«Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo.
Infatti il mistero dell’empietà è già in atto, soltanto c’è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo.»
Il Katéchon come categoria teologico-politica:
Nel secolo scorso il concetto del Katéchon, potere o persona che «trattiene» il mysterium iniquitatis, è tornato come tema centrale di studi e di ricerche filosofiche. A Carl Schmitt si deve la reintroduzione del Katéchon come importante figura teologico-politica ma, in vero, il potere che trattiene ha appassionato molti studiosi tra loro profondamente differenti. Basti qui menzionare ricercatori ed intellettuali del calibro di Erik Peterson, Jacob Taubes, Massimo Cacciari, Giorgio Agamben, in misura minore Martin Buber. Preso da un punto di vista più ampio, il tema del katéchonnon può essere scisso né dal mistero dell’anomia né dalla venuta escatologica dell’Anti-Christós (l’anti-messia), sicché un così vasto argomento viene affrontato sin dall’antichità, si pensi ad Ireneo, Tertulliano e Agostino, fino a divenire un vero e proprio topós filosofico-letterario-teologico, si pensi, ad esempio, a Lutero, il Gaetano, Dostoevskij, J. Pieper, P. Althaus, B. Bauer, R. Bultman e altri ancora. La lettura che più di tutte ha “fatto scuola” rimane, però, quella che identifica il Katéchon come figura necessariamente teologico-politica. Non vuol essere questa la sede di un’eventuale sconfessione di tale rilettura, piuttosto, tramite una «fonazione esegetica» di 2Ts, sarà possibile comprendere come il passo biblico ha saputo sollevare un’attenzione così eminentemente politica. Solo in conclusione – e molto brevemente – verranno elencati i tratti costitutivi di una teoria politica dell’eschaton, cercando di evidenziarne i tratti generali.
La «fondazione esegetica» di Paul Metzger:
In un interessantissimo saggio apparso sulla rivista Politica e Religione del 2008/2009, Metzger propone un’indagine della Seconda Lettera ai Tessalonicesi (2Ts 2,6-7) che non si esaurisca «né in un’analisi meramente terminologica, né in una storia diacronica» . Piuttosto, solo uno studio dettagliato del contesto storico-politico della Seconda Tessalonicesi permette una più chiara comprensione del criptico richiamo al Katéchon. Secondo Metzger, la Seconda Tessalonicesi venne scritta da un autore a noi completamente sconosciuto verso la fine del I sec. d.C.. Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni ricercatori, l’autore di 2Ts non sarebbe né Paolo né un suo allievo, ma addirittura un teologo che pretende di correggere l’Apostolo dei Gentili tramite una fittizia lettera paolina. Lo sconosciuto autore vuole confutare la convinzione che «il giorno del Signore sia già arrivato o quantomeno sarebbe imminente [...]» . Infatti, dalla lettura di 2Ts, risulta evidente che l’acquisizione di una simile tesi ha portato una sostanziosa parte della comunità a ritirarsi dal lavoro e dalla vita sociale in attesa del ritorno di Cristo, finendo così per suscitare scandalo e disappunto tanto all’interno di essa, quanto all’esterno. Appare evidente che una simile situazione non giova ad una comunità religiosa, quella cristiana, che viene già vista come sospetta dai pagani e dalle autorità politiche. Dunque, gli sforzi dell’autore sono tutti volti a limitare un’attesa esasperata e danno. La Seconda Lettera ai Tessalonicesi risponde così ad una necessità interna alla stessa comunità cristiana. In questo senso la stessa imitatio paolina dimostra la volontà dell’autore di conferire un’indubbia autorità alla propria risoluzione teologica. Il quadro tratteggiato da Metzger evidenzia come non sia in ballo unicamente:
«una speculazione astratta sui tempi ultimi, ma la necessità di mantenere i destinatari nella retta dottrina, di ammonirli, di dar loro assicurazione circa il fatto che le loro momentanee sofferenze saranno compensate dal giudizio di Dio[...]. In termini estremamente pragmatici la lettera tenta di rendere possibile ai destinatari diretti una vita tranquilla nel loro ambiente di riferimento.»
