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La Vergine Maria nella formazione intellettuale e spirituale dei cristiani-cattolici

Ultimo Aggiornamento: 29/06/2014 11:34
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20/12/2013 08:54
 
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  Prima la croce, poi la Madre

Maria Vergine ha sofferto perché la sua scelta è stata quella del Figlio: il servizio nell'amore, il dono totale di sé per l'umanità.

Nonostante la pluriformità delle vie seguite nel corso dei secoli dai missionari e formatori del popolo di Dio, l'esperienza delle prime comunità cristiane non lascia dubbi circa la metodologia e il contenuto primario dell'annuncio evangelico. Il kerigma primitivo, infatti, contenuto dai discorsi di Pietro (At 2,14-39; 3,12-26; 4,9-12; 5,29-32; 10,34-46) e di Paolo (At 13,16-30; 17,22-31), non comincia a narrare la vita di Cristo, ma punta immediatamente sull'annuncio di Cristo morto e risorto. In questa prima fase non si nomina mai Maria.

La ragione di questo silenzio sulla Madre di Gesù è comprensibile: essa rientra nel più vasto silenzio circa l'intero arco della vicenda storica di Cristo perché il centro d'interesse per gli apostoli era l'annuncio del mistero pasquale. In seguito, quando si passa dall'evangelizzazione alla catechesi, si allarga la considerazione del mistero di Cristo, includendo in Paolo l'invio del Figlio di Dio nel mondo e in Matteo e Luca i Vangeli dell'infanzia in cui il discorso sulla Madre è inevitabile. Soprattutto in Luca e in Giovanni Maria emerge in tutta la sua personalità di donna inserita attivamente nella storia della salvezza.

Questo percorso della comunità primitiva è fondamentale e insostituibile, per la ragione che solo in Cristo è possibile comprendere la vocazione dell'uomo e quindi la posizione stessa di Maria nell'economia della salvezza. Non vale qui l'ordine cronologico per cui la madre precede il figlio, ma l'ordine assiologico che pone al sicuro ciò che è più alto nei valori salvifici, cioè Cristo, e solo dopo le altre realtà, tra cui Maria. Prima Cristo, quindi prima la croce nel suo mistero, poi Maria. Questo procedimento metodologico vale nella catechesi come nella vita spirituale. Ed è particolarmente bello convogliare i cuori dei fedeli verso il centro della fede e della predicazione che è Cristo e Cristo crocifisso. Ma ecco che proprio Cristo dall'alto della croce indica la Madre perché sia accolta come un prezioso bene da lui lasciata in eredità agli amati discepoli.

C. Crivelli, La Pietà (sec. XV), chiesa di san Domenico, Ascoli Piceno.

C. Crivelli, La Pietà (sec. XV), chiesa di san Domenico, Ascoli Piceno.

Il legame tra la croce e Maria. E tuttavia la priorità e centralità della croce non emargina la figura di Maria tanto sentita dal popolo. Infatti le tre principali interpretazioni della croce offerte dalla teologia contemporanea hanno rivelato che Maria è intimamente collegata con il mistero di Cristo crocifisso.

Se infatti la croce è la conseguenza della vita di Gesù servo di JHWH che si carica dei peccati del mondo e li espia nella sua passione, Maria è colei che partecipa alla sorte del Figlio con il cuore trafitto dalla spada annunciata da Simeone. Ella ci consola ogniqualvolta la nostra sequela di Cristo nel compiere il bene e nella proclamazione della verità implica incomprensione, persecuzione e dolore. Ci fa comprendere che queste croci sono conseguenze previste di singole scelte cristiane. Maria ha sofferto perché la sua scelta è stata quella del Figlio: il servizio nell'amore, il dono totale di sé per l'umanità. Perciò ella è totalmente dalla parte del Figlio e totalmente dalla parte del popolo messianico, che nella sua persona incarna e simboleggia. Ella ha vissuto profondamente il dramma del popolo lacerato e diviso dal suo Messia. Come persona umana, donna e madre, il suo cuore è stato trafitto dalla spina dolorosa del rifiuto di una parte di Israele.

