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Filosofia e ateismo....

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2010 22:57
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22/12/2008 21:59
 
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FILOSOFIA E ATEISMO

Alcuni pensano che l’ateismo, ossia concepire il mondo e l’uomo come prodotto dell’evoluzione senza ammettere l’esistenza e la necessità di un Dio creatore dell’universo, sia il punto d’arrivo indispensabile della cultura dell’Occidente e che il pensiero religioso sia possibile solamente all’interno di una subcultura adatta a primitivi o a ritardati.

Atrofia e ipertrofia Dobbiamo ammettere che l’uomo è dotato di ragione, ma che molto spesso non l’impiega in modo rigoroso, ossia procede a strappi. Le società primitive o ritardate sono quelle in cui non avviene nulla di nuovo perché il costume, ossia come hanno sempre fatto i predecessori, impedisce la nascita del nuovo ed espelle dalla società coloro che tentassero di introdurre novità. Questo tipo di società pone non piccoli problemi per la sopravvivenza quando si scontra con società più evolute, come è avvenuto alle società precolombiane quando si scontrarono con i conquistatori spagnoli.

Attualmente è in pieno sviluppo il processo che va sotto il nome di indigenismo, il tentativo di recuperare una supposta civiltà conculcata dai conquistatori, rimettendo in auge lingue, abbigliamento, canti come se nel frattempo non fosse successo nulla. Nelle società primitive non esiste scienza, cultura, dibattito culturale, medicina, tecnologia: prevale una concezione mitica che ingloba tutto. Per civiltà si intende l’ipertrofia di certe caratteristiche che indirizzano verso l’impiego del pensiero critico: si ripete che la filosofia è nata sulle coste della Ionia, la regione dell’Asia Minore intorno a Efeso e Mileto, città commerciali totalmente dedite al traffico marittimo. Il commercio esige una forte razionalizzazione delle operazioni che si compiono. Esse vanno dall’esame del cielo e del mare per programmare viaggi con un minimo di sicurezza, alla conoscenza delle lingue e della tecnica commerciale per non bruciare i rapporti con i clienti precludendosi la possibilità di proseguirli in futuro; occorre realismo per imparare dagli errori commessi in passato, da evitare per il futuro; è necessario saper programmare il futuro imparando che esistono linee di tendenza che possono essere immaginate come operanti anche in seguito.

Il detto popolare “meglio un uovo oggi che una gallina domani” viene trasformato dalla decisione di creare un pollaio che produca uova oggi e domani. La filosofia è perciò un risultato dell’ipertrofia del pensiero razionale, che a sua volta produce atrofia di altre caratteristiche umane, per esempio il pensiero religioso. Indubbiamente, lo sviluppo della filosofia favorì un certo abbandono della religione olimpica. Si può ricordare il caso di Evemero di Messina affermante che la religione olimpica era il frutto del culto attribuito a uomini che si erano distinti e che furono per così dire divinizzati e che perciò ogni religione, in definitiva, era stata prodotta dall’uomo (evemerismo).

Progresso e decadenza Abbiamo imparato che l’impiego di termini come “progresso” o “decadenza” risulta sempre problematico. Infatti ogni progresso delle macchine per il calcolo rappresenta la decadenza della capacità di compiere calcoli mentali. Ormai pochi sanno fare il calcolo della radice quadrata di un numero senza ricorrere alla calcolatrice; è noto che gli studenti non si sforzano di ricordare a memoria date o titoli di opere degli autori letterari perché “tanto si trova tutto su internet”: dunque decadenza della memoria. Nel secolo XIII la teologia attirava le intelligenze più luminose, da san Tommaso a Duns Scoto, mentre ora prevale l’economia e la gestione delle risorse finanziarie: dunque decadenza della teologia. Ellenizzazione e disellenizzazione Il papa Benedetto XVI, nel noto discorso di Regensburg del 12 settembre 2006, accennò a tre disellenizzazioni avvenute nell’ultimo mezzo millennio con Lutero, con Harnack e con lo sviluppo di civiltà extraeuropee come India e Cina che rifiutano qualunque subalternità nei confronti della cultura occidentale, affermando di possedere nella propria tradizione tutti gli elementi necessari allo sviluppo dei loro paesi.
 
L’affermazione è problematica, perché la creazione della nuova scienza è avvenuta in Occidente proprio in seguito alla vittoria della ragione, col pericolo che la razionalità scientifica distrugga o almeno diminuisca il valore attribuito al pensiero tradizionale. La tesi del papa è che ogni razionalizzazione corretta comporta la contraddittorietà delle proposizioni avversarie, e ciò significa che se una proposizione è vera la contraddittoria è necessariamente falsa.

