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A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (3)

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2015 18:05
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01/06/2015 09:32
 
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IL DIAVOLO FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI   
ecco la lista di chi - A PORTE CHIUSE - TRAMA CONTRO LA CHIESA DI CRISTO.....
facciano pure i loro minestroni, che tanto risulteranno vomitevoli e prima o poi bolliranno soffiati dal fuoco infernale, uscendo dalla pentola....

http://sinodo2015.lanuovabq.it/i-partecipanti-alla-riunione-a-porte-chiuse-alla-gregoriana/  
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partecipanti alla riunione a porte chiuse alla Gregoriana

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Il vaticanista Edward Pentin ha pubblicato sul National Catholic Register la lista dei partecipanti all’incontro che si è svolto a porte chiuse nei locali della Pontificia Università Gregoriana. Si tratta, come già documentato dalla Nuova Bussola Quotidiana (vedi QUI e QUI), dell’incontro promosso da tre conferenze episcopali (tedesca, svizzera e francese) in vista del prossimo sinodo. L’incontro si proponeva di indagare le strade per nuove vie “pastorali” in materia di matrimonio e famiglia. Di seguito l’elenco dei partecipanti pubblicato su NCR:

VESCOVI:

Card. Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale di Germania, Arcivescovo di Monaco-Frisinga

Arcivescovo Georges Pontier, presidente della Conferenza episcopale di Francia, vescovo di Marsiglia

Mons. Markus Büchel, presidente della Conferenza episcopale di Svizzera, Vescovo di St. Gallen

Mons. Franz-Josef Bode, Vescovo di Osnabrück, Germania

Mons. Heiner Koch, Vescovo di Dresden-Meißen, Germania

Mons. Felix Gmür, Vescovo di Basel, Svizzera

Mons. Jean-Marie Lovey, Vescovo di Sitten, Svizzera

Mons. Bruno Ann-Marie Feillet, vescovo di Reims, Francia

Mons. Jean-Luc Brunin, vescovo di Le Havre, Francia

PROFESSORI/SACERDOTI:

P. Hans Langendörfer SJ, segretario generale, Conferenza episcopale di Germania

P. Hans Zollner SJ, professore di psicologia, vice-rettore della Pontificia Università Gregoriana

P. Achim Buckenmaier, professore di teologia dogmatica presso un istituto della Pontifica Università Lateranense; consultore al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione

P. Andreas R. Batlogg SJ, professore di filosofia e teologia, editore della rivista  Stimmen der Zeit

P. Alain Thomasset SJ, professore di teologia morale al Centre Sèvres, France

P. Humberto Miguel Yañez SJ, Pontificia Università Gregoriana

P. Eberhard Schockenhoff, professore di teologia morale presso Albert-Ludwigs-Universität Freiburg, Germania

P. Philippe Bordeyne, professore di teologia, Institut Catholique de Paris

Professor Thomas Söding, professore di teologia biblica presso Ruhr-Universität Bochum, Germania

Professor Werner G. Jeanrond, teologo, Master of St Benet’s Hall, Oxford, England

Professor François Xavier Amherdt, teologo, University of Fribourg, Switzerland

Professor Erwin Dirscherl, teologo dogmatico, University of Regensburg, Germany

Professor Monique Baujard, direttore del Service National Famille et Société della Conferenza episcopale francese

Professor Eva Maria Faber, teologa e rettore del Chur Theological College, Svizzera

Professor Thierry Collaud, teologo, University of Fribourg, Svizzera

Professor Francine Charoy, professore di teologia morale presso Institut Catholique de Paris

Professor Anne-Marie Pelletier, biblista presso European Institute of Science of Religions (IESR)

ALTRI:

Msgr. Markus Graulich SDB, prelato auditore al tribunale della Rota Romana

Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di S. Egidio of Sant’Egidio

MEDIA:

Simon Hehli, giornalista, Neue Zürcher Zeitung

Tilmann Kleinjung, corrispondente TV ARD

Michael Bewerunge, corrispondente TV ZDF

Jörg Bremer, Frankfurter Allgemeine Zeitung, corrispondente dal Vaticano e Italia

