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Sinodo dei Vescovi Lineamenta 2014 per il Sinodo 2015 sulla Famiglia

Ultimo Aggiornamento: 16/09/2015 09:38
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28/08/2015 23:44
 
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È l’immanentismo storicistico ciò che porta Kasper a privare di ogni contenuto veritativo il dogma della Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia.

Da quanto finora visto, è chiaro che è l’ecclesiologia storicistica ereditata dai suoi maestri Rahner e Küng ciò che rende Kasper incapace di comprendere il mistero eucaristico nei sui termini essenziali, che sono metafisici e realistici. I discorsi di Kasper sulla Chiesa, ridotta a mera comunità dei credenti in Cristo, - che lo Spirito  guiderebbe non tanto a una “statica” fedeltà alla Tradizione quanto a una “dinamica creatività” che renda possibile il “dialogo con gli uomini del proprio tempo” -, se hanno qualche plausibilità dal punto di vista sociologico, non ne ha alcuna dal punto di vista teologico. Nulla giustifica la concezione esclusivamente “pneumatica” della Chiesa, presentata dal teologo tedesco come «sacramento dello Spirito», definizione che per lui dovrebbe sostituire la definizione “giuridica” tradizionale, quale ad esempio si ritrova nell’enciclica Mystici Corporis di papa Pio XII[32]. Il campo di azione dello Spirito Santo non coincide infatti, come vuole la Tradizione, con quello della Chiesa cattolica romana, ma si estende ad una più vasta realtà ecumenica, la “Chiesa di Cristo” di cui la Chiesa cattolica è parte.

Per Kasper il decreto Unitatis redintegratio del Vaticano II ha superato l’ecclesiologia tradizionale, insegnando che l’unica Chiesa di Cristo va individuata ma in tante comunità ecclesiali separate: la vera Chiesa cattolica si trova lì «dove non c’è alcun vangelo selettivo» ma tutto si dilata in maniera inclusiva, nel tempo e nello spazio[33]. La missione attuale della Chiesa cattolica, pertanto, è di “uscire da sé stessa” per riacquistare una dimensione che la renda veramente universale[34]. In questa linea si collocano le tante proposte di riforma della Chiesa formulate da Kasper in vista delle molteplici iniziative ecclesiastiche per l’intensificazione del dialogo ecumenico, e più recentemente in vista del Sinodo per la famiglia[35].
 
Questa eliminazione radicale dalla teologia di un “discorso serio” su Dio come realtà personale etrascendente non è un aspetto marginale della riformulazione che della cristologia ha proposto Walter Kasper, il quale riconosce la sua dipendenza dall’interpretazione immanentistica dell’Incarnazione avevano già fornito altri due influenti teologi cattolici, il tedesco Karl Rahner[36] e lo svizzero Hans Küng[37], entrambi convinti che la ripresa del pensiero religioso di Hegel e di Schelling avrebbe favorito il rinnovamento della teologia  cristiana. A riprova di tutto ciò, appare assai significativo un suo scritto del 1970, che fa parte di Die Frage nach Gott, opera collettanea alla quale hanno collaborato i teologi tedeschi all’epoca più attivi[38].

