È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

A TE QUINDICENNE E AI TUOI GENITORI educazione cristianaalla purezza

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2015 10:31
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
01/07/2013 11:12
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota



[SM=g1740732] IL NEMICO

Gravità del peccato mortale


Giovane, il grande nemico dell'anima tua, colui che la renderebbe orribilmente schiava, è il peccato mortale.

È estremamente importante che tu compren­da la gravità di questa mortale colpa d'impurità, della quale spesso si parla con tanta leggerezza al punto di aver il coraggio di dire: «E’ cosa da poco!».

Ma, poichè ci ripugna dover scandagliare la malizia della colpa grave in se stessa, sforziamo­ci piuttosto di vederla in opera.

Quel grande conoscitore d'anime che fu sant'Ignazio invita a considerare tre grandi disa­stri, dovuti a tre grandi colpe.

Ecco i tre quadri del trittico ignaziano:

1° quadro. Gli angeli sono in cielo, belli, felici, i primogeniti della potenza creatrice. Commettono una colpa. Quale? Comunque sia andata la cosa, questo è certo: la colpa degli angeli fu una colpa d'orgoglio, la sola colpa pos­sibile alla loro natura affatto spirituale e per di più conservata nella sua primitiva integrità. Cadono dal cielo come la folgore e sono preci­pitati nell' inferno. Lucifero (che significa «portatore di luce») diventa Satana!

Gli angeli diventano demoni!

Che cosa è avvenuto in questi angeli luminosi per divenire demoni, cosicché Nostro Signore dica loro - come riferisce il Vangelo -. «Ritirati... spirito immondo»?

Una sola colpa mortale! Certo la colpa era d'una gravità eccezionale, essendo stata commessa in piena luce e contro la luce! Ma alla fin fine la colpa fu una sola.

Ora Dio non esagera mai, come fanno gli uomini, trasportati da un eccesso di collera. Quando Dio punisce, fra il delitto e la pena corre una perfetta equazione.

2° quadro. Adamo ed Eva, i primi due bei fiori umani sbocciano nel paradiso terrestre.

La felicità è l'eredità riservata a loro e a tutta la grande famiglia umana.

Commettono una colpa mortale. Osservate il castigo! Pèrdono, per sè e per i discendenti, tutti i doni soprannaturali (ossia la Vita divina) e preternaturali (ossia l'esenzione dalla sofferenza e dalla morte).

Ricorda però che il Concilio di Trento (nella sessione IV al cap.I) dichiara che, dopo il pecca­to originale, la libertà del nostro volere non è stata soppressa, benchè sia rimasta meno forte e più inclinata al male per causa delle tentazioni. Il paradiso terrestre diventa una «valle di lacrime».

Da questo antico paradiso nacquero, nel gior­no stesso della colpa, tre fiumi che bagneranno d'ora innanzi sempre il mondo: un pallido fiume di lacrime, un torbido fiume di fango, un rosso fiume di sangue.

Gesù Cristo, per santificare l'uomo, istituirà i sette Sacramenti che sono come sette sorgenti di grazia, per opporre così i sette fiumi di purezza ai tre fiumi di tristezza, di vergogna, di delitti.

Subito dopo la colpa viene pronunciata la sen­tenza contro Eva: «Tu darai alla luce nel dolore». E ogni "dare alla luce" da allora diventò peno­so: non solo quello della madre, ma anche quel­lo del lavoratore, dell'artista, dell'uomo di genio. Chiunque, quaggiù, in qualsivoglia campo, pro­duce qualche cosa, si tratti del dotto, dell'opera­io, o del sacerdote, deve sperimentare la legge: «Tu darai alla luce nel dolore».

Ed infine la morte, l'orribile morte entra in scena.

Lo so: spesso il peccatore sogghigna: «Il pec­cato mortale? Macché, esso non fa morire! » . Non fa morire? Ma non vedete? si muore solamente per esso!

L'ha detto S. Paolo: «La morte è lo stipendio del peccato» (Ai Romani, 6,23).

Tu morrai, proprio tu, per causa di questo peccato di Adamo e di Eva.

