È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

23 settembre dedicato a San Padre Pio da Pietrelcina

Ultimo Aggiornamento: 11/03/2016 22:54
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
21/01/2016 19:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

  Padre Pio nel mangiare... e nel bere
dal Numero 12 del 22 marzo 2015
 

Mangiava pochissimo. Un pomeriggio Padre Pio era nel corridoio del convento col nipote Mario. Questi aveva attorno a sé i suoi figlioletti che il Padre guardava teneramente.

Puntando il dito su uno di essi, scherzosamente il papà lo accusava: «Zio, questo è un mangione».
«Perché?», chiese Padre Pio. «Oggi si è mangiato un filone di pane lungo e grosso così», spiegò Mario.
Padre Pio sorrise. Poi domandò: «Quanto pesava?». «Certamente mezzo chilo», rispose il nipote.
Il Padre rimase un po’ a pensare, poi disse: «In quarant’anni [Padre Pio ne aveva oltre sessanta], io non sono riuscito a mangiare nemmeno la metà di quel filone di pane».

Io mi trovavo a fianco a Mario; ci guardammo e sembravamo dirci l’un l’altro: “Ma come fa a vivere senza mangiare?”.

Negli anni Cinquanta riuscii a portare una cassetta di uva bianca, grossa e profumata. Era uva da terra promessa.

Entrai nella cella del Padre il quale, vedendomi con la cassetta, mi chiese: «Che è?». «Padre – dissi –, vi ho portato quest’uva», e mi inginocchiai davanti. Egli la guardò: «è davvero bella!», esclamò.
«Assaggiatela!» ripresi e, subito, staccai un bell’acino da un grosso grappolo: pensavo fargli cosa gradita porgendogli l’acino più biondo e grosso.

«Che fai?», disse, fermandomi la mano: «Figlio mio, tu così mi fai fare colazione, pranzo e cena. Dammi l’acino più piccolo!».
Io ne scelsi, invece, uno meno grosso, ma lui, girando più volte la mano sui grappoli d’uva e trovandone finalmente uno piccolo piccolo, lo staccò, se lo portò alla bocca e, con fatica, lo masticò per diverso tempo.

Un pomeriggio d’agosto andai solo sulla veranda in attesa dell’arrivo del Padre dove, solitamente, s’intratteneva con noi.
Dietro la colonna di cemento lo trovai mentre beveva una bottiglietta d’aranciata.
Continuando a berla tutta d’un fiato, girò gli occhi e mi vide. Pensavo: “Come la sta gustando! Evidentemente avrà tanta sete”.

Senza scomporsi per niente, egli rimise il vuoto nella cassetta, mi guardò e mi disse: «Bevi». Io presi una bottiglia, l’aprii e cominciai a bere: era disgustosa, calda e imbevibile.
«Com’è cattiva!», dissi con candida schiettezza. «Bevi e statti zitto!», mi rispose.
La cassetta d’aranciata, infatti, lasciata nella veranda sotto il sole d’agosto sin dal mattino, fu portata da un frate cappuccino per offrirla a Padre Pio e a tutti i presenti, in occasione della sua prima Messa solenne.

Pierino Galeone,
Padre Pio. Mio Padre,
pp. 46-47

________________________________________________________________

  Da Padre Pio per la prima volta
dal Numero 3 del 17 gennaio 2016

 

Erano tredici anni che desideravo di vedere e parlare con Padre Pio. Mi si offrì l’occasione di portarmi a San Giovanni Rotondo nel passaggio per una predicazione a Lecce. Vi giunsi la sera del 12 giugno 1935.
Incontrai Padre Pio in cima alle scale del Convento. Il fratello che mi accompagnava, mi disse: «Ecco Padre Pio!». Era fra due signori, che egli accompagnava nel giardino.

Io lo guardo e poi faccio l’atto di baciargli la mano, ma egli alza subito in alto tutte e due le braccia e aspetta che anch’io faccia lo stesso per l’abbraccio fraterno.
Poi mi dice: «Benvenuto!».
Ed io: «Padre, ho delle lettere da consegnarLe». 
«Va bene – risponde –; ora vado giù con questi signori e poi torno subito, tanto del tempo ce n’è per parlare».

