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8 agosto S.Domenico Guzzman: Fondatore Frati Predicatori (Famiglia Domenicana)

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2012 19:30
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06/12/2008 08:07
 
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PAPA GIOVANNI PAOLO II ALL’ORDINE DOMENICANO


Il 14 luglio 2001 in America i rappresentanti dell’Ordine Domenicano riunito in Capitolo Generale ha eletto Padre Carlos Azpiroz Costa Maestro Generale.



Prima dell’elezione il Santo Padre Giovanni Paolo II ha inviato ai Padri Capitolari e all’Ordine Domenicano intero il seguente suo messaggio personale con gli indirizzi per la missione dei Predicatori per il terzo millennio; ecco il testo integrale della Lettera Apostolica:


«Ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce» (Col 1, 12), saluto Lei e l’Ordine dei Predicatori in occasione del Capitolo Generale cominciato a Rhode lsland il 10 luglio 2001. Mentre vi riunite nel primo Capitolo del nuovo millennio per eleggere l’ottantacinquesimo successore del vostro beato Fondatore, san Domenico, invoco su voi membri del Capitolo la luce dello Spirito Santo affinché tutto ciò che penserete, direte e farete rafforzi l’Ordine, doni pace alla Chiesa e renda gloria a Dio.

Fin dall’inizio uno dei compiti assegnati al vostro Ordine è stato la proclamazione, della verità di Cristo in risposta all’eresia albigese, una nuova: forma di quella ricorrente eresia manichea che il Cristianesimo ha dovuto affrontare fin dal principio. Al centro vi sono la negazione dell’Incarnazione e il rifiuto di accettare che «il Verbo si fece carne, e venne ad abitare In mezzo a noi, pieno di grazia e di verità» (Gv 1, 14). Per rispondere a questa nuova forma di un’eresia per altro antica, lo Spirito Santo, ha dato vita all’Ordine dei Predicatori, uomini che sarebbero stati superiori per povertà e mobilità al servizio del Vangelo, che avrebbero contemplato incessantemente la verità del Verbo Incarnato nella preghiera e nello studio e avrebbero trasmesso agli altri i frutti di quella contemplazione mediante la, predicazione e l’insegnamento. Contemplata aliis tradere: il motto dell’ordine divenne la sua grande esortazione all’azione e resta tale ancora oggi.

Nel vostro Capitolo rifletterete sui seguenti temi strettamente legati fra loro: «Predicare il Vangelo in un mondo globalizzato» e «Il rinnovamento della vita contemplativa». La storia del vostro Ordine dimostra che il Vangelo verrà predicato in modi efficaci ed autentici in un mondo in rapida evoluzione solo se il cristianesimo seguirà il cammino della contemplazione, che conduce a un rapporto più profondo con Cristo «accolto nella sua molteplice presenza nella Chiesa. e nel mondo, confessato come senso della storia e luce del nostro cammino» (Novo Millennio ineunte, n. 15).

È chiaro che le antiche afflizioni dell’animo umano e le grandi falsità non muoiono mai, ma giacciono nascoste per un certo periodo di tempo per poi riapparire sotto altre forme. E. il motivo per cui è sempre necessaria una nuova evangelizzazione del tipo al quale lo Spirito Santo esorta ora tutta la Chiesa. Viviamo in un’epoca caratterizzata a suo modo dalla negazione dell’Incarnazione. Per la prima volta dalla nascita di Cristo, avvenuta duemila anni fa, è come se quest’Ultimo non trovasse più posto in un mondo sempre più secolarizzato. Non che venga sempre negato in maniera esplicita. Molti sostengono di ammirare Gesù e di apprezzare alcuni elementi del suo insegnamento, ma Egli resta distante: non lo si conosce, non lo si ama e non gli si obbedisce veramente e lo si relega in un passato remoto o in un cielo distante.

La nostra è un’epoca che nega l’Incarnazione in una miriade di modi e le conseguenze di questa negazione sono chiare e inquietanti. In primo luogo, il rapporto dell’individuo con Dio viene considerato esclusivamente personale e privato, cosicché Dio viene rimosso dai processi che governano l’attività politica; economica e sociale. Ciò porta a una notevole diminuzione del senso delle possibilità umane perché solo Cristo rivela pienamente le magnifiche possibilità della vita umana, «svela anche pienamente l’uomo all’uomo» (Gaudium et spes, n. 22). Quando si esclude o si nega Cristo, la nostra visione della finalità umana si riduce e prevedendo e mirando a meno di questo, la speranza e la gioia lasciano il posto alla disperazione e alla depressione. Subentra inoltre una sfiducia profonda della ragione e della capacità umana di cogliere la verità. Infatti si mette in dubbio il concetto stesso di verità. Impoverendosi reciprocamente, la fede e la ragione si separano, degenerando rispettivamente nel fideismo e nel razionalismo (cfr Fides et Ratio, n. 4Cool.

Non si apprezza e non si ama la vita e si fa strada una certa cultura della morte con i suoi amari frutti di aborto ed eutanasia. Non si apprezzano e non si amano correttamente il corpo e la sessualità umani e ne deriva un’attività sessuale degradante che si esprime con la confusione morale, con l’infedeltà e con la violenza della pornografia. Non si ama e non si apprezza neanche il creato stesso ed ecco lo spettro dell’egoismo distruttivo nell’abuso e nello sfruttamento dell’ambiente.



In tale situazione la Chiesa e il Successore dell’Apostolo Pietro guardano all’Ordine dei Predicatori con una speranza e una fiducia non inferiori a quelle del momento della sua fondazione. Le necessità della nuova evangelizzazione sono grandi. E certo che il vostro Ordine, con le sue numerose vocazioni e la sua eccezionale eredità, deve svolgere un ruolo vitale nella missione della Chiesa per sradicare vecchie falsità e proclamare il messaggio di Cristo in maniera efficace all’alba del nuovo millennio.

In punto di morte san Domenico disse ai suoi fratelli costernati: «Non piangete perché vi, sarò più utile dopo la morte e vi aiuterò più efficacemente che in vita». Prego con fervore affinché l’intercessione del vostro Fondatore vi rafforzi nello svolgimento dei vostri compiti e affinché la lunga schiera dei santi domenicani che ha arricchito il passato dell’Ordine illumini il suo cammino in futuro. Affidando l’Ordine dei Predicatori alla sollecitudine materna di Nostra Signora del Rosario, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica a Lei, ai membri del Capitolo e a tutti i frati quale pegno di grazia e di pace infinite in Gesù Cristo, «Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura» (Col 1,15)".

Dal Vaticano, 28 giugno 2001

(©L'Osservatore Romano - 20 luglio 2001)



**********************************************

Sette mesi dopo, esattamente il 15 febbraio 2002, in Vaticano, nella Biblioteca privata del Palazzo Apostolico, lo stesso Giovanni Paolo II ha ricevuto in Udienza il Consiglio Generale dell’Ordine dei Frati Predicatori. Questo il testo integrale del discorso pronunciato dal Sommo Pontefice:

"Carissimi Religiosi,

1. Con grande gioia accolgo voi, che fate parte del Consiglio Generale dell’Ordine dei Frati Predicatori. A ciascuno rivolgo il mio saluto cordiale e, attraverso di voi, lo estendo all’intera vostra Famiglia religiosa. Ringrazio, in particolare, il Maestro Generale, P. Carlos Azpiroz Costa, che si è fatto interprete dei comuni sentimenti di adesione e fedeltà alla Sede Apostolica.


Incontrandovi oggi, ripenso ai contatti che ho avuto con il vostro Ordine. È sempre vivo nel mio animo il ricordo degli anni dei miei studi presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino in Urbe. È stato un periodo molto fruttuoso per la mia formazione teologica, grazie anche al contributo qualificato di prestigiosi e indimenticabili maestri domenicani. Vorrei qui citare il Padre Garrigou Lagrange, i Padri Paul Philippe e Mario Luigi Ciappi, divenuti poi Cardinali, ed altri illustri docenti domenicani. Quel che ho avuto modo di assimilare nelle aule dell’Angelicum non ha mai cessato di accompagnarmi nel ministero pastorale.


