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Con Gesù davanti all'Eucarestia

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2011 12:31
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11/02/2011 10:46
 
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Preghiera cristiana, preghiera di Cristo
di padre Pedron Lino

Entriamo dunque nel mistero della preghiera cristiana attraverso la porta che è Cristo (Gv 10,9).
Da sempre Dio esiste in se stesso come amore, come dialogo d’amore del Padre e del Figlio nell’unità dello Spirito santo. Mediante il battesimo noi siamo introdotti in questo mistero, chiamati personalmente ad essere figli e figlie nella famiglia della Trinità, ad essere in comunione col Padre, mediante il Figlio, nell’unità dello Spirito santo. Essere battezzati significa partecipare al rapporto di Gesù col Padre.
Ma che cos’è questo rapporto filiale di Gesù col Padre? Come lo vive concretamente Gesù? Ci risponde il vangelo prospettandoci la preghiera di Gesù. Gesù è Figlio. Ciò significa innanzitutto che egli prega.

Spieghiamoci meglio. Anche quando agisce in mezzo agli uomini, Gesù rimane aperto al Dio vivente che lo ascolta sempre (Gv 11,42) in uno stato di lode e di supplica incessante. Non può fare a meno di lunghe e frequenti ore d’intimità gratuita con lui. Il Padre è la fonte di tutta la sua vita e il suo continuo riferimento. Il Figlio riceve la propria vita dalle profondità del suo ininterrotto dialogo con il Padre. È Figlio, ed è detto tutto. La sua esistenza consiste nell’essere in comunione costante e reciproca col Padre suo. A differenza dei figli di questo mondo, che possono continuare a vivere anche quando muoiono il padre e la madre, il Figlio di Dio dipende eternamente nel suo essere dal Padre. Il Figlio esiste perché è da sempre generato dal Padre, è nel seno del Padre (Gv 1,18) e vive per il Padre (Gv 6,57).

Per capire il genuino significato della preghiera cristiana dobbiamo comprendere che cos’è l’adorazione in spirito e verità di cui parla Gesù nel vangelo secondo Giovanni al capitolo quarto. La donna samaritana interroga Gesù su un problema che opponeva giudei e samaritani. Leggiamo: "Gli replicò la donna: ‘Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare’. Gesù le dice: ‘Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre... È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità’" (Gv 4,19-24).

È una risposta solenne che segna la grande svolta nella storia della preghiera per tutta l’umanità. Fino alla venuta di Gesù nessun uomo era figlio di Dio nel senso pieno della parola. Dio era l’Altissimo e conveniva rendergli culto sui luoghi alti dove si costruivano i santuari. Ma ora il Figlio di Dio si è fatto uomo. Gesù è qui, uomo tra gli uomini. Quindi tutti i templi non valgono più nulla perché il solo luogo da cui sale la sola adorazione degna di Dio non è un edificio di pietre consacrate, ma Qualcuno, il Cristo. È lui il vero tempio, è lui il vero adoratore. Ormai l’adorazione in verità non sale né salirà più da un monumento di pietre, ma da un cuore d’uomo, dalla vita d’un uomo, dell’uomo-Dio Gesù. Ed essendo Gesù il Figlio, l’adorazione non si rivolge più al Dio altissimo, ma al Padre.

La parola chiave di questa adorazione in spirito e verità è: "Abbà, Padre!’’. È lo Spirito santo che nel cuore del Figlio fa salire questo grido filiale verso il Padre. Ripetiamo: da quando il Figlio di Dio si è fatto uomo, la sola adorazione vera è quella "in Spirito" e il tempio da cui sale non è più un luogo sacro, ma il cuore dell’uomo-Dio Cristo Gesù. È Gesù stesso che identifica il nuovo tempio con il suo corpo. Leggiamo nel vangelo secondo Giovanni: "Gesù rispose ai Giudei: ‘Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere’. Gli dissero allora i Giudei: ‘Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo fai risorgere?’. Ma egli parlava del tempio del suo corpo" (Gv 2,19,21).