Frédéric Mounier, corrispondente quotidiano La Croix, Francia

Marco Ansaldo, giornalista de La Repubblica, Italia

Antoine-Marie Izoard, direttore di, I-Media, Agenzia cattolica francese a Roma

Father Bernd Hagenkord SJ, direttore Radio Vaticana edizioni tedesca




MA MOLTI ALTRI VESCOVI E CARDINALI LAVORANO ALLO SCOPERTO PER LA VERITAS



VESCOVO DI TORINO
L'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia
 

L’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, scende in campo contro il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili. Lo fa con un’intervista concessa al settimanale diocesano di Torino La Voce del Popolo che sarà pubblicata domani. Inaccettabile che si voglia equiparare il matrimonio tra uomo e donna con l’unione gay. 

di Massimo Introvigne

 domenica 31 maggio 2015.

A proposito del referendum irlandese, Nosiglia rileva che sbagliava chi pensava che «il popolo d’Irlanda fosse uno dei più cattolici in Europa». In realtà per l’Irlanda «questa qualifica di “cattolico” non regge alla prova dei fatti». Si deve parlare piuttosto di una «appartenenza debole alla fede cattolica», rispetto a cui sono prevalse «la cultura dell’individualismo e la martellante propaganda dei mass-media, tutti orientati al sì ai matrimoni omosessuali». Ma in fondo, ragiona il presule, lo avevamo già visto in Italia nei vecchi referendum su divorzio e aborto. «Molti, che pure si dichiarano cattolici, hanno ormai acquisito nella loro mentalità e costume di vita una netta separazione tra vita privata e vita pubblica, per cui la sfera dell’appartenenza religiosa è vissuta come una scelta individuale. Si ragiona così: “Io sono cattolico e credo nella famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, ma se un altro la pensa diversamente, è giusto che lo Stato laico gli offra la possibilità di soddisfare i suoi desideri garantendogli uguali diritti”».

Questo ragionamento presentato come di buon senso, è però sbagliato e contrario alla“ragionevolezza” autentica. Infatti, argomenta Nosiglia, «considerare il matrimonio un fatto privato impedisce di coglierne il valore umano, naturale e sociale che esso ha, prima ancora che religioso o conseguente a una scelta dei singoli. In questo modo la vita comune, elemento insostituibile della convivenza sociale, si riduce alla somma di tanti individui separati l’uno dall’altro e autoreferenziali. Il compito dello Stato diventa quello di promulgare leggi che si limitano a riconoscere ogni scelta individuale o di gruppo invece di sostenere soprattutto quelle che contribuiscono a promuovere in modo determinante i valori comuni ritenuti essenziali per la l’intera società». Non si dovrebbe mai dimenticare che «l’attuale forma di matrimonio e di famiglia, mediante la procreazione e l’educazione dei figli che rappresentano il tesoro più prezioso di un Paese, garantisce il suo stesso futuro».

L’Italia deve seguire l’Irlanda? Lo afferma, rileva l’arcivescovo, «una martellante propagandastrumentale che si avvale di ogni circostanza favorevole per cercare di avallare le proprie idee, sottolineando il fatto che ormai sono poche le nazioni occidentali che non hanno ancora attivato una legislazione sui matrimoni omosessuali». L’Italia però ha una Costituzione che all’articolo 29 definisce la famiglia «società naturale fondata sul matrimonio», e che la famiglia di cui parla la carta costituzionale sia quella «uomo, donna e figli» sembra ovvio all’arcivescovo di Torino. Nosiglia non è contrario a che la legge, anche in Italia, ribadisca certi «diritti ritenuti essenziali a garanzia di ogni persona omosessuale e le sue concrete necessità». Ma non è questa, precisa subito, «l’impostazione» del disegno di legge Cirinnà, che «tende a equiparare il matrimonio tra uomo e donna con l’unione omosessuale, a parte il discorso delle adozioni. L’articolo 3 infatti è chiarissimo perché afferma che tutte le leggi e norme che sono presenti nel Codice Civile relative al matrimonio eterosessuale vanno attribuite e applicate anche per l’unione omosessuale. Di fatto dunque solo nominalmente tale unione non viene chiamata matrimonio».