2. Il benemerito Ordine domenicano, del quale voi siete qualificati rappresentanti, ha un suo specifico compito nella vasta opera della nuova evangelizzazione, che il Grande Giubileo del 2000 ha con vigore rilanciato. Si tratta di una corale impresa ecclesiale, cui tutti i componenti del Popolo di Dio e in special modo le Famiglie religiose devono recare il loro apporto. "Gli uomini del nostro tempo - ho scritto nella Lettera apostolica Novo Millennio ineunte -, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di "parlare" di Cristo, ma in certo senso di farlo loro "vedere" (n. 16)". Questa esigenza non coincide forse col programma di vita, così efficacemente espresso da san Tommaso: "contemplata aliis tradere". Solo chi ha fatto esperienza di Dio può parlare di Lui in modo convincente agli altri. Alla scuola di san Domenico e dei tanti santi domenicani, voi siete chiamati ad essere maestri di verità e di santità.


3. Sia questo, carissimi, l’orientamento di fondo del vostro Consiglio Generale nel dare indicazioni coraggiose per la vita e l’apostolato dei Frati Domenicani nel mondo. lo vi seguo con affetto, augurando ogni desiderato bene per le vostre Comunità sparse in ogni continente. Su di esse invoco la materna assistenza della Beata Vergine del Rosario e la protezione dei Santi e Beati dell’Ordine. Nell’assicurare il mio ricordo nella preghiera, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi, ai vostri Confratelli e a quanti fanno parte della Famiglia spirituale domenicana".

**************************

LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AL MAESTRO GENERALE DEI DOMENICANI
IN OCCASIONE DEL CAPITOLO GENERALE DELL'ORDINE

Al Reverendo Padre Carlos Alfonso Azpiroz Costa
Maestro Generale dei Domenicani
Cracovia

Nelle tue mani, Venerato Fratello, depongo il mio cordiale saluto e le espressioni della mia unione spirituale con i rappresentanti delle comunità domenicane di tutto il mondo, i quali nelle ultime settimane si sono radunati a Cracovia per pregare insieme e per riflettere sull’attuale situazione dell’Ordine e sui compiti che gli impone il carisma del Fondatore nella prospettiva delle sfide contemporanee. Sono certo che questo sforzo è stato accompagnato dal soffio dello Spirito Santo, il quale lungo i secoli guida i figli spirituali di San Domenico, colmandoli di saggezza nel propagare il Vangelo e di prontezza nel servire Cristo nella Sua Chiesa. Questo soffio vi accompagni sempre, affinché il vostro ministero porti frutti benedetti.

Sono lieto che questa volta, la prima nella storia, il Capitolo Generale si sia svolto a Cracovia, avendo come suo particolare patrono San Giacinto (S. Jacek Odrowąż), così fortemente legato a tale amata città. Confido che nelle vostre meditazioni non siano mancati i riferimenti allo zelo apostolico di quest’apostolo delle terre slave, che egli percorse da Danzica (Gdańsk) a Kiev, non solo annunciando il Vangelo, ma anche dando testimonianza dell’amore di Cristo mediante la sua personale santità. Domani, quando nella liturgia ricorderemo questo Santo, in modo particolare pregherò, affinché il suo spirito accompagni i confratelli domenicani che oggi intraprendono la stessa missione in tutti i continenti.

L’attività apostolica dei domenicani sempre è stata legata al “servizio del pensiero”, di cui è stata espressione la premura per l’approfondimento dei diversi rami della scienza come anche il tentativo di avviare con i loro esponenti un dialogo a livello filosofico e teologico. Cracovia, con la sua Università, è stata lungo i secoli un particolare testimone di questo servizio. Ne affido la continuazione oggi a voi, perché le generazioni del nostro secolo possano abbondantemente attingere alla vera saggezza e perché diventino sempre più spiritualmente libere, capaci di assumere la propria responsabilità a servizio della dignità della persona umana in ogni manifestazione della vita individuale e sociale.

Alla Madre di Dio, Regina del Rosario, affido te, Reverendo Padre Generale, i Membri del Capitolo e tutti i Domenicani. La sua intercessione ottenga per il vostro Ordine tutti i doni di Dio, affinché possa svilupparsi nella pace e servire fruttuosamente la Chiesa. Di cuore benedico tutti: Nel nome del Padre e del Figlio, e dello Spirito Santo.

Da Castel Gandolfo, 16 agosto 2004

GIOVANNI PAOLO II

__________________________________________

IL BASTONE E IL COLTELLINO
Alcuni temi del capitolo generale dell'Ordine dei Predicatori
a cura di Luca Spini, PMCD

(Piccolo Movimento Contemplativo Domenicano)

www.geocities.com/Athens/Agora/8422/pl3_98.htm

Dal 13 luglio al 4 agosto si è tenuto a Bologna il Capitolo Generale dell'Ordine dei Prediacori, "L'Assemblea dei Frati rappresentanti le Provincie dell'Ordine per discutere e definire cio che riguarda il bene di tutto l'Ordine, e all'occorrenza eleggere il Maestro dell'Ordine" (LCO, 405).
Il logo riproduce il bastone e il coltellino appartenuti a S.Domenico, due cose semplici, piene di significato. Sono l'eredità lasciata dal Fondatore: da un parte l'itineranza, il non avere dimora fissa, il viaggio, mai da solo, di San Domenico. E' il nostro viaggio, non necessariamente materiale, in compagnia del fratello, della sorella, insieme. Dall'altra la libertà, il coltellino, "il coltello dell' uomo libero - ci ricorda il Maestro dell'Ordine nell'Omelia di apertura - il simbolo della libertà di fare cose nuove. E' la libertà di coloro che, come dice S.Paolo, non hanno ricevuto uno spirito da schiavi ma da figli".

Sono molti i temi affrontati durante il Capitolo e grazie ad Internet ed al lavoro impareggiabile dei Fratelli e delle Sorelle, è stato possibile seguire lo svogimento del Capitolo, leggere i documenti, i commenti e perchè no, vedere le foto dei frati mentre guardano la finale di coppa del Mondo!
Particolarmente ricca di riflessioni è la nota della commissione De Missio Ordinis, che su richiesta del Maestro dell'Ordine, si è data come obiettivo il tema "Essere liberi per la missione". La missione dell'Ordine è quella della predicazione del Vangelo in unione con tutta la Chiesa. E' una missione universale, una chiamata ad andare oltre le frontiere che separano oggi il ricco dal povero, le donne dagli uomini, le diverse confessioni cristiane e le altre Religioni.

E' una missione che si svolge in un contesto in continuo movimento e che per questo richiede dinamismo, capacità di ridefinire uno stile, di rispondere con creatività ad una domanda di senso sempre più urgente, andando oltre le superstizioni superficiali della New Age. Il documento ci ricorda che l'Ordine si colloca da sempre nei luoghi di divisione, di frattura, quelle che P.Pierre Claverie o.p. definiva come, "lignes de fractures" che attraversano il mondo "globalizzato"e spesso caratterizzato da ingiustizie, conflitti sociali, razziali e di religione. " Il nostro Ordine - sottolinea il documento - tenta di scoprire la verità nella presenza, nell'incontro con l'altro. Una missione condivisa con i nostri fratelli e le nostre sorelle dell'Ordine uniti nello stesso battesimo e che si esprime nel servizio della Parola e dei Sacramenti. E' una missione che cerca il dialogo con le diverse culture e religioni in tutti i continenti, è una missione apostolica e intellettuale, radicata nello studio e nella contemplazione e che riceve il suo dinamismo dalla compassione. Con umiltà, dà ragione della speranza che è in noi con la forza della riconciliazione, del perdono e della gioia".

La commissione propone le sue riflessioni evidenziando come Cristo si manifesti come Messia nel farsi carico delle sofferenze dell'altro, nel farsi responsabile verso l'altro, nel condividere le sofferenze e la Sua morte è la conseguenza di questa solidarietà. La sua vita e il suo annuncio chiamano ognuno a questa responsabilità. Per questo "credere in Cristo non significa affermare una dottrina, ma piuttosto riconoscere questa chiamata a divenire responsabili nei confronti delle sofferenze dell'altro. La salvezza, o il giudizio, non è la conseguenza della proclamazione di un contenuto dogmatico, ma dell'assumersi o meno questa responsabilità".
lnsomma, questo documento individua il dialogo come forma nuova di predicazione, parlando di una vera e propria "spiritualità del dialogo" che si esprime nell'ascolto dell'altro, ma anche nell'ascolto di una cultura diversa o di una nuova forma di cultura.Ma il dialogo non è solo una nuova forma di predicazione, è anche una vera esigenza: "chiudersi nell'ambiente dei credenti con cui condividiamo la nostra fede significherebbe la morte dell'Ordine, come di qualsiasi Comunità".