In questo senso disellenizzare significa abdicare al dominio della ragione, permettendo a ogni interlocutore di dire la sua, senza alcuna preoccupazione per la coerenza logica. Rabelais, nel suo famoso anticonvento di Thélème, aveva imposto una sola legge “fate quel che vi pare”, banalizzato in tempi recenti con l’affermazione “vietato vietare” dove è presente l’errore logico che va sotto il nome di contradictio in adiecto. Filosofia e religione Il XIII secolo viene ricordato nella storia della filosofia per l’esemplare incontro tra ragione e fede, senza contrasti e senza sopraffazioni di un termine sull’altro per merito di quattro filosofi che furono al contempo teologi, sant’Alberto Magno e san Tommaso d’Aquino, san Bonaventura e il beato Duns Scoto.

Anche tra questi quattro pensatori non mancarono profonde differenze e diverse accentuazioni dei termini impiegati. Ciò significa che nel pensiero è presente un elemento qualitativo che resiste ad ogni tentativo di stabilire equivalenze quantitative e che il vissuto personale si ribella a ogni inquadramento. Sono giustamente famose le cinque vie di san Tommaso per dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio, ma san Tommaso stesso ricordò esplicitamente che si trattava di preambula fidei ossia di premesse della fede, sforzi per togliere un valore proibente a ipotesi ateistiche, dal momento che la fede era dimostrata conseguenza di un rationale obsequium nei confronti di Dio, anche se la fede religiosa si trova un gradino più su, essendo un dono gratuito di Dio a coloro che lo chiedono con cuore puro.

Teocentrismo e antropocentrismo Già nel XIV secolo si ruppe il mirabile equilibrio tra fede e ragione professato in precedenza e che si trova a fondamento di un capolavoro come la Commedia di Dante Alighieri. Con l’umanesimo e poi col Rinascimento avvenne un radicale mutamento di prospettiva: al centro della ricerca umana non si poneva più Dio e le realtà eterne col desiderio di indicare agli uomini i mezzi per conseguire il loro fine soprannaturale al termine della breve giornata terrena, bensì la dignità dell’uomo e la bellezza di questo mondo da godere quanto più a lungo possibile: si riassume il mutamento di indirizzo utilizzando la definizione di svolta antropocentrica della cultura europea. Come conseguenza avvenne uno sviluppo delle attività volte a rendere confortevole la vita in questo mondo, anche se nessuno è riuscito finora a far dimenticare che la dimora su questa terra non è definitiva.
 
L’eros della tecnica La creazione di una nuova scienza, in grado di mettere nelle mani dell’uomo le immense forze presenti nella natura e capaci di renderlo quasi come Dio, fu il primo obiettivo perseguito. Con Cartesio, Galilei e Newton la fisica-matematica conseguì uno statuto epistemologico pressoché perfetto, avendo proclamato compiutamente scientifico solamente ciò che era misurabile e operando con grandezze matematiche che hanno il pregio di non risultare opinabili. La meccanica razionale divenne il modello di scienza rigorosa. Essa permetteva di immaginare l’universo come una macchina di mirabile complessità, ma che era possibile conoscere e utilizzare calcolando di ogni elemento in movimento la massa, la direzione, la velocità.
 
La legge di gravitazione universale rimane una delle più grandi conquiste dell’intelligenza umana, condensata in una legge semplice, elegante, feconda di applicazioni. La metafisica non è una scienza La meccanica di Newton conobbe un successo memorando, perché indusse il filosofo più rigoroso del XVIII secolo, Immanuel Kant ad affermare che le vere scienze si occupano solamente di fenomeni, ossia di dati sottoposti all’esperienza e perciò misurabili, mentre la metafisica, che da sempre era stata il cuore della filosofia, si occupava di noumeni, ossia di cose che si possono pensare senza contraddizione, ma che non si possono dimostrare empiricamente: perciò la metafisica non era una scienza, bensì un’aspirazione del cuore umano destinata a soddisfare al sentimento.

La terza parte della Critica della Ragion pura di Kant, sotto il titolo di Dialettica trascendentale, esamina le principali prove circa l’esistenza di Dio proposte nel corso della storia della filosofia. Esse vengono giudicate non conclusive perché, secondo Kant, sono frutto di corti circuiti del pensiero per cui si passa dal piano fisico al piano metafisico o dal piano logico al piano ontologico, che il nuovo modello di scienza ha interdetto come illegittimo. Kant si affretta a dire che se le prove razionali per dimostrare l’esistenza di Dio non sono conclusive, per la stessa ragione non sono conclusive le prove che mirassero a dimostrare la non esistenza di Dio.
 
L’unica posizione corretta di fronte al problema della fede sarebbe quella agnostica, ossia non so se Dio esiste, anche se il sentimento mi suggerisce che un autore della vita e del mondo deve esistere, apparendo ripugnante immaginare che un meccanismo di mirabile complessità come l’universo si sia fatto da sé. Da Kant discende un filone della filosofia occidentale comprendente il positivismo, il neopositivismo e la filosofia analitica costruite sull’assioma della fine della metafisica.

