Scheda Dark Sider
Nome:
Kevset (nome utilizzato, e sussurrato con disprezzo, solo da suo padre e dalla sua cerchia di amici/alleati commerciali della sua spocchiosa cerchia alto borghese) Kewst (Il nome che lui preferisce usare, storpiando in un palese atto di ribellione verso la sua famiglia) Lamarcana (cognome)
Descrizione fisica:
Quest’uomo imponente è in grado di svettare sulla maggior parte delle folle. Alto circa due metri, ma insospettabilmente asciutto ed agile per qualcuno della sua taglia, con un corpo scolpito nella fatica e il sudore. Caratteristiche che solo un individuo dal Sangue particolare come il suo può possedere. E difatti, se si sfiora la sua pelle, il primo tatto è sempre gelido come il bacio del ferro. Non è la magia, la fonte della sua inumana forza. La verità è radicata ben più a fondo: il suo Sangue vanta antenati tra gli ormai estinti Giganti del Gelo. Sangue assai ambito, soprattutto dalle famiglie più facoltose e arriviste dell’alta borghesia, per far ascendere il proprio Casato alla perfezione necessaria per ottenere il rango e il riconoscimento nobiliare.
Non è un caso che, a differenza di quelle pallide, corpose creature, Kewst sia sì più alto della media di qualunque uomo, eppure più basso del più insignificante tra i Giganti. Di carnagione olivastra, tipica degli abitanti del Continente Deserto nel lontano Est, i tratti del suo volto sono delicati e armoniosi che fanno a pugni con la sua presenza fisica; i capelli ricci e neri, generalmente corti per praticità. Gli occhi di un color ghiaccio talmente chiaro da sembrare quasi trasparenti, saturi di una forza mistica che solo quelle creature ormai presenti solo nei miti possedevano.
La bellezza, si sa, è la prima prova tangibile di possedere Sangue nobile. E Kewst dimostra quanto manchi davvero poco, alla stirpe Lamarcana, per ascendere. Eppure questo dono è sporcato irrimediabilmente dalle innumerevoli cicatrici che solcano il suo corpo. Di forma più o meno sbiadita, come se un intrico di mani lo stessero toccando in ogni parte (e solo un occhio esperto è capace di discernere che questo fenomeno non è magico né naturale, ma dipende da vecchie ustioni più o meno guarite: provocate da mani di bambino, di adolescente, di giovane uomo). Soltanto una, grossa e cruenta, sfugge a questo profano schema, sfregiandogli il volto dal sopracciglio destro alla guancia sinistra.
Il nero lo circonda, tanto che non è chiaro se Kewst prediliga gli abiti scuri per piacere o per rispondere a un istinto che lo spinge a preferire il colore dell’ombra a quello della luce e della ribalta. Quale che sia la verità, sembra nato per indossarlo.
Il carattere:
Kewst è un meticcio di uomo e gigante dotato di spiccate intelligenza e ingegno, ma anche di una scaltrezza maturata vivendo per le strade malfamate. La sua mente è votata alla conoscenza e la comprensione. Tipico di chi ha vissuto l’infanzia imparando in fretta cosa siano la paura e l’istinto di sopravvivenza: qualità indispensabili perché un bambino così malvisto possa sopravvivere. Il suo maestro Decilius - l’unica persona che in quegli anni bui si sia degnata davvero di vederlo come una persona e non come l’ennesimo pezzo di carne da riproduzione sulla secolare scalata dell’ascesa dei Lamarcana - un giorno gli disse che la sua era la mente di un potente mago intrappolata nel corpo di un guerriero. E se il suo Sangue difettoso gli impediva di accedere ai talenti dei suoi antenati umani, che fossero allora la forza delle sue braccia e il suo intelletto superiori a definire il suo destino.
Seguendo fedelmente questo mantra in combattimento, con la sua capacità analitica e la sua rapidità di pensiero, ha imparato a dominare il campo di battaglia; nei momenti di maggior concentrazione, sembra quasi che possieda il potere della chiaroveggenza. È uno stratega freddo e analitico. Ma soprattutto: è paziente. Non si lascia mai dissuadere dalla fretta, non è l’adrenalina la musa del suo estro ma un lento studio snervante, passivo e calcolatore. Combatte con la stessa meticolosità con cui affronterebbe un enigma, in modo distaccato, fidandosi principalmente delle sue capacità.