E al mondo si muore: 140.000 volte al giorno! 97 volte al minuto! Quella colpa viene dunque punita la bellezza di 140.000 volte al giorno! In questo momento stesso quanti agonizzano! ...

Ora ripetiamo ciò che dicevamo poco fa: una colpa mortale era stata commessa, di gravità speciale è vero, ma alla fin fine unica. Eppure la punizione fu ed è tanto grave; eppure Colui che san Paolo chiama il «giusto Giudice» (II a Timoteo, 4, 8) non può aver esagerato l'impor­tanza reale del delitto.

3° quadro. Un uomo vive, per un dato tempo, bene; a un certo punto commette una colpa grave; una colpa cioè non di sorpresa, fatta con mezza coscienza, cioè con mezza volontà, ma una colpa commessa con piena coscienza e deli­berato consenso.

Quest'uomo, se morisse senza riconciliarsi con Dio, cadrebbe nell'Inferno.

Eppure, torniamo a ripeterlo per la terza volta, non si tratterebbe di cento peccati mortali, nè di dieci, nè di due, ma di uno. E la giustizia di Dio è perfetta.

Posta l'ipotesi di sant'Ignazio, la conclusione è rigorosamente teologica.

Ma, mi chiederete; questa ipotesi si realizza spesso, nei fatti? Questo è il segreto di Dio.

Noi non abbiamo mai la certezza che un uomo è dannato, anche se sembra morire nello stato di peccato mortale.

S. Ignazio termina la sua meditazione con l'invitare chi ha peccato a volgere lo sguardo a Gesù in Croce: « O peccatore, egli esclama, che poco fa parlavi cosi leggermente del peccato, vedi ciò che ha fatto il tuo peccato! Ha ucciso l'Uomo-Dio! ».

Davanti al corpo straziato e morto in Croce di Gesù, comprendi tu finalmente cosa hai fatto con un peccato mortale!

Ed ora che l'anima ha potuto riflettere sul­l'enormità della colpa mortale, è in grado di udire le parole del Maestro: «Se il tuo occhio destro è per te un'occasione di caduta, strappa­lo e buttalo. via da te! È meglio per te che peri­sca un solo dei tuoi membri piuttosto che tutto il tuo corpo sia gettato sul fuoco. E se la tua mano destra è per te un'occasione di caduta, tagliala e buttala via da te. È meglio per te che perisca un solo dei tuoi membri piuttosto che tutto il tuo corpo sia gettato nel fuoco» (Matteo 6, 29-3i).

Può darsi che noi siamo tentati di dire: «Maestro, è duro questo modo di parlare! »; ma osserviamo ciò che tanti uomini e tante donne fanno ogni giorno quando, per conservare la vita, permettono che il chirurgo compia su di loro una mutilazione.

Una volta, in un ospedale militare, io stesso ho assistito a questo dialogo.

Il dottore diceva:

- Ascolta, tu sei un uomo e io ti voglio parla­re francamente: la cancrena sale; se non ti lasci tagliare la gamba, viene la morte!

- È duro ciò che voi dite, signor dottore! rispondeva il povero soldatino, fattosi all'im­provviso pallidissimo. Ma alla fin fine, se vera­mente è una questione di vita o di morte, ebbe­ne, sia, tagliate pure!

Il povero ammalato obbediva così al consiglio del buon senso elementare, secondo cui è meglio sacrificare la parte che non sacrificare il tutto; è meglio sacrificare l'integrità che non l'intera esi­stenza.

Ciò che gli uomini di mondo capiscono così bene riguardo alla vita del corpo, comprendia­molo anche noi riguardo alla vita dell'anima e diciamo a Dio con sant'Agostino:

«Hic seca, hic ure, hic non parcas; ut in aeternum parcas!».

«Signore, buon chirurgo delle nostre anime, cauterizzate pure le mie piaghe, tagliate nel vivo, purchè cosi voi possiate risparmiarmi per l'eter­nità».