Questa rivelazione ha un’importanza sconvolgente per comprendere la vera preghiera cristiana: non esiste altro luogo sacro, altro tempio al di fuori della persona di Gesù. Osserviamo, dunque, come vive la preghiera questo Figlio così unito al Padre suo nell’unità dello Spirito santo. Leggiamo qualche tratto del vangelo.
All’inizio della sua vita pubblica, il giorno del suo battesimo: "Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: ‘Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto’" (Lc 3,21-22).

Il vangelo secondo Marco ci dice: "Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava" (Mc 1,35).
E il vangelo secondo Luca: "La sua fama si diffondeva ancor più: folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità. Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare" (Lc 5,15,16).
E quando giunse il momento di scegliere i Dodici "Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione" (Lc 6,12).
Dopo la prima moltiplicazione dei pani "salì sul monte a pregare" (Mc 6,46).
E Luca ci riferisce così il fatto della trasfigurazione: "Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E mentre pregava il suo volto cambiò d’aspetto..." (Lc 9,28-29).

I tre testimoni della trasfigurazione saranno in seguito i testimoni della sua agonia. Nel Getsemani, racconta Luca, "Gesù, inginocchiatosi, pregava: ‘Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà’... E, in preda all’angoscia, pregava più intensamente" (Lc 22,40-44).
Messe una dietro l’altra, queste citazioni ci sorprendono. Forse, per la prima volta, attirano con forza la nostra attenzione sulla vita interiore di Gesù. Questi "pregava", ripetuti, all’imperfetto, indicano e sottolineano un’abitudine, una vita di preghiera frequente e prolungata. Questi lunghi tempi gratuiti, queste notti in preghiera sconcertano tutti e in particolare quelli che non hanno mai tempo di pregare e tutti quegli indaffarati, quegli attivi ad ogni costo per i quali "lavorare è pregare". Il Figlio di Dio non la pensa in questo modo e non si comporta in questo modo.

E di che cosa è fatto questo dialogo Padre-Figlio nello Spirito santo? Innanzitutto Gesù prega per illuminare e orientare il suo cammino missionario, per capire a chi e dove il Padre lo invia. Dopo la prima giornata di insegnamento e di guarigioni a Cafarnao, Gesù prende un breve riposo e poi se ne va, quando era ancora buio, a pregare in un luogo solitario. Al mattino, Simone e i suoi compagni si affrettano a trovarlo e gli dicono: "Tutti ti cercano!". E lui: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là: per questo infatti sono venuto!" (Mc 1,35-38).
Gesù prega per i suoi apostoli e per la sua chiesa: "Padre, prego per coloro che mi hai dato. Custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato... Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno... Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me, perché siano una cosa sola..." (Gv 17).

Gesù prega per avere il coraggio di aderire alla volontà del Padre, accettando la croce (ricordiamo la preghiera nel Getsemani). Gesù prega per ottenere la salvezza, cioè la sua risurrezione e la nostra. Leggiamo nel vangelo secondo Giovanni: "Alzàti gli occhi al cielo, Gesù disse: ‘Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato’" (Gv 17,1-2).
E nella Lettera agli Ebrei leggiamo: "Nei giorni della sua vita terrena, egli (Cristo) offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (Eb 5,7-9).

Infine, e soprattutto, Gesù pregava proprio per conversare disinteressatamente con il Padre e solo perché è Figlio. Tertulliano ha scritto: "Nessuno è tanto Padre quanto Dio; nessuno è così tenero quanto lui". Allo stesso modo possiamo dire che nessuno è tanto Figlio quanto Gesù, nessuno è così tenero quanto lui.
Gesù è il Figlio, Iahvè è suo Padre, o meglio, il suo papà. È questo infatti il termine che gli esce dalla bocca e dal cuore; una delle prime parole balbettate dal bambino ebreo: abbà, papà; un termine completamente diverso da quello che usava il popolo di Dio quando ripeteva: "Iahvè tu sei nostro padre" (Is 63,15; 64,7; Ger 3,19; ecc.).