Le stesse regole che segue nella quotidianità. Taciturno, silenzioso. Preferisce non esporsi se non è assolutamente necessario, e lo fa solo se ha avuto il tempo di elaborare le parole oggettivamente più giuste. Le sue motivazioni sono imperscrutabili poiché raramente esprime la propria opinione; anche più raramente, se nel farlo dovesse esporsi troppo personalmente.
Preferisce stare da solo e i posti molto affollati lo mettono a disagio, preda di un costante senso di pericolo che lo porta a scrutare quasi ossessivamente le più rapide vie di fuga e chi tra la folla può rappresentare il pericolo più concreto. Detesta le casualità e chi adopera la magia: coloro che guarda con più diffidenza e timore. Anche se è disposto a collaborare con dei maghi, se necessario, soprattutto chi, come le Din Nadair, non sempre è ben visto da coloro che definiscono cosa sia naturale e cosa non lo sia.
Kewst è una persona dalla forte moralità. Ciò che segue non è il tipico codice del cavaliere, ma un suo codice; e non accade spesso che la sua concezione dell’onore sia quella del tipico eroe senza macchia che lotta per il popolo. Ma mantiene sempre la sua parola. Le sue promesse, seppur rare, hanno un valore che è pareggiato soltanto dalla logica e l’ossessione di doverle mantenere. Sono le dure condizioni di vita a cui è stato sottoposto ad averlo reso cinico, chiuso in se stesso, per nulla incline al perdono. Egoista, certo, ma mai capace delle stesse crudeltà che ha subito sulla propria pelle.
Ed infatti è sempre vivo il ricordo dell’unica persona che l’abbia mai trattato come un essere umano e non un caso clinico. Quel maestro, di storia e di vita, che fa parte di quella ristrettissima cerchia di persone che Kewst abbia mai considerato amiche, e per le quali darebbe la vita senza pensare. Pura e semplice logica: se una persona è degna del proprio rispetto, allora verso di lei sarà sempre leale; viceversa, sarà pagato con la medesima moneta. I sentimenti sono troppo difficili da controllare. Eppure, esercitano su di lui un’attrattiva silenziosa. Che lui nega, fino alla morte… ma li brama. E questo conflitto scade, non nella rabbia o nell’invidia, ma in un sempiterno velo di malinconia.
Tra le rigide pieghe del suo pensiero analitico e cinico, si celano le cicatrici di un passato che rimane impresso come un pesante fardello: quel deviato ritenersi rifiutato dai suoi antenati, di possedere un Sangue difettoso e perciò di essere, come suo padre non ha mai mancato di dichiarare gridando, un fallimento. È una sensazione che lui odia profondamente, eppure l’accarezza come nemmeno l’uomo più passionale farebbe con la propria amante. La rifiuta, soprattutto quando le difficoltà ingigantiscono questo sentimento e lui vorrebbe solo prenderla a pugni, eppure cede sempre ai suoi tossici sussurri: la sua unica ossessione; per questo non chiede mai aiuto, perché è troppo orgoglioso per piegarsi e ammettere che lui sia veramente un fallimento… incapace di comprendere che la vera sconfitta è non capire quanto essi abbiano potere su di lui.
Questa cicatrice sanguina da tutta una vita. Le umiliazioni lo feriscono nel profondo, anche se è bravo a nasconderlo. Difficilmente reagisce dinanzi ad atti di violenza o provocazioni compiuti contro di lui, a meno che non si tratti di vita o di morte; la sua o delle persone a cui tiene. Quelli sono gli unici momenti in cui l’adrenalina da ossigeno al suo animo sanguinante, permettendogli di vincere quel muro fatto di impotenza e sentimento di inferiorità verso le persone che, invece, hanno il controllo sui sentimenti delle persone, prima che della logica pura.
La società ahimè non è retta da leggi o pensieri logici, ma da chi sa volgere i sentimenti degli altri al proprio vantaggio. Regole che mutano nella forma ma mai nella sostanza, nate per dominare lo spirito, per piegare e schiacciare chi non è in grado di sopportare la pressione e le consuetudini sociali. Le vie dell’intelletto sono secondarie, costrette da catene invisibili ad essere soffocate dall’ordine politico. Tutto ciò gli ricorda la sua infanzia e il pensiero di essere un fallimento lo rende disarmo. La perfezione è la sola cosa che può contrapporsi al fallimento che è sempre in agguato. Per questo esige sempre la perfezione da quelli che lo circondano.
Ambisce sempre a ottenere il massimo senza entrare in un qualunque tipo di conflitto. Se c'è una posizione più prestigiosa rispetto a quella in cui si trova, deve raggiungerla.