Dopo essermi presentato al Guardiano, tutto affaccendato per la visita del Padre Generale, mi affaccio alla finestra che dà nell’orto e vedo Padre Pio, che con le mani dietro alla schiena, passeggia fra quei due signori, ascoltando i loro discorsi sulla guerra d’Abissinia e dell’ostacolo inglese.
Dopo pochi minuti mi trovo faccia a faccia con Padre Pio nel dormitorio.
«Vieni» mi dice, e mi porta in cella sua.

Gli consegno le lettere, una delle quali del Molto Reverendo Padre Epifanio da San Marcello. 
«Devi dire a Padre Epifanio che io lo ricordo con amore». E lo disse sorridendo e con accento di grande sincerità. Intanto gli dico che sono di passaggio e debbo andare a Lecce a predicare. 
«A Lecce? Allora porterai i miei saluti al Vescovo. Monsignor Costa. È un Vescovo per bene. Ed ora, eccomi a tua disposizione, ma non hai scelto un tempo molto propizio».

Gli dissi che lì per lì non mi sentivo disposto per una conferenza spirituale e che avrei preferito il giorno dopo, ovvero mi dicesse lui il momento più opportuno.

«Per me è lo stesso – rispose –, ma non posso assegnare nemmeno un momento, perché domani ci sarà grande confusione e molto lavoro per la venuta del Padre Generale».
Uscimmo di cella e si interessò se mi avevano assegnata una stanza.

Intanto viene l’ora del Santo Rosario. Vado in Coro e mi metto in posizione da poterlo bene osservare.
Il Rosario lo dice lui e la gente di chiesa risponde. Lo dice con calma, con unzione, spiccando bene ogni parola. La sua voce è ben timbrata, pastosa, e tutto l’insieme spontaneo e naturale. 
Dopo la disciplina comune (atto penitenziale proprio delle comunità cappuccine), noi andiamo a cena e lui resta a pregare in Coro.

Padre Pio non fa colazione e non cena mai. Solo a pranzo mangia qualcosa, forse un quinto di quello che mangia un uomo normale. Beve il quartuccio della sua boccetta di vino e, se la carità lo passa, anche un bicchiere in più che non sia dolce.

Dopo cena mi chiama in cella sua. Non ricordo come si incominciò a parlare del gran male che c’è nel mondo. Io cercai di fare una pittura assai caricata. Padre Pio mi dice che il mondo è meglio di prima. In questo si appella alla Storia e posso dire che egli ragiona a puntino. Io lo contraddico più per il piacere di sentirlo parlare, che per sostenere una discussione a fondo. 

Osserva: «È vero che prima i costumi erano forse peggiori di oggi, ma c’era la fede; oggi mancano fede e costumi». «Bene – riprende Padre Pio –, se prima avevano la fede, dunque erano più responsabili davanti a Dio, perché sapevano di fare il male. E questo non potrai negarlo tu che sei stato alla Gregoriana». 
E sorrise con tale grazia che mi fece vedere allo stesso tempo la punzecchiata e l’addolcimento di essa, tanto che mi misi a ridere a più non posso. 

Padre Giovanni da Baggio, 
Padre Pio visto dall’interno,
pp. 13-15


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
12/02/2016 15:16
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


  COSÌ MORÌ PADRE PIO DA PIETRELCINA

Nella "Cronistoria del convento di San Giovanni Rotondo" leggiamo:

«22 Settembre – Convegno “Gruppi di Preghiera”

Nella storia del convento di San Giovanni Rotondo poche giornate possono essere paragonate a quella che oggi è stata vissuta e che rimarrà storica nel ricordo di tutti. È stata una giornata più unica che rara, densa di emozioni, piena di attività, che si è svolta nel seguente ordine:

Ore 5 – Messa solenne di Padre Pio.
Padre Pio desiderava celebrare la messa piana come tutte le mattine; ma il padre guardiano gli ha dovuto fare dolce violenza per fargli celebrare la messa solenne in canto, per i Gruppi di preghiera radunati a convegno. Padre Pio ha ubbidito. Quando è stata aperta la chiesa, una marea di gente ha letteralmente invaso le tre navate inferiori ed anche i matronei: non vi era un solo angoletto libero, anzi moltissima gente è rimasta fuori sul sagrato.
Padre Pio, con passo stanco e pesante, assistito da padre Pellegrino da Sant’Elia a Pianisi, è sceso in sacrestia e, dopo la consueta preparazione, ha indossato i paramenti sacri: indi, accompagnato dal padre Onorato da San Giovanni Rotondo e dal padre Valentino da San Giovanni Rotondo (diacono e suddiacono), si è avviato all’altare per la celebrazione della S. Messa.

