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Ultimo Aggiornamento: 29/07/2012 17:40
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31/01/2011 19:19
 
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 "QUELLA NOTTE A ROMA.... QUANDO SORSE L'ARA COELI SUL CAMPIDOGLIO...."


(dalla: " Fiorita di Leggende" , da Betlemme al Calvario, per piccoli e grandi -  del sacerdote Giuseppe Stocchiero - con Imprimatur del 1925 - Vicenza - )


Mille novecento e tant'anni fa, scendeva sulla terra la notte più memoranda, da che mondo è mondo.
I Greci la segnavano l'anno secondo della 193.a Olimpiade, ed i Romani nell'anno 747 "ab Urbe còndita".
E a Roma, appunto quella notte, c'era da temere il finimondo: non un filo d'aria sulla terra, nè un filo di luce dal cielo; le acque del Tevere pareano stagne; nè uccello nè insetto si muoveva.
Tenebre e silenzio; silenzio e tenebre.
Soltanto nel Palatino, nella casa dei Cesari, qualcuno si muoveva ancora.
C'era, là dentro, l'Imperatore di Roma, il grande Augusto, colui che a prezzo di stragi e viltà s'era arraffato l'impero e che adesso, non contento di coprire i suoi vizi con la maschera della mansuetudine, voleva sanare il passato con l'aureola della divintà....

Sicuro! e non diceva egli stesso d'essere il padrone del mondo? Ed il pio poeta Virgilio non aveva forse annunciato un'era nuova, un regno celeste, col nuovo imperatore e presto imminente?
Poteva dunque essere proprio lui, il corrotto padrone d'un regno d'inferno, il nuovo padrone del regno dei pagani?
I suoi stessi amici gli stuzzicavano la sconfinata ambizione e gli gridavano: il divo Augusto abbia il suo tempio in Roma, tra quello di Giove e quello di Giano, e più grande ancora!

Ma il grande Augusto era assai superstizioso, non soltanto ambizioso: la superstizione si, con la quale si celano i vili ed i corrotti tanto da far interrogare il suo Genio sull'opportunità o meno del grande progetto divinatorio...
E quella sera appunto fervevano i preparativi per l'auspicio, riti da compiersi sulla cima del Campidoglio.

Procedevano i littori ed i lampadofori; indi avanzava Augusto nella sua lettiga di prezioso avorio, circondato e seguito dai suoi intimi i quali recavano il sacro fuoco, l'incenso, il coltello, e le due colombe bianche, senza macchie, pronte per essere sacrificate alle divinità propiziatrici.
Quando tutto è pronto pel sacrificio, Augusto prende una colomba....
ma la colomba gli sfugge di mano e scompare, volando nelle tenebre dense.
Ma triste augurio era quello!
Gli amici sacerdoti lo sanno anche loro, il presagio non è buono, ma cercano di confortare l'Imperatore e gli consegnano la seconda colomba, prendendo ogni precauzione...
Ottaviano Augusto la prende fra le mani, e la stringe fra le dita ben chiuse, ma comincia a tremare, impallidisce, la colomba reagisce.... ed anche questa fugge via, scomparendo nel cielo tetro.

Nessuno osa parlare, i sacerdoti restano ammutoliti, Augusto è pallido e vorrebbe scendere, ma come muoversi in quello scenario ritualistico e tetro?
Anche il fuoco s'era spento, e non c'era alito di vento, eran morte anche le fiaccole tanto che i cortigiani sentono un alito di morte....Non un rumor, neppure una stella in cielo, solo tenebre e silenzio.

E pure non erano soli, lassù. No.
Cos'era infatti quell'ombra più oscura lì, vicino, quasi aggrappata alla roccia? Pareva un vecchio inaridito tronco d'ulivo, ma non era, non 'c'era mai stato. Allora, una bestia? No. perchè a guardar bene avea la forma umana. Ah! ecco, era una vecchia, sicuro più vecchia di un ulivo, con la pelle rugosa e scura come quella d'una quercia... ma si, era la Sibilla di Cuma, quella che scriveva il futuro sulle foglie degli alberi...
Appena che la videro, un sudor freddo sulla fronte e un tremito lungo la schiena, tutti li avvolsero, nessuno si mosse, nessuno fece parola....




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 vuoi sapere come finisce? clicca qui sotto e LEGGI TUTTO mi raccomando!!!

Quella notte a Roma... quando sorse L'ARA COELI sul Campidoglio....

e segui quella pagina, potremo aggiungere nuove Leggende....




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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