Da questo che diciamo rimangono chiarite le parole del Signore: «Strappa il tuo occhio! taglia la tua mano! » sono soltanto un'immagine. Nè Lui, nè la Chiesa hanno mai comandato a qual­cuno di strapparsi un occhio o di tagliarsi un piede!

Queste espressioni sono un modo di parlare metaforico, equivalenti a questa espressiva frase: «soffri ogni cosa, accetta ogni cosa, ogni rinun­cia, ogni sacrificio, compresa anche una mutila­zione corporale, che i martiri hanno subito, anzi­chè perdere l'anima con la colpa grave».



Dopo aver esaminato la gravità della colpa mortale, non è cosa inutile approfondirne un poco la natura, per ricavare da questa analisi qualche corollario.

Che cosa è adunque una colpa grave?

È una colpa in cui si trovano realizzati con­temporaneamente questi tre elementi:

Materia grave; Piena avvertenza; Deliberato consenso.


Poco fa l'abbiamo detto: colpa grave significa che se uno morisse in questo stato, cadrebbe nell'Inferno!

Inferno: questa parolina di tre sillabe si pro­nuncia in fretta, ma rappresenta una realtà orri­bile: diventare un immortale sventurato! Dio non sarebbe infinitamente buono, o meglio non sarebbe neppure giusto, se condannasse a un simile supplizio colui che potesse rispondergli: «Ma io non ho acconsentito o non ho avuto piena avvertenza!

No, Dio non vuol sorprendere l'uomo come farebbe un traditore e non è un tiranno che tri­onfi di noi con il ghermirci in un atto, fatto con mezza coscienza, allo scopo di punirci eterna­mente.


[SM=g1740733] Nozione del peccato mortale

La nozione di peccato mortale non si ottiene nè con l'addizione nè con la durata.

a) Il peccato mortale non è dunque un con­cetto che si ottenga addizionando o moltiplican­do.

In altre parole, non devi immaginare, o giova­ne amico, che i peccati veniali, addizionandosi gli uni agli altri, finiscano con raggiungere una tanto grande quantità che, con il loro totalizzar­si, costituiscano un peccato mortale.

Mille colpe veniali non fanno una colpa mor­tale, perchè i due concetti di colpa veniale e di colpa mortale sono irriducibili l'uno all'altro; il che esprimono i teologi dicendo che i due concet­ti sono analogici. Parlando familiarmente si dice: cento pere non fanno un arancio.

b) Il concetto di colpa mortale non è neppure una questione di durata.

Una colpa di vanità, di pigrizia, può prolun­garsi durante settimane e settimane e restare sempre leggera, una colpa di bestemmia può du­rare soltanto un minuto secondo e tuttavia (se essa è pienamente cosciente, nota bene) è grave.

I peggiori delitti spesso si commettono con la massima rapidità. Ci vuol così poco tempo per far scattare un grilletto o lanciare una bomba! Ugualmente, una colpa di pensiero, di desiderio può esser commessa in una frazione di minuto.

Nota però che in questo brevissimo tempo, l'uomo per commettere una colpa grave deve accumulare la sua piena personalità e conden­sarla tanto intensamente, da gettare in questo atto la propria pienezza di conoscenza della mente ed il consenso della volontà.

Concludiamo dunque così: il peccato mortale non è una nozione di durata o di aggiunta, ma di gravità.

È l'aversio a Deo (= il volgere le spalle a Dio); è un fatto che consiste per l'uomo nell'equivalen­te di voltare le spalle a Dio, nel fare cosciente­mente ciò che si potrebbe chiamare una comple­ta rottura di relazioni con Lui.


Dalla definizione di colpa grave, che abbiamo dato e spiegato, derivano dieci principi o regole, tanto più importanti in quanto esse si possono applicare non soltanto al peccato impuro, ma a tutti i peccati, senza eccezione.

Inutile dire che i dieci princìpi che stiamo per esporre non sono ne peregrine scoperte, nè sotti­gliezze di teologi. Questo libro è rivolto ai giova­ni.