Il testo è allora apologetico, nel senso che si invita la comunità a seguire la vera doctrina senza essere sviati da pericolose – ed esasperanti - speculazioni sulla parousia. Per questo motivo la lettera si struttura come una vera e propria opposizione teologica che necessita di un iterargomentativo capace di riorganizzare la comunità. Per sconfessare l’idea che il ritorno di Cristo sia ormai imminente, all’autore non resta che dipingere un itinerario cronologico-apocalittico che ritardi questo momento. Prima della parousia è infatti necessario che si verifichino due momenti:a) deve verificarsi un momento di apostasia generale, b) deve disvelarsi l’Anticristo. Questi due momenti non vengono introdotti come una novità esclusiva e ciò fa supporre che anche gli oppositori dell’autore di 2Ts li utilizzassero per propagandare le proprie dottrine. La vera novità – nonché motivo d’opposizione – riguarda allora la collocazione temporale di questi eventi .
La struttura del brano, ed in particolare 2Ts 2,8-10, evidenziano una struttura parallela che rende verosimile pensare che la rivelazione dell’Iniquo avvenga contemporaneamente alla generale diffusione dell’anomia. Tuttavia, il dato realmente essenziale riguarda la condizione della parousia: questa non può avvenire se prima non si è svelato l’Anticristo. Da un simile assunto derivano quattro aspetti essenziali che differenziano la proposta teologica dell’autore di 2Ts dai suoi oppositori: a) non essendosi palesato l’anti-messia nel tempo storico in cui la lettera è stata scritta, allora il ritorno del Cristo non può essere imminente, b) la rivelazione dell’Iniquo è visibile, dal momento che esso è una potenza escatologica e diabolica cui l’uomo non può opporsi, c) il mysterium iniquitatis è attivo nel presente, ma legato all’avvento dell’Avversario di Dio nel futuro, d) dunque l’Anticristo non è ancora operante, ma potrà esserlo solo nel momento in cui non ci sarà più il Katéchon.
Così, l’autore non nega le percezioni contemporanee dei suoi oppositori, ma le rilegge con una differente cronologia. Sicché se per il momento l’Avversario non è ancora visibile, almeno due forze, tra loro profondamente legate, sono inesorabilmente all’opera: quella dell’anomia che determinerà la venuta dell’anti-messia e quella del Katéchon che la ritarda. Viene così sviluppato un parallelismo temporale tra il presente storico della comunità, che permette di identificare con certezza i segni della futura parousia, e un futuro escatologico, non ancora visibile, i cui signi nascosti sono già attivi nel presente sotto forma di Katéchon e mysterium iniquitatis. La sofferenza quotidiana è frutto dell’azione misteriosa dell’anomia e non dell’Anticristo. Anzi, il mistero dell’iniquità è precisamente un signum ad rem, ovvero un segno presente che rimanda ad un “non-ancora” – in questo caso demoniaco - destinato ad irrompere nel futuro .
Al contrario, il discorso del Katéchon è volutamente criptico. Secondo Metzger, il fatto che l’autore dedichi un solo oscuro frammento a «ciò che trattiene» non testimonia un ermetismo fine a se stesso ma, al contrario, evidenzia come solo la comunità a cui l’autore si rivolge è capace di decifrarlo, interpretandolo nel modo più consono. Accanto all’indagine terminologica si rende necessario ricercare anche nelle conoscenze pregresse della comunità. Il primo dato fondamentale riguarda l’uso, prima al neuro, poi al maschile di Katéchon. La funzione di questo consiste nel trattenere il Figlio dell’Iniquo sino a quando non si rivelerà il suo tempo. Nel momento presente della comunità il Katéchon è ancora operante e viene descritto come una forza-potenza di genere neutro. Tanto i tempi dell’avvento dell’Anticristo, quanto i tempi dell’opera katechonica sono incerti e questo deriva dal fatto che solo Dio stabilisce la temporalità di simili eventi. Tuttavia, appare dato incontrovertibile che l’anti-messia si paleserà solo quanto il potere che lo trattiene verrà messo da parte. Per Metzger è precisamente questo il momento cruciale dell’intera 2Ts. Infatti:
«Il cambio di genere dal neuro al maschile è vistosamente parallelo alla personificazione dell’iniquità nell’Avversario di Dio. Evidentemente, il Katéchon e l’Avversario di Dio hanno degli elementi in comune: il tempo di entrambi è concesso loro da Dio, entrambi cominciano come forza (Katéchon – mysterion) e terminano come persona. A partire da qui, è verosimile che il Katéchon debba essere determinato in maniera analoga all’Avversario di Dio.»
