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Ultimo Aggiornamento: 23/11/2015 00:32
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15/06/2015 21:06
 
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sabato 13 giugno 2015

Benedetto XVI allo scrittore iracheno musulmano Younis Tawfik : «Allora lo dica ai suoi»

 
By Tempi.it --
Sul numero di maggio della rivista Tracce, mensile di Comunione e Liberazione, è stata pubblicata un’intervista [qui] allo scrittore iracheno musulmano Younis Tawfik. Tawfik, che ama la Divina Commedia dantesca e che ha fondato a Torino un centro culturale italo-arabo, si è segnalato più volte per interventi di buon senso sulle questioni islamiche e sulla persecuzione dei cristiani.

In luglio ad esempio, in un’intervista alla Radio Vaticana, affermò che «i cristiani di Mosul hanno più diritto di noi alle loro case, sono arrivati prima dell’islam». Nell’intervista a Tracce, oltre a ripetere molte di queste sue riflessioni, racconta anche un aneddoto risalente a qualche anno fa e che qui riproponiamo.
« Il 12 settembre 2006 nel suo discorso all’Università di Regensburg Benedetto XVI aveva indicato nella distorsione del rapporto tra fede e ragione la causa di tanti guai con cui il mondo islamico continua a misurarsi: «Non agire secondo ragione è contro la natura di Dio».
Pochi giorni dopo, Tawfik viene ricevuto dal Papa a Castelgandolfo insieme ai membri della Consulta dell’islam in Italia.
«Al termine dell’incontro mi feci avanti per stringergli la mano e gli dissi: “Grazie per averci ricordato Averroè e la sua coraggiosa lotta per riconciliare fede e ragione”.
Lui mi fissò negli occhi e con un sorriso mi disse: “Allora lo dica ai suoi”.
Abbiamo bisogno di gente che ci ricordi questo, se vogliamo che l’Iraq e il Medioriente non tradiscano la loro vocazione. E io prego Dio perché Ninive torni a essere la valle della convivenza ».






 


Un sacerdote risponde
http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=4196 

Quanto i nostri morti possono sapere di noi e se possiamo appellarci all'intercessione di quelli che pensiamo essere in Paradiso

Quesito

Caro Padre Angelo
torno a scriverle per porle un paio di domande.
Quando preghiamo per i nostri defunti o ci rivolgiamo a loro per avere un aiuto presso Dio, loro quanto conoscono della nostra vita e della nostra anima (sia che essi siano in paradiso che in purgatorio)?
Di nessun defunto (eccetto i santi canonizzati) possiamo avere la certezza che sia in paradiso, ma per alcuni abbiamo dei segni che ce lo fanno fortemente sperare: ad esempio la fedeltà alla recita del rosario o malattie e sofferenze accettate cristianamente, l'aver ricevuto l'estrema unzione. Un'anziana signora che viveva vicino casa quando ero piccola e un sacerdote mio confessore rientrano questi casi. Per loro ho provato tanto affetto e ne provo tuttora.
Sbaglio se mi rivolgo a loro credendoli già in paradiso?
Grazie per il tempo che dedicherà nel rispondermi, grazie per il prezioso servizio che fornisce a tutti noi attraverso la sua rubrica e le moltissime risposte private.
Prego perché Maria l'accompagni e benedica sempre il suo apostolato.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. mi chiedi quanto sappiano di noi i nostri morti che si trovano in paradiso o in purgatorio.
Ebbene, va ricordato che quelli che si trovano di là ci possono vedere solo per mezzo di Dio.
Allora. se si trovano in Paradiso vedono nella mente di Dio e ci vedono anche nelle nostre necessità. 
Per questo potrei dire che i santi del Paradiso sanno tutto di noi.
Se si trovano in Purgatorio non possono vedere nella mente di Dio perché non godono ancora della visione.
 Tuttavia nulla vieta che Dio faccia conoscere loro qualche cosa della nostra vita e delle nostre necessità. Questa conoscenza può favorire la loro purificazione e nello stesso tempo può ottenerci il soccorso della loro intercessione perché i meriti che hanno acquisito nella vita terrena stanno tutti davanti a Dio in atteggiamento di intercessione.
Quelli che si trovano all’inferno non possono avere alcuna visione se non per provarne tormento: nel senso che possono vedere la conversione di quelli che si sono trovati nelle loro condizioni e hanno accolto la grazia di Dio, mentre essi tacitamente con le loro opzioni hanno preferito essere tormentati dai demoni e dalla loro cattiva coscienza.

