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Settimana Santa, Triduo Pasquale (Meditazioni)

Ultimo Aggiornamento: 15/04/2009 11:07
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13/04/2009 18:29
 
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La preghiera di Benedetto XVI per le popolazioni abruzzesi al termine della Via Crucis al Colosseo

Appaia la stella della speranza
nella notte oscura dei terremotati


È stato per le popolazioni terremotate d'Abruzzo il pensiero con il quale Benedetto XVI ha concluso la tradizionale pia pratica della Via Crucis al Colosseo, nella notte del Venerdì santo. Il Papa ha seguito lo svolgimento dell'itinerario della passione restando in ginocchio sul Colle Palatino.

Cari fratelli e sorelle!
Al termine del drammatico racconto della Passione, l'evangelista san Marco annota:  "Il centurione, che si trovava di fronte a lui avendolo visto spirare in quel modo disse:  "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio !" (Mc 15, 39). Non può non sorprenderci la professione di fede di questo soldato romano, che aveva assistito al succedersi delle varie fasi della crocifissione. Quando le tenebre della notte si apprestavano a scendere su quel Venerdì unico nella storia, quando ormai il sacrificio della Croce si era consumato e i presenti si affrettavano per poter celebrare regolarmente la Pasqua ebraica, le poche parole, carpite dalle labbra di un anonimo comandante della truppa romana, risuonarono nel silenzio dinanzi a quella morte molto singolare.

Questo ufficiale della truppa romana, che aveva assistito all'esecuzione di uno dei tanti condannati alla pena capitale, seppe riconoscere in quell'Uomo crocifisso il Figlio di Dio, spirato nel più umiliante abbandono. La sua fine ignominiosa avrebbe dovuto segnare il trionfo definitivo dell'odio e della morte sull'amore e sulla vita. Ma così non fu! Sul Golgota si ergeva la Croce da cui pendeva un uomo ormai morto, ma quell'Uomo era il "Figlio di Dio", come ebbe a confessare il centurione - "vedendolo morire così", precisa l'evangelista. 

La professione di fede di questo soldato ci viene riproposta ogni volta che riascoltiamo il racconto della Passione secondo san Marco. Questa sera anche noi, come lui, ci soffermiamo a fissare il volto esanime del Crocifisso, al termine di questa tradizionale Via Crucis, che ha riunito, grazie ai collegamenti radiotelevisivi, molta gente da ogni parte del mondo. Abbiamo rivissuto la vicenda tragica di un Uomo unico nella storia di tutti i tempi, che ha cambiato il mondo non uccidendo gli altri, ma lasciandosi uccidere appeso ad una croce. Quest'Uomo, apparentemente uno di noi, che mentre viene ucciso perdona i suoi carnefici, è il "Figlio di Dio", che - come ci ricorda l'apostolo Paolo - "non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo... umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce" (Fil 2, 6-8).

La dolorosa passione del Signore Gesù non può non muovere a pietà anche i cuori più duri, poiché costituisce l'apice della rivelazione dell'amore di Dio per ciascuno di noi. Osserva san Giovanni:  "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16). È per amore nostro che Cristo muore in croce! Lungo il corso dei millenni, schiere di uomini e donne si sono lasciati affascinare da questo mistero e hanno seguito Lui, facendo a loro volta, come Lui e grazie al suo aiuto, della propria vita un dono ai fratelli. Sono i santi ed i martiri, molti dei quali restano a noi sconosciuti.

Anche in questo nostro tempo, quante persone, nel silenzio della loro quotidiana esistenza, uniscono i loro patimenti a quelli del Crocifisso e diventano apostoli di un vero rinnovamento spirituale e sociale! Cosa sarebbe l'uomo senza Cristo? Osserva sant'Agostino:  "Ti saresti trovato sempre in uno stato di miseria, se Lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere, se Lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno, se Lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti perduto, se Lui non fosse arrivato" (Discorso 185, 1). Perché allora non accoglierLo nella nostra vita?