Certo, il dialogo, l'uscire fuori dai propri ambienti comporta dei rischi. Anche S. Domenico si espose a dei rischi. Il rischio è un valore anche per i domenicani: il rischio di uscire dai nostri spazi chiusi, il rischio di mettersi in ascolto e di entrare in certe "avventure"che non sappiamo dove ci condurranno . Vi sono alcuni fratelli che mettono a rischio la loro vita, sono là nel Chiapas, nella regione dei Grandi Laghi, in Brasile. Resistono. Sono rischi dell'amore, perchè "la salvezza viene dall'amore". Amare è accettare di essere vulnerabile, di essere ferito.

Conosciamo la storia dell'uomo che muore e che viene portato in Paradiso.

L'angelo alla porta gli chiede: "Dove sono le tue ferite?" "Quali ferite?" - risponde -non ne ho!"
L'Angelo guardandolo con tristezza gli risponde:
"Ma non c'era niente per cui valesse la pena di lottare?"
Il Capitolo di Bologna ha accolto, facendo proprie, alcune riflessioni proposte nelle note introduttive dei rappresentanti delle monache, dei laici, e del IDYM (International Dominican Young Movement), il Movimento Giovanile Domenicano.

Sr.Maria Tomas Schniederberend, o.p. ha manifestato il desiderio delle monache di "essere un segno per tutti i rami dell'Ordine. Segno che la salvezza, non dipende solo dal fare o dal lavorare, ma anche dalla preghiera e dalla contemplazione" ... " a noi monache piacerebbe che i nostri monasteri fossero oasi di pace, luoghi di riposo".

"Predicare attraverso la Comunità significa - afferma Sr.Maria Tomas - essere aperti all'accoglienza dell'altro. Dobbiamo essere bene informate, preparate in modo da poter rispondere alle necessit… di quanti vengono a trovarci, ci scrivono o telefonano. Vogliamo renderci conto che veramente predichiamo attraverso le nostre Comunità. Vogliamo che anche i laici possano partecipare alla preghiera, specialmente all'Eucarestia. Dobbiamo vivere la nostra vita apertamente, non in un ghetto. Non possiamo chiuderci nelle nostre proprie necessità, per cui, dobbiamo sempre ritornare agli inizi dell'Ordine per arricchirci".

Il rappresentante dei Laici Domenicani nel suo intervento, ha sottolineato che la missione dei Laici non è diversa da quella dei Frati e delle Monache. E' diverso il modo di realizzarla.

"Noi non viviamo in un monastero e questo fa si che sia meno avvertita la dimensione comunitaria. Ma Š anche vero che i Laici hanno molti contatti e diverse possibilità di arrivare ancora più direttamente alla gente. Noi possiamo arrivare alla gente del quartiere, del lavoro, dei club sportivi, e certamente a quanti sono lontani dalla Chiesa e che difficilmente si avvicinerebbero a un sacerdote. Ma questa testimonianza è possibile se i Fratelli, le Sorelle consacrate ed i Laici camminano insieme, mano nella mano e questo significa pregare insieme, studiare insieme".

Al Capitolo era presente anche un giovane domenicano in rappresentanza del Movimento Giovanile. Era la sua prima esperienza e la commenta così:
"L'invito al Capitolo è stata per me una dichiarazione d'amore dell'Ordine per i giovani. Il Movimento Giovanile sta crescendo in tutto il mondo e specialmente in America Latina si formano gruppi di giovani domenicani. Di conseguenza, diventa importante lo scambio d'informazione fra i diversi gruppi. Generalmente questi gruppi ruotano intorno ad un Convento o a un Monastero generando un arricchimento reciproco, una formazione in comune, in vista della missione, di giovani per i giovani, ma non solo.

Fondamentale per la vita stessa di questi gruppi è l'equilibrio far i quattri "pilastri ": preghiera, comunità, studio e missione.

Ma occorre essere creativi:

"...fare quello che fanno tutti gli altri non è domenicano"

Crisi di vocazioni? NO!

(Piccolo Movimento Contemplativo Domenicano)

www.geocities.com/Athens/Agora/8422/pl3_98.htm

L’Ordine dei Predicatori (o Domenicano) ha un suo Superiore dal quale dipendono i Frati, le Monache e i Laici domenicani..

Nel nostro caso il Superiore maggiore ha il titolo di "Maestro", ossia Maestro Generale o Maestro dell’Ordine. "Maestro" perché, essendo a capo di un Ordine di persone dedite per vocazione all’insegnamento della sana Dottrina e alla predicazione della Parola, ci vuole uno a capo che sia il Maestro di tutti.

Il nostro attuale Maestro si chiama Padre Timoty Radcliffe (aggiorneremo a parte la figura del nuovo Maestro Generale che è sempre fortissimo ed argentino), è inglese ed è fortissimo, pieno di gioia! Ciò che scrive o dice è spesso pubblicato sui giornali e anche sulle Riviste di altri Ordini religiosi.

Il 9 aprile scorso ad esempio, durante una intervista rilasciata in Svizzera, così ha dichiarato:

"L’ORDINE DOMENICANO NON CONOSCE UN PROBLEMA DI CALO DI VOCAZIONI."

Ha poi continuato dicendo che "il più gran numero dei candidati viene dai paesi occidentali, in particolare dagli Stati Uniti, seguiti dall’Inghilterra, Francia, Germania. Ma, aggiunge, essere religiosi nella società attuale vuol dire essere un segno di contraddizione, ed è la ragione per cui attira. In un mondo dominato dall’ideologia del consumismo, i giovani vedono che noi troviamo il nostro benessere non accumulando beni materiali. Di fronte alle sfide di una società consumista, non è facile resistere. Non è facile essere poveri in un mondo che attribuisce grande valore alla ricchezza materiale. E’ difficile fare la scelta della castità in una società che attribuisce grande valore alla sessualità attiva. La soluzione perciò va cercata in un atteggiamento improntato sulla gioia autentica, perché se siamo gioiosi, possiamo convincere altri giovani che possono scegliere questo cammino"

Quanto poi all’insegnamento della Chiesa (spesso criticata), il Padre Timothy è del parere che " non è un discorso fatto di divieti o di permessi, MA E’ UN INVITO A VIVERE. Penso, egli dice, che vivere pienamente non sia facile, ma lì (nell’insegnamento della Chiesa) si trova il suo punto focale".

Ebbene, carissime/i, questa dichiarazione è quanto mai incoraggiante per voi e per noi, in un tempo in cui sembra che tutti abbiano inforcato gli occhiali neri. Avere la speranza e avere fiducia in Dio e in se stessi, è davvero qualcosa che accende nei cuori una nuova voglia di vivere; la voglia di vivere la vita e donarla con e per amore di Cristo e dei fratelli. La vocazione è una scelta di totalità che realizza totalmente la persona. Essa è frutto di una "chiamata divina", ma è anche una decisione della volontà del chiamato/ta, una volontà libera di offrire se stessi al "datore" della vita. Una volontà libera di donarsi a Dio perché attraverso noi realizzi i Suoi progetti che diversamente resterebbero incompiuti.

Allora, se l’Ordine domenicano, visto a livello universale, non soffre penuria di vocazioni, è vero che l’Italia lascia a desiderare benché ci siano postulanti, novizi/e e studenti in formazione. L’Italia siamo noi, siete voi. E l’Italia ha bisogno di essere rievangelizzata! Ha bisogno che qualcuno aiuti la società a ritrovare i valori della vita, della fede, della famiglia. Chi lo farà se non quelle schiere di giovani infiammati dalla Parola, l’unica che salva?

Ragazze, ragazzi, non abbiate paura! La società ha bisogno di giovani consacrati!

Maria, Madre delle vocazioni vi benedica

NB: A breve scadenza, una nuova pagina riporterà le tappe del nostro cammino di formazione.

Vi ricordiamo che è sempre possibile fare una esperienza di preghiera e discernimento presso la nostra Comunità, per saperne di più cliccate sul collegamento.
[Modificato da Caterina63 03/02/2010 12:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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All'Angelus la memoria dei santi di questi giorni

Benedetto XVI torna a riflettere
sull'Anno sacerdotale


Rimane nella Chiesa il dono della vita di Paolo VI

Ricordando i santi la cui memoria si celebra in questi primi giorni di agosto, Benedetto XVI è tornato a parlare dell'Anno sacerdotale, durante l'incontro con i numerosi fedeli presenti nel cortile del Palazzo pontificio di Castel Gandolfo per l'Angelus di domenica 2 agosto. Nel pomeriggio il Papa ha assistito ad un concerto offerto dalla Bayerisches Kammerorchester Bad Brückenau.