1° PRINCIPIO: gli scrupoli

Gli scrupolosi devono star tranquilli. Che cosa è uno scrupoloso? È un'anima la quale s'immagi­na che la vita cristiana sia un terreno minato, in cui si può saltare in aria senza neppure accorger­si, una specie di bosco seminato da invisibili trappole e da innumerevoli lacci da lupi. Pensando cosi lo scrupoloso s'inganna e fa un'in­giuria a Dio. No!, no! Non esistono imboscate divine e nessuno commette colpe gravi se non lo sa (e completamente lo sa), se non lo vuole (e completamente lo vuole!).

Ma gli scrupolosi dicono: «Ho tanta paura di commettere una colpa grave! ».

Precisamente questa paura, vi rispondo, vi deve rassicurare di più. Il solo fatto di avere orrore estremo di una cosa dimostra molto bene che quella cosa non la si vuole.

S. Ignazio, che recentemente Leone Daudet chiamò «il re degli psicologi», nelle sue Regole per la conoscenza e il discernimento degli scru­polosi dice che la prova a cui van soggetti gli scrupolosi è molto utile per qualche tempo al­l'anima, perchè serve molto a renderla più linda e più pura col separarla interamente da ogni apparenza di colpa. secondo queste parole di S. Gregorio: «È proprio delle anime buone scorge­re la colpa là dove non ce n'è».

Il nemico, cioè Satana, considera con molta attenzione se un’anima è un poco scrupolosa, o se è timorata. Se è timorata satana si sforza di spinger la delicatezza fino all'esagerazione, allo scopo di gettarla più facilmente nello scoraggia­mento e così abbatterla. Vede, per esempio, che quell'anima non acconsente nè alla colpa grave nè alla leggera, nè a niente di quello che ha l'om­bra di colpa deliberata! Cosa fa allora? Poichè non può farla cadere neppur nell'apparenza d'una colpa, si sforza d'indurla a credere che ci sia peccato là dove non c'è affatto peccato... Vede al contrario un'anima che è poco scrupolosa? Si sforza di renderla scrupolosa ancora di meno. Per esempio, se essa non fa caso alle colpe legge­re, cerca d'indurla a far poco caso alle colpe gravi.

Orbene, l'anima che desidera far progressi nella via spirituale, deve sempre camminare nella via contraria a quella del nemico. Così, per esempio, se il nemico vuol renderla poco delica­ta, si sforzi di rendersi delicata e timorata; ma se il nemico tende a renderla timorata eccessiva­mente per precipitarla nello scrupolo, cerchi di stabilirsi in un sapiente punto di mezzo, per star­vi completamente calma.

Lo stesso S. Ignazio ci lascia altre preziose direttive nelle sue Regole per discernere gli spi­riti:

«Nelle persone che lavorano coraggiosamente a purificarsi dai peccati e procedono di bene in meglio nel servizio di Dio Nostro Signore, il mal­vagio spirito (ossia il demonio) è solito provoca­re tristezza, tormenti di coscienza, ostacoli, falsi ragionamenti che turbano, allo scopo di arresta­re il loro progresso nel cammino della virtù. Al contrario il buono spirito (ossia l'Angelo) è soli­to dare loro coraggio, forze e consolazioni, per fissarli nella calma, facilitare la via e levare tutti gli ostacoli, perchè possano camminare sempre più nel bene».

È cosa propria di Dio e dei suoi angeli, quan­do operano in un'anima, bandire da loro il turba­mento e la tristezza che il nemico si sforza d'in­trodurvi.

È proprio di Dio e degli angeli diffondere in loro la vera allegrezza e la vera gioia spirituale. Invece è cosa propria del nemico combattere questa gioia e questa consolazione interiore, per mezzo di apparenti ragioni, di sottigliezze e di continue illusioni».

«Il buon angelo è solito toccare dolcemente, leggermente e soavemente l'anima di coloro che fanno ogni giorno progressi nella virtù; è, per cosi dire, una goccia di acqua che penetra in una spugna.

Il cattivo angelo, al contrario, la tocca dura­mente, con fracasso e con agitazione, come l'ac­qua che cade sulla pietra».