Ha una vera e propria passione per i cavalli e trascorre giornalmente qualche ora ad andare a cavallo. Inoltre il suo odio per la magia è pari solo alla passione che prova nello studiarla, soprattutto per i suoi aspetti più peculiari e oscuri: ha letto tantissimi libri a riguardo, diventando un esperto.
Classe:
Kewst è un guerriero che predilige le armi pesanti a due mani e, in particolare, la sua arma preferita in assoluto è il martello a due mani. In combattimento si è specializzato nel controllo del campo di battaglia, pertanto la sua tattica principale è quella di usare il suo martello e i principi delle leve per sbilanciare i nemici, facendoli cadere a terra, in modo che per lui e i suoi alleati sia più facile colpirli, e che per i nemici stessi invece sia più difficile passare all’offensiva senza prima vacillare sotto la potenza dei suoi colpi. È un maniaco della ricognizione e della furtività. Cercherà sempre di cogliere di sorpresa e/o alle spalle i suoi nemici ignari.
Avendo una forza fuori dal comune, solitamente è lui che si occupa dei lavori che richiedono una grande forza fisica, come forzare porte o botole, strappare via qualcosa, trascinare carichi pesanti, ecc.
È tuttavia anche un erudito della magia arcana e sarebbe in grado di riconoscere e identificare gli oggetti magici e gli incantesimi più complessi.
Lore:
Kevset è il primogenito di Kobin Lamarcana e Anthalia Fiammardente.
Il nome “Fiammardente” tuttavia non deve trarre in inganno. Anthalia altri non è che una discendente dei Giganti di Ghiaccio scampata alla distruzione del suo continente. Quando l’Era Glaciale è alle porte, anche gli esseri abituati a sopravvivere nei freddi continenti congelati si allungano in cerca di calore. Quelle magie di fuoco furono per lei l’unica salvezza, dalla morte e dagli arrivisti… e insieme la sua rovina. Fu la precedente Matriarca delle Din Nadair a conferirle quel nome, a crescerla e specializzarla nelle magie pirocinetiche per salvarla da un destino peggiore della morte. Ma gli occhi di quella giovane, coraggiosa meticcia non potevano ingannare lui. E Kobin, ambizioso e arrivista, con il sogno mai taciuto di vedere il seme dei Lamarcana crescere e ascendere alla nobiltà, non poteva farsi sfuggire l’occasione di poter mettere le mani su una creatura dal Sangue così raro.
La loro unione non fu consensuale, all’inizio. Kobin offriva protezione. In cambio, voleva solo un frutto maturo. Nutriva grandi aspettative sulle capacità magiche che avrebbe ottenuto un Lamarcana con antenati Giganti, soprattutto con un’Era Glaciale alle porte. E Kewst cresceva intelligente e assetato di sapere…
Ma del tutto incapace di mettere in pratica ciò che imparava. All’età di cinque anni, mentre gli altri suoi coetanei progredivano nella manipolazione della magia, lui non era in grado di progredire negli incanti più semplici. Sordo alle richieste di Anthalia di farlo visitare da una Din Nadair, Kobin iniziò a diventare impaziente, a sottoporre Kewst ad ogni genere di rituale che potesse risvegliare in lui il potenziale magico. Convocò anche un Arcimago dell’Accademia di Valldysi, la più prestigiosa del continente, perché prendesse loro figlio come apprendista.
Fu una lunga permanenza quella Ducilius - l’unico, vero amico che Kewst abbia mai avuto. Essendo un esperto nella conoscenza del Sangue riflesso negli astri, lui capì subito la verità: il Sangue dei Giganti di Ghiaccio era incompatibile. Il potente Sangue dei Lamarcana era stato infettato da una stirpe inferiore e invece di accrescere in potenza era regredito. Oh, certo, la famiglia aveva acquisito più sapienza e possanza, ma a quale prezzo? La completa assenza di magia.
Una tragedia, uno scandalo. La perdita del buon nome della famiglia, forse anche del proprio status di semi-divinità. Impossibile per un uomo come Kobin sopportare lo smacco. Impossibile… che uomo del genere potesse amare il proprio figlio. Ducilius tuttavia aveva iniziato a provare affetto per quel ragazzo che, giorno dopo giorno, si dimostrava più meritevole della sua sapienza che tutti gli allievi che attendevano il suo ritorno all’Accademia. Provò a tenere nascosta la condizione di Kewst il più a lungo possibile, mentre i sussurri si diffondevano, mentre le affinità con i Giganti di Ghiaccio diventavano sempre più evidenti e i coetanei di quel povero, sempre più remissivo ragazzo iniziavano a maltrattarlo chiamandolo “Senzamagia”… ma soprattutto, in aperto spregio della madre, a ustionargli la pelle toccandola con mani marchiate di fuoco; e più crescevano, più imparavano a dominare la magia, più diventava difficile per Ducilius medicare quelle ustioni che presto iniziarono a lasciare segni sulla sua pelle.
