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EUSEBIO DI CESAREA: La Storia Ecclesiastica ( libri da 1 a 5 )

Ultimo Aggiornamento: 21/09/2009 19:48
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21/09/2009 19:48
 
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DAL LIBRO V

21. COME APOLLONIO SUBì IL MARTIRIO A ROMA

1. In questo stesso periodo, sotto il principato di Commodo, la nostra situazione cambiò in meglio, dato che la pace, con la grazia di Dio, si estese alle Chiese di tutta la terra. Anche allora la parola salvifica attrasse le anime degli uomini di ogni stirpe al culto devoto del Dio dell'universo, al punto che ormai, anche tra coloro che primeggiavano a Roma per ricchezza e per nascita, molti si volsero alla propria salvezza insieme con tutta la loro casa e la loro gente. 2. Ma per il demonio, che per natura è nemico del bene e invidioso, questo non fu sopportabile e, tendendo contro di noi insolite insidie, si preparò nuovamente alla lotta. Nella città di Roma, dunque, fece trascinare in tribunale Apollonio 150, uomo allora famoso tra Ì fedeli per la sua educazione e filosofìa, e spinse ad accusare un simile uomo uno dei suoi servi adatti allo scopo. 3. Ma poiché il miserabile presentò l'accusa al momento sbagliato, perché secondo un decreto imperiale non era permesso che continuassero a vivere coloro che denunziavano uomini siffatti -

150 Del martino di Apollonio si conservano gli Atti, scoperti alla fine del sec. scorso, in una recensione armena e una greca.

Subito gli furono spezzate le gambe, quando il giudice Perennio ]^2 emanò contro di lui questa sentenza. 4. Il giudice lo supplicò a lungo e con insistenza, e gli chiese di difendersi davanti al Senato, ma, invece, il martire carissimo a Dio, dopo aver presentato davanti a tutti una dottissima apologià della fede per la quale rendeva testimonianza, fu fatto decapitare come per un decreto del Senato: presso di loro, infatti, un'antica legge prescriveva che non venissero rilasciati coloro che fossero comparsi una volta in tribunale e non avessero cambiato idea 151. 5. Chi desidera leggere le parole che costui pronunziò davanti al giudice, le risposte che egli diede all'interrogatorio di Perennio e tutta la difesa che egli pronunciò al cospetto del Senato, le conoscerà dalla relazione degli antichi martiri che da noi è stata compilata.


22. alcuni VESCOVI CHE ERANO FAMOSI IN QUEI TEMPI


1. Il decimo anno dell'impero di Commodo 1^-1, ad Eleutero, che aveva retto l'episcopato per tredici anni, succedette Vittore; nello stesso anno, mentre anche Giuliano concludeva il suo decimo anno, Demetrio assunse il ministero della cristianità di Alessandrina. Nello stesso periodo Serapione, perso naggio di cui abbiamo già parlato in precedenza 156, era ancora noto come ottavo vescovo della Chiesa di Antiochia a partire dagli apostoli. -


151 Di una pena analoga si parla nel rescritto di Adnano a Minucio Fundano e nella lettera di Marco Aurelio sul miracolo della Legione Fulmi-natnce (cf supra, V, 5, 4) I due scritti sono, comunque, apocrifi

152 Questo personaggio è stato identificato con Tigidio Perenne, che fu prefetto del pretorio dal 183 al 185/186, anno in cui fu ucciso era proprio davanti al prefetto del pretorio (carica che aveva poteri giunsdizionali sia in materia penale, sia civile) che doveva essere giudicata una causa come quella di Apollonio.

153 II testo di Eusebio è oscuro si pensa che vi sia un'allusione al rescritto di Traiano a Plimo il Giovane (cf Lettere, 10, 96).

154 Si tratta dell'anno 190

155 Ovviamente della sua carica


Teofìlo era a capo della chiesa di Cesarea di Palestina e slmilmente Narciso, del quale quest'opera ha già fatto menzione 157, a quel tempo reggeva ancora il ministero della Chiesa di Gerusalemme; nella stessa epoca, in Grecia, Bacchiilo era vescovo di Corinto 158, e Policrate era vescovo della diocesi di Efeso. Oltre a questi, come è naturale, anche innumerevoli altri uomini si distinsero allora: noi naturalmente abbiamo ricordato per nome quelli la cui ortodossia della fede ci è pervenuta per iscritto 159.