Scrive Ioachim Ieremias: "Ci troviamo qui di fronte a qualcosa di completamente nuovo: il termine ‘abbà’... Uno sguardo d’insieme sulla grande e ricca letteratura giudea della preghiera ci porta a concludere che è completamente sconosciuta l’invocazione di Dio col nome di ‘abbà’. Come spiegare questo fatto? I padri della chiesa Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Ciro, originari di Antiochia, le cui nutrici, conseguentemente, parlavano il dialetto siriano occidentale dell’aramaico, sono concordi nell’affermare che ‘abbà’ era il nome dato dal bambino a suo padre. E il Talmud conferma: ‘Quando un bambino è svezzato, impara a dire ‘abbà’ e ‘immà’, papà e mamma. ‘Abbà’, ‘immà’ sono le prime parole balbettate dal bambino. ‘Abbà’ è puerile e comune; nessuno avrebbe osato dire ‘abbà’ a Dio! Gesù ha quindi parlato a Dio come un bambino al padre suo, con la stessa intima semplicità e lo stesso fiducioso abbandono".

Un figlio non può dire "abbà", papà, a uno che non è suo padre nel senso più forte del termine, se non è stato generato da lui, se non è della stessa natura, della stessa sostanza. L’uomo Gesù è quindi Dio, "della stessa sostanza del Padre" . Per questo la sua vita è pregare, perché la sua vita è essere Figlio. E la sua preghiera è "abbà" perché Dio è il suo "papà". Mai prima d’allora si era sentita una simile preghiera. Eppure da allora sarà la preghiera del mondo, la preghiera di tutti gli uomini, perché il Figlio si è fatto uomo appunto per essere "il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29), ai quali dirà: "Quando pregate, dite: ‘Padre nostro’, chiamatelo papà". Per il fatto che tutti i cristiani sono "partecipi della natura divina" (2Pt 1,4), la preghiera "cristiana" passerà dal cuore e dalle labbra di Gesù al cuore e alle labbra dei cristiani.



                                       

 
Preghiera cristiana, preghiera dei cristiani
di padre Pedron Lino

Leggiamo nel vangelo secondo Giovanni: "A quanti l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue né da volere di carne né da volere d’uomo, ma da Dio sono stati generati" (Gv 1,12-13). Dobbiamo credere alla realtà di questa nostra nascita da Dio: battezzati nel nome del Dio trinitario, entriamo realmente nella condivisione della vita filiale di Gesù. Leggiamo nella prima Lettera di Giovanni: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1Gv 3,1). Sul fonte del nostro battesimo, come sulle acque del Giordano, è disceso lo stesso Spirito di vita e d’amore, e su ciascuno di noi il Padre ha detto veramente: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Mc 1,11).
Con la sua nascita umana, Gesù aboliva tutti i templi, superandoli e surclassandoli all’infinito. Con la nostra nascita battesimale, siamo diventati, ciascuno, tempio come lui, con lui e in lui.
L’apostolo Paolo scrive ai Corinti: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio che siete voi" (1Cor 3,16-17).

In tutto il mondo, il tempio di Dio è dove un cristiano è abitato dallo Spirito e cerca di vivere come figlio o figlia di Dio. C’è tempio di Dio ovunque una comunità è riunita nello Spirito, nel nome di Gesù, e vive l’ascolto, la supplica, la lode e soprattutto l’eucaristia. I luoghi di culto non sono niente senza cuori oranti e assemblee celebranti "in spirito e verità" (Gv 4,23-24). La chiesa non è mai un edificio, ma l’assemblea che lo fa vibrare della sua fede e del suo fervore.
Gesù è entrato nel tempio tante volte per insegnare (Mt 26,55; Lc 19,47; 20,1; Mc 12,35), per affrontare i suoi avversari (Gv 7,37; 8,2), per scacciarne i mercanti (Mt 21,12), ma mai per pregare il Padre suo. Perché? Perché lui è più grande del tempio (Mt 12,6). Non da quelle mura secolari sale la vera adorazione, ma dal suo cuore abitato dallo Spirito, abitato dall’amore filiale. I veri sacrifici graditi a Dio non sono quelli offerti nel tempio, ma solo dal suo corpo viene offerto il vero ed unico sacrificio. Leggiamo queste parole attribuite a Cristo nella Lettera agli Ebrei: "Tu (o Dio) non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: ‘Ecco io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà’" (Eb 10,5-7). Anche noi siamo più grandi del tempio, più importanti della nostra chiesa parrocchiale e del duomo della nostra diocesi, perché il tempio di Dio siamo noi. Scrive san Paolo: "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo" (1Cor 6,19-20).

