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La Vergine Maria nella formazione intellettuale e spirituale dei cristiani-cattolici

Ultimo Aggiornamento: 29/06/2014 11:34
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10/01/2014 13:35
 
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   Celebrando il Signore lodiamo Maria 

 
di SERGIO GASPARI, smm
  

Quell’"Opera dei secoli"
   

Annunciazione: la Vergine «punto immacolato di approdo sulla terra del Verbo di Dio».
  

L'istruzione della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica,Faciem tuam, Domine, requiram. "Il servizio dell’autorità e l’obbedienza" (2008) al n. 31 prega la Vergine: «O dolce e santa Vergine Maria, Tu all’annuncio dell’angelo, con la tua obbedienza credente e interrogante, ci hai dato Cristo... Ai piedi della Croce, l’obbedienza ha fatto di Te la Madre della Chiesa e dei credenti».

L’aggettivo "interrogante" è pleonastico e inopportuno. È vero che oggi nella preghiera affiora la tendenza dell’interrogatio: l’inquietudine del cuore umano spinge il credente a porre precise domande a Dio; ma egli non trova risposte soddisfacenti. Perché? Perché Dio è la Parola prima; il fedele è parola seconda (non secondaria). L’uomo può solo rispondere a Dio, che per primo si rivolge a lui. Nel tentativo poi di "umanizzare" la Vergine, rischiamo di estrapolarla dal suo tessuto biblico-ebraico, di discepola cioè della fede che risponde e dell’obbedienza che si abbandona a Dio.

L’annuncio del Signore alla Vergine (Lc 1,26-38), evento del tutto nuovo – ha mutato la storia dell’umanità – è chiamato "Vangelo aureo" e la Messa del 20 dicembre, celebrazione mariana dell’Avvento, è detta "Missa aurea". L’Annunciazione presenta Maria quale «punto immacolato di approdo sulla terra del Verbo di Dio» (Paolo VI). Evento di salvezza che va accolto con il cuore della fede pura.

G. Gelfi, Annunciazione (1994), parrocchiale di Cristo re, Saiano (Brescia).
G. Gelfi, Annunciazione (1994), parrocchiale di Cristo re, Saiano (Brescia – foto Mario Bonotto).

1. Festa dell’obbedienza. Alle «parole dell’Angelo ella (Maria) rimase turbata»: è il turbamento di una creatura umana, sia pure pia e fervorosa, di fronte ad un fatto inaudito ed imprevedibile; è il brivido della creatura di fronte al mistero divino e alla sua trascendenza. Maria è chiamata a dare «il consenso a nome di tutta la natura umana» (san Tommaso d’Aquino, +1274) per l’attuazione di quell’"Opera dei secoli" che è l’incarnazione del Verbo (san Pietro Crisologo, ca. +450; cf Marialis cultus 37).

Il turbamento è reazione di prudenza, umiltà e percezione di indegnità. Benedetto XVI a 400 mila giovani a Loreto l’1.9.2007 ha detto: «Guardate alla giovane Maria! L’Angelo le prospettò qualcosa di veramente inconcepibile: partecipare nel modo più coinvolgente possibile al più grandioso dei piani di Dio, la salvezza dell’umanità. Dinanzi a tale proposta Maria rimase turbata, avvertendo tutta la piccolezza del suo essere di fronte all’onnipotenza di Dio; e si domandò: com’è possibile, perché proprio io? Disposta però a compiere la volontà divina, pronunciò prontamente il suo "sì", che cambiò la sua vita e la storia dell’umanità intera».

Nell’Annunciazione Maria «trascende se stessa»: «raggiunge i confini della divinità» (Tommaso De Vio, detto il Gaetano, +1533), viene ad avere «una certa dignità infinita, proveniente dal bene infinito che è Dio» (san Tommaso d’Aquino).

La Vergine «si domandava che senso avesse un tale saluto»: chiedeva a se stessa, non all’Angelo né a Dio. E l’Angelo non risponde sul piano umano, bensì in riferimento all’elezione di Dio che la interpella: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio», e poi le rivela: «Lo Spirito Santo scenderà su di te». Non interessata al proprio destino, Maria dice all’Angelo: «Come è possibile?», Quomodo fiet?, ossia "come" devo comportarmi per giungere al Fiat?