La folla sembrava delirare per la gioia di vederlo e di festeggiarlo, e si è dovuto penare non poco per ottenere silenzio e ordine. La schola cantorum femminile, sotto la direzione del padre guardiano, ha eseguito la “Missa Jucunda” di F. Vittadini, a tre voci, con altri brani di scelta musica liturgica.La Messa si è svolta con la consueta solennità e devozione; alla fine scroscianti ed interminabili applausi con grida sincere "Viva Padre Pio! Auguri, Padre!" hanno salutato il Padre prima che rientrasse in sacrestia.
Però, nell’alzarsi dalla poltrona e prima di scendere i gradini dell’altare rivolto al popolo, Padre Pio ha barcollato e si è ripiegato su se stesso, quasi per cadere. Gli assistenti e soprattutto fra Guglielmo Bill, accorso prontamente, lo hanno sostenuto di peso e lo hanno adagiato sulla sedia a rotelle, riaccompagnandolo in sacrestia.

Il Padre, pallido e sbiancato in viso, come assente e smarrito, ha benedetto la folla accalcatasi alla balaustra laterale, ripetendo affettuosamente ed affannosamente: "Figli miei, figli miei". Dopo il ringraziamento, si è avviato per le confessioni delle donne, passando tra la folla degli uomini e dei sacerdoti in sacrestia, ma è dovuto tornare indietro, risalendo in camera con l’ascensore. Padre Pio non sembrava più lui: bianco nel viso, tremante e stremato di forze, con le mani fredde, fissava tutti con lo sguardo quasi assente e lontano da tutto quello che gli avveniva intorno. E così ha continuato per tutta la giornata…».
Passando a descrivere la morte di Padre Pio, il cronista trascrive la testimonianza del padre Pellegrino Funicelli, la quale dice così: «Poco dopo le ore 21 del giorno 22 settembre 1968, quando il padre Mariano si era allontanato dalla cella n. 4 ed io vi ero entrato, Padre Pio per mezzo del citofono mi chiamò nella sua stanza: era a letto, coricato sul fianco destro. Mi domandò soltanto l’ora segnata dalla sveglia posta sul suo comodino. Dai suoi occhi arrossati asciugai qualche piccola lacrima e ritornai nella stanza n. 4 per mettermi in ascolto presso il citofono sempre acceso.

Il Padre mi chiamò ancora per altre cinque sei volte fino alla mezzanotte: ed aveva sempre gli occhi rossi di pianto, ma di un pianto dolce, sereno. A mezzanotte, come un bambino pauroso mi supplicò: ”Resta con me, figlio mio” e cominciò a chiedermi con molta frequenza l’orario. Mi guardava con occhi pieni di implorazione, stringendomi fortemente le mani. Poi, come se si fosse dimenticato dell’orario richiestomi in continuazione, mi domandò: “Uagliò, a’ ditte a messe?”. Risposi sorridendo: “Padre spirituale, è troppo presto adesso per la messa”. Ed Egli replicò: “Beh, stamattina la dirai per me”. Ed io: “Ma ogni mattina la dico secondo le sue intenzioni”.
Successivamente volle confessarsi e, terminata la sua sacramentale confessione, disse: “Figlio mio, se oggi il Signore mi chiama, chiedi perdono per me ai confratelli di tutti i fastidi che ho dato; e chiedi ai confratelli e ai figli spirituali una preghiera per l’anima mia”.
Risposi: “Padre spirituale, io sono sicuro che il Signore la farà vivere ancora a lungo; ma, se dovesse aver ragione lei, posso chiederle un’ultima benedizione per i confratelli, per tutti i suoi figli spirituali e i suoi ammalati?”. E lui: “Sì che benedico tutti; chiedi anzi al superiore che dia lui per me questa ultima benedizione”. “E a Pio, Ettoruccio e famiglia e a Suor Pia cosa dico?”. “Essi sanno quanto li ho amati”, mi ha risposto scoppiando in lacrime, “li benedico tutti, li benedico tutti”. Infine mi ha chiesto di rinnovare l’atto della professione religiosa…

