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Meditazioni quotidiane per il 2015 mese per mese

Ultimo Aggiornamento: 01/11/2015 00:24
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01/02/2015 16:59
 
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ANGELUS


Piazza San Pietro
Domenica, 1° febbraio 2015

[Multimedia]



 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mc 1,21-28) presenta Gesù che, con la sua piccola comunità di discepoli, entra a Cafarnao, la città dove viveva Pietro e che in quei tempi era la più grande della Galilea. E Gesù entra in quella città.

L’evangelista Marco racconta che Gesù, essendo quel giorno un sabato, si recò subito nella sinagoga e si mise a insegnare (cfr v. 21). Questo fa pensare al primato della Parola di Dio, Parola da ascoltare, Parola da accogliere, Parola da annunciare. Arrivando a Cafarnao, Gesù non rimanda l’annuncio del Vangelo, non pensa prima alla sistemazione logistica, certamente necessaria, della sua piccola comunità, non indugia nell’organizzazione. La sua preoccupazione principale è quella di comunicare la Parola di Dio con la forza dello Spirito Santo. E la gente nella sinagoga rimane colpita, perché Gesù «insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (v. 22).

Che cosa significa “con autorità”? Vuol dire che nelle parole umane di Gesù si sentiva tutta la forza della Parola di Dio, si sentiva l’autorevolezza stessa di Dio, ispiratore delle Sacre Scritture. E una delle caratteristiche della Parola di Dio è che realizza ciò che dice. Perché la Parola di Dio corrisponde alla sua volontà. Invece noi, spesso, pronunciamo parole vuote, senza radice o parole superflue, parole che non corrispondono alla verità. Invece la Parola di Dio corrisponde alla verità, è unità con la sua volontà e realizza quello che dice. Infatti Gesù, dopo aver predicato, dimostra subito la sua autorità liberando un uomo, presente nella sinagoga, che era posseduto dal demonio (cfr Mc 1,23-26). Proprio l’autorità divina di Cristo aveva suscitato la reazione di satana, nascosto in quell’uomo; Gesù, a sua volta, riconobbe subito la voce del maligno e «ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”» (v. 25). Con la sola forza della sua parola, Gesù libera la persona dal maligno. E ancora una volta i presenti rimangono stupiti: «Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!» (v. 27). La Parola di Dio crea in noi lo stupore. Possiede la forza di farci stupire.

Il Vangelo è parola di vita: non opprime le persone, al contrario, libera quanti sono schiavi di tanti spiriti malvagi di questo mondo: lo spirito della vanità, l’attaccamento al denaro, l’orgoglio, la sensualità… Il Vangelo cambia il cuore, cambia la vita, trasforma le inclinazioni al male in propositi di bene. Il Vangelo è capace di cambiare le persone! Pertanto è compito dei cristiani diffonderne ovunque la forza redentrice, diventando missionari e araldi della Parola di Dio. Ce lo suggerisce anche lo stesso brano odierno che si chiude con un’apertura missio­naria e dice così: «La sua fama – la fama di Gesù – si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea» (v. 28).

La nuova dottrina insegnata con autorità da Gesù è quella che la Chiesa porta nel mondo, insieme con i segni efficaci della sua presenza: l’insegnamento autorevole e l’azione liberatrice del Figlio di Dio diventano le parole di salvezza e i gesti di amore della Chiesa missionaria. Ricordatevi sempre che il Vangelo ha la forza di cambiare la vita! Non dimenticatevi di questo. Esso è la Buona Novella, che ci trasforma solo quando ci lasciamo trasformare da essa. Ecco perché vi chiedo sempre di avere un quotidiano contatto col Vangelo, di leggerlo ogni giorno, un brano, un passo, di meditarlo e anche portarlo con voi ovunque: in tasca, nella borsa… Cioè di nutrirsi ogni giorno da questa fonte inesauribile di salvezza. Non dimenticatevi! Leggete un passo del Vangelo ogni giorno. E’ la forza che ci cambia, che ci trasforma: cambia la vita, cambia il cuore.

Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria, Colei che ha accolto la Parola e l’ha generata per il mondo, per tutti gli uomini. Ci insegni Lei ad essere ascoltatori assidui e annunciatori autorevoli del Vangelo di Gesù.


Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

desidero annunciare che sabato 6 giugno, a Dio piacendo, mi recherò a Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina. Vi chiedo fin d’ora di pregare affinché la mia visita a quelle care popolazioni sia di incoraggiamento per i fedeli cattolici, susciti fermenti di bene e contribuisca al consolidamento della fraternità, della pace, del dialogo interreligioso e dell’amicizia.

