella nostra "villetta" dove, neppure la coscienza deve disturbarci...

    Nel "mare digitale" spesso ci sentiamo dire: "NON DEVI GIUDICARE"...dimenticando che non è solo un diritto, ma è un DOVERE discutere sulla retta coscienza delle cose, è un dovere discutere su ciò che è giusto e sbagliato, su ciò che è bene o male....è un dovere RICHIAMARE ALLA COSCIENZA quando i conti non tornano, quando la DIVISIONE porta le onde "anomale" a frantumarsi sulla Barca...in una Barca così speciale all'interno della quale TUTTO L'EQUIPAGGIO se non lavora con un Cuor solo ed un anima sola, fa andare alla deriva tutto o peggio, rischia di capovolgersi...

    La nostra certezza sta nel fatto che il Nocchiero nostro è DIVINO ^__^ e la Barca non si capovolgerà MAI! Ma questo non ci dispensa mai dal compiere il nostro dovere, con umiltà, spirito di sacrificio, senso del dovere, armati di CARITA'...

    Avanti tutta, caro Chisolm, guai "lasciare il tutto e fissarsi ad un chiodo" ^__^
    Vorremmo...e si che lo vorremmo... ma la voce della coscienza ci richiama verso il "largo", verso nuove avventure...
    ^__^

    un abbraccio a tutti!






    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 12/11/2010 18:09
    Lo spazio per l'uomo nelle nuove tecniche di comunicazione

    Nella rete
    con gli occhi aperti


    È in corso a Roma l'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura sul tema "Cultura della comunicazione e nuovi linguaggi". Pubblichiamo il testo della relazione tenuta dal vescovo di Regensburg.

    di Gerhard Ludwig Müller

    I canali mediatici di cui si serve la Chiesa non sono, nella maggior parte dei casi, gli abituali canali delle persone che si stanno estraniando dalla fede. Uno dei target per noi più importanti, d'età compresa tra i 17 e i 35 anni - i ragazzi e i giovani adulti che, entrando nel mondo del lavoro, cominciano improvvisamente a chiedersi quanto valga la Chiesa per loro - per lo più non leggono i giornali, la domenica non vengono a messa, non si sintonizzano su programmi d'informazione radiofonici o televisivi, né scelgono di navigare sulle nostre homepage.

    Come vescovo diocesano, nel corso delle tante visite pastorali alle parrocchie o negli incontri con i membri di associazioni e circoli, io vengo naturalmente in contatto con persone di ogni età che, nello spirito del cristianesimo, si organizzano all'interno della Chiesa e perseguono determinati obiettivi. La testimonianza personale resterà sempre l'incontro primario con la fede, con una vita all'insegna della fede e della Chiesa.

    Ma la nuova epoca della comunicazione si serve anche di strumenti tecnici per diffondere, su scala mondiale e in tempo reale, dati, informazioni e notizie. Ciò rappresenta senz'altro un inedito spazio di incontro con le idee e le concezioni di altre culture e di religioni diverse.
    Anche l'intensità dello scambio scientifico ha indubbiamente beneficiato dell'internazionalizzazione prodottasi con internet. Navigando in rete, è possibile reperire sui siti delle più svariate istituzioni accademiche dati aggiornati sulle pubblicazioni e lo stato attuale del dibattito intorno a un determinato tema, e tenerne debitamente conto nella formulazione delle proprie tesi. Internet significa quindi anche la possibilità di evitare prese di posizioni egocentriche, e attraverso la gamma di informazioni disponibili, ricevere ulteriori impulsi per modellare attivamente il mondo che ci circonda.

    La disponibilità a servirsi delle tecniche, dell'autostrada informatica della rete, costituirà in futuro un caso normale di interazione e di scambio a livello privato e professionale.

    E la Chiesa può servirsi di questa rete mondiale di collegamenti tra gli uomini anche per svolgere il suo mandato di evangelizzazione. Proprio la Chiesa che, conformandosi alla volontà missionaria di Gesù, fin dalle origini ha vissuto il suo comando di andare per il mondo con profondo impegno e per la gioia di coloro che vivono nella speranza di salvezza in Gesù Cristo, può avviare qui nuovi percorsi per la diffusione dell'annuncio evangelico e del magistero.