Cari fratelli e sorelle! angelus
Sono rientrato pochi giorni fa dalla Val d'Aosta, ed ora con vivo piacere mi ritrovo tra voi, cari amici di Castel Gandolfo. Al Vescovo, al parroco e alla comunità parrocchiale, come pure alle Autorità civili e a tutti i Castellani insieme ai pellegrini e ai villeggianti rinnovo con affetto il mio saluto, unito a un sentito ringraziamento per la vostra accoglienza sempre tanto cordiale. Grazie anche per la vicinanza spirituale, che molti mi hanno dimostrato quando a Les Combes mi è capitato il piccolo infortunio al polso della mano destra.

Cari fratelli e sorelle, l'Anno Sacerdotale che stiamo celebrando costituisce una preziosa occasione per approfondire il valore della missione dei presbiteri nella Chiesa e nel mondo.
Utili spunti di riflessione, al riguardo, ci vengono dalla memoria dei santi che la Chiesa quotidianamente ci propone. In questi primi giorni del mese di agosto, ad esempio, ne ricordiamo alcuni che sono veri modelli di spiritualità e di dedizione sacerdotale.

Ieri era la memoria liturgica di sant'Alfonso Maria de' Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa, grande maestro di teologia morale e modello di virtù cristiane e pastorali, sempre attento alle necessità religiose del popolo. Oggi contempliamo in san Francesco d'Assisi l'ardente amore per la salvezza delle anime, che ogni sacerdote deve costantemente nutrire:  ricorre infatti oggi il cosiddetto "Perdono di Assisi", che egli ottenne dal Papa Onorio iii nell'anno 1216, dopo aver avuto una visione, mentre si trovava in preghiera nella chiesetta della Porziuncola. Apparendogli Gesù nella sua gloria, con alla destra la Vergine Maria e intorno molti Angeli, gli chiese di esprimere un desiderio, e Francesco implorò un "ampio e generoso perdono" per tutti coloro che "pentiti e confessati"  avrebbero visitato quella chiesa. Ricevuta l'approvazione pontificia, il Santo non aspettò nessun documento scritto, ma corse ad Assisi e, giunto alla Porziuncola, annunciò la bella notizia:  "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!". Da allora, dal mezzogiorno del 1° agosto alla mezzanotte del 2, si può lucrare, alle consuete condizioni, l'indulgenza plenaria anche per i defunti, visitando una chiesa parrocchiale o francescana.

Che dire di san Giovanni Maria Vianney, che ricorderemo il 4 agosto? Proprio per commemorare il 150° anniversario della sua morte ho indetto l'Anno Sacerdotale. Di quest'umile parroco, che costituisce un modello di vita sacerdotale non solo per i parroci ma per tutti i sacerdoti, mi riprometto di parlare nella catechesi dell'Udienza generale di mercoledì prossimo. Il 7 agosto, poi, sarà la memoria di san Gaetano da Thiene, il quale soleva ripetere che "non con l'amore sentimentale, ma con l'amore dei fatti si purificano le anime". Ed il giorno dopo, l'8 agosto, la Chiesa ci additerà come modello san Domenico, del quale è stato scritto che "apriva bocca o per parlare con Dio nella preghiera o per parlare di Dio".[SM=g1740738] 

 Non posso infine dimenticare di ricordare anche la grande figura di Papa Montini, Paolo VI, di cui il 6 agosto ricorre il 31° anniversario della morte, avvenuta proprio qui a Castel Gandolfo. La sua vita, così profondamente sacerdotale e ricca di tanta umanità, rimane nella Chiesa un dono di cui ringraziare Dio. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, aiuti i sacerdoti ad essere tutti totalmente innamorati di Cristo, seguendo l'esempio di questi modelli di santità sacerdotale.



(©L'Osservatore Romano - 3-4 agosto 2009)

[SM=g1740720] [SM=g1740717]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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L’UDIENZA GENERALE, 03.02.2010

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA


San Domenico di Guzman

Cari fratelli e sorelle,

la settimana scorsa ho presentato la luminosa figura di Francesco d’Assisi, quest’oggi vorrei parlarvi di un altro santo che, nella stessa epoca, ha dato un contributo fondamentale al rinnovamento della Chiesa del suo tempo. Si tratta di san Domenico, il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, noti anche come Frati Domenicani.

Il suo successore nella guida dell’Ordine, il beato Giordano di Sassonia, offre un ritratto completo di san Domenico nel testo di una famosa preghiera: “Infiammato dello zelo di Dio e di ardore soprannaturale, per la tua carità senza confini e il fervore dello spirito veemente ti sei consacrato tutt’intero col voto della povertà perpetua all’osservanza apostolica e alla predicazione evangelica”.

E’ proprio questo tratto fondamentale della testimonianza di Domenico che viene sottolineato: parlava sempre con Dio e di Dio. Nella vita dei santi, l’amore per il Signore e per il prossimo, la ricerca della gloria di Dio e della salvezza delle anime camminano sempre insieme.

Domenico nacque in Spagna, a Caleruega, intorno al 1170. Apparteneva a una nobile famiglia della Vecchia Castiglia e, sostenuto da uno zio sacerdote, si formò in una celebre scuola di Palencia. Si distinse subito per l’interesse nello studio della Sacra Scrittura e per l’amore verso i poveri, al punto da vendere i libri, che ai suoi tempi costituivano un bene di grande valore, per soccorrere, con il ricavato, le vittime di una carestia.

Ordinato sacerdote, fu eletto canonico del capitolo della Cattedrale nella sua diocesi di origine, Osma.

Anche se questa nomina poteva rappresentare per lui qualche motivo di prestigio nella Chiesa e nella società, egli non la interpretò come un privilegio personale, né come l’inizio di una brillante carriera ecclesiastica, ma come un servizio da rendere con dedizione e umiltà. Non è forse una tentazione quella della carriera, del potere, una tentazione da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di animazione e di governo nella Chiesa?

Lo ricordavo qualche mese fa, durante la consacrazione di alcuni Vescovi: “Non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi. Sappiamo come le cose nella società civile, e, non di rado nella Chiesa, soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità”
(Omelia. Cappella Papale per l’Ordinazione episcopale di cinque Ecc.mi Presuli, 12 Settembre 2009).

Il Vescovo di Osma, che si chiamava Diego, un vero e zelante pastore, notò ben presto le qualità spirituali di Domenico, e volle avvalersi della sua collaborazione. Insieme si recarono nell’Europa del Nord, per compiere missioni diplomatiche affidate loro dal re di Castiglia. Viaggiando, Domenico si rese conto di due enormi sfide per la Chiesa del suo tempo: l’esistenza di popoli non ancora evangelizzati, ai confini settentrionali del continente europeo, e la lacerazione religiosa che indeboliva la vita cristiana nel Sud della Francia, dove l’azione di alcuni gruppi eretici creava disturbo e l’allontanamento dalla verità della fede. L’azione missionaria verso chi non conosce la luce del Vangelo e l’opera di rievangelizzazione delle comunità cristiane divennero così le mète apostoliche che Domenico si propose di perseguire.

Fu il Papa, presso il quale il Vescovo Diego e Domenico si recarono per chiedere consiglio, che domandò a quest’ultimo di dedicarsi alla predicazione agli Albigesi, un gruppo eretico che sosteneva una concezione dualista della realtà, con due principi creatori ugualmente potenti, il Bene e il Male; e questo gruppo disprezzava, di conseguenza, la materia, come proveniente dal principio del Male, rifiutava anche il matrimonio, negava l’incarnazione di Cristo, i sacramenti, con i quali il Signore ci tocca tramite la materia, e la risurrezione dei corpi. Gli Albigesi stimavano la vita povera e austera, e in questo senso erano anche esemplari, e criticavano la ricchezza del Clero di quel tempo. Domenico accettò con entusiasmo questa missione, che realizzò proprio con l’esempio della sua esistenza povera e austera, con la predicazione del Vangelo e con dibattiti pubblici. A questa missione di predicare la Buona Novella egli dedicò il resto della sua vita. I suoi figli avrebbero realizzato anche gli altri sogni di san Domenico: la missione ad gentes, a coloro che ancora non conoscevano Gesù, e la missione a coloro che vivevano nelle città, soprattutto quelle universitarie, dove le nuove tendenze intellettuali erano una sfida per la fede dei colti.