23. la QUESTIONE ALLORA SOLLEVATA SULLA PASQUA
1. A quel tempo fu sollevata una questione assai importante, perché, seguendo una tradizione più antica, le diocesi di tutta l'Asia ritennero che, per la festa della Pasqua del Salvatore, bisognasse osservare il quattordicesimo giorno della luna, giorno nel quale era stato ordinato agli ebrei di sacrificare l'agnello e che in esso, qualunque fosse il giorno della settimana, bisognava assolutamente porre fine ai digiuni 160. Invece la Chiese di tutto il resto del mondo non avevano l'abitudine di celebrare la Pasqua in questo modo e, richiamandosi alla tradizione apostolica, mantennero l'usanza, che si è conservata fino ad oggi, secondo cui non è opportuno porre fine al digiuno in un giorno diverso da quello della risurrezione del nostro Salvatore.

^Cf ^^V,11,1. 157 Cf supra, V, 12 ^Cf ^/w.V,23,4

159 Eusebio si mostra fedele al suo proposito di ricordare solo quei vescovi che hanno lasciato degli sentii.

160 La questione della Pasqua era stata già agitata nel corso del II sec e riguardava il tempo della sua celebrazione, dato che le chiese d'Asia, come gli ebrei, la celebravano la sera del 14 nisan, in qualunque giorno cadesse

2. Su questa questione si svolsero numerosi sinodi ed assemblee di vescovi e tutti, all'unanimità, formularono per lettera una norma ecclesiastica valida per i fedeli di ogni nazione, in base alla quale il mistero della risurrezione del Signore dai morti non avrebbe dovuto essere celebrato in un altro giorno che la domenica e in quel giorno soltanto avremmo osservato la fine dei digiuni pasquali.

3. E ancor oggi in nostro possesso una lettera di coloro che all'epoca si riunirono in Palestina sotto la presidenza di Teofilo, vescovo della diocesi di Cesarea e di Narciso, vescovo di Gerusalemme. Allo stesso modo esiste un'altra lettera di quanti per la stessa questione si riunirono a Roma, e che indica quale vescovo Vittore; un'altra ancora dei vescovi del Ponto, presieduti da Palmas 161 in quanto vescovo più anziano. C'era anche una lettera della cristianità della Gallia, di cui era vescovo Ireneo 162, 4. e ancora una dei vescovi dell'Osroene e delle città di quella regione 163; e specialmente quella di Bacchiilo, vescovo della Chiesa di Corinto, e poi quelle di moltissimi altri: essi espressero una sola identica opinione e deliberazione e diedero lo stesso voto. Una sola fu la loro regola di condotta, quella che è stata detta.


161 Palmas era già vescovo quando Dionigi (cf supra, IV, 23, 6) fu elet to vescovo di Corinto

162 II passaggio è poco chiaro da escludere, comunque, che m Gallia, vi fosse una sola Chiesa governata da Ireneo 163 Provincia cristiana dell'Oriente con capitale Edessa


24. il DISSENSO IN ASIA


1. Ma i vescovi dell'Asia affermarono con forza che bisognava mantenere l'antica usanza che era stata loro tramandata sin dall'inizio; li guidava Policrate il quale, nella lettera che scrisse a Vittore e alla Chiesa romana, riferisce con queste parole la tradizione pervenutagli: 2. "Noi dunque celebriamo scrupolosamente il giorno, senza aggiungere nè togliere niente. In Asia, infatti, riposano grandi astri; essi risorgeranno il giorno della venuta del Signore, allorquando, ricolmo di gloria, egli scenderà dai cieli e richiamerà tutti i santi: Filippo, uno dei dodici apostoli, è sepolto a Hierapolis insieme a due sue figlie che si conservarono vergini per tutta la vita, mentre la terza, vissuta nello Spirito Santo, riposa ad Efeso 164; 3. e anche Giovanni, colui che posò il capo sul petto del Signore bm, che fu sacerdote e portò il petalon bn 165, che fu martire e maestro, è sepolto-ad Efeso; 4. e inoltre, a Smirne, Policarpo che fu vescovo e martire; e anche Trasea di Eumenia I66, vescovo e martire, riposa a Smirne. 5. E che bisogno c'è di parlare di Sagari, vescovo e martire, che è sepolto a Laodicea 167, e ancora del beato Papirio e dell'eunuco Melitene 168, che visse sempre nello Spirito Santo e giace a Sardi attendendo la visita dai cieli109, nella quale risusciterà dai morti? 6. Conformemente al Vangelo, senza discostarsene, ma conformandosi alla regola della fede, tutti costoro rispettarono scrupolosamente il quattordicesimo giorno [della luna] di Pasqua. E anch'io, Policrate, il più piccolo di tutti voi, [mi comporto] secondo la tradizione dei miei fratelli, di alcuni dei quali sono successore. Sette dei miei parenti, infatti, sono stati vescovi e io sono l'ottavo; e i miei fratelli hanno sempre osservato il giorno in cui il popolo si asteneva dal pane lievitato 170

