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Dossier Summorum Pontificum e i tre anni dal MP: nasce un nuovo Movimento?

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2011 11:22
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02/02/2009 18:58
 
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Il Santo Padre Benedetto XVI, da cardinale esprimeva in merito il suo pensiero nel libro Dio e il mondo. Una conversazione con Peter Seewald, pubblicato in Germania nel 2000 ed in Italia nel 2001 dalle edizioni San Paolo, p 380:

" Per una retta presa di coscienza in materia liturgica è importante che venga meno l’atteggiamento di sufficienza per la forma liturgica in vigore fino al 1970. Chi oggi sostiene la continuazione di questa liturgia o partecipa direttamente a celebrazioni di questa natura, viene messo all’indice; ogni tolleranza viene meno a questo riguardo. Nella storia non è mai accaduto niente del genere; così è l’intero passato della Chiesa ad essere disprezzato. Come  si può confidare nel suo presente se le cose stanno così? Non capisco nemmeno, ad essere franco, perché tanta soggezione, da parte di molti confratelli vescovi, nei confronti di questa intolleranza, che pare essere un tributo obbligato allo spirito dei tempi, e che pare contrastare, senza un motivo comprensibile, il processo di necessaria riconciliazione all’interno della Chiesa."



Bibliografia essenziale
a cura di Uwe Michel Lang



– Neri Capponi, “Bishops against the Pope: The Motu Proprio ‘Ecclesia Dei’ and the Extension of the Indult”, in The Latin Mass, Winter 1996
(available on
http://www.ewtn.com/library/LITURGY/BISHPOPE.TXT )

– Georg May, Die alte und die neue Messe. Die Rechtslage hinsichtlich des Ordo Missae, 4. durchgesehene und durch ein Register ergänzte Auflage, Sankt Augustin: Richarz, 1991

 

 

2. LA ‘RENOVATIO’ DEL MESSALE ROMANO


1.     L’Ordo Missae e l’Institutio generalis Missalis Romani promulgati con la Costituzione Apostolica Missale Romanum di Paolo VI, costituiscono – come recita la medesima - una “renovatio” del Messale Romano promulgato da S.Pio V per decreto del concilio Tridentino nel 1570; infatti, di esso la Costituzione tesse le lodi per i frutti di evangelizzazione e di santità conseguiti per quattro secoli da sacerdoti e fedeli.


     
In verità, già Pio XII – ricorda ancora la Costituzione – ne aveva auspicato una ricognizione e un arricchimento, dando inizio alla revisione dell’Ordo della Settimana Santa; pertanto “huiusmodi Missalis Romani renovatio nequaquam ex improvviso inducta putanda est”. Lo stesso Messale Romano del 1570 era il risultato del confronto e della revisione di antichi codici  e fonti liturgiche riportate in luce, ed anche orientali.


    
Quanto ai riti dell’Ordo Missae la Costituzione dice: “probe servata eorum substantia, simpliciores facti sunt”. Inoltre, afferma che il Messale è stato rinnovato introducendo, accanto al patrimonio venerando della liturgia romana, nuove norme per la celebrazione.

 

2.    Nonostante le perplessità suscitate da talune versioni in lingua corrente, la “renovatio” delle altre parti del Messale rientra nel processo fisiologico di formazione dei libri liturgici, a cominciare dagli antichi Sacramentari romani e dagli Eucologi orientali che, notoriamente, conoscono nel tempo diverse edizioni, senza che per questo l’una abroghi l’altra. Se il Sacramentario Gregoriano e il Messale di S.Pio V, ad esempio, fossero stati abrogati, come si sarebbe potuto attingere per la “renovatio”? Novus significa semplicemente ultimo, sviluppo ulteriore e non un’altra cosa. Proprio per questo progresso coerente, il Messale è lo strumento di una certa unità liturgica, in cui sussistono “legitimas varietates et aptationes”(cfr Sacrosanctum Concilium, n 38-40).


     
Ora, è a tutti noto che  il nuovo Ordo contiene non poche varianti; queste sono anzi cresciute fino all’Editio Typica del 2000 e sono indicate, ad esempio, da termini come “vel” e “ pro opportunitate”. Accade così che, da un lato, taluni  se ne avvalgano  per stravolgere, sostituire, posporre e omettere persino alcune parti; dall’altro, vi sia chi preferisce usare sempre la medesima preghiera eucaristica e le medesime formule. Allora, perché stupirsi di coloro che chiedono di usare sempre il Canone Romano, determinati prefazi e la struttura rituale del Messale Romano nell’edizione del 1962 voluto da papa Giovanni XXIII, ed erroneamente chiamato “rito tridentino”?