Nell’edizione italiana[39] il contributo di Kasper è intitolato La questione di Dio come problema della predicazione e riprende le tesi agnostiche e storicistiche esposte pochi mesi prima nella sua opera Glaube und Geschichte[40]. L’autore, a pochi anni dalla conclusione del Vaticano II, non ritiene sufficiente quanto la Chiesa stessa ha solennemente insegnato con la costituzione pastorale Gaudium et spesma sostiene che il compito dei teologi sia di rimettere radicalmente in discussione la possibilità di parlare di Dio agli uomini del nostro tempo[41]. La prima cosa da fare, a questo proposito, è demolire con la critica razionalistica la tradizione dogmatica e pastorale della Chiesa, una tradizione che si è svolta in assoluta coerenza dall’epoca apostolica all’epoca contemporanea ma che – a detta di Kasper – non è mai stata capace di suscitare una fede autentica :
«Solo la fede nel Dio presente nella storia è in grado di offrire un ubi consistam nella storia. Il pensiero storico contemporaneo non rappresenta perciò soltanto una messa in questione dei modi di parlare di Dio finora in voga; esso dischiude anche alla predicazione cristiana un kairos unico, in quanto oggi storicamente per la prima volta può svilupparsi in condizioni ch’essa stessa ha concorso a produrre. Per poter cogliere questo kairos la teologia e la predicazione devono certamente liberarsi dalle forme e formule tradizionali, senza però smarrire la sostanza in esse contenuta. In effetti, già nel quadro della dottrina tradizionale di Dio, improntata alle categorie della metafisica greca, si era giunti con difficoltà a esprimere in maniera adeguata il Dio vivente nella storia»[42].
Non si può non rilevare come, al di sotto dell’evidente retorica storicistica, non ci sia in questo discorso un pensiero che abbia una qualche consistenza, né dal punto di vista teologico né da quello filosofico. Le contraddizioni si accavallano a ogni passo, e ci si può domandare con quale criterio Kasper pretende di «esprimere in maniera adeguata il Dio vivente nella storia», partendo dal presupposto che la «dottrina tradizionale di Dio, improntata alle categorie della metafisica greca» è stata totalmente inadeguata. Che cosa rende adeguata alle esigenze pastorali di oggi la dottrina nuova (immanentistica, storicistica, trascendentale, fenomenologica) già proposta da Rahner e riproposta ora da Kasper? La risposta a una domanda del genere non la si può naturalmente trovare negli scritti di Kasper: egli non fa che ripetere a ogni piè sospinto la necessità di eliminare tutta la teologia precedente, il che costituisce la pars destruens della sua dialettica storicistica, senza curarsi di illustrare quale dovrebbe essere una plausibile pars construens.

A Kasper, in realtà, interessa soltanto mettere da parte il Dio che la ragione umana (dal senso comune alla metafisica come scienza dell’essere) riconosce come trascendente, in quanto creatore (anche se la Scrittura inizia proprio con la rivelazione di questa verità: «Nel principio Dio creò il cielo e la terra»: Libro della Genesi, 1, 1); il Dio che si rivela come l’Essere di per sé sussistente (è la “metafisica dell’Esodo” illustrata da Étienne Gilson); il Dio eterno e immutabile che ha creato liberamente, per amore, e destina gli uomini alla comunione con  Sé nella vita eterna. Mettere da parte questo Dio, ritenuto “impresentabile” di fronte alla cultura secolarizzata di oggi, è per Kasper il principale dovere della teologia, che si deve oggi occupare soltanto dell’uomo nella storia: Dio può restare, nel discorso teologico, solo come esperienza interiore dell’uomo (Gotteserfahrung), come vissuto religioso esistenziale (religioser Erlebnis). Ecco allora che scrive:
«Sulla base di un concetto statico dell’eternità, si è spesso quasi reso Dio prigioniero del proprio essere e del proprio sistema. Le aporie che di qui derivano alla cristologia là dove si tratta di pensare il divenire-uomo (Menschen-Werdung) di Dio, recentemente, a seguito di K. Rahner, sono state rilevate energicamente ancora una volta da H. Küng. Le conseguenze di tale concezione certamente potrebbero essere ancora più funeste per la predicazione della fede. Un Dio che non abbia la possibilità di essere continuamente un nuovo inizio, secondo Schelling è “un Dio alla fine”»[43].
