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LETTURE PER L'ANIMA

Ultimo Aggiornamento: 26/08/2015 21:12
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24/08/2013 00:18
 
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[SM=g1740717] Un gruppo di suore carmelitane, che stava viaggiando verso la Terra Santa, fece una tappa a Beirut, nel Libano.
Attravers...ando la città, passarono davanti ad un grande edificio che sembrò loro una chiesa cristiana, e vi entrarono.
Si trovarono in una moschea musulmana, in mezzo ad una folla in preghiera. L’intrusione delle suore provocò una certa agitazione tra i musulmani, ma il loro “ulema” li assicurò:
“State tranquilli, queste donne sono speciali: sono sante e vestono come Miriam, la madre di Gesù di Nazaret”.
Si rivolse quindi alle suore e continuò:
“In vostro onore mi permetto di leggere dal Corano alcuni brani, dove si parla di Miriam,esaltata e lodata come la santa madre di Gesù”.
Così le suore ascoltarono in silenzio le belle parole che il Corano dice di Maria.
Tutti i presenti seguirono la lettura con grande attenzione e devozione. Al termine, l’ulema aggiunse:
“Le nostre care visitatrici hanno sentito cosa dice il nostro libro santo. Ora vi prego – disse rivolto alle suore – diteci come voi venerate Miriam”.
Tra i fedeli musulmani si destò una grande curiosità. Le carmelitane intonarono l’Ave Maria per suggellare quell’incontro inaspettato.
Un profumo soave e delicato avvolse tutti i fedeli della moschea e una luce azzurrina, simile ad un impalpabile manto fatto d’aria, scese dall’alto della cupola.
Ancora oggi tutti si chiedono come ciò sia potuto capitare.

Signore, gonfia le vele della mia fede
sciogli la mia lingua, illumina il mio spirito.
perché io riveli a tutti chi sei Tu.



[SM=g1740738]


 

San Filippo Neri pregò per 40 ore ininterrotte… e il papa Paolo IV morì!

collage

L’amico Alessio Cervelli ha inviato alla “Strega” la vera storia delle quaranta ore di adorazione eucaristica ininterrotta per il transito del pontefice Paolo IV da parte di San Filippo Neri. Per alcuni è solo una leggenda metropolitana, eppure questo “fioretto” insegna come il cristiano deve amare il Papa: nell’obbedienza fedele, ma senza idolatrare la sua persona privata, evitando il vile servilismo di facciata.

di Alessio Cervelli

Tempo fa con alcuni allievi adolescenti di musica sacra (e dottrina cattolica) guardavamo lo splendido film “State buoni se potete!” su San Filippo Neri, con un magnifico Johnny Dorelli nelle vesti del frizzante presbitero fiorentino trapiantato nella Roma del 1500. Ad un certo punto, uno dei bambini va a far visita a Mastro Iacono, il fabbro calderaio che ha la bottega di fronte alla chiesa oratoriale di don Filippo. Il piccolo dice al calderaio (che poi altri non è che un anticristo, servo di Satana) che il sacerdote e gli altri ragazzi stanno celebrando le “Quarantore” per il Papa. Mastro Iacono a questo punto esclama: “Come? Pregano quarantore di fila per Paolo IV?”. “Sì”, risponde il fanciullo, “anche se don Filippo ha detto che non basteranno nemmeno”. Al ché, uno di questi miei virgulti ha commentato: “Io la sapevo questa cosa delle quarantore di San Filippo Neri: le fece per far morire il papa che stava sulle scatole a tanti!”. I fanciulli sono meravigliosi, se saputi prendere per il verso giusto!

Dunque, è vero? Filippo Neri, uno dei santi più straordinari delle terre di Toscana celebrò le quarantore per domandare la morte di Paolo IV? Oppure si tratta di una leggenda metropolitana?

La questione merita che ci sia speso un po’ di tempo sopra; casomai a qualcuno venisse in mente di celebrare le quarantore per domandare la morte di un papa, sarà pur doveroso che sappia se è cosa buona e giusta o no, non vi pare?

Come si può leggere dal “Dizionario pratico di Liturgia Romana” (ed. Studium): “Le Quarantore sono una della forme di esposizione eucaristica, come ve ne erano tante e varie dal tardo Medioevo in poi. Si può dire che esse furono la forma tipica che l’adorazione solenne del Sacramento prese in Italia verso il principio del sec. XVI. Esse si richiamano in particolare alle 40 ore che Nostro Signore passò nel sepolcro, e forse traggono la loro origine nell’adorazione che si faceva tra il Giovedì santo e il Venerdì Santo davanti alla reposizione del Sacramento, che appunto veniva erroneamente chiamata Sepolcro. Si cominciò a praticarle a Milano nel 1527, come pio esercizio per scongiurare le calamità belliche del momento, dietro la spinta di Gian Antonio Bellotti, che ottenne che venissero praticate quattro volte in un anno. In tale occasione però il SS. Sacramento non veniva esposto, poiché l’adorazione avveniva davanti al tabernacolo chiuso. È controverso chi abbia per primo incominciato ad esporre per l’occasione il Sacramento, tra speciale rilievo di luci e di addobbi. Sembra che la cosa sia ad ogni modo cominciata a Milano, o nel 1534 per opera di P. Bono da Cremona, barnabita, o nel 1537 per opera del cappuccino P. Giuseppe da Fermo, al quale ad ogni modo va soprattutto il merito, oltre che di aver diffuso la pratica in altre importanti città italiane, di aver disposto che l’esposizione e l’adorazione del Sacramento passasse da una chiesa all’altra nella stessa città, in modo da creare un ciclo completo di adorazione durante tutto un anno (Adorazione perpetua). A questa pratica furono assegnate le prime indulgenze da Papa Paolo III, ed essa ricevette la prima organizzazione stabile per Milano da S. Carlo Borromeo, nel I Conc. Provinciale del 1565. A Roma ebbe un grande fautore in S. Filippo Neri, che la prese come una delle principali pratiche di devozione per la sua Confraternita, e la solenne festa esteriore con cui accompagnava la pratica contribuì a fare di lui il padre degli oratori musicali, che tanto decoro artistico diedero alla musica del tempo”.

