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Lettere di Santa Caterina da Siena da 153 a 231 (3)

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2022 10:39
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03/12/2022 10:20
 
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CCXII (212) - A Neri di Landoccio



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di veder crescere in te il santo e buono desiderio, con dolce e vera perseveranzia infine alla morte. Pènsati, figliuolo mio, che ogni di si conviene che noi c'ingegnamo di crescere in virtù; perocché non andando innanzi, sarebbe un tornare addietro. Spero, per la divina bontà, che s'adempirà in te ildesiderio mio, in questo, e anco in altro.


Non dico al presente altro, per la brevità del tempo, e per occupazione d'alcune altre cose, a che mi conviene attendere. Confòrtati con Cristo crocifisso, con una buona pazienzia; e conforta e benedici molto molto per mia parte Mone: e fa che prieghi Dio per questi tuoi fratelli, e' quali ti mandano molto confortando e singolarmente per questo negligente di Stefano. Barduccio e Francesco stanno bene, e molto ti confortano. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce. Gesù amore.


CCXIII - A suora Daniella da Orvieto, vestita dell'abito di Santo Domenico, la quale, non potendo seguire la sua grande penitenzia, era venuta in grande afflizione

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere in te la virtù santa della discrezione, la quale virtù ci è necessaria ad avere, se vogliamo la salute nostra. Perché ci è tanto di necessità? Perché ella esce del cognoscimento di noi e di Dio: in questa casa tiene le sue radici. Ella èdrittamente uno figliuolo parturito dalla carità, che è propriamente discrezione, e uno lume e uno cognoscimento che l'anima ha di Dio e di sé, come detto è. La principale cosa che ella faccia, è questa: che, avendo veduto con lume discreto a cui ella è debitrice e quello che debbe rendere, subito il rende con perfetta discrezione. Onde a Dio rende gloria, e lode al nome suo; e tutte l'operazioni che fa l'affetto dell'anima, fa con questo lume, cioè che tutte sono fatte per questo fine. Sicché a Dio rende il debito dell'onore: non fa come lo indiscreto rubbatore, che l'onore vuole dare a sé; e per cercare il proprio onore e piacere, non cura di fare vituperio a Dio e danno al prossimo. E perché la radice dell'affetto dell'anima è corrotta dalla indiscrezione, sono corrotte tutte le sue operazioni in sé e in altrui. In altrui, dico;perché indiscretamente pone i pesi, e comanda ad altri o secolari o spirituali, o di qualunque stato si sia. Se egliammonisce o consiglia, indiscretamente il fa; e con quello medesimo peso che egli pesa, vuole pesare ogni altra persona. Il contrario fa l'anima discreta, che discretamente vede il bisogno suo e l'altrui. Onde, poich'ella ha renduto il debito nell'onore a Dio, ella rende il suo a sé, cioè odio del vizio e della propria sensualità. Chi n'è cagione? è l'amore della virtù; amandola in sé. Questo medesimo lume, col quale ella si rende il debito, rende al prossimo suo. E però dissi: in sé e in altrui. Onde rende al prossimo la benivolenzia siccome egli è obbligato, amando in lui la virtù, e odiando il vizio. E amalo come creatura creata dal sommo ed eterno Padre. E meno e più perfettamente rende a lui la dilezione della carità, secondo che l'ha in sé. Sicché questo è il principale effetto, che adopera la virtù della discrezione nell'anima; perché con lume ha veduto che debito debba rendere, e a cui.