Basta questa breve citazione (che però è assolutamente omogenea allo stile e al contenuto di tutto lo scritto) per comprendere come il discorso di Kasper su Dio non abbia nulla di propriamente scientifico, ma vada affastellando i più triti luoghi comuni della pubblicistica religiosa cattolica del Novecento, tributaria della teologia (o meglio, della filosofia religiosa) luterana, rappresentata da Hegel e Schelling nell’Ottocento, cui si riconnettono in vario modo Oscar Cullmann e Karl Barth nel Novecento. Si noti in particolare l’assurdità di parlare di un «concetto statico dell’eternità» che andrebbe sostituito con un «concetto dinamico dell’eternità» capace di includere in sé il divenire: si tratta di un’assurdità, ho detto, perché la nozione metafisica di Dio creatore come “atto puro” non implica affatto la staticità, mentre  esclude il divenire, che è caratteristica delle creature; e anche perché questi teologi, che mettono da parte il Magistero per restare con la sola Scrittura, contraddicono proprio ciò che nella Scrittura stessa è più insistentemente enunciato, ossia la trascendenza di Dio rispetto al divenire del mondo[44].

Ancora più assurdo è ricamare argomenti insensati sulla falsa nozione di un «divenire-uomo (Menschen-Werdung) di Dio», quando il dogma cattolico e il suo riferimento biblico dicono ben altro, parlano cioè dell’Incarnazione come assunzione nel tempo della natura umana da parte del Verbo eterno («Ho logos sarx egeneto»). Con l’Incarnazione Dio resta nella sua eterna perfezione e trascendenza: non cambia, non sparisce e non si annulla nell’uomo; solo la natura umana, assunta dalla Persona del Verbo, cambia e viene elevata grazie all’unione ipostatica. Ma non vale la pena sottoporre ad analisi critica queste sconclusionate elucubrazioni dialettiche, visto che esse hanno in Kasper solo una funzione pragmatica, performativa: servono a concludere che Cristo è uomo (anzi, simbolo o metafora dell’uomo) e che Dio può essere lasciato stare da una teologia che voglia parlare all’uomo di oggi. Questa intenzionale de-costruzione del dogma cristologico – dal quale dipende la retta comprensione del mistero della Chiesa – è il presupposto dottrinale di tutte le ambiguità o degli evidenti errori teologici dei riferimenti che Kasper fa all’Eucaristia nelle sue opere.

In effetti, la dogmatica cattolica, come risulta dalle formule adottate dal concili ecumenici dei primi cinque secoli, esprime il mistero di Cristo in termini la cui semantica è sempre materialmente (e talvolta anche formalmente) metafisica, in quanto basata sulla nozione di “persona” (e quindi di sostanza) in rapporto dialettico con la nozione di “natura” (o “essenza”); di conseguenza, anche il dogma eucaristico, come ebbe a ricordare Paolo VI alla conclusione del Vaticano II[45], è parimenti espresso in termini la cui semantica è sempre metafisica, in quanto basata sulla nozione di “sostanza”, solo con la quale è possibile comprendere il significato del termine “transustanziazione” e il suo effetto sacramentale, la “presenza reale” di Cristo in Persona (metafisicamente, la persona èrationalis naturae individua substantia), ossia il fatto che Egli, dopo la consacrazione, sia presente «vere, realiter et substantialiter» sotto le specie del pane e del vino.

Un teologo che abbia scelto come metodo teologico “più adeguato ai tempi” l’eliminazione della semantica metafisica dalla comprensione e dall’approfondimento del dogma eucaristico, non può che parlare dell’Eucaristia in termini retorici, inconcludenti, in definitiva irrispettosi di questo grande mistero dell’Amore che ci è rivelato da Dio e che la Chiesa proclama infallibilmente con le sue definizioni dogmatiche, la cui eco fedele si trova nella tradizione liturgica[46]: ed è proprio quello che si rileva nelle opere teologiche di Kasper, come più sopra ho sufficientemente documentato.


______________________________
[1] Vol.  1: Die Lehre von der Tradition in der Römischen Schule; vol.  2: Das Absolute in der Geschichte; Vol.  3: Jesus der Christus; vol.  4: Der Gott Jesu Christi; vol.  5: Das Evangelium Jesu Christi; vol.  6: Theologie und Wissenschaft; vol.  7: Grundlagen der Dogmatik; vol.  8: Gott, der Schöpfer und Vollender; vol.  9: Jesus Christus, das Heil der Welt; vol.  10: Die Liturgie der Kirche; vol.  11: Die Kirche Jesu Christi; vol.  12: Die Kirche und ihre Ämter; vol.  13: Katholische Kirche; vol.  14: Wege zur Einheit der Christen; vol.  15: Einheit in Jesus Christus: vol.  16: Kirche und Gesellschaft; vol.  17: Pastoral; vol.  18: Predigten.