bm Cf. Gv 13, 23; 21, 20. b" Cf. Es 28, 32ss; 36, 38ss.

164 Secondo la tradizione Filippo ebbe quattro figlie: Eusebio ne men

ziona soltanto tré. ^Cf. J^,III,31,3.

166 Cf. supra^ V, 18, 14.

167 Si tratta di Laodicea di Frigia.

168 Su Melitene di Sardi, cf. supra^ IV, 26.

169 II riferimento è alla parusia: Rufìno precisa che Melitene si fece eunuco per il regno di Dio (cf. Mt 19, 12).

170 Chiaro riferimento al giorno degli Azzimi della Pasqua ebraica.


7. Perciò, o fratelli, io che ho sessantacinque anni nel Signore, sono stato in relazione coi fratelli di tutto il mondo e ho letto tutta la santa Scrittura, io non mi lascio intimorire da coloro che cercano di spaventarmi b0. Questi uomini più grandi di me, infatti, hanno detto che bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uominibp".

8. A proposito dei vescovi che erano con lui quando scriveva e che condividevano la sua opinione, continua così dicendo queste cose: "Potrei fare menzione dei vescovi che sono qui con me, che avete ritenuto opportuno che fossero da me convocati e che io ho convocato: i loro nomi, se li scrivessi, sarebbero assai numerosi. Essi, pur conoscendo la mia pochezza di uomo, hanno approvato la mia lettera, consapevoli che non porto invano i capelli bianchi, ma che sono vissuto sempre in Cristo Gesù"

9. Allora Vittore, che era a capo della Chiesa di Roma, cercò subito di escludere in massa dall'unità comune le diocesi di tutta l'Asia insieme con le Chiese vicine, in quanto eterodosse e mediante lettere disapprovò indistintamente tutti i fratelli di quei luoghi e proclamò che erano scomunicati. 10. Ma questo dispiacque a tutti i vescovi: essi dal canto loro lo esortarono a pensare alla pace, all'unione col prossimo e all'amore; e ancora oggi si tramandano le parole mediante le quali essi richiamarono assai severamente Vittore.

^Cf.FiI 1,28. b? Cf.At5.29.

11. Tra costoro anche Ireneo, avendo scritto in nome dei fratelli di cui era a capo in Gallia, da un lato ammonisce di celebrare soltanto di domenica il mistero della risurrezione del Signore, ma poi dall'altro, opportunamente, esorta Vittore a non escludere intere Chiese di Dio perché conservano una tradizione di antica consuetudine e continua quindi dicendo 171: 12. "La polemica non riguarda soltanto il giorno, ma anche la forma stessa del digiuno. Alcuni, infatti, credono che bisogna digiunare un solo giorno, altri due, altri più giorni ancora; alcuni, infine, calcolano il loro giorno di quaranta ore, tra diurne e notturne. 13. E una simile diversità nell'osservanza del digiuno non ha avuto origine ai nostri giorni, ma molto prima, al tempo dei nostri predecessori, i quali, a quanto pare, senza badare all'eccessiva precisione, hanno confermato questa tradizione nella sua semplicità e nei suoi caratteri particolari, e la prescrissero per il futuro. Tutti costoro non vissero meno in pace e anche noi viviamo ora in pace-gli uni con gli altri e la differenza del digiuno conferma l'accordo della fede".