Ora, la cosa davvero singolare è che proprio a papa Paolo IV si deve l’approvazione delle Quarant’ore su suggerimento di San Filippo Neri. Proprio al frizzante Santo Fiorentino si deve l’introduzione delle Quarantore a Roma, nel 1548, nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini e dei Convalescenti, il noto cenacolo dei suoi congregati, tra cui moltissimi giovani, adolescenti e bambini orfani. Fu per approvazione di Paolo IV che il 5 novembre 1560 la pratica delle Quarantore ebbe il placet papale, dopo essere stata promossa anche in San Lorenzo in Damaso (1551), sede della “Compagnia della Morte”, che aggiunse al suo titolo l’espressione “…e dell’Orazione”, assumendosi l’impegno di ripetere le quarantore ogni terza domenica del mese.

È cosa risaputa che San Filippo Neri sia stato perseguitato dal Cardinale Vicario Virgilio Rosario, il quale fino al momento della propria morte non fece che calunniare il fiorentino. Morto il Rosario il 22 maggio 1559, san Filippo visse una vera e propria riabilitazione nel mondo ecclesiastico proprio per le attenzioni del Papa Paolo IV.

Fu una delle poche cose veramente buone (nel senso di amore umano e vivo senso di carità) fatte da questo pontefice. Era un pontefice terribile, non in senso dottrinario, perché, anzi, alla retta dottrina e ad una morale ferrea ci teneva assai: semplicemente, per carattere, per inclinazione, per intransigenza ideologica fu un tremendo moralizzatore, severissimo e che, in poche parole, non era capace di coniugare l’amore per la verità alla mitezza della carità. Basti pensare che dopo la sua morte, presso il popolo romano si diffuse in brevissimo tempo questa pasquinata:

Carafa in odio al diavolo e al cielo è qui sepolto
col putrido cadavere; lo spirto Erebo ha accolto.
Odiò la pace in terra, la prece ci contese,
ruinò la chiesa e il popolo, uomini e cielo offese;
infido amico, supplice ver l’oste a lui nefasta.
Di più vuoi tu saperne? Fu papa e tanto basta.

San Filippo Neri aveva un gran rispetto per il papa in generale, e indubbiamente un senso di gratitudine in particolare per Paolo IV, che lo aveva riabilitato in seno al clero romano. Pur tuttavia, conoscendolo, possiamo ben immaginare come egli non fosse affatto sordo alla sofferenza del popolo cristiano di Roma. Uno degli insegnamenti preferiti di don Filippo circa la carità verso i nemici era: “Se c’è un nemico, oppure qualcuno che con la sua condotta è pericoloso assai, tu non odiarlo mai, anzi amalo di vero cuore, e prega per lui perché il Signore lo faccia entrare in Paradiso: così avrai risolto il problema di chi soffre ed avrai ottenuto il più grande dei beni per l’anima di costui”.

Al di là di ogni ragionevole dubbio, fu sicuramente con un’intenzione del genere che don Filippo indisse le quarantore di preghiera per Paolo IV, già piuttosto indebolito nelle sue condizioni di salute (ed è convinzione di molti che il papa rendesse l’anima a Dio proprio al termine di questo ciclo di quarantore).

Dunque Filippo Neri avrebbe fatto le Quarantore per far morire un papa che gli stava sulle scatole? No, affatto!

Ha invece sicuramente celebrato le quarantore per un papa che ne aveva bisogno, perché era prossimo al tramonto della sua vita, e per il quale, allora, in considerazione della condotta assai pesante di quest’ultimo, è assai probabile che con quelle quarant’ore il santo presbitero abbia chiesto al buon Dio di prendersi Paolo IV e di concedere misericordia e la salvezza eterna a quel papa che, nonostante tutto, aveva rivolto uno sguardo benevolo su Don Filippo, risollevandolo dai patimenti di un’aspra, ecclesiastica persecuzione.

Sicuramente, come recita il Canone Romano, soltanto il Signore conosce la vera fede e la devozione delle sue creature umane: lasciamo dunque a Lui ogni giudizio su quest’anima che ha dovuto sopportare l’onere e le spine del pontificato. Per quanto riguarda il prendersi il Papa e toglierlo da questa terra, tutto fa pensare che il buon Dio abbia ascoltato il suo pazzerello, gioviale e vivace figlio fiorentino.

Se qualcuno in questo momento si stesse sfregando le mani, punto dalla vaghezza di fare altrettanto per un prete, un vescovo… o un papa che gli piace poco, allora sappia che sicuramente la sua preghiera non andrà a buon fine, come ebbi a spiegare ai miei allievi: conditio sine qua non “tu non odiarlo mai, anzi amalo di vero cuore” e, si sa, la carità sincera e convinta verso un nemico risulta sempre particolarmente difficile.

Anche perché, nel caso che qualcuno venga esaudito, ce lo comunichi subito: sicuramente, dopo il trapasso, potremmo senza dubbio segnalarne il nome per la causa di beatificazione, dato che è stato capace di un tale amore per i nemici da rasentare le virtù eroiche!

[SM=g1740733]




[Modificato da Caterina63 25/08/2013 23:50]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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