[2] Vedi Antonio Livi, Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia religiosa”, Leonardo da Vinci, Roma 2012.
[3] Walter Kasper, Das Absolute in der Geschichte. Philosophie und Theologie der Geschichte in der Spätphilosophie Schellings, Matthias-Grünewald-Verlag, Mainz 1965; trad. it.: L’assoluto nella storia nell’ultima filosofia di Schelling, Jaca Book, Milano 1986, p. 53.
[4] Walter Kasper, Das Absolute, trad. it. cit., p. 90.
[5] La metafisica storicistica di Friedrich Schelling (1775-1854), eliminata la trascendenza di un Dio creatore e provvidente, elabora alla fine una nozione di Storia (Geschichte) che figura come unico agente universale di ogni evento, con le caratteristiche dell’«anima mundi» degli Stoici e del «Deus sive natura» di Spinoza. Nella sua ultima opera, Philosophie der Offenbarung (1858), Schelling contrappone al cristianesimo “dogmatico” il cristianesimo “della storia”, e riduce la nozione realistica di “rivelazione” a quella immanentistica di autocoscienza (Selbsbewußtsein) dello Spirito nel suo sviluppo storico.
[6]  Vedi Antonio Livi, Vera e falsa teologia, cit., pp. 246-255. Dello stesso avviso è un storico della Chiesa, il quale ha parlato di «quei teologi - ed oggi son i più - che si son formati non sulla Summa di san Tommaso d'Aquino e nemmeno su quei "loci" che Melchior Cano individuò soprattutto nella Rivelazione, nella Chiesa e nella Tradizione, ma sui testi di rinomati maîtres-à-penser, preferibilmente postconciliari, quasi tutti sensibili alla suggestione d'un hegelismo vagamente cristianizzato, che ciò nonostante imprigiona il messaggio evangelico nelle maglie del divenire, lo spoglia d'ogni sua componente soprannaturale e lo riduce ad un dato sempre cangiante dell'immanenza» (Roberto de Mattei, “Pasticcio Kasper”, in Il foglio, 1° ottobre 2014, pp. 1-3).
[7] Walter Kasper, Das Absolute, trad. it. cit., p. 206.
[8] Cfr Charles Journet, L’Église du Verbe Incarné. Essai de théologie speculative, tomo I:  La hiérarchie apostolique, Téqui, Paris 1941; tomo II: Sa structure interne et son unité catholique, Desclée de Brouwer, Paris 1952.  Nuova edizione riveduta: Charles Journet, L’Église du Verbe Incarné, 5 voll., Editions Saint-Augustin, Saint-Maurice 1998-2005. Vedi Antonio Livi, “Presentazione”, in Charles Journet, Maria corredentrice, Edizioni Ares, Milano 1989, pp. 6-10; Idem, Marian Coredemption in the Ecclesiology of Cardinal Charles Journet, in Mary at the Foot of the Cross, VII: Corredemptrix, therefore Mediatrix of All Graces, a cura di Alessandro Apolloni, Academy of the Immaculate, New Bedford, Massachusetts 2008, pp. 355-366.
[9] Cfr Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, §§ 52-69.
[10] Vedi Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, § 53: «La beata Vergine, predestinata fino dall'eternità, all'interno del disegno d'incarnazione del Verbo, per essere la madre di Dio, per disposizione della divina Provvidenza fu su questa terra l'alma madre del divino Redentore, generosamente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico, e umile ancella del Signore, concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo col Figlio suo morente in croce, ella cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, coll'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo ella è diventata per noi madre nell'ordine della grazia». Si noti in particolare l’espressione «vita soprannaturale delle anime», che costituisce la più formale smentita delle pretese di certa esegesi dei testi conciliari (penso a Yves-Marie Congar, a Henri de Lubac, e infine a Karl Rahner, maestro di Kasper) nei quali non si troverebbero più né il sostantivo “anima” né l’aggettivo “soprannaturale”, considerati residui della teologia scolastica.