14. A queste affermazioni, Ireneo aggiunge poi una considerazione che mi sembra opportuno riferire; eccola: "Tra loro vi furono anche i presbiteri anteriori a Sotero che guidò la Chiesa che tu governi ora, cioè Aniceto, Pio, Igino, Telesforo e Sisto, che non osservarono essi stessi (il quattordicesimo giorno), ne imposero (la sua osservanza) a coloro che li seguivano. tuttavia non furono assolutamente meno in pace con coloro che giungevano tra loro dalle diocesi in cui esso veniva osservato Ciononostante l'osservarlo costituiva una divergenza ancora maggiore per coloro che non l'osservavano. 15. E non allontanarono mai nessuno per questa ragione, ma anzi quegli stessi che non l'osservavano, (vale a dire) i presbiteri che ti hanno preceduto, inviavano l'Eucaristia a quelli delle diocesi che l'osservavano. 16. E quando il beato Policarpo dimorò a Roma al tempo di Aniceto 172, pur avendo avuto tra loro piccoli contrasti su altre questioni, subito si riconciliarono, dato che non desideravano essere in disaccordo su questo argomento. Aniceto, infatti, non riuscì a convincere Policarpo a non osservare ciò che 173 aveva sempre osservato con Giovanni, il discepolo del Signore nostro e con gli altri apostoli con cui era vissuto; ne Policarpo dal canto suo persuase Aniceto ad osservarlo, dato che quest'ultimo sosteneva che bisognava mantenere la consuetudine di coloro che erano stati presbiteri prima di lui. 17. Stando così le cose, si comunicarono l'un l'altro e nella chiesa Aniceto concesse l'Eucaristia a Policarpo, evidentemente per deferenza; essi si separarono l'uno dall'altro in pace, e vi fu pace nell'intera Chiesa, sia per coloro che osservavano (il quattordicesimo giorno), quanto per coloro che non lo osservavano".

18. E Ireneo fu degno del nome che portava 174, dato che fu paciere di nome e di fatto e sollecitò e si fece mediatore per la pace delle Chiese, poiché, in merito alla questione sollevata, mediante lettere trattò non solo con Vittore, ma anche, uno dopo l'altro, con numerosi altri responsabili di Chiese.

25. accordo UNANIME SULLA pasqua 175

1. Intanto i personaggi palestinesi che abbiamo or ora menzionato 176, cioè Narciso e Teofilo, e con loro Cassie, vescovo della Chiesa di Tiro e Claro, vescovo di quella di Tolemaide e tutti coloro che si erano riuniti con loro, analizzarono ampiamente la tradizione relativa alla Pasqua che era loro pervenuta dalla successione degli apostoli e, alla fine della loro lettera, così aggiungono testualmente: "Fate in modo di mandare copie di questa nostra lettera ad ogni diocesi, affinchè non siamo responsabili di coloro che ingannano facilmente la propria anima. Vi informiamo che anche ad Alessandna celebrano la Pasqua lo stesso giorno in cui la celebriamo noi: essi, infatti, hanno ricevuto lettere mandate da noi a loro e viceversa, in modo da celebrare di comune accordo e insieme il santo giorno".


171 Non ci sono purtroppo pervenute le lettere di Ireneo sulla questio ne pasquale che, a giudizio di qualche studioso, sembra fossero riunite in una raccolta 1/2 II viaggio di Policarpo a Roma dovrebbe datarsi al 154.

173 Vale a dire il quattordicesimo giorno

174 Ireneo, dal greco eiréne (= pace)

175 II titolo del capitolo per la verità non risponde pienamente al suo contenuto, dato che in esso non si parla di un accordo "unanime", ma di un accordo tra la Chiesa di Alessandna e quelle palestinesi

176 Cf ^p^,V,23,3

26. ClO CHE E’ PERVENUTO FINO A NOI DELL'OPERA ACCURATA DI ireneo

1. Oltre alle opere citate di Ireneo e alle sue lettere, si possiede di lui anche un trattato contro i greci assai sintetico e assolutamente fondamentale, intitolato Sulla scienza; un altro che ha dedicato a un fratello di nome Marciano sulla "Dimostrazione della predicazione apostolica 177 e un libro di discussioni diverse, in cui egli fa menzione della Lettera agli ebrei e della cosiddetta Sapienza di Salomone, di cui riferisce alcuni passi. Queste sono le opere di Ireneo giunte a nostra conoscenza.