Questi sono tre rami principali di questo glorioso figliuolo della discrezione, il quale esce dall'arbore della carità. Di questi rami escono infiniti e variati frutti, tuttisoavi e di grandissima dolcezza che notricano l'anima nella vita della Grazia, quando con la mano del libero arbitrio, e con la bocca del santo e affocato desiderio li prende. In ogni stato che la persona è, gusta di questi frutti, se ella ha il lume della discrezione: in diversi modi, secondo il diverso stato. Colui che è nello stato del mondo, e ha questo lume, coglie il frutto dell'obedienzia de' comandamenti di Dio, e il dispiacere del mondo, spogliandosene mentalmente, poniamoché attualmente ne sia vestito. Se egli ha figliuoli, piglia il frutto del timore di Dio, e col timore santo suo li notrica. Se egli è signore, piglia il frutto della giustizia, perché discretamente vuole rendere a ciascuno il debito suo; onde col rigore dela giustizia punisce lo ingiusto, e il giusto premia, gustando il frutto della ragione; ché per lusinghe né per timore servile non si parte da questa via. Se egli è suddito, coglie il frutto dell'obedienzia e reverenzia verso il signore suo; schifando la cagione e la via, per la quale il potesse offendere. Se col lume non l'avesse vedute non l'avrebbe schifate. Se sono religiosi o prelati, tràggonne il frutto dolce e piacevole d'essere osservatori dell'ordine loro: portando e sopportando i difetti l'uno dell'altro, abbracciando le vergogne e 'l dispiacere, ponendosi sopra le spalle il giogo dell'obedienzia. Il prelato prende la fame dell'onore di Dio e della salute dell'anime, gittandogli l'amo della dottrina e della vita esemplaria . In quanti diversi modi, e in diverse creature si colgono questi frutti! Troppo sarebbe lungo a narrarlo; con lingua non si potrebbero esprimere.

Ma vediamo carissima figliuola (parliamo ora in particolare; e parlando in particolare sarà parlato in generale), che regola dà questa virtù della discrezione nell'anima. Pare a me, che dia questa regola nell'anima e nel corpo, in persone che spiritualmente vogliono vivere, e attualmente e mentalmente: benché ella ogni persona regoli e ordini nel grado e nello stato suo: ma parliamo ora a noi. La prima regola che ella dia nell'anima, è quella che detta aviamo, di rendere l'onore a Dio, al prossimo la benivolenzia, e a sé odio del vizio e della propria sensualità. Ella ordina questa carità nel prossimo: che per lui non vuole ponere l'anima sua; cioè per farli utilità o piacere non vuole offendere Dio; ma discretamente fugge la colpa, e dispone il corpo suo ad ogni pena e tormento, e alla morte, per campare un'anima, e quante ne potesse campare, dalle mani del dimonio. E disponsi a ponere la sustanzia temporale per sovvenire e campare il corpo del prossimo suo. Questo fa la carità con questo lume della discrezione; ché discretamente l'ha regolato nella carità del prossimo. Il contrario fa lo indiscreto, che non si cura d'offendere Dio, né di ponere l'anima sua per fare servizio e piacere al prossimo indiscretamente, quando con fargli compagnia in luoghi scelerati, quando con falsa testimonianza: e così in altri modi, come tutto dí vengono i casi. Questa è la regola della indiscrezione, la quale esce dalla superbia e dalla perversità dell'amore proprio di sé, e dalla cecità di non avere cognosciuto sé né Dio.

E poiché l'ha regolata in questa carità del prossimo; e ella la regola in quella cosa che la conserva e cresce in essa carità, cioè nell'umile e fedele e continua orazione; ponendogli il manto dell'affetto delle virtù, acciocché non sia offesa dalla tepidezza, negligenzia, e amore proprio di sé, spirituale né corporale: però gli dà questo affetto delle virtù, acciocché l'affetto suo non si ponga in veruna altra cosa dalla quale potesse ricevere alcuno inganno.

Anco ordine e regola corporalmente la creatura in questo modo: che l'anima la quale si dispone a volere Dio, fa il suo principio per lo modo che detto abbiamo: ma, perché ella ha il vasello del corpo, si conviene che questo lume ponga la regola a lui, siccome egli l'ha posta nell'anima, come strumento ch'egli debbe essere ad aumentare la virtù. La regola è questa che egli il sottrae dalle delizie e delicatezze del mondo, e della conversazione de' mondani; e dàgli la conversazione dei servi di Dio; levalo da' luoghi dissoluti, e tiello ne' luoghi che loinducono a devozione. A tutte le membra del corpo dà ordine, acciocché siano modeste e temperate: l'occhio non ragguardi dove egli non debbe, ma dinanzi a sé ponga la Terra, e 'l Cielo: la lingua fugga il parlare ozioso e vano, e sia ordinata ad annunziare la parola di Dio in salute del prossimo, e confessare i peccati suoi: l'orecchia fugga le parole dilettevoli, lusinghevoli, dissolute, edi detrazione, che gli fussero dette; e attenda a udire la parola di Dio, e il bisogno del prossimo, cioè volontariamente udire la sua necessità. Così la mano nel toccare o nello adoperare, i piei nell'andare; a tutti dà regola. E acciocché per la perversa legge della impugnazione che dà la carne contra lo spirito, non si levi a disordinare questi strumenti, pone la regola al corpo, macerandolo con la vigilia, col digiuno, e con gli altri esercizii, i qualihanno tutti a raffrenare il corpo nostro.