Della Cirinnà al presule non piace neanche il «secondo titolo che riguarda le convivenze che in uncerto senso è addirittura più estensivo del precedente, perché riconosce ai conviventi molti dei diritti propri del matrimonio, senza però chiedere adeguati doveri da assumersi da parte di soggetti che peraltro non hanno scelto di regolare comunque la propria unione. In questo modo si depotenzia del tutto lo stesso matrimonio sia civile che religioso, con gravi conseguenze di allontanare sempre più i giovani da un istituto che è sempre stato e non può non restare un architrave fondamentale della nostra società».

Forse con riferimento anche alle aggressioni contro le Sentinelle in piedi, di cui l’Arcidiocesi di Torinoaveva annunciato la veglia sul proprio sito ufficiale, Nosiglia nota che oggi «chi propugna una visione di matrimonio e famiglia costituzionale e tradizionale viene perfino impedito di dichiararlo con l’accusa di perseguire vie di discriminazione verso chi la pensa diversamente». E ammonisce senza mezzi termini «i politici che dovranno decidere in merito e si riconoscono nei principi cristiani, a mostrarsi coerenti con essi, anche in questa particolare circostanza in cui si richiede coraggio, unità e impegno responsabile». L’arcivescovo raccomanda «alle nostre comunità e a tutte le componenti cattoliche, le famiglie in primo luogo, le associazioni e movimenti laicali, di seguire con attenzione l’evolversi della situazione per conoscere bene quanto sta avvenendo al riguardo in Parlamento, con le molteplici posizioni dei vari senatori e deputati coinvolti». Non si tratta di mere minacce elettorali, ma di una doverosa resistenza «alla cultura e mentalità dominante, che escludono ogni visione di matrimonio e famiglia diversa da quella imposta dalla dittatura dell’individualismo e del “politicamente corretto”».

Questa dittatura non deve però farci paura. «All’inizio del cristianesimo», conclude Nosiglia, «la Chiesa si è trovata di fronte a situazioni molto simili a quella che oggi vengono propagandate come conquiste moderne (in realtà sono molto vecchie perché già ampiamente vissute nel mondo pagano) e le ha affrontate con l’annuncio del Vangelo del matrimonio e con la testimonianza delle coppie cristiane che subivano anche rifiuti e persecuzioni». È quanto i credenti sono chiamati a fare anche oggi.





ma ci sono anche buoni cardinali e vescovi... grazie a Dio, ascoltiamoli! Ascoltiamo loro!


 

La Chiesa come strada per incontrare Cristo oggi, manifestare il Regno di Dio nel mondo, opere di carità con una chiara identità cattolica, riconoscimento dei propri peccati per godere della Misericordia. Così l'arcivescovo di Washington prova a chiarire le idee.

di Lorenzo Bertocchi

Oggi ci chiediamo spesso cosa significhi essere cattolici. La questione se l’è posta anche il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington. Ne è venuta fuori una lettera pastorale, interessante anche di qua dall’Atlantico.

In primis ci ricorda cosa non è la Chiesa. “Non è un negozio, un club, o un gruppo di interesse”, scrive il cardinale, deludendo subito le attese dei tanti che la vedono solo come una lobby qualsiasi. “La Chiesa non è il risultato di persone con idee affini che si uniscono e decidono di formare una organizzazione, né decidono il suo insegnamento per voto popolare o tendenze sociali”.