Essendo finito dopo tredici anni il regno di Commodo, a neppure sei mesi dalla sua morte divenne imperatore Severo, mentre nell'intervallo vi fu Pertinace 178.

177 L'opera inm questione, ritrovata nel 1907 in versione armena, e la sola oggi conservata oltre al Contro gli eretici Delle altre non restano che scarsi frammenti.

178 Commodo fu strangolato il 1 gennaio 193 il giorno seguente i pretoriani proclamarono imperatore il prefetto urbano Pertinace che fu ucciso dopo appena 87 giorni di regno. Dopo di lui, mentre i pretoriani proclamarono imperatore il senatore Didio Giuliano, le legioni dell'IUma acclamarono imperatore Settiniio Severo, legato della Pannoma Superiore, e quelle di Si-na il legato della provincia Pescenmo Nigro Dopo essersi accordato col legato di Bntannia Clodio Albino, Settimio Severo marciò su Roma ed ebbe la meglio su Didio Giuliano, quindi si volse prima contro Pescenmo Nigro (che sconfisse ad Isso nel 194) e poi contro Clodio Albino

27. CIÒ CHE E PERVENUTO ANCHE DEGLI ALTRI CHE MORIRONO IN QUEL TEMPO

1. Ancora oggi parecchie opere di virtuosa operosità, scritte dagli antichi uomini della Chiesa di allora, sono custodite presso molti. Di queste opere, noi stessi conosciamo: i libri di Eraclito sull'Apostolo 179, quelli di Massimo sulla questione tanto discussa a lungo tra gli eretici sulla provenienza del male e sul fatto che la materia è creata, quelli di Candido s\AYHexa-meron e quelli di Apione sullo stesso argomento; analogamente quelli di Sesto sulla risurrezione, un altro trattato di Arabia-no e i libri di una moltitudine di altri di cui non è possibile, poiché non abbiamo nessun dato, ne indicare per iscritto la cronologia, ne riportare il racconto. E ci sono giunte le opere anche di numerosi altri scrittori di cui non ci è possibile neppure annotare Ì nomi, pur trattandosi di autori ortodossi ed ecclesiastici, come dimostra Finterpretazione della divina Scrittura di ciascuno, ma tuttavia essi sono sconosciuti poiché le loro opere non ne riportano il nome 180.

28. coloro cHE HANNO DIFFUSO FIN DALL'INIZIO L'ERESIA DI artemone, LA CONDOTTA DA ESSI TENUTA E COME HANNO OSATO CORROMPERE LE sacre scritture

179 Probabilmente dell'apostolo Paolo non ci è pervenuta nessuna delle opere ricordate da Eusebio, i cui autori per noi non sono che semplici nomi

180 Quest'ultima notizia appare poco verosimile

181 Vescovo di Antiochia sotto Odenato II, rè di Palmira, a motivo delle sue concezioni cnstologiche (ritenne il Cristo un semplice uomo), fu con dannato e deposto per ben due volte in due modi (nel 264 e nel 268), grazie all'appoggio della regina Zenobia vedova di Odenato II, riuscì a conservare la carica fino a quando la regina non fu sconfitta da Aureliano nel 272 Sulla sua eresia cf infra, VII, 27 30