La nostra preghiera dunque non può essere un vestito da cerimonia da indossare ogni tanto. La nostra condizione di battezzati esige un’esistenza che abbia il suo centro nella comunione con il Padre mediante il dialogo con lui. Per un cristiano pregare non significa solo dire qualche preghiera mattina e sera, recitando delle formule di tanto in tanto, ma stare all’ascolto di Dio, in atteggiamento di apertura al Padre, in modo da prendere tutte le proprie decisioni in un amen, un "sì" filiale alla divina volontà.
Questo è il senso della sola formula di preghiera che il Signore ci ha insegnato, il "Padre nostro".

Dobbiamo diventare quello che siamo! Noi siamo costitutivamente fratelli o sorelle di Gesù, figli del Padre. Ora un fratello o un figlio che non ama è un degenere: rinnega il proprio sangue, la propria specie. Invece chi ama sente il bisogno di vivere questa realtà e di proclamarla. Ebbene, questo è pregare. Pregare è amare. Essere figli con Gesù costituisce la nostra stessa natura e quindi ascoltare il Padre e parlargli costituisce la nostra stessa vita; lasciare che lo Spirito d’adorazione e d’amore soffi in noi è la nostra stessa respirazione, il nostro alito vitale. Pregare significa esistere come figlio di Dio, come fratello di Gesù Cristo e come tempio vivo dello Spirito santo.

Se siamo figli nel Figlio Gesù, preghiamo nel nome di Gesù, come ci invita a pregare Gesù (Gv 14,13-14; 16,23-28; ecc.), ossia non chiediamo a vanvera la prima cosa che ci salta in mente, ma quanto egli stesso ha chiesto, quanto egli stesso chiederebbe se pregasse al nostro posto, perché in realtà è proprio Cristo che prega in noi e attraverso di noi quando preghiamo. La preghiera "cristiana" è la preghiera di Cristo. In altre parole, la preghiera "cristiana" è quella che Gesù continua a rivolgere al Padre attraverso di noi e in noi, per mezzo del suo Spirito, come scrive san Paolo: "Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio" (Rm 8,26-27). E che cosa ci fa dire lo Spirito? Ascoltiamo nuovamente l’apostolo Paolo: "Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: ‘Abbà’, ‘Padre!’. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rm 8,15-16). Ancora, come sempre, ci troviamo davanti al Padre nostro.

Prima di concludere diciamo qualcosa sulla preghiera di domanda. È una preghiera insegnataci con forza da Gesù stesso. È lui che ha detto: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane gli darà una pietra? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito santo a coloro che glielo chiedono" (Lc 11,9-13).

Diciamo subito una verità elementare: la preghiera non serve per cambiare Dio che va benissimo così, ma per cambiare noi che non andiamo bene così e dobbiamo convertirci. La preghiera serve per cambiare i nostri cuori, per mobilitare le nostre braccia e metterci all’opera con Dio che opera sempre (Gv 5,17). Quindi la preghiera non serve per rifilare a Dio le cose che non ci piacciono e per chiedere che faccia lui la nostra parte e ci lasci vivacchiare nella pigrizia e nel disimpegno. Dio è il Padre, l’educatore perfetto e non si presta a foraggiare i nostri vizi e ad accarezzare le nostre viltà. Se vogliamo essere figli come il Padre ci vuole, dobbiamo realizzare la beatitudine proclamata da Gesù: "Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 11,28). Ascoltare per sapere che cosa domandare; domandare per avere l’amore e la forza di vivere ciò che si è ascoltato: questo è il culmine, questa è la perfezione della preghiera di domanda.
Leggiamo nel vangelo: "Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate" (Mt 6,8).