Questo grande santo ci rammenta che nel cuore della Chiesa deve sempre bruciare un fuoco missionario, il quale spinge incessantemente a portare il primo annuncio del Vangelo e, dove necessario, ad una nuova evangelizzazione: è Cristo, infatti, il bene più prezioso che gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo hanno il diritto di conoscere e di amare! Ed è consolante vedere come anche nella Chiesa di oggi sono tanti – pastori e fedeli laici, Membri di antichi ordini religiosi e di nuovi movimenti ecclesiali – che con gioia spendono la loro vita per questo ideale supremo: annunciare e testimoniare il Vangelo!

                                                                     

A Domenico di Guzman si associarono poi altri uomini, attratti dalla stessa aspirazione. In tal modo, progressivamente, dalla prima fondazione di Tolosa, ebbe origine l’Ordine dei Predicatori. Domenico, infatti, in piena obbedienza alle direttive dei Papi del suo tempo, Innocenzo III e Onorio III, adottò l’antica Regola di sant’Agostino, adattandola alle esigenze di vita apostolica, che portavano lui e i suoi compagni a predicare spostandosi da un posto all’altro, ma tornando, poi, ai propri conventi, luoghi di studio, preghiera e vita comunitaria. In particolar modo, egli volle dare rilievo a due valori ritenuti indispensabili per il successo della missione evangelizzatrice: la vita comunitaria nella povertà e lo studio.

Anzitutto, Domenico e i Frati Predicatori si presentavano come mendicanti, cioè senza vaste proprietà di terreni da amministrare. Questo elemento li rendeva più disponibili allo studio e alla predicazione itinerante e costituiva una testimonianza concreta per la gente. Il governo interno dei conventi e delle provincie domenicane si strutturò sul sistema di capitoli, che eleggevano i propri Superiori, confermati poi dai Superiori maggiori; un’organizzazione, quindi, che stimolava la vita fraterna e la responsabilità di tutti i Membri della comunità, esigendo forti convinzioni personali.
 
La scelta di questo sistema nasceva proprio dal fatto che i Domenicani, come predicatori della verità di Dio, dovevano essere coerenti con ciò che annunciavano. La verità studiata e condivisa nella carità con i fratelli è il fondamento più profondo della gioia. Il beato Giordano di Sassonia dice di san Domenico: “Egli accoglieva ogni uomo nel grande seno della carità e, poiché amava tutti, tutti lo amavano. Si era fatto una legge personale di rallegrarsi con le persone felici e di piangere con coloro che piangevano” (Libellus de principiis Ordinis Praedicatorum autore Iordano de Saxonia, ed. H.C. Scheeben, [Monumenta Historica Sancti Patris Nostri Dominici, Romae, 1935]).

In secondo luogo, Domenico, con un gesto coraggioso, volle che i suoi seguaci acquisissero una solida formazione teologica, e non esitò a inviarli nelle Università del tempo, anche se non pochi ecclesiastici guardavano con diffidenza queste istituzioni culturali.

Le Costituzioni dell’Ordine dei Predicatori danno molta importanza allo studio come preparazione all’apostolato. Domenico volle che i suoi Frati vi si dedicassero senza risparmio, con diligenza e pietà; uno studio fondato sull’anima di ogni sapere teologico, cioè sulla Sacra Scrittura, e rispettoso delle domande poste dalla ragione. Lo sviluppo della cultura impone a coloro che svolgono il ministero della Parola, ai vari livelli, di essere ben preparati.

Esorto dunque tutti, pastori e laici, a coltivare questa “dimensione culturale” della fede, affinché la bellezza della verità cristiana possa essere meglio compresa e la fede possa essere veramente nutrita, rafforzata e anche difesa. In quest’Anno Sacerdotale, invito i seminaristi e i sacerdoti a stimare il valore spirituale dello studio. La qualità del ministero sacerdotale dipende anche dalla generosità con cui ci si applica allo studio delle verità rivelate.

Domenico, che volle fondare un Ordine religioso di predicatori-teologi, ci rammenta che la teologia ha una dimensione spirituale e pastorale, che arricchisce l’animo e la vita. I sacerdoti, i consacrati e anche tutti i fedeli possono trovare una profonda “gioia interiore” nel contemplare la bellezza delle verità che vengono da Dio, verità sempre attuali e sempre vive. Il motto dei Frati Predicatori - contemplata aliis tradere – ci aiuta a scoprire, poi, un anelito pastorale nello studio contemplativo di tali verità, per l’esigenza di comunicare agli altri il frutto della propria contemplazione.

Quando Domenico morì nel 1221, a Bologna, la città che lo ha dichiarato patrono, la sua opera aveva già avuto grande successo. L’Ordine dei Predicatori, con l’appoggio della Santa Sede, si era diffuso in molti Paesi dell’Europa a beneficio della Chiesa intera. Domenico fu canonizzato nel 1234, ed è lui stesso che, con la sua santità, ci indica due mezzi indispensabili affinché l’azione apostolica sia incisiva.

Anzitutto, la devozione mariana, che egli coltivò con tenerezza e che lasciò come eredità preziosa ai suoi figli spirituali, i quali nella storia della Chiesa hanno avuto il grande merito di diffondere la preghiera del santo Rosario, così cara al popolo cristiano e così ricca di valori evangelici, una vera scuola di fede e di pietà.

In secondo luogo, Domenico, che si prese cura di alcuni monasteri femminili in Francia e a Roma, credette fino in fondo al valore della preghiera di intercessione per il successo del lavoro apostolico. Solo in Paradiso comprenderemo quanto la preghiera delle claustrali accompagni efficacemente l’azione apostolica! A ciascuna di esse rivolgo il mio pensiero grato e affettuoso.

Cari fratelli e sorelle, la vita di Domenico di Guzman sproni noi tutti ad essere ferventi nella preghiera, coraggiosi a vivere la fede, profondamente innamorati di Gesù Cristo. Per sua intercessione, chiediamo a Dio di arricchire sempre la Chiesa di autentici predicatori del Vangelo.






CLICCATE QUI PER L'AUDIO INTEGRALE DELL'UDIENZA


                         Pope Benedict XVI waves next to his personal secretary Georg Gaenswein at the end of his weekly audience in Paul VI hall at the Vatican February 10, 2010.


[Modificato da Caterina63 11/02/2010 21:32]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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13/05/2010 22:42
 
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Il Rosario: storia e devozione
di P. Angelico Iszak o. p.

Il Rosario non nacque in modo miracoloso.

Secondo Alano de la Roche o.p. (†1475), il primo a prediccare il Rosario sarebbe stato S. Domenico, fondatore dell'Ordine dei frati predicatori; egli l'avrebbe ricevuto per rivelazione dalla Madonna stessa. Molte persone, sia private sia rivestite di autorità, e diversi documenti ufficiali continuano, da allora, a ripetere l'affermazione di Alano.
È vero che la nascita e la diffusione di questa forma di devozione deve molto allo spirito di S. Domenico, incarnato nei suoi figli.
Esso però non nacque in modo miracoloso per una rivelazione...

Se vuoi saperne di più clicca qui:

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
movrosar@tin.it

Ringraziamo di cuore Carlotta Santandrea [SM=g1740722]
per la sua amicizia attraverso la realizzazione della musica e delle parole che animano questo video e per le quali siamo allettati ad approfondire la conoscenza di san Domenico e la pratica antica, eppur sempre nuova, del santo Rosario...
www.carlottasantandrea.it


Cliccate qui per il video

it.gloria.tv/?media=74823




[SM=g1740738]


[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

Fraternamente CaterinaLD

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14/05/2010 23:49
 
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San Domenico ecumenico

San Domenico ecumenico, ovvero: come prendere lezioni da un anglicano
Il titolo è un po’ una contradictio in adiecto: come fa san Domenico di Guzman ad essere ecumenico? Pensiamo solo a quel che fu e a quel che fece: percorse il mondo per predicare il Vangelo, chiuso nella tronfia convinzione di possedere quella Verità che gli eretici albigesi negavano, eppure al tempo stesso ricercavano. Era un identitario terribile, non capiva le ragioni dell’altro che aveva di fronte, se non per ricondurle ai propri schemi (“tu dici questo, ma in realtà ciò che cerchi è quel che io t’annuncio”...). Insomma, secondo i canoni politically correct era un odioso integralista: uno non solo convinto che la verità esista, ma che la si possa addirittura scoprire e condividere, rompendo l’angusto cerchio dell’io e delle sue voglie, e che si possa così conquistare l’autentica libertà. Uno che creda insomma che la vita sia bella e valga la pena di essere vissuta, con gratitudine.