“La sua struttura gerarchica”, e qui sfida un pregiudizio duro a morire, “procede da Gesù, quando annunciò “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). Nell’Una, Santa, Cattolica e Apostolica, c’è il dono inestimabile dei sette sacramenti, canali di grazia troppo spesso dimenticati e sviliti. “Essere cattolici”, si legge nella lettera, “significa riconoscere il ruolo della Chiesa come il vero strumento creato e dato a noi da Gesù perché la sua opera, compiuta con la sua morte e Resurrezione, possa essere riattualizzata oggi e applicata a noi.”

Essere cattolici non è un fatto privato, ma ci chiama ad andare fuori, “verso le periferie” direbbe il Papa.
Si tratta di edificare il Regno di Cristo, quella regalità sociale di Nostro Signore che non è appannaggio di qualche etichetta, ma un’esigenza cattolica. “Siamo chiamati a manifestare il Regno di Dio”, scrive Wuerl, “non solo dentro le nostre chiese, ma nel mondo, edificando il bene comune. Quando corrispondiamo alla grazia di Dio, stiamo estendendo il regno, siamo nella condizione di essere immagine di Cristo per tutti quelli che incontriamo”.
Tertulliano nella sua opera “Apologeticum” (sec. II) ricorda che i primi cristiani si distinguevano per una carità fuori dal comune: orfani, indigenti, donne, bambini, anziani, malati, tutti erano amati per il semplice fatto di essere persone. Un fuoco che divora, un amore che si mostra nell’azione. Love in action, dicono negli States, e a ben vedere questa è la missione permanente che vuole Papa Francesco per la sua Chiesa in uscita: una carità capace di instaurare il Regno. “La parola di Dio, i sacramenti e le nostre opere di carità”, esorta il cardinale di Washington, “possono trasformare i nostri cuori e ispirarci a cambiare il mondo”. 

Tutto questo richiede però che sia custodita una vera identità cattolica, e per questo il cardinale indica la strada.
“Quando andiamo nelle istituzioni della chiesa - parrocchie, scuole, università, organizzazioni caritative, centri sanitari e altri - questi dovrebbero riflettere una vera e propria identità cattolica, in comunione visibile con la Chiesa sia universale, che locale, e fedeltà alla dottrina cattolica”.
Il problema in effetti c’è, perché capita non di rado che queste istituzioni svolgano la loro azione in aperto contrasto con ciò che la Chiesa propone di credere.
A questo si aggiunga il fatto che molte legislazioni nel mondo rendono sempre più difficile poter svolgere un insegnamento e una opera veramente cristiana, soprattutto in materia bioetica. Per questo il cardinale Wuerl ricorda che “chiediamo e insistiamo sulla libertà di presentare e dimostrare pubblicamente la nostra fede nelle nostre scuole cattoliche e istituzioni basate sulla fede”.

In vista dell’anno giubilare della Misericordia non poteva mancare un riferimento. Innanzitutto ci viene ricordata una verità semplice, semplice. “E’ inevitabile che pecchiamo”, cioè il fatto che abbiamo bisogno del Medico, che non è venuto per i sani, ma per i malati. “Ma i nostri fallimenti morali”, avverte subito Wuerl, “non devono oscurare la nostra fede nella verità degli insegnamenti di Cristo”.
Poi aggiunge un ricordo personale.
“Quando ero un giovane sacerdote nella decade tra il 1960 e il 1970, c'era molta sperimentazione e confusione nella Chiesa. Gli insegnanti e il clero sono stati incoraggiati da alcuni a comunicare l'esperienza dell'amore di Dio, ma senza riferimento al Credo, ai sacramenti, o la tradizione della Chiesa. Non ha funzionato molto bene. I cattolici sono cresciuti con l'impressione che il nostro patrimonio fosse poco più che un sentimento vagamente positivo su Dio”.

“Quegli anni di sperimentazione”, chiude Wuerl, “hanno lasciato molti spiritualmente e intellettualmente deboli, e incapaci di resistere allo tsunami di laicità che si è verificato negli ultimi decenni. Abbiamo perso molte persone, perché non siamo riusciti a insegnare sul bene e il male, il bene comune, la natura della persona umana. Questo ha lasciato molti senza la possibilità di ammettere che siamo peccatori, che abbiamo bisogno di Gesù, perché molti non sanno più che cosa è il peccato”. E non ci può essere misericordia senza riconoscere il proprio peccato.