Era l’una quando mi ha chiesto: “Senti, figlio mio, io qui a letto non respiro bene. Lasciami alzare. Sulla sedia respirerò meglio”. L’una, le due, le tre erano di solito gli orari in cui soleva alzarsi per prepararsi alla Santa Messa, e prima di sedersi sulla poltrona, soleva fare quattro passi nel corridoio. Quella notte notai, con mia grande meraviglia, che camminava diritto e spedito come un giovane, tanto che non vi era bisogno di sostenerlo.
Giunto sull’uscio della sua cella disse: “Andiamo un po’ sul terrazzino”. Lo seguii, tenendogli la mano sotto il braccio; egli stesso accese la luce e, arrivato vicino alla poltrona, si sedette e guardò in giro per il terrazzino curiosando: sembrava che con gli occhi cercasse qualcosa. Dopo cinque minuti volle tornare nella cella. Cercai di sollevarlo, ma mi disse: “Non ce la faccio”. Infatti si era appesantito. “Padre spirituale, non si preoccupi”, gli dissi incoraggiandolo e prendendo subito la sedia a rotelle che era a due passi. Per le ascelle lo sollevai dalla poltrona e lo posi a sedere sulla sedia. Egli stesso sollevò i piedi da terra e li poggiò sul predellino.

Nella cella, quando l’ebbi adagiato sulla poltrona, egli, indicandomi con la mano sinistra e con lo sguardo la sedia a rotelle, mi disse: “Portala fuori”. Rientrato nella cella, notai che il Padre incominciava a impallidire. Sulla fronte aveva un sudore freddo: mi spaventai, però, quando vidi che le sue labbra cominciavano a diventare livide e ripeteva continuamente: “Gesù, Maria”, con voce sempre più debole. Mi mossi per andare a chiamare un confratello, ma egli mi fermò dicendo: “Non svegliare nessuno”. Io mi avviai ugualmente e correndo mi ero allontanato di pochi passi dalla sua cella, quando mi richiamò ancora. Ed io, pensando che mi richiamasse per dirmi la stessa cosa, tornai indietro. Ma quando mi sentii ripetere: “Non svegliare nessuno” gli risposi con atto di implorazione: “Padre spirituale, adesso mi lasci fare”. E di corsa mi avviai verso la cella di padre Mariano; ma, vedendo aperto l’uscio di fra Giuglielmo, entrai, accesi la luce e lo scossi: “Padre Pio sta male”.

In un momento fra Guglielmo raggiunse la cella del Padre ed io corsi a telefonare al dottor Sala. Questi giunse dopo dieci minuti circa ed appena vide il Padre preparò l’occorrente per fargli un’iniezione. Quando tutto fu pronto, fra Guglielmo ed io cercammo di sollevarlo, ma, non riuscendovi, dovemmo adagiarlo sul letto. Il dottore fece la iniezione e poi ci aiutò a adagiarlo sulla poltrona, mentre il Padre ripeteva con voce sempre più fievole e con il movimento delle labbra sempre più impercettibile: “Gesù, Maria”.

Chiamati da me, sono arrivati subito il padre guardiano, il padre Mariano ed altri confratelli; mentre, chiamati telefonicamente dal dottor Sala, cominciavano ad arrivare l’uno dopo l’altro Mario Pennelli, nipote di Padre Pio, il direttore sanitario della Casa Sollievo dottor Gusso e il dottor Giovanni Scarale.

Mentre i medici davano l’ossigeno prima con la cannula e poi con la maschera, il padre Paolo da San Giovanni Rotondo amministrava al Padre spirituale il sacramento degli infermi e gli altri confratelli, inginocchiati all’intorno, pregavano. Alle 2, 30 circa… dolcemente chinò la testa sul petto: era spirato.
In fede
San Giovanni Rotondo, 29.9.1968
f.to Padre Pellegrino».

[P. Gerardo Di Flumeri, "La morte di S. Francesco e la morte di Padre Pio" (1/2), in «Voce di Padre Pio» 10/11 (2008)]





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
11/03/2016 22:54
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

<header id="masthead" class="site-header">

</header>





<header class="entry-header">

Padre Pio, grande predicatore e catechista



</header>

Nel 1959 venne alla luce un Padre Pio inedito: il predicatore e il catechista.