    Giovanni Paolo II, nella sua lettera apostolica Il rapido sviluppo del 24 gennaio 2005, ha ricordato che nei moderni mezzi della comunicazione la Chiesa trova "un sostegno prezioso per diffondere il Vangelo e i valori religiosi, per promuovere il dialogo e la cooperazione ecumenica e interreligiosa, come pure per difendere quei solidi principi che sono indispensabili per costruire una società rispettosa della dignità della persona umana e attenta al bene comune". E ha sottolineato il fatto che essa "li impiega volentieri per fornire informazioni su se stessa e dilatare i confini dell'evangelizzazione, della catechesi e della formazione", in quanto "ne considera l'utilizzo come una risposta al comando del Signore:  "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Marco, 16, 15)" (n. 7).

    La Chiesa è la maestra dell'umanità proprio nelle tematiche etiche e morali sulle quali è continuamente necessario riportare l'accento. Prestiamo attenzione ai vicendevoli collegamenti dei mezzi di comunicazione sociale che interagiscono tra politica, economia, media e cultura; e alle dipendenze e agli obblighi che ne derivano, e che sovente sfociano in un sistema di oppressione mediatica e di monopolizzazione dell'opinione pubblica.

    In quanto maestra dell'umanità, la Chiesa avrà il compito di sensibilizzare gli utenti della comunicazione alla dignità e centralità della persona, e di ancorarne la tutela come punto fermo nella compagine della tecnica moderna.

    Internet non deve diventare la piattaforma di uno spazio franco, in cui i fondamentali valori umani del matrimonio, della famiglia, dell'incondizionata tutela della vita - dal principio alla fine - vengono ignorati o addirittura combattuti. La comunicazione deve svolgersi all'insegna di un'interazione tra persone che sono reciprocamente correlate. Deve nascere una cultura di corresponsabilità nei confronti del progresso tecnico, affinché sia lo stesso sviluppo a smascherare come incompatibili con la dignità umana dei contenuti pericolosi e lesivi come la pornografia, la criminalità e così via.

    Accanto alla tutela della dignità del singolo individuo, la Chiesa maestra dell'umanità considera altrettanto importante esigere una "pratica di solidarietà al servizio del bene comune" quale impegno decisivo per la propria azione nel campo delle nuove tecnologie. La tecnologia può essere un mezzo per risolvere i problemi umani, per incentivare lo sviluppo complessivo della persona e per costruire un mondo orientato sui parametri della giustizia e della pace. Già nel 1971 l'istruzione pastorale Communio et progressio redatta dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ammoniva i media, ricordando che ormai tutti gli uomini della Terra diventano "partecipi delle difficoltà  e  problemi  che  incombono su ciascun individuo e su tutta l'umanità".

    Internet può contribuire alla realizzazione e messa in atto di questo nobile postulato? È in grado di tutelare o addirittura incentivare la dignità dell'individuo e la solidarietà fra gli uomini? C'è una possibilità per il singolo, per gruppi e nazioni diverse, e infine per l'umanità intera, di far diventare realtà questa visione? La soluzione risiede nella rete? O non è questo il campo di dissoluzione della sfera privata, perdita di diritti, violazione della sicurezza? Costituisce soltanto una piattaforma per diffondere calunnie, odio o disinformazione? O funge invece da corrente di informazioni sui valori fondamentali, pluralità culturale e responsabilità globale, motore di un dialogo interculturale che mette in risalto gli elementi comuni e sa reagire opportunamente alle differenze?

    Nell'ottica della costituzione Gaudium et spes del concilio Vaticano ii, internet è un'eccellente possibilità per mettere in rilievo la responsabilità della Chiesa nella formazione di una cultura umana collettiva, per la quale la società odierna, con la sua rete di connessioni internazionali - globali - fornisce del resto degli ottimi presupposti. La dignità umana spetta a ogni persona, indipendentemente dalla sua appartenenza etnica o provenienza politica o nazionale. Dal canto suo, internet offre l'opportunità di una diffusione a vasto raggio dell'annuncio evangelico, diretto a tutti gli uomini e recepibile in ogni angolo del pianeta.
     
    Allo stesso tempo ci mette dunque in condizione di fare un considerevole passo in avanti nella tutela della persona umana in tutto il mondo. Il diritto a disporre di informazioni affidabili, indispensabile per formarsi un'opinione, il libero accesso a dati e contenuti dottrinali, equivale a prendere l'uomo sul serio e consente un progresso a livello educativo e di autodeterminazione anche in Paesi soggetti alla repressione e alla censura.