   
Dunque, il Concilio Vaticano II ha operato nel contesto della tradizione e in essa si colloca la legittimità dell’Ordo Missae di Paolo VI. Ma essa non può essere messa in opposizione con quello del suo antecessore, cosa mai avvenuta. [SM=g1740722] Pertanto, nessun libro liturgico o parte di esso è stato abrogato, a meno che non contenesse errori: cosa che accadde proprio per l’Institutio generalis  Missalis Romani nel 1969 appena pubblicata, che Paolo VI sospese per alcune ‘imprecisioni’ dottrinali e poi fece nuovamente pubblicare nel maggio del 1970 con gli emendamenti inseriti al n 7.
 3.     A tutti è chiesto di riconoscere nel Messale una eloquente espressione della Tradizione della Chiesa: non ha senso delegittimare alcuno e alcunché dell’antico rito -  sarebbe come tagliare le proprie radici - da cui proviene il nuovo che a sua volta manifesta la fecondità dell’antico.
Giovanni Paolo II ebbe a ricordare che “nel Messale Romano, detto di san Pio V, come in diverse Liturgie orientali, vi sono bellissime preghiere con le quali il sacerdote esprime il più profondo senso di umiltà e di riverenza di fronte ai santi misteri: esse rivelano la sostanza stessa di qualsiasi Liturgia”( 21 Settembre 2001).


    
Per non dire che il criterio della generosità e della misericordia vicendevole debba prevalere nella Chiesa ad imitazione del Signore. E’ proprio questo il senso dell’Indulto di Giovanni Paolo II del 3 ottobre 1984 a celebrare la Messa secondo il Messale Romano del 1962 ed ora del Motu Proprio di Benedetto XVI; con esso non viene discreditato il rinnovamento liturgico in sé, ma prevale la preoccupazione per l’unità della Chiesa
[1]. Del resto, contro ogni irrigidimento deve valere per la liturgia il principio della Ecclesia semper reformanda, nel sapiente dosaggio evangelico tra nova et vetera.


Possiamo concludere con un importante testo dell’allora Cardinal Ratzinger, che
il 24 Ottobre 1998 diede una conferenza ai pellegrini venuti per celebrare il decimo anniversario del Motu Proprio Ecclesia Dei di Giovanni Paolo II:

“Il Concilio non ha, per se stesso,  riformato (nel senso di inventare) i libri liturgici, ma ha disposto la loro revisione, e a tal fine ha dato alcune norme fondamentali. Prima di ogni altra cosa, il Concilio ha dato una definizione di cosa sia la liturgia, e tale definizione costituisce il termine di paragone per ogni celebrazione liturgica. Dove si scansano tali norme e si mettono da parte le normae generales che si trovano ai numeri 34 - 36 della Constitutio De Sacra Liturgia (SC), in tal caso certamente ci si rende colpevoli di disobbedienza al Concilio! E’ alla luce di questi criteri che le celebrazioni liturgiche devono essere valutate, sia che avvengano secondo i libri antichi sia che avvengano secondo i nuovi. E’ bene ricordare qui che il Cardinal Newman osservava che la Chiesa, durante la sua storia, non ha mai abolito o proibito le forme liturgiche ortodosse, cosa che sarebbe del tutto aliena dallo spirito ecclesiale. Una liturgia ortodossa, cioè quella che manifesta la vera fede, non è mai una compilazione di differenti cerimonie, fatta secondo criteri pragmatici, costruita in modo positivistico e arbitrario, oggi in una maniera e domani in un’altra. Le forme ortodosse di un rito sono realtà vive, sgorgate dal dialogo d’amore tra la Chiesa e il suo Sposo. Esse sono l’espressione della vita della Chiesa, che hanno nutrito la fede, la preghiera e la vera vita di tutte le generazioni, e che incarnano in forme specifiche sia l’azione di Dio sia la risposta dell’uomo. Tali riti possono finire, se quelli che li hanno usati in una particolare epoca dovessero  scomparire, oppure se le condizioni di vita di quelle stesse persone dovesse cambiare. L’autorità della Chiesa ha il potere di definire e limitare l’uso di tali riti nelle differenti  situazioni storiche, ma essa non può mai just puramente e semplicemente proibirli! Così il Concilio ha disposto la riforma dei libri liturgici, ma non ha proibito i libri precedenti” (Notiziario 126-127 di UNA VOCE).  

 

La rigidità e l’uniformità postulata anche da alcuni noti liturgisti, non è stata mai la  prassi liturgica della Chiesa. L’Indulto voleva essere proprio un invito alla tolleranza, il Motu Proprio lo ha ampliato e, speriamo, più pienamente realizzato.


Links:

 


VATICANO - Lettera Apostolica del Santo Padre Benedetto XVI, in forma di Motu proprio, “Summorum Pontificum” sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970

(Fides del 9/07/2007)

Il testo integrale del Motu Proprio, in latino

http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=837

 

VATICANO - Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi di tutto il mondo per presentare il "Motu proprio" sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970


Fides del 9/07/2007

Il testo integrale della lettera del Santo Padre, in diverse lingue

http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=836





[1] Cfr O.Nuβbaum, Die bedingte Wiederzulassung einer Meβfeier nach dem Missale Romanum von 1962, in <Pastoralblatt> 37(1985), p 130-143.


[SM=g1740733] [SM=g1740734] [SM=g1740721] [SM=g1740722]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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