La forza del mistero dell’anomia (in neutro) sta all’Anticristo (in maschile) come la forza katechonica (in neutro) sta al Katéchon personificato (in maschile). Dunque, entrambi «paiono essenze umano-demoniache che assumono un posto nel piano di salvezza di Dio». Nonostante queste forti analogie, le due figure sono tra loro contrapposte: finché opera il primo, il secondo non può svelarsi. Malgrado questa opposizione risulti radicale, ilKatéchon non garantisce alcuna protezione dall’anomia operante nel presente. Così, se da un lato i destinatari della lettera possono essere rincuorati dalla funzione frenante che ritarda l’avvento dell’Anticristo, dall’altro la «forza che trattiene» prolunga il tempo della sofferenza e dell’anomia. Così inteso il Katéchon appare addirittura come fattore negativo, dal momento che la sua azione mantiene lo status quo e obbliga i cristiani ad un confronto quotidiano con il male.
Tali opposizioni e analogie dimostrano come Katéchon e mysterium iniquitatis siano strettamente connessi. Ciò viene comprovato se si indaga comeil Katéchon si oppone al demone anti-divino per eccellenza. Secondo i principi di analogica cosmica della demonologia antica, solo un demone può contrapporsi ad un altro demone, cosicché il Katéchon:
«[...] è un essere intermedio umano-demoniaco, che è all’opera al tempo della comunità. Esso si personificherà nelKatéchon (maschile) che deve essere eliminato affinché possa subentrare l’Avversario di Dio. »
Alla comunità non resta che una nervosa attesa escatologica aspettando la parousia finale. A questo punto è sufficientemente chiaro il ruolo delKatéchon come forza demoniaca che trattiene, ma risulta ancora incerta e criptica la sua personificazione. Tuttavia, il fatto stesso che Cristo sia l’incarnazione del Dio-Bene e l’Anticristo sia l’incarnazione del mistero dell’anomia, lascia supporre che anche «la forza che trattiene» abbia una sua incarnazione in una persona sì escatologica, ma concreta, visibile, tangibile e operante nel mondo degli uomini. Evidentemente l’autore di 2Ts allude ad una persona che i destinatari della lettera conoscono o, perlomeno, a cui possono giungere facilmente attingendo dalle fonti autorevoli della tradizione, ma che, tuttavia, non può essere nominato in senso chiaro ed esaustivo in quel particolare frangente. Sono solo due gli scritti contemporanei alla Seconda Tessalonicesi che spiegano il motivo per il quale il giorno del giudizio non può ancora verificarsi: si tratta dell’ Quarto libro di Ezra e dell’Apocalisse di Giovanni .
In entrambi gli scritti le problematiche affrontate e le finalità esposte sono molti simili a quelle trattate in 2Ts. Entrambi cioè si occupano del problema escatologico-temporale del Katéchon in riferimento alla parousia. In IV Ezra 5,3 ; 11,45 s. l’autore descrive i segni della fine del tempo che assomigliano in modo evidente a quelli riportati nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi. Si fa diretto riferimento al mistero dell’iniquità, al mondo dell’anomia e, infine, al bugiardo verbo dell’anti-messia che nasconderà definitivamente la verità del Verbo. Dunque anche in IV Ezra 5,3, l’autore cerca di delineare la storia cronologica dell’eschaton affinché la comunità dei fedeli possa identificare la propria collocazione temporale e il proprio ruolo nella storia del mondo. Anche nel Quarto Libro di Ezra il «tiranno terribile della fine dei tempi» si svelerà solo quando il Katéchon verrà rimosso. In questo scritto, differentemente da 2Ts, il Katéchon maschile ha un volto preciso: l’impero di Roma.
«Perciò tu dovrai ben disparire, o aquila, tu e le tue orribili ali, le tue pessime alette, le tue malvage teste, i tuoi crudeli artigli, e tutto il tuo inutile corpo, in modo che tutta la terra torni a ristorarsi, liberata dalla tua violenza, e possa sperare nel giudizio e nella misericordia di Colui che l’ha fatta.»