A quel punto, i presentimenti di Kobin erano diventati da tempo una cruda realtà. Ed egli si mosse, prima che Ducilius potesse operare il tradimento definitivo. Kobin e Anthalia sorpresero l’Arcimago nelle sue stanze, sul punto di lanciare una maledizione che avrebbe reso Kobin impotente.
La morte di Ducilius sancì la fine dell’infanzia di Kest e l’inizio dell’odio. Di suo padre, che provò ribrezzo per lui. Dell’impotenza di sua madre, delusa e tradita, quando Kobin mise un figlio in un'altra donna di Sangue più meritevole. La nascita di Vanir Lamarcana comportò per Kobin un sollievo abbastanza profondo da tollerare la presenza nauseante del suo primogenito. A cui non rivolse mai più la parola, se non per ricordargli che disonore sia per la famiglia; Anthalia, invece, pur volendogli bene era diventata una donna spezzata, incapace di voler bene al figlio come dovrebbe una madre.
Una tolleranza che, tuttavia, non sarebbe durata a lungo. Una notte, quando Kobin giudicò che Vanir fosse meritevole e non un altro fallimento, esiliò suo figlio primogenito nelle fogne della città. Certo che non avrebbe più nociuto alla sua immagine, lo abbandonò a morte certa. Qui, Kewst s’imbatte in un Re Ratto. Provò a fuggire, ma venne inseguito e costretto ad affrontare la bestia. Ferito al volto dagli artigli della creatura e trascinato nella sua tana, prima che le bestie potessero cibarsi delle sue carni, il suono del corno che sanciva l’arrivo dell’Era Glaciale risuonò in tutta la città. Il Grande Gelo imperversò nel giro di pochissimi secondi e per la prima volta Kewst conobbe una nuova sensazione: la pura concentrazione. Le fogne sono state la fossa comune di molti eroi. Uno di questi, ridotto ormai a un cumulo di ossa, possedeva un martello da guerra acuminato, imponente. E mentre le stalattiti iniziavano a formarsi in quell’arena ghiacciata, Kewst provò la sensazione di avere la mente sgombra per la prima volta nella sua vita e diede fondo a tutto il suo intelletto per uccidere la creatura.
In seguito, si appropriò dell’arma della creatura e, tormentato dal pensiero di cosa sarebbe accaduto se fosse rimasto in città, decise di voltarsi e andarsene.
Ora Kewst per sopravvivere si è unito a un gruppo di mercenari chiamati Laenatan. Si tratta di un’organizzazione chiusa, fortemente militaresca e basata prettamente su onore e disciplina. Mercenari incaricati di pattugliare i confini della Foresta delle Lame. Alla ricerca di cosa, lo sanno solo il capitano… e il loro misterioso cliente.
Aspirazioni:
Vuole inoltre dimostrare a se stesso che è in grado di diventare qualcuno anche senza l’aiuto della magia.
Abitudini:
La frase che canonicamente lo caratterizza, è “va bene”: poiché gli è difficile esternare i propri sentimenti, sia positivi che negativi, e ciò che prova, e poiché di solito evita di esprimere opinioni personali, se non è necessario o richiesto, usa spessissimo questa frase neutra nelle sue conversazioni.
Essendo una persona molto diffidente e che vive perennemente in allerta, ha il sonno molto leggero. Avendo difficoltà a esternare la propria interiorità e tendendo sempre a reprimere i propri sentimenti, generalmente ha un’espressione neutra, così come monocorde è il tono di voce che usa quando parla.
Se deve spiegare qualcosa, lo fa in modo forbito.
Equipaggiamento:
Il suo fidato martello a due mani, preso dal Minotauro; una spada lunga; un arco e due pugnali, che tiene celati negli stivali.
Un rampino e una corda.
Un borsellino di cuoio con qualche moneta. Come gli insegnò Decilius: i soldi sono il miglior antidoto alle obiezioni delle menti più deboli.
*Nella cultura del continente esiste un’archetipa concezione del DNA chiamata Sangue.