G. Gelfi, Le nozze di Cana (1994), chiesa parrocchiale del Cristo Re, Saiano (Brescia).

Codice De Predis (1476), La deposizione, minatura, Biblioteca reale, Torino (foto LORES RIVA).

Se, inoltre, la croce assume significato e valore salvifico definitivo dal fatto della risurrezione, con cui il Padre nello Spirito risponde all'obbedienza d'amore del Figlio, Maria è costituita da Cristo madre della vita nuova dei discepoli. Nello schema dell'abbassamentoesaltazione si comprende come alla fase della kenosi, tanto per Cristo che per Maria e per noi, debba seguire la fase dell'innalzamento o glorificazione.

Tradotta in termini antropologici attuali, l'esaltazione indica influsso salvifico sul popolo di Dio. Ciò significa che Maria diviene in Cristo risorto uno spirito vivificante; in altre parole consone alla sua femminilità, ella esercita la sua missione di madre spirituale dei discepoli. Qui si apre il discorso sulle qualità del corpo glorioso di Maria, sganciato dalle leggi spazio-temporali, e quindi presente nel luogo in modo non locale e circoscrittivo, che consentono l'effusione della grazia al di là dei limiti del tempo e dello spazio.

Se, infine, la croce si spiega nell'orizzonte trinitario in quanto rivela l'abbandono e il dolore del Padre che consegna il Figlio per amore dei figli peccatori e lontani, Maria è icona umana della Trinità. L'Addolorata non rappresenta l'«abbandono » del Padre, in qualsiasi senso si voglia interpretare, perché lei è là presso la croce insieme alle donne e al discepolo, per stringersi al frutto delle sue viscere e al suo Salvatore, mentre tutti gli altri sono fuggiti.

Ella è invece immagine della compassione del Padre, segno visibile dell'interiore gemito dello Spirito, riflesso materno del martirio del Figlio. Quale altra espressione del «dolore» trinitario possiamo trovare, all'infuori della passione di Cristo, se non l'angoscia profonda dell'anima di Maria trafitta dalla spada? Non per nulla l'arte cristiana dei vari secoli ha interscambiato nella raffigurazione della Pietà il Padre e la Madre: rappresentando il Padre che accoglie in grembo Gesù morto, essa ha esplicitato il simbolismo contenuto nel fatto storico- salvifico del pianto di Maria sul Figlio deposto dalla croce. Anche sul Calvario Maria è luogo trinitario perché in lei agisce e si rivela Dio unitrino..

Interpellanze di Maria presso la croce. La teologia della croce è una teoria critico- liberante di Dio e dell'uomo, perché mostra il volto di Dio amore e contesta l'ingiustizia umana. Presso la croce Maria diviene "modello antropologico" in quanto illumina la vocazione dell'uomo. Mediante il suo composto dolore, illuminato dalla luce della risurrezione, l'Addolorata riscatta il cordoglio umano dalle opposte deviazioni e lo rende cristiano. La sua immagine svolge una funzione pedagogica in quanto rappresenta la donna forte che come quercia non si lascia abbattere dal dolore per quanto atroce sia, ma lo trasforma in spazio salvifico.

Ma la sua sofferenza diventa interrogazione alla società e alla storia. Dinanzi a Cristo crocifisso e alla Vergine addolorata, l'uomo che da sempre si erge a giudice di Dio diviene lui stesso imputato. Lo ricorda Giovanni Paolo II: «L'eloquenza definitiva del Venerdì santo è la seguente: uomo, tu che giudichi Dio, che gli ordini di giustificarsi davanti al tuo tribunale, pensa a te stesso, se non sia tu il responsabile della morte di questo condannato, se il giudizio su Dio non sia in realtà giudizio su te stesso. Rifletti se questo giudizio e il suo esito – la croce e poi la risurrezione – non rimangano per te l'unica via per la salvezza» (Giovanni Paolo II-V. Messori, Varcare la soglia della speranza, Mondadori 2004, pp. 257, L 10,00).