2. Per la seconda domanda dici bene che non possiamo essere certi della presenza di alcuni in Paradiso se non per la loro canonizzazione. 
Tuttavia per molti abbiamo dei segni della loro salvezza eterna.
Erano i medesimi segni che avevano le persone nei confronti dei santi appena morti e non ancora canonizzati.
I sentimenti comuni della gente quando è morto papa Giovanni o quando è morto Giovanni Paolo II o Madre Teresa di Calcutta si sono rivelati giusti perché erano ben fondati.
La stessa cosa succede con molti altri che non giungeranno mai alla canonizzazione perché nessuno vi pensa o non la si ritiene necessaria.
E chissà quanti in Cielo si troveranno con una gloria ancora più grande di quelli che sono stati canonizzati.
Pertanto non è sbagliato chiedere grazie per la loro intercessione.

3. Sappiamo con certezza che si trovano in Paradiso anche i bambini morti col Battesimo sicché possiamo affidarci alla loro intercessione
Santa Teresina del Bambin Gesù ricorda i quattro fratellini morti in tenera età. Era certa che fossero in Paradiso.
In un momento particolarmente angoscioso della sua vita si appella al loro aiuto e subito lo riceve. 
Ecco quanto scrive: “Quando Maria (la sorella maggiore che le faceva da mamma dopo essere rimasta orfana di madre all’età di tre anni, n.d.r.) entrò nel Carmelo ero ancora molto scrupolosa. Non potendo più confidarmi con lei, guardai verso il Cielo. Mi rivolsi ai quattro angeli che mi avevano preceduta lassù, perché pensavo che quelle anime innocenti non avendo mai conosciuto turbamenti né timori, dovevano aver pietà della loro sorellina la quale soffriva sulla terra. Parlai loro con semplicità di bambina, feci notare che, essendo l'ultima della famiglia, ero stata sempre la più amata, la più colmata di tenerezza da parte delle sorelle; che se fossero rimasti essi sulla terra, mi avrebbero certamente dato altrettante prove di affetto... La loro partenza per il Cielo non mi pareva una buona ragione per dimenticarmi, anzi, trovandosi essi a potere attingere dai tesori divini, dovevano prendere per me la pace, e dimostrarmi così che in Cielo si sa ancora amare
La risposta non si fece attendere, ben presto la pace inondò l'anima mia con le sue acque deliziose, e capii che, se ero amata sulla terra, lo ero anche nel Cielo... Da quel momento in poi la devozione crebbe verso i miei fratellini e sorelline, e mi piace di conversare spesso con loro parlando delle tristezze di questo esilio... del desiderio di raggiungerli presto nella Patria celeste!” (Storia di un’anima, 131). 

4. Mi pare di poter dire che neanche tu ti sbagli a chiedere grazie alle persone di cui hai la persuasione che si trovino in paradiso.
Tuttavia non far mancare loro il tuo suffragio. Se questo suffragio non giovasse più a loro, senz’altro però giova a te per aprire un varco e ricevere le grazie che essi ti vogliono donare.

Ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo




PREGHIERA A SANTA CATERINA DA SIENA PER L'ITALIA

 
PREGHIERA A SANTA CATERINA DA SIENA PER L'ITALIA
(Testo di Pio XII)
O Caterina santa, giglio di verginità e rosa di carità che ornasti il giardino domenicano, eroina di cristiano zelo che fosti eletta al pari di Francesco singolare Patrona d'Italia, a Te noi fiduciosi ricorriamo, invocando la tua potente protezione sopra di noi e sopra tutta la Chiesa di Cristo, tuo diletto, nel cui Cuore bevesti inesauribile fonte di ogni grazia e di ogni pace per Te e per il mondo.
Da quel Cuore divino tu derivasti l'acqua viva di virtù e concordia nelle famiglie, di onesto tratto nella gioventù, di riunione fra i popoli discordi, di rinnovazione del costume pubblico e dell'amore fraterno, compassionevole e benefico verso gl'infelici e i sofferenti, e insegnasti con l'esempio tuo a congiungere l'unione di Cristo con l'amore di Patria.
Se ami l'Italia e il popolo a Te affidato, se la pietà verso di noi ti muove, se ti è cara la tomba in cui Roma venera e onora la tua spoglia verginale, allora, rivolgi benigna il tuo sguardo e il tuo favore sulla nostra pena e sulla nostra preghiera e compi i nostri voti! Difendi, soccorri e conforta la tua Patria e il mondo!
Sotto il tuo presidio e tutela siano i figli e le figlie d'Italia, i nostri cuori e le anime nostre, i nostri travagli e le nostre speranze, la nostra fede e il nostro amore: quell'amore e quella fede che furono la tua vita e ti fecero immagine di Cristo crocifisso nello zelo intrepido per la Sposa di lui, la santa Chiesa. Amen.