Vediamo la Vergine riflessiva nel tentativo di aprirsi alla volontà sovrumana e disporsi alla risposta. Infatti accetta: acconsente prontamente ed agisce facendosi annunciatrice dell’evento alla parente Elisabetta. Il Fiat della Vergine si trova in relazione al Salmo responsoriale e alla II Lettura del 25 marzo: «Ecco io vengo, per fare, Dio, la tua volontà» (Sal 39 e Eb 10,4-10), come pure è in stretta sintonia con il Fiat della volontà di Dio nel Padre nostro.

G. Pellegrini, Zaccaria in gloria (sec. XVIII), chiesa di san Zaccaria, Venezia.
G. Pellegrini, Zaccaria in gloria (sec. XVIII), chiesa di san Zaccaria, Venezia (foto Mario Bonotto).

Ai credenti che volevano capire la Parola di Dio, sant’Agostino (+430) rispondeva: Orent ut intellegant (Preghino e capiranno).

Il riformatore di Ginevra G. Calvino (+1564) spiegava: Omnis recta cognitio Dei, ab oboedientia nascitur (Ogni retta conoscenza di Dio nasce dall’obbedienza).

E con un gioco di parole il domenicano T. Campanella (+1639), filosofo del Rinascimento, affermava: «Assai sa chi non sa, se sa obbedire».

La Vergine, obbedendo, crede possibile ciò che la ragione umana ha ragione di dubitare. Ma nell’obbedire ella sa ciò che non sa umanamente. Difatti non dubita, non ha paura. Piuttosto, secondo santa Caterina da Siena (+1380), nella sua prudenza la Vergine chiede spiegazioni perché si ritiene indegna: «Non perché tu mancasti in fede, ma per la tua profonda umiltà, considerando la indegnità tua; ma non che tu dubitassi che questo fosse impossibile presso Dio».

2. Festa del Fiat. Il Vaticano II insegna: «I santi Padri ritengono che Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma che cooperò alla salvezza dell’uomo con libera fede e obbedienza» (Lumen gentium 56).

Il documento Il sacerdozio ministeriale del III Sinodo dei vescovi del 1971 parla della fede perfetta di Maria: «Il presbitero guardi molto spesso a Maria, madre di Dio, la quale accolse il Verbo di Dio con fede perfetta, e la invochi ogni giorno per ottenere la grazia di conformarsi al suo Figlio».

M. Grünewald (1480-1528), Incarnazione di Cristo, Museo di Unterlinden, Colmar (Francia).
M. Grünewald (1480-1528), Incarnazione di Cristo, Museo di Unterlinden, Colmar (Francia – foto Lores Riva).

Stando alla tradizione ininterrotta della Chiesa, il "sì" mariano esprime adesione generosa al progetto di Dio. Sant’Agostino osserva: Maria «parlò decisa a comprendere, non per diffidenza. Nel porre la domanda, non dubitò della promessa». È utile il raffronto tra il sacerdote Zaccaria, che dubita della possibilità di realizzazione del messaggio dell’Angelo (Lc 1,18.20) e la Vergine invece che, di fronte ad una proposta inaudita, accoglie con fede esemplare la Parola di Dio (Lc 1,38.45). L’angelo Gabriele – puntualizza san Massimo di Torino (+ ca. 408/423) – «conforta l’incredulo Zaccaria ed esorta la fiduciosa Maria. Quello perdette la parola per aver dubitato; questa, avendo subito creduto, concepì il Verbo Salvatore». Secondo Antìpatro di Bostra (+ dopo il 457) Maria «domandò: "Come avverrà questo?", non per contraddire, ma per imparare». E la liturgia ispanica aggiunge: Maria «chiese: Come avverrà questo? Ma domandò credendo, senza dubitare. Lo Spirito Santo allora compì ciò che l’Angelo aveva annunziato» (Prefazio della II Domenica di Avvento).

3. Festa della collaborazione. Il verbo ottativo greco génoito, latino fiat, della Vergine rivela «un desiderio gioioso di collaborare a ciò che Dio prevede per lei. È la gioia dell’abbandono totale al buon volere di Dio» (I. de La Potterie). La domanda all’Angelo è per un’obbedienza piena e in vista dell’offerta della propria libertà al Signore.

Il Catechismo della Chiesa cattolica (n. 506) cita sant’Agostino che osserva: «Maria è più felice di ricevere la fede di Cristo che di concepire la carne di Cristo». E ancora sant’Agostino: «Per la fede credette, per la fede concepì... Vale di più per Maria essere stata discepola di Cristo anziché madre di Cristo». Ecco perché Giovanni Paolo II rilevava: se «la fede di Abramo costituisce l’inizio dell’antica Alleanza», «la fede di Maria nell’Annunciazione dà inizio alla nuova Alleanza» (Redemptoris Mater 14).