Ma attendi, che tutto questo fa non indiscretamente, ma con lume dolce di discrezione. E in che 'l mostra? In questo: che ella non pone per principale affetto suo, veruno atto di penitenzia. E acciocché non cadesse in cotale difetto di ponere per principale affetto la penitenzia, provvide il lume della discrezione, di mantellare l'anima con affetto delle virtù. Debbela bene usare come strumento, a' tempi e a' luoghi ordinati, secondo che bisogna. Se il corpo per troppa fortezza ricalcitrasse allo spirito, tolle la verga della disciplina, e' l digiuno, e 'l cilicio di molte gemme, con grande vigilia; e pongli allora de' pesi assai, acciocché egli stia più trito. Ma se il corpoè debile, venuto ad infermità, non vuole la regola della discrezione, che faccia così. Anco, debbe non solamente lassare il digiuno, ma mangi della carne: e se non gli basta una volta il dì, pigline quattro. Se non può stare in terra, stia in sul letto; se non può inginocchioni, stia a sedere e a giacere, se n'ha bisogno. Questo vuole la discrezione. E però pone che si faccia come strumento, e non per principale affetto.

E sai perché egli non vuole? Acciocché l'anima serva a Dio con cosa che non gli possa essere tolta e che non sia finita, ma con cosa infinita, cioè col santo desiderio;il quale è infinito, per l'unione che ha fatta nello infinitodesiderio di Dio; e nelle virtù, le quali né dimonio né creatura né infermità ci possono tollere, se noi non vogliamo. Anco, nella infermità provi la virtù della pazienzia; nelle battaglie e molestie delle dimonia pruovi la fortezza e la lunga perseveranzia; e nella avversità che ricevesse dalle creature, pruovi la umilità, la pazienzia, lacarità. E così tutte le altre virtù permette Dio che ci sieno provate con molti contrarii, ma non tolte mai, se noi non vogliamo. In questo dobbiamo fare il nostro fondamento, e non nella penitenzia. Due fondamenti non può l'anima fare: o l'uno o l'altro si conviene che vada a terra. E quello che non è principale, usi per strumento. Se io fo il mio principio nella penitenzia corporale, io edifico la città dell'anima sopra l'arena, che ogni piccolo vento la caccia a terra, e ncuno edifizio vi possa ponere su. Ma se io edifico sopra le virtù, è fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù; e non è veruno edifizio tanto grande che non stia su bene, né vento sì contrario che mai il dia a terra.

Per questi e molti altri inconvenienti che ne vengono, non ha voluto che s'usi la penitenzia altro che per strumento. Molti penitenti ho già veduti, i quali non sono stati pazienti né obedienti, perché hanno studiato a uccidere il corpo, ma non la volontà. Questo ha fatto la regola della indiscrezione. Sai che n'adiviene? tutta la consolazione e l'affetto loro è posto in fare la penitenzia a loro modo, e non a modo d'altrui. In essa notricano la loro volontà: mentre che essi la compiono, hanno consolazione e allegrezza, e pare a loro essere pieni di Dio, come se ogni cosa avessero compito; e non se ne avveggono, che caggiono nella propria reputazione, i e in giudizio. Che se ognuno non va per questa via, gli pare che siano in stato di dannazione, in stato imperfetto. Indiscretamente vogliono misurare tutti i corpi d'una misura medesima, cioè con quella che essi misurano loro stessi. E chi li vuole ritrare da questo o per rompere la loro volontà, o per necessità che essi avessero; tengono la volontà più dura che 'l diamante; vivi per sì fatto modo, che al tempo della prova o d'una tentazione o d'una ingiuria, si truovano in questa volontà perversa più debili che la paglia.