Quindi le nostre richieste non sono pronunciate per rendere edotto Dio di qualcosa, ma per aprirgli il nostro cuore. Non perché il Padre, il Figlio e lo Spirito santo non sappiano quanto abbiamo in cuore, ma perché il nostro cuore si illumina mentre si manifesta, come una stanza quando si aprono le imposte. "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto" (Mt 7,7-8). Con questi imperativi, amorosamente fermi, è Dio stesso che bussa alla nostra porta. Nel rispetto assoluto della nostra libertà, egli aspetta la nostra invocazione; come una madre, spia il nostro grido per venirci in aiuto.

Concludiamo con una frase felice di Paul Claudel: "Se Dio non cessa di comandarci e di raccomandarci la preghiera è perché ne ha bisogno per essere alleggerito della sua misericordia che monta la guardia alla porta del nostro cuore in attesa che questa si apra".




 

Attenti alle: "Caricature della preghiera"

La preghiera è un rapporto di amore vero dell’uomo con Dio. E perché questo rapporto sia genuino dobbiamo saper distinguere la vera preghiera dai sottoprodotti, dai surrogati della preghiera.

Molte preghiere, purtroppo, sono false preghiere per un falso dio, per un dio che non esiste. Molti cristiani vanno a Dio come a un distributore automatico pronto alle loro necessità, per non dire ai loro capricci. Dio invece è il Padre, una persona seria, che non si presta alle falsità e alle pagliacciate
.

A pensarci bene, tutte le deviazioni della preghiera possono essere ricondotte a una sola: vogliamo che Dio faccia la nostra volontà. No! Lo scopo della preghiera non è di ottenere che Dio faccia la nostra volontà, ma che noi facciamo la sua. Gesù ci ha insegnato: "Quando pregate, dite: ‘Padre nostro... sia fatta la tua volontà’" (Mt 6,9-10). Al di fuori di questo atteggiamento ogni preghiera è illusione. E proprio perché Dio ci ama. La sua volontà nei nostri confronti si identifica con il suo amore per noi. Chiedere e ottenere qualcosa di diverso dalla sua volontà sarebbe chiedere e ottenere da Dio di non amarci: un’autentica follia e soprattutto una cosa assolutamente impossibile perché "Dio è amore" (1Gv 4,8).









Gesù "Pie Pellicane"
[…] Per capire come debba essere vissuta un’esistenza eucaristica ci viene incontro il simbolo del pellicano, un uccello che vive in Europa orientale, in Asia sud-occidentale e in Africa, e al quale si attribuisce un importante significato allegorico.

S. Tommaso utilizzò l’allegoria del pellicano per descrivere l’efficacia del sacrificio di Cristo:
“Pie pellicane, Jesu Domine” (o Pio pellicano, Nostro Signore);
Dante la cita in riferimento all’episodio dell’ultima cena in cui l’apostolo Giovanni reclinò il capo sul petto di Gesù: “Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto” (Paradiso, XXV, 112-114).

Il fatto che i pellicani adulti curvino il becco verso il petto per dare da mangiare ai loro piccoli i pesci che trasportano nella sacca ha indotto alla credenza che i genitori si lacerino il torace per nutrire i pulcini col proprio sangue, fino a diventare “emblema di carità”. Pertanto, il pellicano è assurto a simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli. Per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla  Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per gli uomini.

Il pellicano, dunque, nutre i suoi figli con il proprio corpo. Questa allegoria, allora, sta ad indicare che la vera esistenza eucaristica, nell’esercizio dell’amore di Dio e del prossimo, consiste nel dare se stessi, la propria esperienza, il proprio corpo. Si può certamente dare qualcosa di noi, delle nostre sostanze, dei nostri beni, del nostro superfluo, e questa generosità è una grande manifestazione di amore. Si può, però, dare tutto se stessi, secondo la logica evangelica dell’obolo della vedova (cf. Mc 12,44), e questa forma di generosità è la manifestazione suprema dell’amore […]
 (Mons. Ignazio Sanna, Celebriamo la vita. Lettera pastorale della Chiesa di Dio che è in Oristano)


[Modificato da Caterina63 11/02/2011 12:31]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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