Ecco ora alcune regole pratiche per gli scru­polosi o paurosi:

- Ubbidiscano ciecamente al confessore, perchè in questa ubbidienza c'è insieme sapienza umana e umiltà cristiana. Considerino inoltre come un male molto sottile questo scrupolo che rende la vita cristiana un fardello tanto insopportabile da essere tentati di buttarlo via. Si ricordino che spesso il rigorismo finisce col diventare lassi­smo.

- Lo scrupoloso deve prendere l'incrollabile risoluzione di non ritornare mai più sopra i fatti già accusati in confessione.



2° PRINCIPIO: il sonno e il dormiveglia

È possibile commettere una colpa grave durante il sonno per via di sogno o di qualsiasi impressione?

No: non si può commettere nè colpa grave nè colpa leggera, perchè è una cosa contraddittoria: fa a pugni dire che uno acconsente e che nel medesimo tempo dorme, il che suppone l'impos­sibilità di acconsentire.

E durante il mezzo sonno o dormiveglia? Durante cioè quello stato indeciso fra la coscien­za e il sonno, che ha luogo, per esempio, al mat­tino o alla sera?

Il problema questa volta è molto più delicato del primo.

Cominciamo a domandarci: Poichè l'inco­scienza è progressiva, a qual grado è arrivata? Vince forse lo stato incosciente o lo stato cosciente perdura, almeno sostanzialmente?

Se veramente si tratta di mezzo-sonno, vi deve essere mezza coscienza, e allora si può com­mettere una colpa leggera, ma non una colpa grave, perchè la colpa grave suppone, per defini­zione, intera coscienza ed intero consenso. Il principio è dunque estremamente semplice checchè ne sia dell'applicazione, forse delicata.

Se tu, giovane amico, soffri durante la notte certi fenomeni caratteristici, che cosa devi fare? Per risponderti, distinguo due casi.

- Se tu non ti svegli durante il fenomeno, non c'è da domandarsi se vi sia del bene o del male, perchè non c'è questione di moralità quando si tratta d'un fenomeno subìto in modo pienamen­te passivo, durante il sonno. Cerca tuttavia di star attento a non mettere volontariamente, durante la veglia, certe cause di turbamenti: let­ture, desideri, ecc.

- Se poi ti svegli, non ti è lecito nè acconsen­tire nè fare qualche cosa allo scopo di provocare i movimenti disordinati o completare il fenome­no incominciato inconsciamente. Ma, mi do­manderai, se non si realizza il pericolo prossimo d'acconsentire, sono obbligato a cambiare una posizione che sarebbe per sè decente o perfino a levarmi? No! Se tu lo facessi, però, sarebbe cosa generosa e te la raccomando molto, specialmen­te se non vi sono inconvenienti a farlo e se sei ancora in tempo ad impedire il risultato del feno­meno.



3° PRINCIPIO: l'ignoranza antecedente

Certuni, quand'erano ancora molto giovani commisero certi atti contrari alla purezza. Più tardi, in seguito ad una predica, ad un ritiro spi­rituale o in seguito alla riflessione ed all'età, prendono coscienza della gravità di quelle azioni e dicono: «Ciò che io facevo era una cosa grave­mente proibita». Costoro peccarono allora gravemente?

No. La colpa si commette con la coscienza che si ha quando la si commette e non con la coscien­za che si acquista dopo.

Quando si tratta di un atto commesso quando s'ignorava che la cosa fosse una colpa grave, la colpa non può essere grave. Resta sempre inteso che questa ignoranza non sia stata voluta o con­servata apposta.

Se, nonostante queste norme, restassero dei turbamenti fondati di coscienza, per esempio perchè si aveva conoscenza oscura che quegli atti fossero proibiti, allora sarà utile confessarsi. In pratica i giovani conservano, in queste cose, quasi sempre certi timori che svaniscono solo con la confessione.



[SM=g1740720] 4° PRINCIPIO: io non ho voluto offende­re Dio

Ma tu dirai: «Ho commesso un atto impuro, ma io non avevo l'intenzione d'offendere Dio». Ti rispondo: l'intenzione esplicita, cioè diretta di offendere Dio è rara e ha luogo soltanto in certe colpe di malizia.