La indiscrezione gli mostrava che la penitenzia raffrenasse l'ira, la impazienzia e gli altri movimenti di vizii, che vengono nel cuore: ed egli non è così. Móstrati questo glorioso lume, che con l'odio e dispiacimento di te, con aggravare la colpa con rimproverio, con la considerazione chi è Dio ché è offeso da te, e chi se' tu che l'offendi, con la memoria della morte; e con l'affetto delle virtù ucciderai il vizio nell'anima, e trarraine le barbe. La penitenzia taglia; ma tu ti trovi sempre la barba, la quale è atta a fare germinare, ma questo divelle. é ben sempre atta questa terra, dove stanno piantati i vizii, a riceverne, se la propria volontà con libero arbitrio ve ne mette: altrementi no, poiché la radice n'è divelta.

E per caso addiviene che per forza, a quello corpo ch'infermato, gli convenga escire de' suoi modi: egli viene subito a uno tedio e confusione di mente, privato d'ogni allegrezza; e pargli essere dannato e confuso, e non truova la dolcezza nell'orazione, come gli pareva avere nel tempo della sua penitenzia. E dove n'è andata? nella propria volontà, dove ella era fondata. La quale volontà non può compire; non potendola compire, n'ha pena e tristizia. E perché se' venuta a tanta confusione e quasi disperazione? E dove è la speranza che tu avevi nel regno di Dio? éssene andata nell'affetto della penitenzia, per lo cui mezzo sperava d'avere vita eterna; non avendola più, parnegli essere privato.

Questi sono i frutti della indiscrezione. Se egli avesse il lume della discrezione, vedrebbe che solamente essere privato delle virtù gli tolle Dio; e col mezzo della virtù,mediante il sangue di Cristo, ha vita eterna. Adunque ci leviamo da ogni imperfezione, e poniamo l'affetto nostro nella vera virtù, come detto è; le quali sono di tantodiletto e giocondità, che la lingua nol potrebbe narrare. Neuno è che possa dare pena all'anima fondata in virtù, né che le tolla la speranza del cielo; perché ella ha mortain sé la propria volontà nelle cose spirituali, come nelle temporali; e perché l'affetto suo non è posto in penitenzia né in proprie consolazioni o rivelazioni, ma nel sostenere per Cristo crocifisso e per amore della virtù. Ond'ella è paziente, fedele; spera in Dio, e non in sé né in sua operazione. Ella è umile, e obediente a credere ad altrui, più che a sé, perché non presume di sé medesima. Ella si dilarga nelle braccia della misericordia, e con essacaccia la confusione della mente.

Nelle tenebre e battaglie trae fuora il lume della Fede, esercitandosi virilmente con vera e profonda umilità: e nella allegrezza intra in sé medesima, acciò che 'l cuore non venga a vana letizia. Ella è forte e perseverante, perché ha morta in sé la propria volontà, che la faceva debile e incostante. Ogni tempo gli è tempo; ogni luogo gli è luogo. Se ella è nel tempo della penitenzia, a lei è tempo d'allegrezza e consolazione, usandola come strumento; e se per necessità o per obedienzia il conviene lassare, ellagode: perché 'l principale fondamento dell'affetto delle virtù non può essere, né è, tolto da lei; e perché si vede annegare la propria volontà, alla quale ha veduto col lume che sempre gli è ne cessario di ricalcitrare con grande diligenzia e sollicitudine.

In ogni luogo trova l'orazione, perché sempre porta seco il luogo dove Dio abita per grazia, e dove noi dobbiamo orare, cioè la casa dell'anima nostra, dove òra continuo il santo desiderio. Il quale desiderio si leva collume dell'intelletto a specularsi in sé, e nel fuoco inestimabile della divina carità, il quale trova nel sangue sparto; per larghezza d'amore il quale sangue trova nel vasello dell'anima. A questo attende, e debbe attendere, di cognoscere acciocché nel sangue s'inebbri, e nel sangue arda e consumi la propria volontà; e non solamente a compire il numero di molti paternostri. Così faremo l'orazione nostra continua e fedele; perché nel fuoco della sua carità cognosciamo ch'egli è potente a darci quello che noi addimandiamo; è somma Sapienzia, che sa dare e discernere quello che è necessario a noi; ed è elementissimo e pietoso Padre, che ci vuole dare più che noi non desideriamo, e più che noi non sappiamo addimandare per lo nostro bisogno. Ella è umile; perché ha cognosciuto in sé il difetto suo, e sé non essere. Questa èquella orazione per cui mezzo veniamo a virtù, e conserviamo in noi l'affetto d'essa virtù.