Poi, come al solito, la realtà ti stupisce e scopri che davvero san Domenico è ecumenico. Certo, non avrà organizzato incontri interreligiosi, ma pare che il suo amore per Cristo colpisca anche chi è cresciuto anglicano (“C of E”, come dicono qui).

Il fatto è questo. Ho conosciuto, per strani giri, il cappellano di Merton College. Il quale, saputo che ero prenovizio domenicano, ha esclamato più o meno così: “Bello! Credo che ogni cristiano oggi debba avere nella massima stima l’Ordine di san Domenico!”.

Poteva suonare come una affermazione di cortesia, ma era sincera. Quest’uomo, anglicano convinto, High Church, mi racconta che è stato a Bologna per visitare la tomba del santo e pregare lì. Sono proprio stupito: san Domenico non è un santo molto noto e penso siano in pochi quanti lo pregano. Scoprire che un anglicano va a Bologna solo per pregare sulla sua tomba è una cosa che ti lascia a bocca aperta. Mi dice poi che sta facendo un PhD a Cambridge su san Tommaso – in fondo quel che facciamo è un argomento affine – e mi confida la sua grande passione per il pensiero limpido e innamorato della Verità dell’Aquinate. Non cesso di stupirmi: un anglicano dà lezioni a noi cattolici nell’amore per la ricerca intellettuale del vero (e indirettamente, nella seguire le indicazioni della Santa Sede, che ha indicato san Tommaso come guida in questo meraviglioso cammino).

Vengo a scoprire che fa parte di un gruppo di anglicani che cercano di riscoprire le loro tradizioni, alla ricerca dell’insegnamento autentico di Cristo. Qui a Oxford è difficile non pensare ai
Tractarians, che a metà Ottocento vollero fare lo stesso cammino. Tra loro c’era anche Newman. E sappiamo come è finita.

Questi anglicani suscitano simpatia per il loro entusiasmo e per l’ammirazione per quella tradizione che è poi la nostra. Preghiamo per loro.

Luca G.


Fraternamente CaterinaLD

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05/08/2011 10:01
 
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Amici,
l'8 agosto è la Festa di san Domenico.....
vi offriamo l'opportunità di meditare attraverso alcuni video che vi condividiamo di tutto cuore.
Chi volesse può cominciare un TRIDUO in Onore del Santo....e ritrovarsi con noi nel Rosario quotidiano...

Video su san Domenico e la diffusione del Rosario
:
it.gloria.tv/?media=74823

Come in ogni generazione che si rispetti, la Chiesa, ha vissuto i suoi tempi travagliati, ogni tempo ha i suoi problemi e nel 1200 l'eresia si era diffusa. La storia di san Domenico di Guzman non è semplice biografia di un santo, ma la storia stessa del Rosario e della sua diffusione per combattere l'eresia. Uno strumento che si rivelò efficace, valido in ogni tempo.


Video sui Nove Modi di Pregare di san Domenico
:
it.gloria.tv/?media=79766

Da qualche anno molta gente sta riscoprendo la preghiera nel "linguaggio del corpo", una felice intuizione che sboccia nel Medioevo, dalla sensibilità e dal cuore di san Domenico di Guzman. Tuttavia non molti lo sanno, per questo vi invitiamo a conoscere i "Nove modi di pregare" di san Domenico.


Video su Lettera sul Rosario del Maestro dell'Ordine dei Predicatori
:
it.gloria.tv/?media=83264

L'Ordine di san Domenico, per commemorare i suoi 800 anni di vita (1216-2016), sta vivendo momenti forti in preparazione per questo grande Giubileo. E per farlo bene, il nostro Maestro Generale, fra le molte tracce di cammino, ha indicato il Rosario e la sua riscoperta, quale via fondamentale per un nuovo e santo rinnovamento.


Video per la Salve Regina nell'Ordine Domenicano

www.gloria.tv/?media=154826

La Salve Regina, nell'Ordine Domenicano, è una antica Tradizione di Devozione e di affetto filiale alla Madre di Dio che risale agli inizi stessi della formazione domenicana....


***********************************************


O Spem Miram

O spem miram quam dedisti mortis hora te flentibus, dum post mortem promisisti te profutúrum frátribus : Imple Pater quod dixisti, nos tuis juvans précibus.
Qui tot signis claruisti in ægrórum corpóribus, nobis opem ferens Christi, ægris medére móribus.
Imple Pater quod dixisti, nos tuis juvans précibus.
Glória Patri, et Filio, et Spiritui Sancto.
Imple Pater quod dixisti, nos tuis juvans précibus.

****

O mirabile speranza, che tu hai donato a coloro che piangono nell’ora della morte e ai tuoi fratelli per il futuro dopo la morte. Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere.
Tu che con tanti segni sei apparso nei corpi degli ammalati portandoci l’opera di Cristo, allontanaci dal peccato.
Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito santo.
Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere.

V. Prega per noi, San Domenico.

R. E saremo degni delle promesse di Cristo.
O Dio, che hai fatto risplendere la tua Chiesa con le opere e la predicazione di S. Domenico nostro Padre, dona ai suoi figli di crescere nell'umile servizio della verità.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

Lumen Ecclesiae


O lumen Ecclesiae, / Doctor veritatis, / Rosa patientiae, / Ebur castitatis, / Aquam sapientiae / propinasti gratis, / Praedicator gratiae / nos junge beatis.


**********


Luminare della Chiesa, / dottore di verità, / miracolo di pazienza, / splendore di castità, / gratuitamente hai effuso ovunque / la luce della sapienza: / Predicatore della grazia, / ricongiungi anche noi ai santi del cielo.


V. Prega per noi, San Domenico.

R. E saremo degni delle promesse di Cristo.
Preghiamo.
Per intercessione di S. Domenico, nostro Padre e Protettore, ti supplichiamo, Dio Onnipotente, di sollevarci dal peso dei nostri peccati. Per Cristo nostro Signore.
Amen.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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08/08/2011 19:55
 
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Come Dante elogia san Domenico nel suo «Paradiso»

Colui che in picciol tempo gran dottor si feo


 

di INOS BIFFI

Il pellegrino del Paradiso è nel cielo del Sole, dove si dà convegno la tradizione della filosofia e della sapienza cristiana, trasfigurate dal suo "genio" nella bellezza della poesia.

Nelle "due ghirlande" di "sempiterne rose" (Paradiso, XII, 20 e 19), in cui Dante ha disposto le luci dei sapienti, risaltano tra tutti due teologi. Il primo è il domenicano "Thomas d'Aquino", profondamente amato e ammirato dal poeta, che pone la "glorïosa vita di Tommaso" (XIV, 6) a far da "portavoce" di quei sapienti" (Thomas Ricklin).
Dante, che, pur non "tomista" mostra un'intelligenza in larga consonanza con quella dell'Aquinate, ne elogia in particolare la viva cortesia dello spirito e la limpida e articolata chiarezza del discorso: "l'infiammata cortesia/ di fra Tommaso e 'l discreto latino" (XII, 143-144).

Il secondo è Bonaventura da Bagnoregio, il maestro francescano dal linguaggio estetico e immaginifico, e dalla teologia sapienziale, le cui parole scaturiscono dall'amore, che ne abbellisce l'anima: "L'amor che mi fa bella/ mi tragge a ragionar" (XII, 31-32). Con un garbato scambio di gentilezza, a indicare che in cielo si stemperano rivalità e polemiche di scuola, il poeta assegna al primo l'elogio di san Francesco e al secondo quello di san Domenico, sul quale ci soffermiamo.

Dobbiamo tuttavia, per ben comprenderlo, ascoltare le parole di Tommaso che parla prima di Bonaventura e associa Francesco e Domenico in un unico disegno della "provedenza, che governa" (XI, 28). Essi - spiega l'Aquinate - vennero suscitati perché sotto la loro guida la Chiesa procedesse più sicura e fedele nel suo cammino. Ed esattamente della Chiesa troviamo nella Commedia una perfetta e profonda teologia. È la Sposa di Cristo, nata dal suo sangue versato, con alte grida, sulla croce, e tutta appassionatamente protesa a lui, che è il suo diletto.
Il pianto di Cristo in croce deve aver molto impressionato Dante, che nell'elogio di Francesco ricorda che la povertà pianse con Cristo in croce. È la visione misterica della Chiesa, riguardo alla quale conserva sempre una dottrina intatta e un ardente amore, nonostante le feroci e non sempre obiettive critiche agli ecclesiastici.
Tommaso - o meglio - Dante per la voce di Tommaso, delinea quindi, in tratti felici e penetranti, la fisionomia interiore delle due guide provvidenziali della Chiesa, strettamente congiunte l'una all'altra, per l'identico fine della loro opera: "L'un fu tutto serafico in ardore/ l'altro per sapïenza in terra fue/ di cherubica luce uno splendore" (XI, 37-39).