Rilievi conclusivi. «La grazia che chiama si fa grazia che permette di rispondere». La fede assoluta di Maria è rinuncia a se stessa per lasciar fare a Dio. Nell’accogliere la proposta divina, ella libera la propria libertà e così è in grado di rispondere alla volontà celeste. Solo la grazia può liberare la libertà umana (O. Clément, +2009) o, più precisamente: «La grazia viene postulata dalla libertà che vi trova il suo contenuto, il suo quid, e presuppone la libertà che è il suo come» (P. Evdokimov, +1970). La libertà postula la grazia; la grazia fa fiorire e fruttificare la libertà. In Maria la grazia suscita, rende possibile la risposta libera e generosa. Nel suo Fiat oblativo – che «ha in sé qualcosa di potente» – la libertà è resa autentica dalla grazia e, senza alcun bisogno di spiegazioni umane, si fa gioiosa disponibilità a Dio. Non senza motivo sulle labbra dei fedeli da secoli affiora l’invocazione: Vere libera, serva nos liberos; (Maria) veramente libera, conserva noi liberi; donaci la libertà che compie la volontà di Dio, si offre per la salvezza delle anime e il bene della società umana.

Sergio Gaspari







Alla scuola di Maria

 
di ALBERTO RUM

Vedere in maniera migliore 
   

«O bontà onnipotente di Dio, che ti prendi cura di ciascuno di noi...»
(sant’Agostino).

Assunta alla gloria del cielo, Maria accompagna con materno amore la Chiesa e la protegge nel cammino verso la patria, fino al giorno glorioso del Signore. Con la sua molteplice intercessione ella ottiene per i suoi figli le grazie della salvezza eterna e se ne prende cura, cooperando con amore di madre alla loro rigenerazione e formazione cristiana.

Da questo molteplice amore materno, affettivo ed effettivo, di Maria, il nostro amore fraterno impara a tradursi nel buon esempio, nella preghiera e nell’aiuto vicendevole.

Durante tutta la sua vita terrena, Maria rivolse uno sguardo fraterno e materno all’umanità. La piccola casa di Nazaret si sarebbe detta il cuore del mondo.

Mazara del Vallo, "Suore di Maria bambina" con un gruppo di giovani dell'Azione cattolica.
Mazara del Vallo, "Suore di Maria bambina" con un gruppo di giovani dell’Azione cattolica (foto A. Giuliani).

All’annuncio dell’Angelo ella disse il suo Fiat al mistero dell’incarnazione del Verbo, in nome e in rappresentanza di tutto il genere umano, dando così al mondo la Vita stessa che tutto rinnova; cooperando così con libera fede e obbedienza alla salvezza dell’uomo.

Non tarderà, poi, a mettersi in viaggio verso la montagna, al fine di recare la gioia della salvezza al futuro precursore di Gesù, ed offrire ad Elisabetta il suo umile servizio di casa.

Nel Magnificat ella canta la misericordia di Dio verso gli umili e gli affamati e il soccorso da lui dato a Israele, al suo popolo.

Accoglie l’invito alle nozze di Cana, e perché quella festa continui, ottiene da Gesù il miracolo dell’acqua mutata in vino. Nel Cenacolo della Pentecoste unisce la sua voce, il suo canto e la sua preghiera ai primi discepoli del suo Figlio. Ai piedi della croce, partecipa con amore materno all’amore redentivo di Gesù morente.

Nicolò da Bologna (sec. XIV), Religiosi cantano in coro, Biblioteca antoniana, Padova.
Nicolò da Bologna (sec. XIV), Religiosi cantano in coro
Biblioteca antoniana, Padova (foto Archivio Storico San Paolo).

L’esempio di Maria muove all’imitazione. Dal cielo ella ripete a noi l’invito stesso che la Chiesa rivolge agli istituti religiosi nel decreto conciliare Perfectae caritatis: quello, cioè, di acquisire «un’appropriata conoscenza, sia delle condizioni dei tempi e degli uomini, sia dei bisogni della Chiesa, in modo che essi, sapendo rettamente giudicare le circostanze attuali di questo mondo secondo i criteri della fede e ardendo di zelo apostolico, siano in grado di giovare agli altri più efficacemente».