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Gli attacchi alla famiglia e il suicidio dell’umanità

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Deciso intervento del Vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi a difesa del matrimonio e della famiglia nell’omelia a Monte Grisa di domenica 31 maggio. I governi non possono negare ai bambini il diritto di crescere con una mamma e un papà..

Notevole intervento dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi pronunciato domenica scorsa 31 maggio al santuario mariano di Monte Grisa (Trieste). Il Vescovo ha celebrato l’Eucarestia e guidato la recita del Santo Rosario in occasione della chiusura del Mese di Maggio e della conclusione della Peregrinatio Mariae. Quest’ultima è consistita nella preregrinazione nei decanati diocesani e nelle parrocchie della statua lignea della Madonna della Salute conservata nel santuario triestino di Santa Maria Maggiore.

Durante l’omelia della Santa Messa, l’Arcivescovo ha parlato anche dalla difesa della famiglia che – così ha detto – «rappresenta una ineludibile frontiera per progettare il futuro dell’umanità». Il vescovo ha ben presente «gli attacchi al matrimonio come unione di un uomo e una donna», ma ha detto che essi «rappresentano una sorta di suicidio dell’umanità». Il Vescovo ha riparlato di “natura”, escludendo che il matrimonio tra un uomo e una donna «sia soltanto un prodotto culturale o sociale, un “dono” di un governo o la costruzione dell’uomo».

Lo Stato, forte magari di maggioranze parlamentari, vuole oggi sovvertire la responsabilità dei genitori nella educazione dei figli e il diritto dei figli di avere una mamma e un papà. A questo proposito l’Arcivescovo ha ricordato che nella fede cristiana l’elemento naturale del matrimonio e della famiglia non è negato, ma elevato a sacramento per cui l’indissolubilità è «qualcosa a cui credere, un dono da coltivare».

Le decise parole dell’Arcivescovo sono state indirizzare a tutti i fedeli. Non è però fuori luogo fare riferimento anche alle recenti prese di posizione del Sindaco di Trieste Cosolini di registrare due matrimoni omosessuali contratti all’estero. A questo riguardo le parole del Vescovo suonano di chiaro rifiuto. Non è nemmeno fuori luogo riferirsi ai politici cattolici triestini che, nonostante questi insegnamenti, appoggiamo simili politiche anti familiari.

Riportiamo qui sotto il testo integrale del passaggio dell’omelia:

 

«Carissimi fratelli e sorelle, in questa devota celebrazione conclusiva della Peregrinatio Mariae vogliamo pregare la Madonna per la famiglia.
Al giorno d’oggi, la difesa della famiglia e dell’unione coniugale rappresenta una ineludibile frontiera per progettare il futuro dell’umanità, perché gli attacchi al matrimonio come unione di un uomo e una donna rappresentano una sorta di suicidio dell’umanità stessa, soprattutto nei nostri paesi occidentali.
Dal punto di vista cristiano è erroneo affermare che la relazione fondamentale tra uomo e donna sia soltanto un prodotto culturale o sociale, un “dono” di un governo o la costruzione dell’uomo. Anche i bambini non sono un prodotto della società o dello stato.
I governi non possono soppiantare la primordiale responsabilità dei genitori per i loro figli, né possono negare ai bambini il diritto di crescere con una mamma e un papà.
In Cristo lo stato naturale del matrimonio, il naturale legame tra un uomo e una donna uniti in matrimonio, è elevato a sacramento, a segno e strumento della Sua grazia e della Sua stessa relazione con la Chiesa. Questa grazia è azione di misericordia, è il sigillo del vincolo coniugale. Qualcosa a cui credere, un dono da coltivare.
L’indissolubilità è grazia e non un problema per il quale è necessario trovare eccezioni».


 



[Modificato da Caterina63 06/06/2015 10:51]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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