Maria ai piedi della croce diviene interpellanza materna agli uomini irretiti nelle vie del male fino a trasformarsi in carnefici dei propri simili, perché si liberino dai cerchi diabolici e non si rendano responsabili di altre crocifissioni. La pietà popolare vive il Venerdì santo nella prospettiva della mistica della croce, ma valorizzando la presenza della Madre.

Giuseppe Daminelli
dal mensile Madre di Dio aprile 2011




  

Maria e i sacerdoti

La Madre di Dio, quale "Virgo sacerdos"? «La Madonna non è prete e l'espressione è da prendersi in senso molto metaforico».

Prima del Vaticano II qualcuno amava sottolineare e dotare di motivazioni teologiche il titolo Virgo sacerdos, coniato nel 1706 in un inno alla Vergine per la festa liturgica della Presentazione di Maria bambina al Tempio dal giovane diacono della Diocesi di Rouen, Urbain Rubinet della Compagnia di San Sulpizio, che vedeva nella Vergine colei che guida i presbiteri nella loro oblazione; le ultime parole dell'inno suonano così: «Dux est Virgo sacerdos. Fas sit quo properat sequi».

Il titolo, la teologia, la devozione e l'iconografia della Virgo sacerdos si propagarono progressivamente a vista d'occhio anche per opera della beata Marie Deluil-Martiny (+1884), che contribuì alla riscoperta della partecipazione al sacerdozio di Cristo d'ogni fedele battezzato e, nel medesimo tempo, della singolarità della Vergine nel corpo sacerdotale di Gesù.

A tal riguardo Giuseppe Lanzetta nel 2006 così scrive nella sua documentata tesi di laurea sulla Virgo sacerdos: «La data a cui risale la sua scoperta del sacerdozio di Maria è il 25 dicembre 1868. Proprio nella notte di quel Natale, la Madre – come annota nel suo Diario spirituale – intuì il ruolo privilegiato ed essenziale della Madre di Dio nella vita di Cristo. La sua partecipazione al sacerdozio del Figlio inizia al momento dell'incarnazione e si protrae lungo tutta la sua vita […]. Lo slancio mistico del Natale farà prendere in prestito a Madre Deluil-Martiny l'espressione Virgo sacerdos coniata dal Rubinet […]. L'ardente protagonista della prima fondazione di Madre Deluil-Martiny a Berchem fu mons. Oswald Van den Berghe. Questi, sedotto dalle profonde intuizioni della Madre di Marsiglia, volle scrivere un libro in cui spiegare in modo teologico la nuova dottrina sacerdotale e favorirne la diffusione. Il libro venne alla luce nel 1872 con il titolo Marie et le sacerdoce».

Sappiamo che Van den Berghe pubblicò una seconda edizione del suo volume avvalendosi nel 1875 anche dell'autorevole Breve di approvazione di Pio IX (1846-1878), emanato il 25 agosto 1873; il Pontefice probabilmente non fu avvisato che il titolo innico Virgo sacerdos sarebbe poi stato propagato in francese con l'ancor più controversa espressione di Vierge-Prêtre.

Papa Leone XIII (1878-1903), seppur con titubanza e riluttanza, approvò il titolo inserito nelle Costituzioni delle Figlie del Cuore di Gesù, a titolo provvisorio nel 1897 e a titolo definitivo nel 1902; dopo tali approvazioni si sentirà l'esigenza di raffigurare iconograficamente il sacerdozio oblativo della Vergine, prendendo a modello una delle icone romane più antiche raffigurante la Madre di Cristo orante con le braccia allargate e lo sguardo rivolto verso il cielo, il «cui unico elemento che poteva indurre in equivoco era rappresentato da una dalmatica che copriva fino alle ginocchia la sua tunica bianca».