Chi è principio di tanto bene? la discrezione, figliuola della carità, come detto è. E di quello bene che ha in sé, sì il porge al prossimo suo. Onde il fondamento che ha fatto, e l'amore e la dottrina che ha ricevuta in sé, vuoleporgere, e porge, alla creatura: e mostrarlo per esemplo di vita e per dottrina, cioè consigliando quando vede la necessità, o quando il consiglio gli fusse chiesto. Ella conforta, e non confonde, l'anima del prossimo, inducendola a disperazione quando fusse caduta per alcuno difetto; ma caritativamente si fa inferma con lei insieme, dandogli il rimedio che si può, e dilargandola in speranza nel sangue di Cristo crocifisso.

Questo, e infiniti altri frutti, dona al prossimo la virtùdella discrezione. Adunque, poich'ella è tanto utile e necessaria, carissima e dilettissima figliuola e suora mia inCristo dolce Gesù; io invito te e me a fare quello che per lo tempo passato io confesso non avere fatto con quella perfezione ch'io debbo. A te non è intervenuto come a me, cioè d'essere stata e essere molto difettuosa, né d'essere andata con larghezza di vita, e non con estrema, per lo mio difetto; ma tu, come persona che hai voluta atterrare la gioventudine del corpo tuo, acciocché non sia ribello all'anima, hai presa la vita estrema per siffatto modo, che pare che esca fuore dell'ordine della discrezione; in tanto che mi pare che la indiscrezione ti voglia fare sentire de' frutti suoi, e di fare vivere in questo la propria volontà tua. E lassando tu quello che se' usata di fare, pare che 'l Dimonio ti voglia fare vedere che tu sia dannata. A me spiace molto; e credo che sia grande offesa di Dio. E però voglio, e pregoti, che 'l principio e fondamento nostro con vera discrezione sia fatto nell'affetto delle virtù, siccome detto è. Uccidi la tua volontà, e fa' quello che t'è fatto fare: attienti all'altrui vedere più che al tuo. séntiti il corpo debile e infermo: prendi ogni dì il cibo che t'è necessario e ristorare lanatura. E se la infermità e debilezza si leva, piglia una vita ordinata con modo, e non senza modo. Non volere che 'l piccolo bene della penitenzia impedisca il maggiore: non te ne vestire per tuo principale affetto; ché tu tene troveresti ingannata: ma voglio che per la strada battuta della virtù noi corriamo realmente, e per questa medesima guidiamo altrui, spezzando e fracassando le nostre volontà. Se averemo in noi la virtù della discrezione,il faremo: altrimenti no.

E però dissi ch'io desideravo di vedere in te la virtù santa della discrezione. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonami se troppo presuntuosamente io avessi parlato: l'amore della tua salute, per onore di Dio, me n'è cagione. Gesù dolce, Gesù amore.

CCXIV - A Catarina dello Spedaluccio, e a Giovanna di Capo

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondate in vera pazienzia e profonda umilità, acciocché potiate seguitare il dolce e immacolato Agnello; perocché in altro modo non potreste seguitarlo. Ora è il tempo, figliuole mie, di mostrare se noi abbiamo virtù; e se sete figliuole,o no. Con pazienzia vi conviene portare le persecuzioni e le detrazioni infamie e mormorazioni delle creature, con una umilità vera, e non con scandalo né con impazienzia; né levare il capo per superbia contro ad alcuna persona. Sapete bene che questa è la dottrina che n'è stata data; cioè, che in su la croce ci conviene pigliare ilcibo dell'onore di Dio e della salute dell'anime, e con vera e santa pazienzia. oimé, figliuole dolcissime, io vi invito da parte della prime dolce Verità, che voi vi destiate dal sonno della negligenzia e amore proprio di voi; e offerite umili e continue orazioni, con molta vigilia e cognoscimento di voi medesime, perocché 'l mondo perisce per la moltitudine di molte iniquità e irriverenzia che si fa alle dolcesposa di Cristo. Or diamo dunque l'onore a Dio, e la fadiga al prossimo. oimé, non vogliate, né voi né l'altre serve di Dio, che termini la vita nostra altro che in pianto e in sospiri; perocché con altro mezzo non si può placare l'ira di Dio, la quale manifestamente si vede venire sopra di noi.