Dal maggio all’ottobre 1959, durante il pellegrinaggio della Madonnina di Fatima in Italia, Padre Pio si così ammalò gravemente che non poteva dire la Santa Messa né confessare. Così dalla sua celletta inviava, attraverso un microfono, ai pellegrini che arrivavano a San Giovanni Rotondo, la sua benedizione accompagnata da alcuni brevi pensieri. Venne così alla luce un aspetto inedito di Padre Pio: le sue straordinarie doti di predicatore e di catechista. Ecco qualche esempio.




Il nostro ultimo fine


«Non mettiamo mai in dimenticanza il nostro ultimo fine. E qual è? Conoscere Dio. L’abbiamo conosciuto per grazia sua attraverso il battesimo con il quale il Signore Iddio ha prevenuto i nostri giorni e i nostri anni. Quindi cerchiamo di non dimenticare mai quest’ultimo fine perché da qui dipende tutto».


Egli è la via


«Seguiamo Gesù. Egli stesso ha detto di essere la via: via sicura, che porta al termine. Via sicura che non ci farà sbagliare strada; via sicura che ci spianerà la strada. Non ci arrestiamo in questa corsa, né tanto meno dobbiamo farci vincere dal timore. Una sola cosa bisogna temere: il peccato. Solo questo ci rende indegni di Dio e di Gesù. Quindi coraggio, l’esempio l’abbiamo dalla Vergine Santissima: possiamo camminare sicuri».


Verità che non inganna


«Gesù, nel suo Vangelo, dice: “Io sono la Verità”. Via sicura per poter giungere al porto della salute; verità sostanziale che non può ingannare né ingannarci. Non può ingannare perché è bontà e amore. Non può ingannarci perché è Dio, e con la sua sapienza e la sua onniscienza vede tutto e sa tutto. Quindi seguiamolo e cerchiamo di seguirlo nella verità e la verità è quella che ci condurrà non solo al porto della salute ma al possesso di Dio stesso».


La Vita


«Egli ha detto: “Io sono la vita”. Vita sustanziale, eterna. E non si intende soltanto la vita passeggera di questo mondo che dobbiamo cercare con tutto l’ardore del cuore. Ma quella che è più importante, e cioè la vita eterna. Egli ce l’ha promesso, a condizione che lo seguiamo. Ebbene, facciamoci animo e seguiamolo perché è verità, vita e via sicura».


Il sacramento dell’Amore


«Sappiamoci donare con quell’amore con cui Gesù si dona a noi. In modo speciale nel sacramento dell’amore: l’Eucarestia. Gesù si dona a noi senza riserva, sempre, tutto e per intero senza limitazione alcuna. Sforziamoci di fare noi altrettanto con lui. Noi sappiamo benissimo ciò che egli ci dà col donarci se stesso. Ci dà il paradiso, la sola differenza è questa: che i beati lo contemplano a faccia svelata e a noi soltanto i veli ci parlano. Ma un bel giorno questi veli si squameranno e contempleremo Gesù nella pienezza della sua gloria».


Rivestiti di grazia


«Stringiamoci strettamente a Gesù, cerchiamo di fuggire sempre la colpa che è quella che ci rende tizzoni d’inferno. Ci siamo rivestiti della grazia di Gesù con la sua passione e morte e allora non deponiamo mai queste vesti che saranno quelle che ci presenteranno al tribunale di Dio per sentire l’invito del Padre Celeste: “Venite o benedetti a possedere il regno mio”».


Amore fa rima con dolore


«Vogliamo amare il Signore? Non credo che ci sia qualcuno che dica di no. Però, ricordiamoci che la parola amore, nell’esilio, risuona lo stesso che “amaro” … Quindi cerchiamo di amare con amore pur soffrendo, perché soffrire è proprio quello che ci fa espiare le nostre manchevolezze e ci prefigge il Signore se aspiriamo a questo. Soltanto in paradiso si ama senza dolore. Quindi, se aspiriamo a questo, è necessario assoggettarsi con amore ad amare con amaro. Vestiamoci di pazienza, di costanza e di perseveranza. È il Signore che ce l’ha raccomandato. Lui stesso è venuto e ha sposato l’amore con dolore. E siamo certi che Egli non ci farà mancare gli aiuti necessari per poter sobbarcarci la vita presente con amaro e poter un giorno ricevere il premio dell’amore senza dolore».