Saluto i presenti convenuti per partecipare al IV Congresso mondiale organizzato da Scholas Occurrentes, che si terrà in Vaticano dal 2 al 5 febbraio sul tema: “Responsabilità di tutti nell’educazione per una cultura dell’incontro”. Saluto le famiglie, le parrocchie, le associazioni e tutti quanti sono venuti dall’Italia e da tante parti del mondo. In particolare, i pellegrini del Libano e dell’Egitto, gli studenti di Zafra e di Badajoz (Spagna); i fedeli di Sassari, Salerno, Verona, Modena, Scano Montiferro e Taranto.

Oggi si celebra in Italia la Giornata per la Vita, che ha come tema «Solidali per la vita». Rivolgo il mio apprezzamento alle associazioni, ai movimenti e a tutti coloro che difendono la vita umana. Mi unisco ai Vescovi italiani nel sollecitare «un rinnovato riconoscimento della persona umana e una cura più adeguata della vita, dal concepimento al suo naturale termine» (Messaggio per la 37ª Giornata nazionale per la Vita). Quando ci si apre alla vita e si serve la vita, si sperimenta la forza rivoluzionaria dell’amore e della tenerezza (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 288), inaugurando un nuovo umanesimo: l’umanesimo della solidarietà, l’umanesimo della vita.

Saluto il Cardinale Vicario, i docenti universitari di Roma e quanti sono impegnati a promuovere la cultura della vita.

A tutti auguro buona domenica. Per favore non dimenticate di pregare per me.






FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
XIX GIORNATA MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Domenica, 2 febbraio 2015

[Multimedia]



 

Teniamo davanti agli occhi della mente l’icona della Madre Maria che cammina col Bambino Gesù in braccio. Lo introduce nel tempio, lo introduce nel popolo, lo porta ad incontrare il suo popolo.

Le braccia della Madre sono come la “scala” sulla quale il Figlio di Dio scende verso di noi, la scala dell’accondiscendenza di Dio. Lo abbiamo ascoltato nella prima Lettura, dalla Lettera agli Ebrei: Cristo si è reso «in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede» (2,17). E’ la duplice via di Gesù: Egli è sceso, si è fatto come noi, per ascendere al Padre insieme con noi, facendoci come Lui.

Possiamo contemplare nel cuore questo movimento immaginando la scena evangelica di Maria che entra nel tempio con il Bambino in braccio. La Madonna cammina, ma è il Figlio che cammina prima di Lei. Lei lo porta, ma è Lui che porta Lei in questo cammino di Dio che viene a noi affinché noi possiamo andare a Lui.

Gesù ha fatto la nostra stessa strada per indicare a noi il cammino nuovo, cioè la “via nuova e vivente” (cfr Eb 10,20) che è Lui stesso. E per noi, consacrati, questa è l’unica strada che, in concreto e senza alternative, dobbiamo percorrere con gioia e perseveranza.

Il Vangelo insiste ben cinque volte sull’obbedienza di Maria e Giuseppe alla “Legge del Signore” (cfr Lc 2,22. 23. 24. 27. 39). Gesù non è venuto a fare la sua volontà, ma la volontà del Padre; e questo – ha detto – era il suo “cibo” (cfr Gv 4, 34). Così chi segue Gesù si mette nella via dell’obbedienza, imitando l’“accondiscendenza” del Signore; abbassandosi e facendo propria la volontà del Padre, anche fino all’annientamento e all’umiliazione di sé stesso (cfr Fil 2,7-8). Per un religioso, progredire significa abbassarsi nel servizio, cioè fare lo stesso cammino di Gesù, che «non ritenne un privilegio l’essere come Dio» (Fil 2,6). Abbassarsi facendosi servo per servire.

E questa via prende la forma della regola, improntata al carisma del fondatore, senza dimenticare che la regola insostituibile, per tutti, è sempre il Vangelo. Lo Spirito Santo, poi, nella sua creatività infinita, lo traduce anche nelle diverse regole di vita consacrata che nascono tutte dalla sequela Christi, e cioè da questo cammino di abbassarsi servendo.