Ma perchè una colpa sia grave basta che vi sia l'intenzione implicita, la quale intenzione impli­cita si trova purtroppo negli atti impuri. Come è possibile ciò?

Così: una data azione (sempre inteso che sia cosciente) e l'ingiuria contro Dio sono saldate fra di loro essenzialmente, in modo che non sono assolu­tamente separabili, per la quale ragione diventa per la sua stessa natura, una disobbedienza a Dio.

Che cosa diresti di un figlio che rivolgesse al padre queste parole: «Voi m'avete formalmente vietato questa cosa; io la farò lo stesso, ma con ciò non intendo però disobbedirvi». Diresti che questo figlio vuol mettere insieme cose che fanno a pugni, perchè l'azione e la disobbedienza coin­cidono necessariamente.

Così l'impurità è una cosa che offende Dio, benchè non venga commessa per offendere Dio. C'è però qui una cosa vera ed è che l'impurità, fra le colpe gravi, è quella che rappresenta il meno di «voltar le spalle a Dio» e il più di «vol­gersi verso le creature». Per questo Nostro Signore che nel Vangelo si mostra tanto severo per la malizia dei Farisei, è pieno di misericordia (Egli sa quanto la carne è debole!) verso quei pentiti che vengono a piangere le sorprese della carne e le debolezze dei sensi.

Noi parliamo qui dell'impurità in se stessa, indipendentemente dalle circostanze che l'ag­gravano, come sarebbero, per esempio: la frode premeditata, la viltà di chi abusa della propria forza o del proprio denaro, la seduzione intra­presa perversamente contro un rivale, ecc.



5° PRINCIPIO: la responsabilità causale

Diciamo una parola sulla responsabilità «cau­sale».

Se io compio volontariamente delle azioni (un pensiero, uno sguardo, una lettura, un desiderio, ecc.) prevedendo (ripeto: "prevedendo" che influiranno sulle mie future decisioni, io pongo la causa delle mie azioni che in futuro compirò anche involontariamente.

Il perché di ciò si trova in due espressioni pro­verbiali che sono classiche nella filosofia: «Causa causae est causa causati»; e «Qui vult antece­dens, vult et consequens» (=la causa di una causa è causa della cosa causata; Chi vuole l'an­tecedente vuole anche il conseguente).

Ed è naturale che così debba essere, perchè chi vuole la causa, vuole implicitamente l'effetto che vi si trova contenuto; chi vuole l'albero vuole il ramo che nascerà da quell'albero e il frutto che nascerà da quel ramo.

Supponete che un re scateni una guerra ingiu­sta. Davanti agli orrori della stessa guerra sareb­be troppo comodo che gli fosse lecito ripetere: «Io li ho previsti ma non li ho voluti». È vero che egli può non aver voluto questa o quella speciale morte; ma col decidere la guerra ha implicita­mente deciso tutti i lutti e tutte le uccisioni che sono inevitabili.

Questo principio presenta numerose applica­zioni in materia di purezza. Un giovane dirà: «In quella circostanza io ho veduto rosso, cioè ho perso la testa».

Questo, rispondo, può essere qualche volta vero, anzi, è vero più ancora di qualche volta ... Ma questa specie di follia tu, o giovane amico, l'avevi prevista: l'esperienza te l'aveva insegnato anche troppo bene. E tuttavia, senza una ragione scusante, ti sei esposto.

Hai dunque mancato per lo meno allora: cioè con il primo sguardo, se non con gli ultimi sguardi; alla prima pagina di quel romanzo, se non alla centesima.

«Io - mi dici - non ero più libero di arre­starmi sulla china! »; e io ti credo: ma tu eri libe­ro di non metterti sulla china, ti rispondo.

Altro esempio: può darsi che tu abbia perdu­to la testa, in quel dato luogo, in quel dato momento. E che cosa dovresti concludere? Tutt'al più questo: "Tu non eri più responsabile in quel dato momento; ma tu eri responsabile quando ti avviavi verso quel luogo, prevedendo che là avresti perso la testa! Il vero momento della responsabilità fu quello in cui tu andasti là.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:33. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com