[11]  Cfr  Walter Kasper, Jesus der Christus, Matthias-Grünewald-Verlag, Mainz 1974;  trad. it.: Gesù il Cristo, Editrice Queriniana, Brescia 1974.
[12]  Cfr Prima Lettera a Timoteo,  2, 5: «C’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo».
[13]  Per una sintesi aggiornata delle diverse interpretazioni teologiche delle relazioni  intra-trinitarie e del rapporto della Trinità con il mondo (creazione, missione del Figlio e dello Spirito Santo), vedi Antonio Livi, I presupposti logico-aletici delle diverse ipotesi teologiche sulle relazioni intratrinitarie, in Il “Filioque”. A mille anni dal suo inserimento nel Credo a Roma (1014-2014), a cura di Mauro Gagliardi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, pp. 325-342.
[14] Vedi Josef Kreiml, Die Selbstoffenbarung Gottes und der Glaube des Menschen: Eine Studie zum Werk Romano Guardinis, EOS Verlag, Sankt Ottilien 2002.
[15]  Vedi Brunero Gherardini, “Il Dio di Gesù Cristo”, in Divinitas, 2004.
[16]  Vedi Cornelio Fabro,  La svolta antropologica di Karl Rahner, Editore Rusconi, Milano 1970; Antonio Livi, “Il metodo teologico di Karl Rahner. Una critica del punto di vista epistemologico”, in Fides catholica, n. 2, II, 2007, pp. 269-276; Idem, Il metodo teologico di Karl Rahner. Una critica del punto di vista epistemologico, in Karl Rahner. Un’analisi critica, a cura di Serafino M. Lanzetta, Edizoni Cantagalli, Siena 2009, pp. 13-27; Idem, Vera e falsa teologia, cit., pp. 222-227.
[18] San Giovanni Paolo II, enciclica Ecclesia de Eucharistia, 17 aprile 2003.
[19] Cfr Gianni Valente, “La Chiesa non si dà la vita da sola. Il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani interviene sull’ultima enciclica del papa”, intervista al cardinale Walter Kasper, in Trentagiorni, maggio 2003. Nell’intervista, che pure riguarda direttamente ed esclusivamente il mistero eucaristico in rapporto con la vita soprannaturale della Chiesa, il giornalista presentava Kasper avvertendo i lettori che il teologo tedesco «non ha un profilo da nostalgico tradizionalista. Il cardinale Walter Kasper viene spesso annoverato nell’ala "progressista" da chi ama dividere anche il Sacro Collegio secondo le categorie ingessate del bipolarismo politico. Dal marzo 2001 è presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. È quindi ex officio l’esponente di spicco della Curia romana più coinvolto nei rapporti con i capi delle altre Chiese e comunità ecclesiali cristiane. […] Le sue lucide e pacate considerazioni acquistano valore anche in virtù del ruolo affidatogli, visto che le critiche più forti finora espresse all’Ecclesia de Eucharistia hanno preso di mira soprattutto il presunto passatismo antiecumenico che serpeggerebbe nell’enciclica»
[20] Walter Kasper, in Trentagiorni, cit.
[21] Walter Kasper, in Trentagiorni, cit.
[22] Walter Kasper, in Trentagiorni, cit.