1. In un libro scritto da uno di questi scrittori contro l'eresia di Anemone, che ai nostri tempi Paolo di Samosata 181 ha cercato di rinnovare, si tramanda un racconto relativo ai fatti da noi esaminati 2 Questo scrittore, infatti, confuta l'anzidetta eresia, la quale sostiene che il Salvatore e un semplice uomo, cosa che e invece un'innovazione recente nonostante i suoi propugnatori volessero renderla venerabile come se fosse antica, dopo aver addotto parecchie e diverse ragioni a confutazione della loro falsità blasfema, l'opera dice testualmente 3 "Affermano infatti che tutti gli antichi e gli apostoli stessi hanno ricevuto dalla tradizione e hanno insegnato ciò che essi ora dicono e che la verità della predicazione è stata conservata fino ai tempi di Vittore, che fu tredicesimo vescovo di Roma dopo Pietro, mentre la verità è stata alterata a partire dal suo successore Zefirino 4 Ciò che essi sostenevano avrebbe potuto essere plausibile se non li contraddicessero innanzitutto le divine Scritture, d'altra parte esistono anche scritti di alcuni fratelli, più antichi dell'epoca di Vittore, che furono composti a difesa della verità contro i pagani e contro le eresie di allora, voglio dire le opere di Giustino, Milziade, Taziano, Clemente e di molti altri, nelle quali tutte si afferma la divinità di Cristo 5 Chi non conosce, infatti, i libri di Ireneo, di Melitene e degli altri che proclamarono il Cristo Dio e uomo. E chi non conosce tutti i salmi e gli inni, scritti sin dall'inizio da nostri fratelli nella fede, che cantano il Cristo come Logos di Dio e lo proclamano Dio 6 Come dunque e possibile, dopo che il pensiero della Chiesa è stato formulato da cosi tanti anni, ammettere che quanti precedettero Vittore abbiano predicato come costoro sostengono. Come possono non vergognarsi di attribuire questa dottrina menzognera a Vittore, quando invece erano a conoscenza che proprio Vittore escluse dalla comunione il cuoiaio Teodoto, capo e iniziatore di questa apostasia negatrice di Dio e che per primo ha affermato che Cristo è un semplice uomo. In effetti, se, come essi affermano, Vittore avesse condiviso ciò che la loro bestemmia insegna, come avrebbe potuto scacciare Teodoto, ideatore di tale eresia?"

7 Queste cose per quanto riguarda Vittore . E, dopo che costui resse il ministero per dieci anni, intorno al nono anno del principato di Severo, fu designato come suo successore Zefirino 182 L'autore dell'opera anzidetta, a proposito del fondatore dell'eresia di cui ci stiamo occupando, aggiunge anche un altro evento venficatosi sotto Zefinno. Egli scrive testualmente 8 "Ricorderò dunque a molti dei nostri fratelli un evento accaduto ai nostri giorni, che, a mio avviso, se fosse avvenuto a Sodoma, avrebbe fatto riflettere anche quelli ^ Non una volta, ma al nostro tempo, viveva un confessore, Natalione 9 Costui fu sedotto da Asclepiadote e da un altro Teodoto, il banchiere. Costoro erano entrambi discepoli del cuoiaio Teodoto, il primo, come ho già detto, a essere scomunicato per questo convincimento o, meglio, follia da Vittore, che era allora vescovo 10 Natalione fu da loro persuaso a essere chiamato, dietro compenso, vescovo di tale eresia, cosicché incassava da essi mensilmente centocinquanta denarii 183 11 Legatesi dunque a costoro, egli fu più volte ammonito dal Signore mediante delle visioni il Dio misericordioso e Signore nostro Gesù Cristo, infatti, non voleva che morisse fuori dalla Chiesa un testimone delle sue sofferenze 12 Tuttavia, poiché egli si mostro poco attento delle visioni, ammaliato dalla carica che ricopriva presso di loro e dalla avidità che porta alla perdizione un così gran numero di persone, infine fu flagellato dai santi angeli durante tutta una notte e fu talmente malmenato, che all'alba si alzò e, avendo indossato un cilicio ed essendosi coperto di cenere, in gran fretta e tra le lacrime, andò a prostrarsi davanti al vescovo Zefirino, gettandosi ai piedi non solo del clero, ma anche dei laici. -

^Cf Mt 11,23

182 L'anno dovrebbe essere il 201 Sembra, tuttavia, che Zefirino sia morto prima, forse nel 198/199

183 La somma (pari a seicento sesterzi), pur non considerevole, equiva leva comunque a sei volte la paga di un semplice legionario dell'epoca e pò teva consentire a Natalione una vita senza pensieri

Con le sue lacrime cercò di commuovere la Chiesa misericordiosa del Cristo compassionevole, ma, nonostante le preghiere cui faceva ricorso e pur mostrando i lividi delle percosse ricevute, fu riammesso a stento alla comunione