Mettiamoci a pregare


Sappiamo apprezzare, valutare la degnazione per noi di un Dio che si è degnato di ascoltarci nelle nostre preghiere. Quando la preghiera è fatta bene commuove il suo cuore divino, lo inclina sempre più a esaudirci. E che cos’è la preghiera? È l’effusione del cuore verso Dio. Quindi cerchiamo di effondere tutto l’animo nostro quando ci mettiamo a pregare, e di fare in modo che il nostro cuore sia totalmente unito al Signore. Siamo costanti perché il premio è promesso non a chi comincia ma a chi persevera fino alla fine. Siamo confidenti perché la confidenza è quella che ci apre la strada per poterci introdurre sempre più nel cuore di Dio che ci ama. Siamo perseveranti perché il premio è promesso a chi persevera fino alla fine».


Aiutiamo le altre anime


«Ricordiamoci che domani è la festa della Madonna del Carmine, protettrice in modo speciale delle anime del purgatorio. Perciò ricordiamo a questa Madre le anime sante del purgatorio. Chi di noi non ha delle persone care e chi lo sa quanti ce ne sono dei nostri cari a soffrire nel purgatorio e forse, e senza forse, anche per colpa nostra. Quindi, ricordiamo a questa mamma che venga loro in aiuto, a refrigerare le loro pene, il fuoco che le tormenta. Se noi useremo questa carità, a nostra volta, se ci capiterà, Dio non voglia, di scendere anche noi nel purgatorio, il Signore farà sorgere altre anime che ci verranno in aiuto».


La virtù del silenzio


«Se vogliamo piacere a Dio e alla Mamma Celeste, sforziamoci di praticare una virtù che è tanto necessaria per tutti: la virtù del silenzio. A saper ben parlare a tempo e luogo, si apporta tanto bene alle anime e a gloria di Dio si ottengono gli effetti. Come per il contrario. Il molto parlare, dice lo Spirito Santo, non va esente da difetti. Quindi il silenzio cristiano, tanto raccomandato da nostro Signore, per piacergli e per poter evitare tanti litigi, altrimenti si viene a mancare alla carità, l’anima si mette in subbuglio e si creano delle incresciose situazioni che ogni cristiano dovrebbe sempre evitare perché non piacciono a Dio, anzi gli dispiacciono, e ancora più dispiacciono alla Mamma Celeste. Quindi prendiamo di mira queste virtù e cerchiamo di praticarle».


Non giudicate


«Gesù nel santo Vangelo dice: “Non giudicate e non sarete giudicati”. Con quella misura con la quale misurerete, sarete misurati. E allora? Asteniamoci dal giudicare chicchessia. E quando, purtroppo, dobbiamo dare il nostro giudizio, diamolo con abbondanza di carità e troveremo carità presso il Padre Celeste. Questo è un punto importantissimo. Chi non desidera un giudizio benigno da parte di Dio, in special modo quando ci presenteremo al suo tribunale? Ebbene, questo è il mezzo per avere un giudizio benigno a nostro favore. Ripeto, asteniamoci sempre dal giudicare e quando dobbiamo farlo, cerchiamo di usare abbondanza di carità».


La Curiosità


«Guardiamoci da un difetto che è la distruzione della carità. Sapete quale? La curiosità. L’apostolo diceva: “Non voglio sapere di altro se non di Gesù e di Gesù Crocifisso”. Quindi, attendiamo seriamente a noi stessi perché la curiosità è un difetto che distrugge innanzitutto la carità, ci fa perdere la pace con noi stessi, rompe i vincoli della carità con il prossimo, e le conseguenze ognuno le può misurare perché, chi più chi meno, abbiamo assistito in vita a tristi conseguenze della curiosità. Perciò, non vogliamo sapere di altro se non di Gesù e di Gesù Crocifisso. Di tutto il resto non ci deve importare proprio nulla».


Cittadini del Cielo


«Ricordiamoci che la fede è il dono più grande che Dio abbia potuto fare all’uomo su questa terra. Perché da uomo terrestre diviene cittadino del cielo. Ma dobbiamo saperlo conservare ed essere gelosi di questo gran dono. Guai a colui che dimentica se stesso: dimentica il cielo, si affievolisce nella fede. Dio ci guardi dal rinnegare la fede: è il più grande disprezzo che l’uomo possa fare a Dio. Quindi attenzione, preghiamo sempre il Signore Iddio che ci conservi questo dono come la cosa più preziosa che egli ci ha donato, ma, ricordiamolo bene, la fede deve essere operosa, deve cioè condurci a fare opere di bene e di amore. Tutti, più o meno, hanno la fede, anche Lucifero e gli angeli ribelli dell’inferno. Ma la Scrittura, infatti, ci dice che questi non hanno amore ma solo odio. Quindi guardiamoci bene dal venir meno alla fede che Dio ci ha infuso nel battesimo e ci è stata sempre più corroborata con i sacramenti. Preghiamo la Vergine Santissima che, se ci dovesse capitare una simile sventura, pregasse il Signore Iddio di distruggerci piuttosto che renderci mostri di ingratitudine verso il cielo.»