Chi, o cosa, distruggerà Roma non viene spiegato, ma appare evidente che l’allusione all’aquila sia un chiaro riferimento al potere katechonicodell’Impero Romano. L’Apocalisse di Giovanni non aggiunge nulla di diverso ma, procedendo ulteriormente, spiega chi farà cadere l’imperium.
«Le sette teste sono i sette colli sui quali è seduta la donna; e sono anche sette re. I primi cinque sono caduti, ne resta uno ancora in vita, l’altro non è ancora venuto e quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco. Quanto alla bestia che era e non è più, è ad un tempo l’ottavo re e uno dei sette, ma va in perdizione. [...] Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia.»
L’Apocalisse di Giovanni non lascia spazio ad interpretazioni. Il «potere che trattiene» è l’Impero Romano, nient’affatto forza positiva, ma chiaramente negativa. Inoltre, ciò che toglierà di mezzo il Katèchon nasce all’interno dello stesso. Più precisamente l’ultimo re di Roma sarà colui che si volgerà contro l’imperium stesso, determinando la sua fine e lo svelamento dell’Avversario di Dio. Dunque, proprio come nella Seconda Tessalonicesi, l’apocalisse e la parousia sono rimandate alla caduta dell’potere politico di Roma. Roma non è quindi l’Avversario ultimo di Cristo, ma la necessaria condizione affinché il ritorno i renda possibile. L’impero è una realtà politica demoniaca (forza neutra), il cui governante-imperatorincarna la figura del Katéchon al maschile. La sua auctoritas e la sua potestas non proteggono dal peccato e dalla sofferenza, al contrario, garantiscono l’operosità del mysterium iniquitatis. L’ultimo re, una sorta di Nerone redivivo, annuncerà l’arrivo della Bestia e siglerà l’inizio della Fine dei tempi. Risulta quindi probabile che la criptica allusione al Katéchon nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi si riferisca alle chiarissime riflessioni su Roma presenti nel Quarto Libro di Ezra e nell’Apocalisse di Giovanni.
Risulta altrettanto chiaro che l’identificazione del Katéchon nell’impero romano lega inevitabilmente il problema teologico ed escatologico della fine dei tempi a quello schiettamente politico. Il mistero dell’iniquità viene così declinato in senso teologico-politico nel mistero dell’a-nomia (a-nomos), ovvero della realtà priva di legge, mentre l’Anti-Christos, figura escatologica e demoniaca, s’incarna in una figura squisitamente politica, quella dell’imperator romano operante nella storia degli uomini. La stessa storia cosmogonica ed escatologica finisce per cadere nel seculum, influenzando la vita umana e, con essa, la vita politica.
Bibliografia:
C. Schmitt, Il Nomos della Terra. Adelphi, Milano 1991.
P. Metzger, Il Katéchon. Una fondazione esegetica in Il Katéchon (2Ts 2,6-7) e l’Anticristo. Teologia e politica di fronte al mistero dell’anomia. Tratto dalla rivista Politica e Religione 2008/2009. Morcelliana, Brescia, 2009.
M. Nicoletti, Tra filosofia della storia e relazioni internazionali. Il concetto di katéchon in Carl Schmitt in Il Katéchon (2Ts 2,6-7) e l’Anticristo. Teologia e politica di fronte al mistero dell’anomia. Tratto dalla rivista Politica e Religione 2008/2009. Morcelliana, Brescia, 2009.
M. Cacciari, Il potere che frena. Adelphi, Milano 2013.
R. Esposito, Due. La macchina della teologia politica e il posto del pensiero. Giulio Einaudi editore, Milano, 2003.
G. Lettieri. Il nodo cristiano. Dono e libertà. dal Nuovo Testamento all’viii secolo. Edizioni Carocci. Roma 2009.
G. Agamben, Il tempo che resta. Un commento alla «Lettera ai romani», Bollati Boringhieri, Torino, 2000.
Conferenza episcopale italiana, La Sacra Bibbia. UELCI. Versione ufficiale della Cei. San Paolo edizioni, Roma.
Note: