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Che cosa fu l'INQUISIZIONE? Come agì la Chiesa?

Ultimo Aggiornamento: 13/02/2009 14:12
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15/12/2008 17:02
 
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Su richiesta di alcuni alunni delle classi quinte pubblico di seguito alcuni interventi e articoli sull'Inquisizione ricostruita da storici che contestano quelli che ritengono luoghi comuni e leggende nere a proposito dell'operato dei Tribunali dell'Inquisizione.
PER UN INQUADRAMENTO STORICO DELL'INQUISIZIONE

di Matteo D'Amico

1. La "leggenda nera" dell'inquisizione
La storia dell'Inquisizione può essere affrontata solo risolvendo preliminarmente il problema delle distorsioni interpretative che ne sono state date nel corso, in particolare, degli ultimi due secoli. Chi non ha occasione di svolgere studi specialistici, probabilmente non conosce l'Inquisizione, ma l'immagine distorta che di essa ci è stata tramandata dalla sua "leggenda nera", che romanzi, film e saggi storiograficamente discutibili continuano a diffondere. Leggenda che nasce quando i ribelli olandesi protestanti dei Paesi Bassi spagnoli, sollevandosi contro l'imperatore Filippo II, iniziano a inondare l'Europa con valanghe di libelli, opuscoli e manifesti che presentano la Chiesa Cattolica, e in particolare il tribunale dell'inquisizione, come un'istituzione capace di ogni barbarie. Lo scopo di questa pubblicistica è suscitare la solidarietà dei Paesi protestanti con la causa dei rivoltosi olandesi. La "leggenda nera" conosce poi un ulteriore sviluppo quando Voltaire (nella cui corrispondenza con il re di Prussia Federico II l'espressione "schiacciate l'infame!", cioè la Chiesa Cattolica, ricorre circa 150 volte) e gli illuministi utilizzano il tribunale inquisitoriale come simbolo dell'oscurantismo e dell'intolleranza clericale. Nell'Ottocento, liberali e massoni si sono sbizzarriti nello stesso esercizio: alterare la realtà storica e celebrare le "vittime" dell'Inquisizione (è il massone Francesco Crispi a permettere la costruzione del monumento a Giordano Bruno in piazza Campo de' Fiori a Roma) trasformandoli in martiri del libero pensiero. Infine nel Novecento, alla massoneria si è unita, nell'utilizzo ideologico e anticattolico della storia dell'Inquisizione, la storiografia marxista. In tutti i casi ricordati la semplificazione più grave è quella che confonde le varie tipologie di tribunali inquisitoriali, presentandole come espressione di un'unica istituzione. Converrà dunque partire dalla distinzione fra le inquisizioni: medioevale, spagnola, romana.

2. L'inquisizione medioevale

La prima tipologia di Inquisizione è quella medioevale. Per capirla bisogna ricordare che, a partire dalla rinascita dell'XI-XII sec., l'urbanesimo aveva conosciuto in Italia, in Provenza e in altre regioni europee un rinnovato rigoglio. Con la ripresa economica e sociale della città fa la sua comparsa sulla scena una nuova classe sociale: la borghesia. Composta per lo più da commercianti, da artigiani e piccoli industriali, da cambiavalute, questa classe sociale dinamica e intraprendente impara spesso a leggere e a scrivere per necessità lavorative e viaggia in regioni lontane per esigenze legate ai traffici e alle fiere; alcuni borghesi alfabetizzati iniziano a leggere e interpretare le Sacre Scritture senza conoscere né la Tradizione, né il Magistero: non a caso il fondatore del movimento valdese è un mercante. In questo clima nascono numerosissime eresie, che a partire da questi anni scuoteranno l'Europa cristiana, fino all'esplosione della Riforma protestante, che tutte le riassume. Le eresie medioevali sono in qualche modo una novità: dopo il grande scontro iniziale con la gnosi cristiana e con le eresie ariana e monofisita (per citare le più importanti), la Chiesa cattolica aveva attraversato secoli di relativa calma, dove il problema più importante era stato riuscire a evitare un assoggettamento al potere imperiale e temporale durante la lotta per le investiture. Il nemico era esterno alla Cristianità: i popoli barbari ancora pagani, gli slavi a Est, i normanni a Nord, i saraceni e i turchi che insidiano dal Mediterraneo. La compattezza dottrinale non era stata messa in pericolo gravemente fino a che non compare sulla scena una setta forse di origine orientale, che viene chiamata in molti modi, il più celebre dei quali è quello di "catari".

Portatore di una dottrina dal carattere manicheo, che prevede il rifiuto della generazione e del matrimonio, il suicidio (l'endura), il rifiuto del potere costituito e dei giuramenti di fedeltà, numerosi eccessi sia nelle pratiche ascetiche, che nella sfera sessuale, il catarismo si presenta come eresia dalla forte carica sovversiva anche sul piano politico e sociale.

Il popolo e le autorità temporali spesso intervengono in modo arbitrario colpendo anche innocenti, o non riuscendo a distinguere con precisione eretici e non. Gli eccessi numerosi spingono la Chiesa a istituire un suo tribunale in grado di applicare procedure regolari e di tutelare chi non ha colpe o è caduto per ingenuità, senza consapevolezza.

L'eretico inoltre diffonde l'errore, e la Chiesa sente la responsabilità di tutelare le anime che potrebbero essere traviate (nessuno si stupisce del resto se oggi lo Stato persegue dei terroristi o altri crimini che si presume attentino alla sua integrità o ai suoi valori). Dopo un intenso dibattito teologico si giunge a stabilire (come già in base all'antico Codice di Giustiniano, che funge da modello) la liceità della pena del fuoco per gli eretici convinti e relapsi (ovvero ricaduti nella stessa eresia dopo essere tornati una prima volta nel cattolicesimo).

L'anno di nascita ufficiale dell'Inquisizione medioevale è il 1233, quando Gregorio IX affida ai Domenicani e Francescani il compito di "legati pontifici" preposti al Tribunale inquisitoriale: autonomi rispetto ai vescovi, senza interessi locali, imparziali, teologicamente preparati, capaci di una vita ascetica profonda e intensa, i frati predicatori, e più tardi i Francescani, mostrano di saper gestire con equilibrio la situazione. L'eresia catara viene domata ed estirpata pressoché totalmente. Contrariamente alla giustizia penale secolare, caratterizzata' da arbitri e violenze ingiustificati, il tribunale inquisitoriale è assoggettato a precise norme procedurali, che tutelano l'inquisito e prevedono un processo e punizioni anche molto dure per i giudici che eccedono. A testimonianza del suo equilibrio e della sua mitezza basti pensare che nella seconda metà del XIII secolo solo l'1 % dei processi si chiude con la pena capitale; il 15% si chiude con la confisca dei beni. Vengono messi a punto manuali per l'inquisitore che limitino gli arbitrii, questionari con elenchi di domande obbligatorie. Si stabiliscono precisi confini all'uso della tortura (a differenza di quanto avveniva nella ben più spietata e anarchica giustizia secolare), che non può durare più di mezz'ora, è applicata solo in casi particolari, e non deve ledere fisicamente l'inquisito, permettendogli di tornare a una vita lavorativa normale. Ben presto diviene prassi consolidata quella di tenere verbali abbastanza fedeli di tutto il processo inquisitoriale, un processo in genere rapido ed efficiente (nella consapevolezza che una procedura lunga poteva essere gravemente infamante per un accusato rivelatosi poi innocente). Ci si muove solo sulla base di almeno due testimonianze affidabili, vagliate con severità e prevedendo pene severissime per chi avesse testimoniato il falso. Tutte innovazioni che saranno di straordinario impulso nella crescita del diritto penale anche secolare, lontanissimo all'inizio anche solo dall'idea di una tutela dell'inquisito. I tribunali medioevali operano con poche risorse finanziarie e pochi addetti, osteggiati dai vescovi e dai poteri locali, e non dirado vittime di attentati, rappresaglie e assassini, come nel caso di Pietro da Verona. Nel corso del XIV secolo, vinte le battaglie contro le eresie di inizio millennio, il tribunale langue, con una attività ridottasi fino alla sua scomparsa quasi totale.

3. L'inquisizione spagnola

Nell'immaginario collettivo Inquisizione e Inquisizione spagnola si sovrappongono: le efferatezze della seconda - quando e se vi furono - diventano le efferatezze della prima. Pochi errori sono più gravi. Infatti fu il re di un paese faticosamente avviatosi all'unificazione dopo la reconquista a chiedere insistentemente al Papa di avere in Spagna un tribunale inquisitoriale, che Sisto IV infine accordò il 1° novembre 1478. Ma fin dall'inizio più che un organo della Chiesa fu uno strumento del neonato Stato spagnolo, utilizzato per consolidare sul piano etnico, religioso e ideologico un paese pieno di religioni, razze e tradizioni diverse, in un'epoca in cui non era pensabile un'unità politica non fondata sull'unità delle fede. Il Papa in teoria poteva nominare e deporre l'inquisitore generale, che di fatto veniva scelto e controllato dai monarca.

La lotta, a partire dal 1492, per la conversione degli ebrei, che costituivano una percentuale saliente della popolazione (in alcune regioni raggiungevano il 30% degli abitanti), posti di fronte all'alternativa fra la conversione o l'esilio; il controllo dei conversos, sospettati, in alcuni casi a ragione, di essere dei marrani, ovvero di aver mantenuto segretamente pratiche e riti giudaizzanti; la lotta per la conversione forzata o l'espulsione dei moriscos a partire dal 1540 sono state le principali attività della Suprema. Dopo il Concilio di Trento, l'inquisizione spagnola si concentrò su mancanze gravi del clero e dedicherà molti sforzi a moralizzare i costumi sessuali (cosa benemerita se si pensa che gli studi più aggiornati attestano che la maggioranza della popolazione della Castiglia riteneva, verso il 1560, che fosse lecito unirsi ad una nubile consenziente).

Un'istituzione sanguinaria quella spagnola? Non pare se è vero che lo storico Henningsen, processando con un computer i dati riferiti a circa 50.000 processi, ha identificato una percentuale di condanne a morte (espressione oltre tutto che non sempre si traduceva nell'effettiva esecuzione) pari all'1,9%. A Toledo un terzo degli imputati del XVII secolo e rilasciato senza alcuna sanzione dopo il processo. I due terzi di tutti coloro che furono sottoposti a tortura (assai pochi, peraltro) resistettero alla prova: e ciò comprova la relativa mitezza del tormento, che non aveva nulla a che fare con la barbarie della tortura moderna. Inoltre, sempre dall'analisi dei processi svoltosi a Toledo si evince un dato impressionante, ovvero che 9 denunce su 10 non davano inizio ad alcun processo, tanta era la prudenza e la correttezza degli inquisitori prima di iniziare un procedimento che aveva in ogni caso gravi conseguenze. Per tutto l'impero spagnolo, Paesi Bassi e Americhe incluse, operano 300 funzionari stabili più 300 part-time, un pugno di uomini, ma capace comunque di risparmiare alla Spagna la diffusione del Protestantesimo e delle guerre di religione che insanguineranno la Francia.

4. Il Sant'Uffizio Romano

Il terzo tipo di Inquisizione è quella rappresentata dal Sant'Uffizio romano, istituito da Papa Paolo III nel 1542 con la bolla Licet ab initio, come tentativo di riportare in vita e aggiornare l'antica Inquisizione medioevale. Il nemico è adesso il Protestantesimo in tutte le sue forme. Il Sant'Uffizio sulla carta dovrebbe controllare tutta la Chiesa Cattolica senza esclusione di Stati o territori, ma di fatto opera soprattutto nella penisola italiana, e più precisamente nello Stato pontificio e nei piccoli regni e ducati politicamente meno forti e autonomi. Già Venezia la limita e la ostacola, al di fuori dell'Italia praticamente non può operare, trovando sulla sua strada un avversario insuperabile: io Stato moderno con le sue pretese gallicane di controllo della Chiesa. Studiando la struttura dell'inquisizione romana, John Tedeschi, il più lucido e aggiornato storico del tema, sottolinea l'incredibile modernità delle procedure adottate.

Qualche esempio eloquente: il diritto dell'imputato ad avere un avvocato difensore, scelto fra tre da lui. proposti; l' "avvocato d'ufficio" pagato dal tribunale per chi versa in condizioni di povertà; la traduzione degli atti processuali in volgare e la loro fornitura in copia all'inquisito, perché possa difendersi studiando bene i documenti d'accusa; la prudenza estrema nell'arrestare e nel carcerare; la clemenza verso chi si denunciava sua sponte; la severità incredibile nel vagliare e scartare le testimonianze accusatorie; la possibilità di contestare e contro-interrogare i testimoni dell'accusa: tutte norme che il diritto penale secolare introdurrà molto tempo dopo, e che la laica e liberale Inghilterra, ad esempio, incomincerà ad adottare solo nei primi decenni dell'Ottocento. Infine non si possono non menzionare le condizioni carcerarie quasi confortevoli (è una tesi ben dimostrata da Luigi Firpo, che ricorda il cambio delle lenzuola ogni settimana, la possibilità di avere vino o birra, capi di vestiario personalizzati, celle spaziose e luminose, libri e testi utili a difendersi e a redigere memorie a propria discolpa).

Dunque, considerando tutto l'insieme al di fuori del macabro alone di mistificazioni sviluppato dalla "leggenda nera" illuministica-massonica-marxista, non è temerario affermare che l'Inquisizione romana ha rappresentato, nei fosco quadro della giustizia europea dal XVI al XVIII secolo, una vera e propria oasi di modernità, di rispetto dell'imputato, di rigore procedurale, di trasparenza e di correttezza fra organi periferici e organo centrale di controllo, di geniale anticipazione di norme "garantiste" che la giustizia laica raggiungerà solo molto più tardi. Conferma questo quadro un dato poco citato dai manuali di storia: dal 1542 al 1761 le condanne a morte emesse dal Sant'Uffizio sono state presumibilmente 97 Una media di i condannato a morte ogni 26 mesi

Inquisizione

"Sostengo in questi saggi che l'inquisizione non fu un tribunale arbitrario, un tunnel degli orrori o un labirinto giudiziario da cui era impossibile uscire. La suprema Congregazione romana vigilava sui tribunali provinciali; imponeva la puntuale applicazione di quella che, per l'epoca, era una legislazione improntata a moderazione, e mirava all'uniformità dei processi". (John Tedeschi, Il giudice e l'eretico, Vita e pensiero, p. 17).

© Il Timone n.23 - Gennaio/Febbraio 2003



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IL BAZAR DEI LUOGHI COMUNI

di Roberto Beretta


Torquemada (Ebreo convertito e poi frate Domenicano), le streghe, il sabba, la tortura, il rogo.
Parla Franco Cardini, medievalista di fama mondiale: solo la disinformazione tiene in vita la leggenda nera sull'inquisizione.

Difendere Torquemada. È pur sempre un toscanaccio (cioè un "guascone d'Italia"...) Franco Cardini: lo specialista dei Medioevo che non si perse il gusto di rivalutare le Crociate o - più recentemente - l'Islam dopo Bin Laden... Ma il bello è che uno storico del suo calibro non può essere accusato di "revisionismo" solo perché difende una tesi scomoda all'opinione comune: bisognerebbe saperne più di lui sui testi, sulle fonti, sugli inoppugnabili studi scientifici cui si riferisce come qualunque professore. Anche parlando d'inquisizione.

Professor Cardini, quali sono i luoghi comuni più diffusi sull'inquisizione?

La prima nozione da sfatare è che l'Inquisizione procedesse in modo arbitrario e per volontà della Chiesa di asservire la società laica alla sua visione repressiva e fanatica. Ciò è totalmente privo di fondamento e corrisponde a una "leggenda nera" avviata nei secoli XVIII e XIX, prima in àmbito illuministico e poi protestante: due propagande calunniose, che volevano distorcere la realtà in modo anticattolico (tra l'altro, i roghi erano più frequenti nei Paesi della Riforma, soprattutto calvinisti, che in quelli soggetti a Roma). Così, anche se a livello scientifico la realtà è ormai chiara da decenni, il gioco dei mass media continua a mettere in circolazione le vecchie dicerie del Sette e Ottocento.

Intende dire che la ferocia dell'Inquisizione non corrisponde al vero?

Assolutamente no, e non lo dico io che - in quanto cattolico - potrei essere sospetto di parzialità. Lo affermano studiosi come John Tedeschi, italo-americano ed ebreo, o come Adriano Prosperi, di area marxiano-gramsciana, i quali concordemente arrivano a questa diagnosi: i processi dell'inquisizione sono in generale corretti, il ricorso alla tortura c'è nella misura in cui è un espediente ordinariamente usato a quel tempo nei tribunali laici, infine gli inquisitori funzionano spesso come garanti di equità nel processo. Non sono rari, infatti, i casi di assoluzione degli imputati in seguito a una presa di posizione dell'inquisitore.

Però sembrano tutte eccezioni rispetto alla regola.

Sono casi particolari, non eccezioni. Normalmente, invece, il processo inquisitoriale si concludeva col non luogo a procedere oppure con condanne leggere (l'esilio, pene pecuniarie, penitenze). Gli specialisti oscillano tra il 40 e il 70% di processi conclusi con una condanna, e in questa percentuale - alta ma non schiacciante - la pena capitale è relativamente rara, senza contare che c'erano infiniti modi per evitarla. In sostanza il rogo coglieva solo l'eretico che si metteva nelle condizioni di essere considerato recidivo.

Però sembra sempre di nascondersi dietro una regolarità giuridica. In realtà ciò che oggi infastidisce è che la "caccia alle streghe" appare una persecuzione delle idee, un moto repressivo delle coscienze.

Quest'immagine è frutto di un'informazione più che lacunosa: inesistente. È una diceria. In realtà i delitti legati alla stregoneria o all'eresia erano veri e propri reati. In generale non si finiva davanti all'Inquisizione per le proprie opinioni, ma sempre per l'accusa di reati effettivi: aver procurato aborti, avere avvelenato qualcuno, aver partecipato ad atti delittuosi... Spesso poi non era la Chiesa bensì il popolo che voleva veder bruciata la strega, di cui magari si era servito per pratiche vergognose, ma della quale aveva paura perché essa conosceva i segreti di tutto il paese.

Niente streghe perseguitate perché donne, o perché troppo libere, o perché troppo ribelli?

Il passepartout della repressione delle donne in quanto "diverse", o della follia di povere matte che venivano trattate come criminali, è troppo facile. Così come è abusata l'idea che fosse la paura stessa dell'Inquisizione a indurre le accusate a inventare menzogne come le scene del sabba, il volo delle streghe, eccetera. Oggi, grazie alla psicoanalisi, sappiamo molto di più sul rapporto complesso che si può creare tra accusatore e accusato, e che talvolta induce quest'ultimo a creare i presupposti della condanna. Inoltre il Seicento fu un'epoca in cui il livello della fantasia era elevatissimo, per esempio si è scoperto che il pane veniva preparato utilizzando ingredienti fortemente allucinogeni come il loglio, una sorta di droga vegetale. E questo aiuta a capire come nella "confessione" delle streghe non ci fosse solo la disperata adesione allo schema demonologico dell'inquisitore, ma processi assai più articolati.

E la tortura? La confessione resa per sfuggire al dolore?

Questo certamente succedeva, ma non bisogna dimenticare nemmeno che la tortura era un procedimento ordinario, che si usava abitualmente nei tribunali civili come strumento probatorio. La tortura giudiziaria era chiaramente regolata: non doveva essere più feroce e dolorosa di un certo livello, doveva essere limitata nel tempo, spesso si svolgeva sotto controllo di un medico. Inoltre poteva essere usata solo in due casi: quando le dichiarazioni dell'imputato erano contraddittorie o quando le prove di un processo non fossero chiare.

Riesce a salvare anche Torquemada, che incombe sul nostro immaginario come l'inquisitore per antonomasia?

Chi l'ha studiato, ci mostra un uomo rigoroso e duro, però di grande correttezza. Faceva un mestiere spiacevole (era funzionario dei Reali di Spagna) perché là l'inquisizione dipendeva dalla Corona e non dalla Chiesa: fatto che spesso si dimentica), ma era molto lontano dalle caricature cinematografiche che se ne sono fatte.

Tutto bene, allora? Qual è il bilancio dello storico cristiano di fronte all'inquisizione?

Bisogna tener presente che la libertà di opinione e di pensiero è una conquista del XVIII secolo e che prima si ragionava in termini di verità assolute e di istituzioni chiamate a tutelarle. Spesso gli inquisitori dovevano cedere alla ragion di Stato, perché i sovrani avevano paura degli eretici i quali sovente erano anche criminali comuni, o comunque dei sovversivi, e come tali andavano messi in condizioni di non nuocere. Il processo di rottura provocato dalla Riforma e la nascita dello Stato assoluto, messi insieme, generarono in Europa un clima che tendeva a privilegiare la "sicurezza sociale" sulla libertà individuale d'espressione. Perciò, aspettarsi con due o tre secoli di anticipo il rispetto dei moderni diritti umani è un indebito anacronismo storico.


Inquisizione

"Non si possono giustificare i soprusi, i roghi e tutti gli altri orrori che, in nome della difesa della fede, furono commessi nel periodo della Riforma. Questi strumenti furono impiegati non solo dall'inquisizione ma praticamente da tutti gli altri sistemi giudiziari d'Europa: nel sedicesimo secolo erano parte integrante delle procedure, fatto del quale nessuno si scandalizzava. È tuttavia mia convinzione che le future ricerche dimostreranno che essi furono usati con minore frequenza e con più riguardo per la dignità umana nei tribunali del Sant'Uffizio che altrove".

(John Tedeschi, Il giudice e l'eretico, Vita e pensiero, pp. 122-3).

© Il Timone n.23 - Gennaio/Febbraio 2003

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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