Purezza di cuore


«La Mamma Celeste si aspetta da noi la pratica della virtù e in modo speciale delle virtù che più le stanno a cuore, come la virtù della purezza: purezza nella mente, purezza nel cuore, purezza nelle intenzioni, purezza nelle azioni. Sì, è aspro il cammino, ma se questa Mamma lo vuole, come lo vuole in realtà, è pronta anche a darci una mano perché possiamo osservare questo. Quindi, mettiamoci di santo proposito a raccomandarci a questa mamma, la quale non desidera altro che il nostro bene, la nostra santificazione, la nostra perfezione, il nostro raggiungimento del paradiso».


Lo specchio dell’anima


«L’apostolo San Paolo parlando sotto la guida dello Spirito Santo, scriveva ai primi cristiani del suo tempo raccomandando a tutti la modestia cristiana. Una virtù gradita alla Mamma Celeste. Perché è lo Spirito Santo che lo dice alla fin fine. Ma perché lo Spirito Santo dice che tutte le altre virtù bisogna conservarle e non dimostrarle mai all’esterno? Perché la modestia è lo specchio dell’anima. Quindi, un’anima ben regolata, un’anima che veramente ama Dio, che ama la virtù, cerca di nasconderle compiacendosi soltanto che siano note agli occhi di Dio. Soltanto la modestia vuole che sia nota a tutti, perché è lo specchio che dà lustro alla persona veramente cristiana e amante di Dio. Quindi raccomando la modestia in tutto, negli sguardi, nel tratto, nel parlare, nel pensare. E faremo cosa veramente gradita alla nostra Mamma Celeste».


Imitatori della Mamma del Cielo


«Vi raccomando di essere sempre e in tutto imitatori della nostra Mamma Celeste, se vogliamo sempre più incontrare la sua protezione e la sua materna assistenza. Ma bisogna prendere di mira le virtù che più stanno a cuore a questa Mamma. E una delle virtù che più stanno a cuore alla Mamma nostra sapete qual è? È l’umiltà. Lei stessa ha detto: “Il Signore mi ha fatto grande perché ha guardato alla bassezza della sua serva”. Dunque, imitiamola e poi, del resto, che cosa abbiamo che non abbiamo ricevuto? E se tutto abbiamo ricevuto da Dio, a che vale il gloriarsene? Per perdere anche quello che ci è stato dato? Sappiamo tutti che il contrario dell’umiltà è l’orgoglio e la superbia. Quindi, se vogliamo conservare la benevolenza della nostra Mamma Celeste, imitiamola nella bella virtù della santa umiltà e ci attireremo gli occhi benigni di questa Mamma e ci assicureremo il paradiso».


L’esempio che trascina


«Se vogliamo veramente, come aspiriamo con tutta l’anima, un giorno vedere la Mamma nostra in paradiso, è necessario seguire le sue orme. Ma in modo speciale dobbiamo seguirla in ciò che le sta più a cuore: l’amore a lei, l’amore al Figlio suo. L’amore al Figlio suo con l’osservanza esatta delle sue leggi. Amarlo e sforzarci di farlo amare anche dagli altri. Più che con le parole con l’esempio. Perché è detto che l’esempio trae e le parole fuggono e rimangono tali e quali se non accompagnate dal buon esempio. Quindi mettiamoci di santo proposito perché la Mamma nostra ci benedica, ci stenda la mano e ci assista veramente fino a raggiungerla un giorno lassù.»


Raggiungere il Paradiso


«Sapete qual è il nostro ultimo fine? È il raggiungere il paradiso, vivendo sempre da buoni cristiani, osservando le leggi di Dio, ma più che mai operando la carità. Se arriveremo in paradiso, ci arriveremo soltanto per la carità fraterna.»




 


(Il catechismo di Padre Pio, Renzo Allegri, Mondadori, 1996)








     

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 18:40. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com