Attraverso questa “legge” i consacrati possono raggiungere la sapienza, che non è un’attitudine astratta ma è opera e dono dello Spirito Santo. E segno evidente di tale sapienza è la gioia. Sì, la letizia evangelica del religioso è conseguenza del cammino di abbassamento con Gesù… E, quando siamo tristi, ci farà bene domandarci: “Come stiamo vivendo questa dimensione kenotica?”.

Nel racconto della Presentazione di Gesù al Tempio la sapienza è rappresentata dai due anziani, Simeone e Anna: persone docili allo Spirito Santo (lo si nomina 3 volte), guidati da Lui, animati da Lui. Il Signore ha dato loro la sapienza attraverso un lungo cammino nella via dell’obbedienza alla sua legge. Obbedienza che, da una parte, umilia e annienta, però, dall’altra accende e custodisce la speranza, facendoli creativi, perché erano pieni di Spirito Santo. Essi celebrano anche una sorta di liturgia attorno al Bambino che entra nel Tempio: Simeone loda il Signore e Anna “predica” la salvezza (cfr Lc 2,28-32.38). Come nel caso di Maria, anche l’anziano Simeone prende il bambino tra le sue braccia, ma, in realtà, è il bambino che lo afferra e lo conduce. La liturgia dei primi Vespri della Festa odierna lo esprime in modo chiaro e bello: «senex puerum portabat, puer autem senem regebat». Tanto Maria, giovane madre, quanto Simeone, anziano “nonno”, portano il bambino in braccio, ma è il bambino stesso che li conduce entrambi.

È curioso notare che in questa vicenda i creativi non sono i giovani, ma gli anziani. I giovani, come Maria e Giuseppe, seguono la legge del Signore sulla via dell’obbedienza; gli anziani, come Simeone e Anna, vedono nel bambino il compimento della Legge e delle promesse di Dio. E sono capaci di fare festa: sono creativi nella gioia, nella saggezza.

Tuttavia, il Signore trasforma l’obbedienza in sapienza, con l’azione del suo Santo Spirito.

A volte Dio può elargire il dono della sapienza anche a un giovane inesperto, basta che sia disponibile a percorrere la via dell’obbedienza e della docilità allo Spirito. Questa obbedienza e questa docilità non sono un fatto teorico, ma sottostanno alla logica dell’incarnazione del Verbo: docilità e obbedienza a un fondatore, docilità e obbedienza a una regola concreta, docilità e obbedienza a un superiore, docilità e obbedienza alla Chiesa. Si tratta di docilità e obbedienza concrete.

Attraverso il cammino perseverante nell’obbedienza, matura la sapienza personale e comunitaria, e così diventa possibile ancherapportare le regole ai tempi: il vero “aggiornamento”, infatti, è opera della sapienza, forgiata nella docilità e obbedienza.

Il rinvigorimento e il rinnovamento della vita consacrata avvengono attraverso un amore grande alla regola, e anche attraverso la capacità di contemplare e ascoltare gli anziani della Congregazione. Così il “deposito”, il carisma di ogni famiglia religiosa vienecustodito insieme dall’obbedienza e dalla saggezza. E, attraverso questo cammino, siamo preservati dal vivere la nostra consacrazione in maniera light, in maniera disincarnata, come fosse una gnosi, che ridurrebbe la vita religiosa ad una “caricatura”, una caricatura nella quale si attua una sequela senza rinuncia, una preghiera senza incontro, una vita fraterna senza comunione, un’obbedienza senza fiducia e una carità senza trascendenza.

Anche noi, oggi, come Maria e come Simeone, vogliamo prendere in braccio Gesù perché Egli incontri il suo popolo, e certamente lo otterremo soltanto se ci lasciamo afferrare dal mistero di Cristo. Guidiamo il popolo a Gesù lasciandoci a nostra volta guidare da Lui. Questo è ciò che dobbiamo essere: guide guidate.

Il Signore, per intercessione di Maria nostra Madre, di San Giuseppe e dei Santi Simeone e Anna, ci conceda quanto gli abbiamo domandato nell’Orazione di Colletta: di «essere presentati [a Lui] pienamente rinnovati nello spirito». Così sia.









ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 8 febbraio 2015

[Multimedia]


 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di oggi (cfr Mc 1,29-39) ci presenta Gesù che, dopo aver predicato di sabato nella sinagoga, guarisce tanti malati. Predicare e guarire: questa è l’attività principale di Gesù nella sua vita pubblica. Con la predicazione Egli annuncia il Regno di Dio e con le guarigioni dimostra che esso è vicino, che il Regno di Dio è in mezzo a noi.