13. A queste parole ne aggiungeremo anche altre dello stesso autore a proposito degli stessi eretici: "Senza alcun timore hanno alterato le divine Scritture, hanno infranto i princìpi dell'antica fede, hanno ignorato Cristo, non indagando che cosa dicono le Scritture, ma esercitandosi attentamente nel cercare quale figura di sillogismo si potesse trovare per rendere credibile il loro ateismo. E se qualcuno proponeva loro un passo della divina Scrittura, essi chiedevano se si potesse farne una figura di sillogismo congiuntiva o disgiuntiva 184. 14. Abbandonate le sante Scritture di Dio, si dedicavano alla geometria 186, poiché sostenevano che provenivano dalla terra e della terra discutevano e ignoravano colui che viene dall'alto. Alcuni di loro, ad esempio, studiavano diligentemente la geometria di Euclide 187 e apprezzavano Aristotele e Teofrasto l88, altri quasi adoravano Galeno –189

184 L'avventura capitata a Natalione ricorda quella capitata a Eliodoro (cf. 2 Mac 3, 24-34) e soprattutto quella di Gerolamo (cf. Lettere, 22, 30)

185 Si tratta di due delle cinque figure di sillogismo, derivate non tanto da Aristotele e Teofrasto, che l'anonimo espressamente cita (cf infra}, quanto dalla terminologia tipica della dialettica stoica, in particolare di Cnsippo (III sec. a.C.); sulla problematica cf G Reale, Stona iella filosofia antica. III, Milano 1989, pp. 343ss

186 Alla lettera: "misurazione della terra"

187 Famoso matematico dell'antichità vissuto intorno al IV III sec. a C

188 L'anonimo antiartemonita nomina sia il filosofo Aristotele che il suo discepolo Teofrasto, come del resto subito dopo Galene, come rappresentanti della logica

189 Galeno (129-200) fu medico della corte imperiale romana all'epoca di Marco Aurelio oltre che alla ricerca medica si dedicò anche a quella filo sofica. a lui si deve una Introduzione logica non priva di interesse

• 15. Poiché in favore della dottrina della loro eresia abusavano delle arti dei non credenti e mediante l'astuzia propria degli atei snaturavano la fede semplice delle divine Scritture, che bisogno c'è anche di precisare che alla fede non erano neppure vicini? Per questo motivo non ebbero timore di mettere le mani sulle divine Scritture col pretesto di emendarle. 16. E chiunque voglia, può informarsi che io, dicendo queste cose, non li calunnio. Se, infatti, qualcuno volesse riunire gli scritti di ciascuno di loro, confrontandoli l'uno con l'altro, scoprirebbe che sono assai discordanti tra loro. Quelli di Asclepia-de, dunque, non corrisponderebbero a quelli di Teodoto 190,

17. ed è possibile procurarsene molti, per il fatto che Ì loro discepoli hanno trascritto accuratamente da ciascuno copie corrette, come essi le chiamano, cioè manipolate. Inoltre, le opere di Ermofilo non concordano con queste; quanto a quelle di Apolloniade non concordano neppure tra loro: si possono infatti confrontare quelle fatte prima con quelle contraffatte successivamente e si troveranno del tutto discordanti. 18. Di quanta arroganza sia questo peccato, verosimilmente non lo ignorano neppure loro. Infatti, o non credono che le divine Scritture siano state dettate dallo Spirito Santo e allora sono miscredenti; o essi stessi pensano di essere più saggi dello Spirito Santo, e allora che cos'altro sono se non demoniaci?. In effetti non possono negare che sia da attribuire ad essi questa impresa temeraria, dato che le copie sono state scritte di loro pugno, al punto che non possono dire che erano queste le Scritture ricevute da coloro che li hanno catechizzati, o mostrare gli esemplari da cui sono state trascritte le loro copie. 19. Alcuni di loro, poi, non hanno pensato neppure a contraffare le Scritture, ma avendo semplicemente ripudiato la Legge e i profeti, in considerazione di un insegnamento senza Legge e senza Dio, sono precipitati essi stessi nell'estremo abisso della perdizione". Così si è svolta questa storia.


190 Tutti questi personaggi e quelli nominati dopo non ci sono altrimenti noti.

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