Pater - 3 Ave - 5 Gloria

 



ECUADOR/ IL CASO
 

Nella sua visita in Ecuador, papa Francesco ha elencato i santi e i beati nazionali ecuadoregni, ma ha tralasciato, ad avviso di chi scrive, una figura importante. Si tratta di Gabriel Garcìa Moreno (1821-1875), che fu presidente della repubblica ecuadoriana per ben due volte, dal 1861 al 1865 e dal 1869 fino alla morte.  

di Rino Cammilleri
Gabriel Garcìa Moreno, presidente dell'Ecuador per due volte

Nella sua visita in Ecuador Sua Santità Francesco ha elencato i santi e i beati nazionali ecuadoregni ma ha tralasciato, ad avviso di chi scrive, una figura importante, un personaggio che vanta addirittura una sua statua a Roma, nel Collegio Ispanico. Si tratta di Gabriel Garcìa Moreno (1821-1875), che fu presidente della Repubblica ecuadoriana per ben due volte, dal 1861 al 1865 e dal 1869 fino alla morte. Certo, si tratta di un laico e non ancora Beato (anche se la sua causa presso la Congregazione  dei Santi è aperta). Il Pontefice ha preferito nominare Marianna De Jesùs, Miguel Febres, Narcisa de Jesùs e Mercedes de Jesùs Molina, tutti religiosi e tutti canonizzati o beatificati. Insomma, forse una scelta precisa, quella di Francesco, nel quadro di un discorso pastorale mirato. 

Allora lo ricordiamo qui, quel presidente. Sì, perché non si tratta di un presidente qualsiasi, bensì dell’unico che sia riuscito a introdurre come Preambolo nella Costituzione del suo Paese l’Atto di Consacrazione al Sacro Cuore  di Gesù. Quando, nel 1985, san Giovanni Paolo II visitò l’Ecuador e rinnovò quella Consacrazione, la formula usata da Wojtyla fu proprio quella del 25 marzo 1874, pronunziata a suo tempo dall’allora arcivescovo di Quito, monsignor José Ignacio Checa. Ve l’immaginate, nel secolo delle rivoluzioni liberali, una Repubblica Democratica col Sacro Cuore campeggiante nella Costituzione? Intollerabile per i “lumi” e i “patrioti” di tutto il mondo conosciuto. Infatti, Moreno venne assassinato il 6 agosto dell’anno seguente, a pugnalate, mentre usciva dalla messa nella cattedrale (messa cui usava assistere ogni mattina all’alba prima di andare al lavoro). L’arcivescovo Checa lo seguì due anni dopo, ingerendo nel Venerdì Santo un’ostia consacrata che qualcuno aveva provveduto ad avvelenare. 

Moreno, avvocato, giornalista e politico, apparteneva a un’illustre famiglia e aveva viaggiato in Europa, dove aveva studiato le lingue e i sistemi politici. In patria, una volta eletto, aveva intrapreso con successo una vasta campagna di modernizzazione e moralizzazione economica. Con lui l’Ecuador era diventato in breve tempo uno dei Paesi più prosperi del Sudamerica: strade, ferrovie, scuole, ospedali. L’osservatorio astronomico di Quito divenne uno dei più importanti del mondo, l’esercito fu addestrato da istruttori prussiani, il voto fu esteso agli indios, i salari aumentati e le tasse ridotte. Ma i Lumi, come si è detto, non potevano sopportare che il boom del Paese fosse dovuto a un Presidente che aveva –orrore!- richiamato i gesuiti (regolarmente cacciati da chi l’aveva preceduto) e affidato loro le scuole superiori, che portava personalmente la Croce nelle processioni solenni (e pure paludato con le insegne della sua carica), che aveva –unico al mondo- protestato ufficialmente per l’invasione piemontese di Roma e, per giunta, inviato al b. Pio IX un risarcimento simbolico in denaro. La goccia che fece traboccare il vaso liberale fu, lo abbiamo visto, la Consacrazione al Sacro Cuore diventata –horribile dictu!- Preambolo della Costituzione. 

I liberali di quel secolo andavano per le spicce, alla mazziniana, e Moreno fece la fine di Pellegrino Rossi (il ministro delle finanze di Pio IX, assassinato sulle scale della cancelleria nel 1848). Però aveva dimostrato che un politico cattolico (di fatto, non di solo battesimo come quelli nostri attuali) poteva battere tutti per quanto riguardava buona politica e traguardi economici. Scomparso lui, l’Ecuador tornò alle sue guerre civili, colpi di Stato e miseria. Moreno era la confutazione vivente delle fandonie laiciste sull’”oscurantismo” e l’”arretratezza” di una Nazione che esalta le sue radici cattoliche e, anzi, se ne vanta. Una testimonianza concreta, infatti, vale più di ogni proselitismo. Come non si stanca di ripetere papa Francesco. 








[Modificato da Caterina63 10/07/2015 15:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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