L’altro grande filone scaturito dalla filosofia di Kant è lo storicismo di Hegel, ossia una nuova metafisica del divenire comprendente anche gli sviluppi di Marx, che hanno tenuto il campo fino a tempi recenti.

Gli sviluppi della biologia Lo storicismo del secolo XIX indusse anche i biologi a introdurre la componente storica nei loro studi. I trafori operati nelle montagne per far passare le ferrovie permisero di stabilire la successione delle ere geologiche con la scoperta di fossili appartenenti ad animali non più presenti nella fauna attuale, per esempio i dinosauri. L’origine della specie di Charles Darwin, pubblicato nel 1858 apparve a molti come l’equivalente della gravitazione universale di Newton, ossia una teoria da mettere a fondamento di ogni tipo di sapere moderno, avanzato, vero, ossia non una teoria di carattere ipotetico, bensì come il fondamento che poneva fuori dell’orizzonte umano la necessità o anche solamente la possibilità dell’esistenza di Dio.

Il darwinismo doveva rappresentare la definitiva demitizzazione del mondo. La termodinamica La scienza che ha conosciuto i più straordinari sviluppi nel XX secolo è stata la fisica atomica, in qualche modo compendiati dalla termodinamica. L’universo, secondo questa scienza, si è formato a seguito di una gigantesca esplosione iniziale in cui tutto era concentrato in un punto di temperatura e pressione inimmaginabili. Nel giro di pochi miliardesimi di secondo l’universo si è espanso in modo mirabile raffreddandosi quel tanto che bastava per passare dal plasma agli atomi e alle molecole dei vari elementi chimici stabili. A partire da quel momento le leggi di formazione dell’universo sono quelle conosciute dalla fisica ordinaria. Il dato fondamentale di questa teoria è che le reazioni termodinamiche hanno un solo senso, ossia dal più caldo al meno caldo e che perciò non sia possibile ipotizzare un universo esistito da sempre o destinato a esistere per sempre.

Il sole, come massima fonte di luce e di calore, quando avrà esaurito la sua riserva di combustibile, imploderà su se stesso trascinando nella sua rovina anche i pianeti che lo circondano. Si pone perciò il problema dell’origine dell’universo che non si è fatto da sé e che esige una regia per svilupparsi nei modi così razionali in cui esiste. Il neodarwinismo Verso la metà del XX secolo il darwinismo tradizionale fu riformulato alla luce delle nuove scoperte biologiche, essenzialmente il DNA, e puntualmente ripresentato da Richard Dowkins ipotizzando il gene egoista, un tentativo chiaramente manipolatorio per introdurre una direzione privilegiata nel divenire che, diversamente, non andrebbe da nessuna parte.

Ancora una volta si commette l’errore di far assurgere un’ipotesi di lavoro a fondamento del sapere scientifico, dimenticando che la caratteristica principale della scienza è quella di scrutare i propri oggetti di studio, in perenne divenire, senza farsi imprigionare da una descrizione del mondo che si suppone in costante cambiamento precisamente a causa delle nuove scoperte. La caduta del pensiero forte Il filosofo nel mondo attuale vive una situazione complessa. Il fallimento pratico e teoretico del marxismo e del liberalismo, ossia delle due ideologie che pensavano di possedere la chiave del divenire storico e che avevano combattuto o considerato marginale il problema di Dio, ha permesso al problema religioso di venir riproposto, ma in una situazione di pensiero debole, che ammette la coesistenza di tutte le affermazioni che non risultino auto contraddittorie.

Detto in altri termini, viviamo sotto la dittatura del relativismo e del soggettivismo che non ingiungono a nessuno il dovere di vivere in accordo con le credenze enunciate. Avviene la prevaricazione di ciò che è urgente su ciò che è importante: l’incalzare delle scadenze pratiche mi impedisce di occuparmi delle cose serie e perciò rimando l’esame di ciò che è davvero importante, col rischio di trascurarlo fino al termine della vita. La comunicazione preferisce lo stile dello spot pubblicitario: io faccio così, perché non lo fai anche tu?

Appare necessario riproporre la fiducia nella ragione come fondamento della comunicazione umana con l’invito a essere coerenti con ciò che si reputa vero anche quando tale coerenza mi costa molto. Esiste un falso ecumenismo che consiste nel raccomandare che ciascuno professi ciò che reputa vero dal punto di vista religioso, pensando che tutte le opzioni siano equipollenti. Occorre fare lo sforzo per approfondire la razionalità della mia fede, compiendo uno studio attento perché la mia fede risulti razionale, ma col desiderio di estendere anche ad altri i risultati della mia ricerca, come fece Henry Bergson negli ultimi anni di vita.

La sua conversione al cattolicesimo era matura fin dal 1932, ma non la formalizzò unicamente perché era iniziata la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti e non volle perder il contatto col suo popolo proprio in quei frangenti.

Dalla Rubrica: I Nodi della storia, sito
"Con Francesco"  che ringraziamo fratenamente
[SM=g1740717]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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