Oh disavventurata me! Figliuole mie, io credo essere quella miserabile che son cagione di tanti mali, per la molta ingratudine e altri difetti che io ho commessi contra il mio Creatore. oimé, oimé! Chi è Dio, che è offeso dalle sue creature? è colui, che è somma ed eterna Bontà; 'l quale per la carità sua creò l'uomo alla immagine e similitudine sua; e ricreollo a grazia dopo il peccatonel sangue dello immacolato e amoroso Agnello, unigenito suo Figliuolo. E chi è l'uomo mercennaio e ignorante, che offende il suo Creatore? Siamo coloro, che non siamo noi per noi, se non quanto siamo fatti da Dio; ma per noi siamo pieni d'ogni miseria. E non pare che si cerchi se non in che modo si possa offendere Dio,e l'una creatura l'altra, in dispregio del Creatore. Vediamo co' i miserabili occhi nostri perseguitare il Sangue nella santa Chiesa di Dio, il quale Sangue ci ha dato la vita. Scoppino dunque i cuori nostri per ansietato e penoso desiderio: non stia più la vita nel corpo, ma innanzi morire, chevedere tanto vituperio di Dio. Io muoio vivendo, e dimando la morte al mio Creatore, e non la posso avere. Meglio mi sarebbe a morire che a vivere, innanzi che vedere tanta ruina quanta è venuta, ed è per venire nel popolo cristiano.

Traiamo fuore l'arme della santa orazione, perocché altro rimedio io non ci veggo. Venuto è quello tempo della persecuzione de' servi di Dio, i quali si conviene che si nascondano per le caverne del cognoscimento di loro e di Dio; chiamando a lui misericordia per li meriti del sangue del suo Figliuolo. Io non voglio dire più; perocché se io andassi alla voglia, figliuole mie, io non mi resterei mai infino che Dio mi trarrebbe di questa vita.

A te dico ora, Andrea, che colui che comincia, non riceve mai la corona della gloria, ma colui che persevera infino alla morte. O figliuola mia, tu hai cominciato a mettere mano all'arato delle virtù, partendoti dal vomito del peccato mortale; convienti dunque perseverare a ricevere il frutto della tua fadiga, la qual porta l'anima, volendo raffrenare la sua gioventudine, che non corra ad essere membro del dimonio. oimé, figliuola mia! e non hai tu considerazione, che tu eri membro del dimonio, dormendo nel fracidume della immondizia; e Dio per la sua misericordia ti trasse di tanta miseria l'anima e'l corpo, nella quale tu eri? Non ti conviene dunque essere ingrata, né sconoscente, perocché male te ne piglierebbe e tornerebbe il dimonio con sette compagni più forte di prima. Allora dunque mostrerai la grazia, che hai ricevuta, d'essere grata e cognoscente, quando sarai forte contra le battaglie del dimonio, contra il mondo e la carne tua, che ti dà molestia; sarai perseverante nella virtù. Attàccati, figliuola mia, se vuoi campare da tante molestie, all'arbore della santissima croce, con l'astinenzia del corpo tuo, con la vigilia e con l'orazione; bagnandoti per santo desiderio nel sangue di Cristo crocifisso. E così acquisterai la vita della Grazia, e farai la volontà di Dio, e adempirai il desiderio mio, il quale desidera che tu sia vera serva di Cristo crocifisso. Onde io ti prego che tu non sia più fanciulla, e che tu vogli per sposo Cristo, che t'ha ricomperata del sangue suo. E se tu vorrai pure il mondo, convienti aspettare tanto, che si possa avere il modo di dartelo per modo che sia onore di Dio e bene di te. Sia suddita e obediente infino alla morte, e non escire dalla volontà di Catarina e di Giovanna, ché so che elle non ti consiglieranno né diranno cosa, che sia altro che onore di Dio, e salute dell'anima e del corpo tuo. E se tu nol fai, fara'mi grandissimo dispiacere, e a tepoca utilità. Spero nella bontà di Dio, che tu farai sì cheegli n'averà onore, e tu n'averai il frutto, e a me darai grande consolazione.

A te dico, Catarina e Giovanna, che per l'onore di Dio e salute sua adoperiate infino alla morte. Figliuole dolci, ora è il tempo di fadighe, le quali ci debbono essere consolazioni per Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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