"L'ardore e lo splendore in rima fanno risplendere come due fiamme le figure dei due santi che illuminano la terra" (Chiavacci); due fiamme strettamente unite, che l'unica provvidenza ha suscitato per uno stesso fine. Allo stesso modo si esprime san Bonaventura, compiaciuto della lode tributata a Francesco da Tommaso. Così, dopo che questi ha "pregiato" san Francesco, lasciandoci, nei suoi brevi tratti, il dipinto più bello e più emozionante che mai sia stato disegnato di colui che "nel crudo sasso intra Tevero e Arno/ da Cristo prese l'ultimo sigillo" (XI, 106-107).

Francesco e Domenico - dichiara Bonaventura - risplendono di una stessa luce, perché hanno combattuto insieme la battaglia della fede. Essi sono sorti in un tempo in cui la Chiesa "militante", "l'essercito di Cristo, che sì caro/ costò a rïarmar" (XII, 38) seguiva lentamente, con dubbiosità e in scarso numero l'insegna della croce, vexilla Regis.
Fu allora che, con l'invio di "due campioni", si rinnovò, già lo aveva affermato san Tommaso, l'intervento provvidenziale di Cristo in aiuto della Chiesa: "a sua sposa soccorse" (XII, 44), e qui "l'immagine militare è abbandonata, e l'essercito torna ad essere la sposa, più cara e preziosa di ogni altra cosa (sposata col sangue: XI, 33), a cui si soccorre con urgente amore" (Chiavacci). Così, "al (…) fare" e "al (…) dire" dei due atleti della fede, il popolo di Dio smarrito si ravvide; "lo popol disvïato si accorse" (XII, 45).
Bonaventura si sofferma quindi alla rievocazione particolareggiata della vita di Domenico, come Tommaso aveva fatto per Francesco.

A cominciare dalla terra natale, "la fortunata Calaroga" (XII, 52), posta là dove sorge il dolce vento di Zefiro - "Zefiro dolce" (XII, 47), il Favonio, che con il suo carezzevole tepore fa nascere la primavera e riveste le nostre regioni di nuove fronde, non molto lontano dalla costa, percossa dalle onde dell'oceano e dove, nel solstizio d'estate, il sole, affaticato, finisce la sua corsa. "Qui la terzina, fatta di parole che dicono novità e leggerezza (surge, aprire, dolce, novelle, rivestire), diffonde un vivo soffio rinnovatore che già dichiara - senza dirlo - il senso della vita che si sta per narrare" (Chiavacci).
In questa terra vide la luce "l'amoroso drudo/ de la fede cristiana, il santo atleta/ benigno a' suoi e a' nemici crudo" (XII, 55-57). Tommaso aveva chiamato Domenico uno splendore di sapienza, circonfuso della luce dei Cherubini (XI, 38-39); qui Bonaventura lo definisce l'amante, l'innamorato della fede, il suo combattente, benevolo verso i credenti e implacabile verso gli eretici, che, ancora nel seno materno, per la sua anima ricolma di "viva vertute" (XII, 59), rese profetica la madre. Francesco aveva sposato la povertà, e al sacro fonte avvengono "le sponsalizie" tra Domenico e la fede, "intra lui e la Fede" (XII, 62).

"Domenico fu detto" (XII, 70) - osserva Dante - ma egli ne parla come dell'"agricola", scelto da Cristo in aiuto nel lavoro del suo orto, in termini evangelici, della sua vigna (cfr. Matteo, 21, 22): "l'agricola che Cristo/ elesse a l'orto suo per aiutarlo" (XII, 71-72).

E come un inviato e un servo fedele di Cristo - "messo e famigliar di Cristo" (XII, 73) - egli si rivelò fin dalla prima fanciullezza: il suo primo amore fu per il primo consiglio evangelico di Cristo, quello della povertà, ch'era stata la scelta di Francesco, e in questa condizione di povertà, che è umiltà e abbassamento, lo trovava la nutrice: "Spesse fïate fu tacito e desto/ trovato in terra da la sua nutrice/ come dicesse: "Io son venuto a questo"" (XII, 76-78). La rievocazione di Bonaventura, in realtà del poeta sospeso e affascinato nel raffigurare questo fanciullo precocemente steso a terra e consapevole del senso della sua vita, è pervasa da intensa e silenziosa commozione: "La terzina crea con i soli due aggettivi ["tacito e desto"] una scena notturna di raccoglimento mistico dove il fanciullo (…) già appare circondato da un'aura di grazia celeste e di grave umiltà, simile in questo al Francesco della piazza d'Assisi" (Chiavacci).
Esplode quindi come impossibile, si direbbe, da trattenersi, la congratulazione e l'esclamazione di lode ai genitori: "Oh padre suo veramente Felice! / Oh madre sua veramente Giovanna, / se interpretata val come si dice" (XII, 80-81).

Segue la seconda parte della vita di Domenico, con quella scelta che questi precedenti presagi lasciavano indovinare. Egli non si dissipa "per lo mondo" (XII, 82), a differenza del costume dei chierici e della Curia; non si affanna dietro gli studi delle Decretali o del diritto canonico; attratto dall'"amor de la verace manna", della sapienza celeste, dedicandovisi totalmente, "in picciol tempo gran dottor si feo" (XII, 85): divenne presto teologo. Il quale - dice il poeta - così preparato iniziò il suo lavoro nella vigna del Signore, che fatalmente inaridisce, se viene a mancare l'opera del padrone della stessa vigna: "si mise a circuir la vigna/ che tosto imbianca, se 'l vignaio è reo" (XII, 86-87).

Spinto da questo ardore, alla Sede Apostolica, che nel tempo passato - e qui torna puntuale l'impietoso giudizio critico di Dante per gli uomini di Chiesa del suo tempo - era più provvida verso i poveri giusti - "benigna/ più a' poveri giusti, non per lei/, ma per colui che siede, che traligna" (XII, 88-90; cfr. XXVII, 22-24; Inferno, XIX, 101; XXVII, 91; Purgatorio, XX, 87) - Domenico non domandò la facoltà di distribuire in opere buone solo una parte delle rendite ecclesiastiche, né di possedere il primo beneficio ecclesiastico disponibile, né di poter fruire per sé delle decime quae sunt pauperum Dei (XII, 93), ma domandò la licenza di combattere "contro al mondo errante", a difesa - sono le lucide e penetranti parole di Bonaventura a Dante - del "seme", "per lo seme/ del qual ti fasciano ventiquattro piante" (XII, 95-96): i ventiquattro spiriti che fiammeggiano e danzano intorno a Dante sono piante nate dal seme della fede, da Domenico difesa e da loro splendidamente coltivata.

Ottenuta questa licenza, Domenico si mosse con l'energia che gli proveniva dalla "dottrina, acquistata nell'intenso studio"; dall'"ardente zelo che gli era proprio" e dall'"autorità datagli dall'incarico papale"; "Poi, con dottrina e con volere insieme, / con l'officio apostolico si mosse" (XII, 97-98).

La sua forza è paragonata da Dante a quella di un torrente fatto scaturire dalla pressione di una vena profonda.
Ecco lo stupendo verso: "quasi torrente ch'alta vena preme" (XII, 99).
E là dove più resistevano gli eretici - cioè in Provenza, dove a opporsi con maggiore tenacia erano gli Albigesi - Domenico diresse l'impeto della sua parola e l'ardore del suo zelo: "e ne li sterpi eretici percosse/ l'impeto suo, più vivamente quivi/ dove le resistenze eran più grosse" (XII, 100-102).
Né il torrente (Domenico) rimase solo a scorrere: dalle sue acque scaturirono vari ruscelli (i domenicani e le loro famiglie), che irrigarono e ravvivarono di fecondità la Chiesa, suggestivamente resa con l'immagine evangelica del campo: "Di lui si fecer poi diversi rivi/ onde l'orto catolico si riga,/ sì che i suoi arboscelli stan più vivi" (XII, 103-105).