Pio X con il card. Rafael Merry del Val. (foto EDIZIONI SAN PAOLO).

Pio X con il card. Rafael Merry del Val. (foto EDIZIONI SAN PAOLO).

Pio X (1903-1914) dinanzi alla richiesta delle suore di invocare nelle proprie chiese la Vergine sotto il titolo di Virgo sacerdos, dopo essersi più volte consultato con i suoi collaboratori, l'approva concedendone anche 300 giorni di indulgenza: nella prece piena di invocazioni si asseriva, tra l'altro, che Maria, «dispensatrice dei tesori del Figlio suo, madre di Cristo sommo sacerdote », poteva essere pregata affinché intercedesse per i suoi figli e per tutti i sacerdoti, affinché il Cristo si degni di purificarli e di ammetterli al sacro Convito, «lei che è sacerdos pariter et altare»; ormai il titolo godeva sempre più di accoglienza da parte dei fedeli; ma il Sant'Uffizio con decreto del 1913 (ma reso noto solo nel 1916), ancora vivente Papa Sarto, disapprovò l'iconografia della Virgo sacerdos proibendone l'effige che fu modificata drasticamente senza più far apparire abiti sacerdotali.

A motivo di un articolo apparso nel febbraio 1927 sul periodico della Diocesi di Rovigo Palestra del Clero, che fomentava la devozione alla Virgo sacerdos, il segretario di Stato di Pio X, poi divenuto con Pio XI (1922-1938) segretario della Congregazione del Sant'Uffizio, il card. Rafael Merry del Val (+1930), intervenne presso il Vescovo del luogo riprovando lo studio e ricordando che tale devozione, non essendo stata approvata dal decreto del 1916, non si poteva più propagare.

Arrivati a tal punto, sarà bene dare la parola a Lanzetta: «Il Sant'Uffizio, intervenendo in tal modo sulla questione della Virgo sacerdos – di cui se n'era fatto promotore nella versione francese anche il padre Édouard Hugon dell'Ordine dei Predicatori nel suo La Vierge-Prêtre. Examen théologique d'un titre et d'une doctrine, Pierre Téqui 1911 – chiaramente mette in evidenza le difficoltà correlate al titolo che, mentre nel suo originale latino appare inoppugnabile, nella sua traduzione francese darebbe adito ad interpretazioni piuttosto ambigue. Un'ultima vicenda, correlata al problema in esame, risale ancora al tempo di Pio XI il quale, in una comunicazione privata al pére Frey, superiore del Seminario francese, esprimeva la posizione magisteriale sul problema della Vierge-Prêtre,originatosi d'altronde nel milieux français. "Maria – dirà il Pontefice – non è prete e l'espressione Virgo sacerdos è da prendersi in un senso molto metaforico".

Un ritratto di Pio IX (foto UBALDI).

Un ritratto di Pio IX (foto UBALDI).

Il prete ha dei poteri che lei non ha mai avuto». Nel 1958 si celebrò a Lourdes il terzo Congresso mariologico-mariano dal titolo Maria et Ecclesia, in cui venne affrontato anche il tema del sacerdozio di Maria a partire dai documenti del magistero ecclesiale e dalla presentazione del pensiero di teologi del passato; a Lourdes si proposero anche diversi studi in cui si cercò di raccogliere quanto si era andato ad approfondire fino a quel tempo sulla Virgo sacerdos. Il Congresso lourdiano, in cui già si riverberavano gli aneliti al rinnovamento della mariologia fatti propri dal Concilio Vaticano II, sarà l'ultima grande occasione data alla giustificazione, riproposizione ed approfondimento del tema teologico di Maria, virgo sacerdos.

Salvatore M. Perrella, osm


 
   

 

[Modificato da Caterina63 20/12/2013 09:04]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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