Entrato nella casa di Simon Pietro, Gesù vede che sua suocera è a letto con la febbre; subito le prende la mano, la guarisce e la fa alzare. Dopo il tramonto, quando, terminato il sabato, la gente può uscire e portargli i malati, risana una moltitudine di persone afflitte da malattie di ogni genere: fisiche, psichiche, spirituali. Venuto sulla terra per annunciare e realizzare la salvezza di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, Gesù mostra una particolare predilezione per coloro che sono feriti nel corpo e nello spirito: i poveri, i peccatori, gli indemoniati, i malati, gli emarginati. Egli così si rivela medico sia delle anime sia dei corpi, buon Samaritano dell’uomo. E’ il vero Salvatore: Gesù salva, Gesù cura, Gesù guarisce.

Tale realtà della guarigione dei malati da parte di Cristo, ci invita a riflettere sul senso e il valore della malattia. A questo ci richiama anche la Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo mercoledì prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes. Benedico le iniziative preparate per questa Giornata, in particolare la Veglia che avrà luogo a Roma la sera del 10 febbraio. Ricordiamo anche il presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute, Mons. Zygmunt Zimowski, che è molto ammalato in Polonia. Una preghiera per lui, per la sua salute, perché è stato lui a preparare questa giornata e lui ci accompagna con la sua sofferenza in questa giornata. Una preghiera per Mons. Zimowski.

L’opera salvifica di Cristo non si esaurisce con la sua persona e nell’arco della sua vita terrena; essa continua mediante la Chiesa, sacramento dell’amore e della tenerezza di Dio per gli uomini. Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù conferisce loro un duplice mandato: annunziare il Vangelo della salvezza e guarire gli infermi (cfr Mt 10,7-8). Fedele a questo insegnamento, la Chiesa ha sempre considerato l’assistenza agli infermi parte integrante della sua missione.

“I poveri e i sofferenti li avrete sempre con voi”, ammonisce Gesù (cfr Mt 26,11), e la Chiesa continuamente li trova sulla sua strada, considerando le persone malate come una via privilegiata per incontrare Cristo, per accoglierlo e per servirlo. Curare un ammalato, accoglierlo, servirlo, è servire Cristo: il malato è la carne di Cristo.

Questo avviene anche nel nostro tempo, quando, nonostante le molteplici acquisizioni della scienza, la sofferenza interiore e fisica delle persone suscita forti interrogativi sul senso della malattia e del dolore e sul perché della morte. Si tratta di domande esistenziali, alle quali l’azione pastorale della Chiesa deve rispondere alla luce della fede, avendo davanti agli occhi il Crocifisso, nel quale appare tutto il mistero salvifico di Dio Padre, che per amore degli uomini non ha risparmiato il proprio Figlio (cfr Rm 8,32). Pertanto, ciascuno di noi è chiamato a portare la luce della Parola di Dio e la forza della grazia a coloro che soffrono e a quanti li assistono, familiari, medici, infermieri, perché il servizio al malato sia compiuto sempre più con umanità, con dedizione generosa, con amore evangelico, con tenerezza. La Chiesa madre, tramite le nostre mani, accarezza le nostre sofferenze e cura le nostre ferite, e lo fa con tenerezza di madre.

Preghiamo Maria, Salute dei malati, affinché ogni persona nella malattia possa sperimentare, grazie alla sollecitudine di chi le sta accanto, la potenza dell’amore di Dio e il conforto della sua tenerezza materna.


Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

oggi, 8 febbraio, memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, la Suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta, le Unioni delle Superiore e dei Superiori Generali degli Istituti religiosi hanno promosso la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. Incoraggio quanti sono impegnati ad aiutare uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere e spesso torturati e mutilati. Auspico che quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuovere le cause di questa vergognosa piaga vergognosa, una piaga indegna di una società civile. Ognuno di noi si senta impegnato ad essere voce di questi nostri fratelli e sorelle, umiliati nella loro dignità. Preghiamo tutti insieme la Madonna, per loro e per i loro familiari. (Ave Maria)

Saluto tutti i pellegrini presenti, le famiglie, i gruppi parrocchiali, le associazioni. In particolare saluto i fedeli di Caravaca de la Cruz (Spagna), di Anagni, Marcon, Quartirolo e Corato; le corali dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, e i ragazzi di Buccinasco, come pure quelli provenienti dalla Lettonia e dal Brasile.

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me.


 



[Modificato da Caterina63 08/02/2015 15:26]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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