[23]  Cfr Karl Rahner - Herbert Vorgrimler, Kleines theologishces Worterbuc, Verlag Herder, Freiburg 1968; trad. it.: Dizionario di teologia, a cura di Giuseppe Ghiberti e di Giovanni Ferretti, Editori Associati, Milano  1994, pp. 243-244: «Tale trasformazione si realizza per offrire la possibilità al credente di mangiare il corpo e il sangue di Cristo al momento della comunione e per rendere presente attraverso ad essa il sacrificio della croce in quest’ora concreta della storia (ad opera della Chiesa). Tuttavia l’avvenimento che in essa si attua è permanente: fintantoché le specie del “cibo” (per essere mangiate) rimangono presenti, è presente anche Cristo (perché venga adorato). Tale presenza durevole e reale di Cristo (“presenza reale”) resta però necessariamente rapportata all’atto con il quale la Chiesa la pone e alla sua finalità che è appunto la sua recezione (“mangiare”) da parte del credente».
[24] Walter Kasper, in Trentagiorni, cit.
[25] Walter Kasper, in Trentagiorni, cit.
[26] Walter Kasper, Sakrament der Einheit. Eucharistie und Kirche  [2004]; trad. it.: Sacramento dell'unità. Eucaristia e Chiesa, trad. it.,  Queriniana, Brescia   2004, p.7.
[27] Kasper rifà poi a una celebre frase di padre Paul Couturier (Lione, 29 luglio 1881 – 24 marzo 1953), ideatore di un «ecumenismo spirituale», il quale auspicava che nella Chiesa si formasse «un monastero invisibile in cui si prega incessantemente per l’avvento dello Spirito» (cfr Walter Kasper,Sakrament der Einheit , trad.it., cit., p. 75).
[28] Cfr Giuseppe Siri, Dogma e liturgia, a cura di Antonio Livi, Leonardo da Vinci, Roma 2014.
[29] Walter Kasper,  in Trentagiorni, cit.
[30] Il testo della Relazione introduttiva al dibattito concistoriale, munita di una Premessa e di due Appendici, è pubblicato in Walter Kasper, Das Evangelium von der Familie. Die Rede vor dem Konsistorium, Verlag Herder, Feiburg 2014; trad. it.: Il Vangelo della famiglia, Editrice Queriniana, Brescia 2014; il volume comprende anche le sue Considerazioni finali riguardo al dibattito svoltosi all’interno dell’assemblea dei cardinali e un Epilogo intitolato «Che cosa possiamo fare?».
[31] «Occorre badare a non favorire che prenda piede nella coscienza del fedele la convinzione fallace secondo cui la comunione sacramentale dell’eucaristia e la comunione spirituale siano sostanzialmente la stessa cosa. La convinzione della sostanziale identità tra comunione eucaristica e comunione spirituale condurrebbe infatti il fedele ad assuefarsi alla condizione di peccato grave abituale che gli impedisce la ricezione della comunione eucaristica, mettendo a repentaglio la salvezza della sua anima. Da una catechesi e da una pastorale che non siano limpide al riguardo il fedele potrebbe essere infatti indotto ad avvalorare il ragionamento seguente: la comunione spirituale produce i medesimi effetti della comunione eucaristica, non c’è differenza tra l’una e l’altra nel grado di unione a Cristo che realizzano, quindi il peccato grave che mi impedisce di ricevere la comunione eucaristica non è tale da interdirmi la medesima unione con Cristo che conseguirei con la recezione dell’Eucaristia. Conclusione: questo peccato grave (se ha ancora senso chiamarlo tale) non produce effetti così gravi da giustificare che io mi adoperi per emendarmene. Non mi pare inutile pertanto rimarcare che la comunione spirituale con Cristo da parte di chi, versando in situazione di peccato grave abituale, non può accostarsi alla comunione eucaristica, è dono largito dall’amore misericordioso di Cristo, che non vuole la morte del peccatore, ma incessantemente opera perché si converta e giunga a una perfetta comunione con Lui. La comunione spirituale deve pertanto essere vissuta (e i pastori debbono curare che sia intesa e praticata correttamente così) non come esauriente surrogato della comunione eucaristica ma come dono con il quale Cristo si unisce spiritualmente al fedele per infiammarlo di sempre più fervente desiderio di unirsi perfettamente a Lui, purificandosi dal peccato per poter accedere all’assoluzione sacramentale e alla comunione eucaristica» (Alessandro Martinetti, citato da Sandro Magister, “Settimo cielo”, in L’Espresso, 22 maggio 2014).