Così, direbbe Tiziano Terzani, anche il giornale «diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità», che invita a guardare gli altri con gli occhi e il cuore di Maria. Ma poiché «i nostri occhi sono torbidi e cupi – osserva H.U. von Balthasar – noi dobbiamo, ci si perdoni l’immagine, metterci gli occhiali di Maria per vedere meglio» (in Maria per noi oggi, edito dalla Queriniana nel 1988). Quanto vorremmo che questi "occhiali" di Maria divenissero, progressivamente, gli "occhi" stessi di Maria: «Gli occhi da Dio diletti e venerati»!

Alberto Rum








Il sogno dell’amore
   

«La grandezza di Maria consiste nella sua libera adesione all’invito di Dio, ossia nella sua fede».
  

Ciascuno di noi porta nel cuore l’immagine di chi ama. Ciò che si crede «amore a prima vista» è, in effetti, l’appagamento di un desiderio, la realizzazione di un sogno. L’antico filosofo greco Platone diceva che ogni conoscenza è il ricordo di qualcosa già conosciuto in precedenza. Oggi, certo, non possiamo più affermare questo, ma rimane pur vero che in noi possediamo già un ideale formatosi secondo il nostro modo di pensare, le nostre abitudini, le nostre esperienze e i nostri desideri.

In breve, desideriamo ciò a cui siamo stati educati nei primi anni della nostra infanzia. Così, quando incontriamo un determinato tipo di persone, sappiamo di amarle perché esse corrispondono ad un modello interiore forgiato dalla nostra storia. Questo modello è il sogno che abita ogni anima e la vita raggiunge la sua contentezza terrena quando questo sogno si anima e diventa realtà e suscita un’attrazione istantanea che attendeva nel cuore da lungo tempo.

G. Tiepolo (1696-1779), La Fede, Santa Maria del Carmelo, Venezia.
G. Tiepolo (1696-1779), La Fede, Santa Maria del Carmelo, Venezia (foto Bonotto).

Per fede, sappiamo che l’ideale a cui tende in modo assoluto il cuore umano è Dio e ogni amore umano è solo un’introduzione all’amore di Dio. Ma se l’uomo tende a Dio quale fine supremo della propria esistenza, qual è il modello umano che Dio ha in mente? Ciascuno di noi è un modello unico ed irripetibile pensato, voluto ed amato da Dio. Ma la realtà di questo modello, cioè la nostra realtà storica, non corrisponde alla pienezza del modello desiderato da Dio. Quanto noi riusciamo a realizzare di noi stessi nella storia che ci è data, ciò è poca cosa rispetto a ciò che Dio ha preparato per noi. L’esercizio della nostra libertà non coincide sempre con la legge del nostro essere perché il peccato ci impedisce di essere tutto quello che Dio vorrebbe che noi fossimo.

In tutta l’umanità vi è una sola persona nella quale vi è conformità perfetta fra ciò che Dio ha desiderato e ciò che ella è, e questa persona è Maria. Lei è precisamente come è stata prevista, progettata e sognata. Lei è ciò che Dio desiderava che noi tutti fossimo.

Questa realtà di Maria non è stata però un dono impostole da Dio, bensì un dono che lei ha accolto e fatto suo. La sua grandezza non consiste tanto nei favori che Dio le ha riservato in vista della sua maternità divina, quanto nella sua libera adesione all’amore di Dio, ossia nella sua fede. Maria è beata in quanto ha creduto, ha fatto suo ciò che Dio le ha proposto. Per questo è maestra di fede per noi che fatichiamo a credere.

La mentalità che impregna il nostro spirito moderno è segnata dal carattere dell’indipendenza. Siamo cresciuti in un ambiente in cui libertà significa essere indipendenti per non appartenere a nessuno. Per questo finiamo per appartenere ad un ideale distorto e annoiato, prodotto dal nostro io, istigato da una società che sollecita l’affermazione di sé e il piacere quale modello e scopo di vita. Non stupisce se partendo proprio dalla volontà di libertà ed indipendenza, l’uomo contemporaneo finisce per ritrovarsi nella solitudine e nella noia.

Maria, invece, vuole appartenere a Dio. Sa che la sua libertà consiste nell’accogliere il dono che Dio le offre. E Dio, a Maria, offre se stesso, ossia la sua infinità libertà. Accogliendo Dio nella sua vita, Maria accoglie la sconfinata libertà che la rende generatrice di vita e quindi prototipo di comunione e anti-tipo di quel tedio della vita che caratterizza la nostra civiltà fatta di solitudini contigue che si rasentano quotidianamente senza mai incontrarsi.