    Al contempo, un atteggiamento umanitario su scala mondiale può condurre a una nuova consapevolezza reciproca fra i vari Stati e Paesi. Basti pensare allo scambio d'informazioni in tempo reale in occasione di catastrofi come lo tsunami di quattro anni fa, o il recente salvataggio dei minatori cileni. L'ondata di solidarietà con le vittime e i superstiti, i soccorsi messi a disposizione da tutto il mondo e la disponibilità ad attivarsi in maniera incondizionata e diretta a favore di tutti i colpiti, hanno senza dubbio cambiato la faccia del mondo.

    Possiamo dunque sperare che Giovanni Paolo II fosse nel giusto descrivendo l'aspetto umano e personale della comunicazione mondiale come "la capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c'è nell'altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio" e di servire il fratello, portando "i pesi gli uni degli altri" (Galati, 6, 2).

    Giovanni Paolo II, nel suo messaggio in occasione della XXXIII Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, nel 1999, ha coniato il concetto della "cultura ecclesiale della sapienza", che deve preservare la cultura dell'informazione dei mass media "dal divenire un accumularsi di fatti senza senso".

    Non sarà facile imparare o trasmettere il comportamento giusto nei confronti di internet. La rete può essere un arricchimento - a condizione che l'utente venga guidato a considerarla un mezzo per migliorare le condizioni di vita degli uomini, sfruttandola ad esempio a favore di organizzazioni umanitarie  che  agiscono  a livello mondiale, o per sostenere la ricerca in tutti i campi di attività scientifica. In questo caso si mette al servizio della dignità personale e unisce gli uomini.
    Posizioni radicali, estremismi politici, atti di violenza e attività criminali diffusi in rete, al contrario, separano gli uomini. In questo senso, bisogna guardarsi dall'impugnare la "libertà di opinione" come mero pretesto per manipolazioni, travisamenti o interessi egoistici. È infatti così che si mandano in scena il delinquente e la vittima, l'amico e il nemico, il truffatore e il truffato
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    Gesù Cristo ci insegna che la comunicazione dev'essere un comportamento morale:  "L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato" (Matteo, 12, 35-37). E l'Apostolo Paolo raccomanda agli Efesini (4, 25-29):  "Perciò, bando alla menzogna:  dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri. (...) Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano".

    Non è la tecnica a rendere colpevoli, bensì l'uso sbagliato che se ne fa. Perciò, nell'educazione dei futuri utenti, sarebbe importante sottolineare il fattore etico e far uscire la rete dalla zona grigia del disimpegno pedagogico. Chi mette in rete dei contenuti contrari alla persona e alla dignità umana, si ribella alla creazione e diffonde - in tutto il mondo - una visione dell'uomo che rinnega qualsiasi rimando alla trascendenza. Il "tutto è lecito e possibile" della concezione liberale del mondo ha trovato in internet il proprio medium - se non ci sono stati in precedenza un'educazione e un avviamento ai valori cristiani, sulla base dell'antropologia cristiana. I bambini e gli adolescenti dovrebbero essere guidati alla fruizione dei media con un approccio adeguato all'età e alle circostanze, per metterli in grado di resistere alla facile tentazione di un consumismo passivo e abituarli a compiere personalmente un'analisi critica delle offerte mediali.

    Giovanni Paolo II, nella sua enciclica Redemptor hominis si chiedeva "se l'uomo, come uomo, nel contesto di questo progresso, diventi veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e più deboli, più disponibile a dare e portare aiuto a tutti" (n. 15).

    In questo senso, la Chiesa è chiamata a dare il suo contributo al world wide web. E in ultima analisi, solo lei può rispondere in maniera soddisfacente agli interrogativi che si celano dietro ogni ricerca e riflessione umana:  "Chi sono io?". "Dopo la morte, che cosa c'è?" e ancora:  "E io, da dove provengo?". "Cos'è l'uomo?". E anche oggi - come da oltre 2000 anni - può continuare a fornire la risposta sempre valida e liberatoria enunciata nella costituzione pastorale Gaudium et spes sull'attualità della Chiesa nel mondo contemporaneo:  "Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione" (n. 22).


    (©L'Osservatore Romano - 13 novembre 2010)





                                                        
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)