[32] Cfr Walter Kasper, Gerhart Sauter, Kirche - Ort des Geistes [1980]; trad. it.: La Chiesa luogo dello spirito. Linee di ecclesiologia pneumatologica , trad. it., Queriniana, Brescia 1980, p.  91.
[33] Walter Kasper,  Das Absolute, trad. it. cit., p. 94. Come è noto, questa teoria (e la relative falsa interpretazione del dettato conciliare) è stata ufficialmente smentita dall’istruzione Dominus Iesus.
[34] Walter Kasper, Das Absolute, trad. it. cit., p. 206. La medesima tesi si ritrova, molti anni dopo, in Walter Kasper, Katholische Kirche. Wesen – Wirklichkeit – Sendung,  Verlag Herder, Freiburg im Breisgau/Basel/Wien 2011 (cfr trad. it.: Chiesa cattolica. Essenza, realtà, missione, Editrice Queriniana, Brescia 2012, p. 289).
[35] Vedi Dogma e pastorale. L’ermeneutica del Magistero, dal Vaticano II al Sinodo sulla famiglia, a cura di Antonio Livi, Leonardo da Vinci, Roma 2015.
[36] Cfr Karl Rahner, Zur Theologie der Menschenwerdung, in Schriften zur Theologie, vol. IV, Einsiedeln 1960, pp. 145 ss.
[37] Cfr Hans Küng, Menschenwerdung Gottes. Eine Einfürung in Hegels theologische Denken als Prolegomena zu einer künftigen Christologie, Verlag Herder, Freiburg im Breisgau 1970, pp. 522-557; 637-646.
[38] Die Frage nach Gott, herausgegeben von Joseph Ratzinger, Verlag Herder, Freiburg im Breisgau 1971.
[39] Saggi sul problema di Dio, a cura di Joseph Ratzinger, Editrice Morcelliana, Brescia 1975.
[40] Cfr Walter Kasper, Unsere Gottesbeziehung angesichts der sich wandelden Gottesvorstellung, in Idem,  Glaube und Geschichte, Matthias-Grünewald-Verlag, Mainz 1970, pp. 101-119; Idem, Möglickheiten der Gotteserfahrung heute, in Idem,  Glaube und Geschichte, pp. 120.143.
[41] «In Rahner e nella vasta scuola (non si sbaglierebbe troppo se si dicesse che oggi è, forse, la dominante, almeno in sede accademica) a lui ispirata o prossima il mondo (de facto il mondo moderno, ovvero la modernità assiologica) diviene, in forza d’una ridefinizione del rapporto tra Dio e la Storia, della nozione di Rivelazione e del concetto stesso d’Incarnazione e di molto altro, luogo teologico, anzi “il” luogo teologico» (Samuele Ceccotti, “La sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti e la non negoziabilità dei principi contrari all’ordine naturale”, in Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan,  23 luglio 2015)
[42] Walter Kasper, La questione di Dio come problema della predicazione, in Saggi sul problema di Dio, cit., p. 182.
[43] Walter Kasper, La questione di Dio come problema della predicazione, in Saggi sul problema di Dio, cit., p. 183.
[44] Vedi, ad esempio, quanto si legge nella Lettera di Giacomo, 16-18: «Non lasciatevi ingannare, fratelli miei carissimi; ogni buona donazione e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre dei lumi, presso il quale non vi è mutamento né ombra di rivolgimento. Egli ci ha generati di sua volontà mediante la parola di verità, affinché siamo in certo modo le primizie delle sue creature».
[45] Cfr Paolo VI, enciclica Mysterium fidei, 3 settembre 1965.
[46] Vedi Giuseppe Siri, Dogma e liturgia, a cura di Antonio Livi, Leonardo da Vinci, Roma 2014.
 






 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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