"Agricola" scelto da Cristo: così Dante aveva chiamato san Domenico (XII, 71); ora, "l'orto riprende la primitiva immagine dell'agricola e della vigna riportando, dopo la violenta parentesi guerriera, a visioni di pace e di serenità (l'orto irrigato, gli arboscelli vivi)" (Chiavacci).

Bonaventura ha così concluso la sua rievocazione di san Domenico. In realtà, è poi Dante che, nella sua ascesa al Paradiso, ha voluto illustrare i due grandi carismatici fatti sorgere a servizio della Chiesa, la Sposa di Gesù Cristo, dove egli ha saputo ben distinguere l'interiore e permanente santità che l'ombra dei suoi ministri non riescono ad alterare.



(©L'Osservatore Romano 8-9 agosto 2011)

Fraternamente CaterinaLD

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28/01/2012 00:03
 
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[SM=g1740717] Cari Amici, dopo avervi offerto i primi due racconti:
www.gloria.tv/?media=247422 desideriamo farvi conoscere una storia speciale anche per noi, come la Beata Vergine Maria diventò Patrona e Regina dell'Ordine Domenicano e come da san Domenico il fatto è stato tramandato a noi oggi.

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org

Vi ricordiamo che il 28 gennaio è la Festa di san Tommaso d'Aquino, un grande Santo domenicano e Dottore della Chiesa...
cantore dell'Eucaristia, teologo insuperabile...
Diciamo un Rosario ricordando anche la sua potente intercessione, specialmente per i giovani.
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[SM=g1740717] Benedetto XVI ritorna a parlare di san Doimenico portandolo quale esempio di uomo di Preghiera....

8 agosto 2012

San Domenico fu un uomo di preghiera. Incarnò radicalmente i tre consigli evangelici unendo alla proclamazione della Parola una testimonianza di vita povera; sotto la guida dello Spirito Santo, progredì sulla via della perfezione cristiana. In ogni mo¬mento, la preghiera fu la forza che rinnovò e rese sempre più feconde le sue opere apostoliche. Lo ha notato il Papa nella catechesi dell'udienza generale, svoltasi a Castel Gandolfo e dedicata ad illustrare la figura e l'opera di san Domenico di Guzman di cui oggi ricorre la festa liturgica. San Domenico ci ricorda che all'origine della testimonianza di fede, che ogni cristiano deve dare in famiglia, nel lavoro, nell'impegno sociale, e anche nei momenti ...

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Cari fratelli e sorelle,

oggi la Chiesa celebra la memoria di san Domenico di Guzmán, Sacerdote e Fondatore dell’Ordine dei Predicatori, detti Domenicani. In una precedente Catechesi, ho già illustrato questa insigne figura e il fondamentale contributo che ha apportato al rinnovamento della Chiesa del suo tempo. Oggi, vorrei metterne in luce un aspetto essenziale della sua spiritualità: la sua vita di preghiera. San Domenico fu un uomo di preghiera. Innamorato di Dio, non ebbe altra aspirazione che la salvezza delle anime, in particolare di quelle cadute nelle reti delle eresie del suo tempo; imitatore di Cristo, incarnò radicalmente i tre consigli evangelici unendo alla proclamazione della Parola una testimonianza di una vita povera; sotto la guida dello Spirito Santo, progredì sulla via della perfezione cristiana. In ogni momento, la preghiera fu la forza che rinnovò e rese sempre più feconde le sue opere apostoliche.

Il Beato Giordano di Sassonia, morto nel 1237, suo successore alla guida dell'Ordine, scrive così: «Durante il giorno, nessuno più di lui si mostrava socievole... Viceversa di notte, nessuno era più di lui assiduo nel vegliare in preghiera. Il giorno lo dedicava al prossimo, ma la notte la dava a Dio » (P. Filippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, Bologna 1982, pag. 133). In san Domenico possiamo vedere un esempio di integrazione armoniosa tra contemplazione dei misteri divini e attività apostolica. Secondo le testimonianze delle persone a lui più vicine, «egli parlava sempre con Dio o di Dio». Tale osservazione indica la sua comunione profonda con il Signore e, allo stesso tempo, il costante impegno di condurre gli altri a questa comunione con Dio. Non ha lasciato scritti sulla preghiera, ma la tradizione domenicana ha raccolto e tramandato la sua esperienza viva in un'opera dal titolo: Le nove maniere di pregare di San Domenico. Questo libro è stato composto tra il 1260 e il 1288 da un Frate domenicano; esso ci aiuta a capire qualcosa della vita interiore del Santo e aiuta anche noi, con tutte le differenze, a imparare qualcosa su come pregare.

Sono quindi nove le maniere di pregare secondo san Domenico e ciascuna di queste che realizzava sempre davanti a Gesù Crocifisso, esprime un atteggiamento corporale e uno spirituale che, intimamente compenetrati, favoriscono il raccoglimento e il fervore. I primi sette modi seguono una linea ascendente, come passi di un cammino, verso la comunione con Dio, con la Trinità: san Domenico prega in piedi inchinato per esprimere l’umiltà, steso a terra per chiedere perdono dei propri peccati, in ginocchio facendo penitenza per partecipare alle sofferenze del Signore, con le braccia aperte fissando il Crocifisso per contemplare il Sommo Amore, con lo sguardo verso il cielo sentendosi attirato nel mondo di Dio. Quindi sono tre forme: in piedi, in ginocchio, steso a terra; ma sempre con lo sguardo rivolto verso il Signore Crocifisso. Gli ultimi due modi, invece, su cui vorrei soffermarmi brevemente, corrispondono a due pratiche di pietà abitualmente vissute dal Santo. Innanzitutto la meditazione personale, dove la preghiera acquista una dimensione ancora più intima, fervorosa e rasserenante. Al termine della recita della Liturgia delle Ore, e dopo la celebrazione della Messa, san Domenico prolungava il colloquio con Dio, senza porsi limiti di tempo. Seduto tranquillamente, si raccoglieva in se stesso in atteggiamento di ascolto, leggendo un libro o fissando il Crocifisso. Viveva così intensamente questi momenti di rapporto con Dio che anche esteriormente si potevano cogliere le sue reazioni di gioia o di pianto. Quindi ha assimilato a sé, meditando, le realtà della fede. I testimoni raccontano che, a volte, entrava in una sorta di estasi con il volto trasfigurato, ma subito dopo riprendeva umilmente le sue attività quotidiane ricaricato dalla forza che viene dall’Alto. Poi la preghiera durante i viaggi tra un convento e l'altro; recitava le Lodi, l'Ora Media, il Vespro con i compagni, e, attraversando le valli o le colline, contemplava la bellezza della creazione. Allora dal suo cuore sgorgava un canto di lode e di ringraziamento a Dio per tanti doni, soprattutto per la più grande meraviglia: la redenzione operata da Cristo.

Cari amici, san Domenico ci ricorda che all’origine della testimonianza della fede, che ogni cristiano deve dare in famiglia, nel lavoro, nell’impegno sociale, e anche nei momenti di distensione, sta la preghiera, il contatto personale con Dio; solo questo rapporto reale con Dio ci da la forza per vivere intensamente ogni avvenimento, specie i momenti più sofferti. Questo Santo ci ricorda anche l’importanza degli atteggiamenti esteriori nella nostra preghiera. L’inginocchiarsi, lo stare in piedi davanti al Signore, il fissare lo sguardo sul Crocifisso, il fermarsi e raccogliersi in silenzio, non sono secondari, ma ci aiutano a porci interiormente, con tutta la persona, in relazione con Dio. Vorrei richiamare ancora una volta la necessità per la nostra vita spirituale di trovare quotidianamente momenti per pregare con tranquillità; dobbiamo prenderci questo tempo specie nelle vacanze, avere un po' di tempo per parlare con Dio. Sarà un modo anche per aiutare chi ci sta vicino ad entrare nel raggio luminoso della presenza di Dio, che porta la pace e l’amore di cui abbiamo tutti bisogno. Grazie.




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Benedetto XVI spiega i Modi di Pregare di san Domenico di Guzman

Cari Amici, il santo Padre ci ha offerto una meravigliosa Catechesi per spiegare i Nove modi di Preghiera che aveva il santo Padre Domenico.
Non è solo una nozione di storia della nostra Tradizione viva ecclesiale e domenicana, ma è proprio un invito a meditare sull'efficacia di certi modi di pregare....
Ascoltiamo il Papa e cerchiamo di mettere in pratica questi preziosi insegnamenti, specialmente come premessa per affrontare il nuovo Anno della Fede che si sta per aprire....

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Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org



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[Modificato da Caterina63 10/08/2012 19:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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