Fermiamoci questa sera a contemplare il Suo volto sfigurato:  è il volto dell'Uomo dei dolori, che si è fatto carico di tutte le nostre angosce mortali. Il suo volto si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata. Versando il suo sangue, Egli ci ha riscattati dalla schiavitù della morte, ha spezzato la solitudine delle nostre lacrime, è entrato in ogni nostra pena ed in ogni nostro affanno.

Fratelli e sorelle! Mentre svetta la Croce sul Golgota, lo sguardo della nostra fede si proietta verso l'alba del Giorno nuovo ed assaporiamo già la gioia e il fulgore della Pasqua. "Se siamo morti con Cristo, - scrive san Paolo - crediamo che anche vivremo con Lui" (Rm 6, 8). Con questa certezza, continuiamo il nostro cammino. Domani, Sabato Santo, veglieremo in preghiera. Ma fin d'ora preghiamo insieme con Maria, la Vergine Addolorata, preghiamo con tutti gli addolorati, preghiamo soprattutto con tutti i sofferenti della zona terremotata dell'Aquila:  preghiamo perché anche a loro in questa notte oscura appaia la stella della speranza, la luce del Signore risorto.

Fin d'ora auguro a tutti:  Buona Pasqua  nella  luce  del  Signore  risorto!









La Passione del Signore nella basilica Vaticana e la Via Crucis al Colosseo

Le celebrazioni del Venerdì santo
presiedute dal Papa


Enorme, pesante la Croce mostrata venerdì notte dal Papa sul Colle Palatino. Su di essa, abbracciate al Cristo crocifisso, le vittime dell'immane tragedia che ha sconvolto l'Abruzzo. Ai suoi piedi un popolo affranto dal dolore. Capisce, ma fa difficoltà ad accettare. Lungo il percorso migliaia di Cirenei pronti a prodigarsi nell'aiutare a sostenerne il peso. E non sono mancate novelle Veroniche. Non avevano teli, ma coperte, tende e un pasto caldo.
È stata senza dubbio la riproposizione più lunga della Via Dolorosa quella vissuta ieri, Venerdì santo, 10 aprile. Alle 11 del mattino nella scuola della Guardia di finanza a Coppito, in provincia dell'Aquila, la prima stazione. Poco dopo le 22.40, sul Colle Palatino, a Roma, la quattordicesima e ultima. 



La croce, una volta di più venerdì sera, e con una forza incredibile, si è mostrata protagonista nella storia dell'umanità. Da quelle bare allineate sul campo della città dell'uomo, ferita ma non distrutta, la croce si è innalzata tra le mani del Papa, mostrata al mondo intero come simbolo della Città di Dio, nella luce eterna della indomita speranza cristiana.

Ha assunto toni particolari la tradizionale celebrazione della Via Crucis con il Papa tra il Colosseo e il Colle Palatino. Un appuntamento che solitamente richiama centinaia di milioni di persone collegate in mondovisione. Ieri poi c'era un motivo in più per essere in qualche modo presenti. C'era da pregare per le vittime del terremoto. Con il Papa. Ed è straordinario come la prima delle meditazioni che hanno accompagnato la pia pratica, composte più di un mese fa da monsignor Thomas Menamparampil, arcivescovo di Guwahati, India, sembrava essere stata scritta proprio all'indomani di questa immane tragedia. "Siamo venuti qui - si legge tra l'altro - a cantare insieme un inno di speranza. Vogliamo dire a noi stessi che tutto non è perduto nei momenti di difficoltà. Quando le cattive notizie si susseguono... quando la disgrazia ci colpisce da vicino... quando una calamità fa di noi le sue vittime... In tempi difficili non vediamo nessun motivo per credere e per sperare. Eppure crediamo. Eppure speriamo".

La croce era nelle mani del cardinale Vicario di Roma Agostino Vallini, all'interno dell'Anfiteatro Flavio. Il Papa era inginocchiato sul Colle Palatino. La preghiera corale delle migliaia di persone che gremivano tutta l'area attorno al Colosseo - tra i presenti il sindaco di Roma e il direttore del nostro giornale - ha scandito i passi dell'itinerario della croce, passata di mano di stazione in stazione.