Guardare a lei e invocarla, anche mediante la semplice preghiera del rosario, significa riconoscere il nostro bisogno di accogliere l’Infinito, così come ha fatto lei, e permette a noi di realizzare la nostra vera identità che si ritrova solo in Dio poiché è conosciuta da lui solo. Significa purificare le immagini falsate ed inquinate d’amore che portiamo in noi e che ci impediscono di sognare i desideri di Dio per noi.

Giuseppe Maria Pelizza






"Alma Mater"
Canta Benedetto XVI
 
   

«Senza la musica nessuna disciplina può considerarsi perfetta»
(sant’Isidoro di Siviglia).

  

Cari artisti, voi siete custodi della bellezza; voi avete la possibilità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva, di suscitare sogni e speranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano. Siate perciò grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare la bellezza attraverso la bellezza! E non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i credenti, con chi, come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita! La fede non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare con gli occhi affascinanti e commossi la méta ultima e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente.

La copertina di Alma Mater. Music from the Vatican.
La copertina di Alma Mater. Music from the Vatican.

È l’invito fatto da Benedetto XVI agli artisti, convocati nel «luogo solenne e ricco di arte e di memorie» che è la Cappella sistina, dove tutto parla di bellezza e richiama a colui che è autore e donatore di ogni bellezza. Un incontro che, sulla scia dei predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, sente forte il bisogno di intrecciare un rapporto stretto, un dialogo sincero, uno scambio necessario della Chiesa con il mondo dell’arte: arte che si traduce in forme ed espressioni diversissime. La musica e il canto sono tra queste, ed è a tutti noto quanto Joseph Ratzinger sia un valente musicista e soprattutto ami e sappia esprimere lui stesso la dolce musica e il bel canto.

La pubblicazione Alma Mater (Multimedia San Paolo, € 20,50), è una traduzione concreta. Si tratta di un album musicale composto da un felice intarsio di parole del Papa e di motivi mariani accuratamente scelti, tra motivi popolari tradizionali, musica gregoriana e composizioni inedite, con l’esecuzione del coro dell’Accademia filarmonica romana, diretta da Pablo Colino, e dalla Royal Philarmonic Orchestra. Le musiche sono state scritte da Simon Boswell, Nour Eddine e Stefano Mainetti, sollecitati dall’ideatore del progetto, don Giulio Neroni, direttore artistico della Multimedia San Paolo. La scelta degli artisti, di formazione e fedi diverse, risponde al tono dell’incontro del Papa con gli stessi, aperto a tutti, perché l’arte vera supera ogni diversità e divisione e sa unire in armonica sinfonia. Alla composizione del cd ha concorso la voce del Papa che canta e prega in diverse lingue e alla sua voce si alternano e sovrappongono musiche e canti – gregoriano e musica sacra moderna – sullo stile di Abba Pater, realizzato in passato con Giovanni Paolo II.

Canto gregoriano, Benedettini (Congregazione di Solesmes) dell'Abbazia di Santo Domingo de Silos (Spagna).
Canto gregoriano, Benedettini (Congregazione di Solesmes)
dell’Abbazia di Santo Domingo de Silos (Spagna – foto Leto).

Lo scopo di questa realizzazione, i cui profitti saranno devoluti a una fondazione che promuove l’insegnamento della musica tra i bambini poveri, è di sperimentare, attorno all’ispirazione fondamentale delle parole del Papa dedicate a temi mariani, la possibilità di un nuovo linguaggio, quello musicale che supera tutti i confini. Il Papa si è dimostrato molto disponibile per questa realizzazione, come più volte si è dichiarato favorevole ad ogni ricerca fatta con intelligenza ed equilibrio di modi nuovi per annunciare il messaggio evangelico; i canti sono stati registrati nella Basilica di san Pietro e, secondo il giudizio dei tecnici, la voce di Benedetto XVI ha stupito per la sua «ottima tonalità».

Con un sottofondo musicale e al canto delle litanie, emerge la voce del Papa con l’affermare che «la fede è amore e perciò crea poesia e crea musica. La fede è gioia e perciò crea pienezza», nella convinzione che la grande musica, gregoriano, Bach o Mozart, nella Chiesa non sono cose del passato, ma vivono nella liturgia e nella vitalità della nostra esistenza.

Sancta Dei Genetrix, Mater Ecclesiae, Advocata nostra, Benedicta tu, Causa nostrae laetitiae, Auxilium christianorum, Regina coeli, Magistra nostra: sono alcuni dei canti proposti dalla raccolta Alma Mater, canti che – come si esprime il card. Comastri – entrano dentro l’anima «come l’acqua pulita e fresca di una sorgente di montagna».

Giovanni Ciravegna





 










Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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