Da quelle del cardinale Vallini a quelle di Simon Pugsley, diversamente abile, la cui sedia a rotelle era spinta da un medico e da un infermiere del Sovrano Militare Ordine di Malta, a quelle di Piero e Paola Fusco che avevano attorno Matteo, Elena e Marco i loro tre piccoli bambini; a quelle di Mauro Libianchi, anch'egli sofferente per una grave malattia; a quelle di tre religiose asiatiche Suor Lidia e le novizie Philomina Solomon e Jincy, a quelle di Maureen e Cèdric, due giovani del Burkina Faso, per essere poi sorretta nell'ultima stazione da due frati della Custodia di Terra Santa, Gianfranco Pinto Ostuni e Jihad Krayen. È stato poi il cardinale Vallini a consegnare la croce nelle mani del Papa perché la mostrasse al mondo con il suo carico di dolore ma nella luce della speranza.

Di fronte a quella stessa croce Benedetto XVI aveva poco prima sostato in silenziosa adorazione durante la celebrazione della Passione del Signore svoltasi nel pomeriggio nella basilica Vaticana. Scalzo, vestito solo con il camice bianco e la stola rossa, il Pontefice si è inginocchiato e ha baciato l'antico crocifisso ligneo - risalente al pontificato di Leone xIII - posto davanti all'altare della Confessione, spoglia di fiori e di arredi. Un gesto ripetuto poi da cardinali, arcivescovi, vescovi, prelati della Curia romana, canonici della basilica, e da una rappresentanza di sacerdoti, religiosi e laici. 



La venerazione della croce è stata il momento centrale del rito che il Papa ha presieduto dalla cattedra posta dinanzi alla statua di san Pietro nella navata centrale della basilica, le cui luci soffuse hanno dato il senso del clima penitenziale della celebrazione. Ad assistere Benedetto XVI i cardinali diaconi Lajolo e Rylko, che insieme con lui si sono inginocchiati in silenziosa preghiera davanti all'altare della Confessione all'inizio della liturgia. Il racconto della passione del Signore, tratto dal vangelo di Giovanni (18, 1 - 19, 42), è stato cantato in latino da tre diaconi, con intermezzi della Cappella Sistina diretta dal maestro Liberto. Successivamente il predicatore della Casa Pontificia padre Raniero Cantalamessa ha tenuto l'omelia.
 



Al termine il Pontefice ha guidato la preghiera universale:  dieci intenzioni tramandate dall'antica liturgia romana e proclamate in francese, inglese, polacco, russo, tedesco, portoghese, filippino, swahili, arabo e spagnolo. Quindi un diacono ha portato all'altare il crocifisso velato da un drappo rosso, che il Papa ha scoperto mentre per tre volte è risuonato nella basilica l'Ecce lignum Crucis. Al termine Benedetto XVI ha alzato la croce presentandola all'adorazione dei fedeli. Il rito si è concluso con la comunione, amministrata ai fedeli dal Pontefice e da novanta sacerdoti.
Alla celebrazione hanno partecipato ventisette cardinali, tra i quali Sodano, decano del collegio cardinalizio, Bertone, segretario di Stato, e Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi. Con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede erano gli arcivescovi Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, i monsignori Caccia, assessore, Parolin, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, e Nwachukwu, capo del Protocollo. Tra i numerosi presuli presenti, gli arcivescovi Viganò, nunzio apostolico, delegato per le Rappresentanze Pontificie, e Sardi, nunzio apostolico con incarichi speciali.

Accanto alla cattedra del Papa avevano preso posto gli arcivescovi del Blanco Prieto, elemosiniere di Sua Santità, e Harvey, prefetto della Casa Pontificia, il vescovo De Nicolò, reggente della Prefettura, e i monsignori Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI, e Xuereb, della segreteria particolare.

 


(©L'Osservatore Romano - 12 aprile 2009)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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