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"Volete andarvene anche voi?" (Gv. 6, 67)

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2012 22:22
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06/10/2012 22:22
 
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[SM=g1740733] [SM=g1740717] [SM=g1740720] Al rifiuto di considerare Gesù "Carne da mangiare e Sangue salutare da bere" occorre unire anche un certo rifiuto costante nella storia del cristianesimo, DELLA CROCE, DELLA SOFFERENZA, DELLA CROCIFISSIONE....
In questo nostro tempo poi il discorso della e sulla sofferenza sta divento talmente scomodo che la società risponde con l'eutanasia....

Ma, imporre una pastorale esclusivamente sulla Risurrezione è sbagliato e sta storpiando la sana dottrina....
In tutti i Vangeli la Passione di Gesù occupa una parte centrale, ed è chiaro che un motivo c'è...
Ascoltiamo questa bellissima catechesi... [SM=g1740722]


12PORTE - 20 settembre 2012: Non poche volte il mondo cattolico viene accusato di dare troppo spazio nella sua spiritualità e nella sua predicazione al tema della croce e della passione di Cristo.
Si dovrebbe presentare – si dice – un volto più sorridente e meno cupo, annunciando piuttosto la risurrezione di Cristo.
Ma quando la risurrezione viene tanto enfatizzata da nascondere la croce, inevitabilmente questa solo una metafora, un messaggio di speranza, non un fatto accaduto realmente e che illumina ogni momento della nostra vita.

Come se il cristianesimo fosse una specie di pacca sulle spalle dell’umanità, solo un incoraggiamento sorridente e non piuttosto un fatto incredibile
: …il fatto che l’onnipotente irraggiungibile Dio è realmente entrato nella vita degli uomini, Dio fatto uomo, una volta per sempre, 2000 anni fa, e ha sconfitto ogni male e tutte le nostre paure, rimanendo in mezzo a noi come Signore e Salvatore.
Basterebbe comunque prendere in mano il vangelo di Marco, che è la nostra guida in questo anno liturgico.

Si può notare che il racconto delle ultime ore di vita terrena di Gesù, cioè quello della sua passione e morte, è talmente lungo e dettagliato, rispetto alla mole complessiva del libro intero, che quasi quasi si potrebbe considerare tutta la parte precedente come una specie di introduzione al vero cuore del vangelo, che è appunto la testimonianza della Passione del Signore.
Uno degli aspetti più inquietanti della Passione è quello della solitudine del Signore: tradito e abbandonato dai suoi discepoli e amici; lasciato in balia dei carnefici in una solitudine infinita, fino alle ultime scandalose parole rivolte da Cristo al Padre: Dio mio, mi hai abbandonato!

Questa sofferenza della solitudine di Cristo pervade tutto il racconto evangelico. Ne sono una prova i brani che stiamo leggendo in queste domeniche: la settimana scorsa, abbiamo letto di come Gesù comincia a parlare apertamente del suo destino:
“Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare”.

E Pietro, proprio lui che lo aveva appena riconosciuto come il Cristo, il consacrato di Dio, il Salvatore del popolo, gli volta le spalle e lo rimprovera.
Nel brano di questa settimana, il muro tra Cristo e i suoi discepoli si fa ancora più drammatico: mentre sono per la strada, Gesù parla ancora della sua passione, morte e risurrezione.
I discepoli lo ascoltano in silenzio, un silenzio ostile, in verità: non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Se uno non capisce, è portato naturalmente a fare domande… a cercare di andare a fondo, soprattutto davanti a un tema così spinoso…
Il mutismo dei discepoli, invece viene da un rifiuto che avevano dentro. Un tema che finché è possibile è meglio evitare…
Il racconto si fa sempre più penoso.

Quasi per esorcizzare le parole del Signore, i discepoli cominciano a confabulare tra di loro, fino a che Gesù non li interrompe… Cercavano di determinare chi fosse tra di loro il più importante, chi avesse la precedenza sugli altri…
La scena finale è da prendere sul serio e da accogliere con molta attenzione.

Sedutosi, dice il vangelo, Gesù chiamò i Dodici… da un punto di vista del racconto è una evidente forzatura, perché la casa di Pietro non era una reggia, ma erano poche piccole stanze.
È il significato spirituale invece che è importantissimo: Gesù siede, perché è il Signore, il Maestro, e torna a chiamare discepoli.
Si ricomincia tutto daccapo, dunque. Ricordino i “Dodici”, gli Apostoli, i capi autorevoli della comunità di essere prima di tutto dei discepoli, dei chiamati, annunciatori di un vangelo che non appartiene loro!

Le parole solenni di Gesù sono accompagnate da un gesto: mette in mezzo un bambino e lo abbraccia.
Per la mentalità di oggi questa è una scenetta deliziosa che riempie di tenerezza.
Ma non dimentichiamo che ai tempi di Gesù la parola paidos che indica i bambini è la stessa che si usava per i servi.
E sullo sfondo ci sono le profezie di Isaia che annunciavano misteriosamente che il Messia sarebbe stato un Servo, che avrebbe preso sulle sue spalle il peccato del popolo.

Abbracciare il bambino, significa accogliere Cristo, il vero Servo di Dio e dell’umanità, il Crocifisso… e accogliere il crocifisso significa accogliere Dio che lo ha mandato.
Il crocifisso, dunque è e resta la massima rivelazione di Dio nella nostra vita.

Gesù è risorto, dunque. È risorto perché ha dato la vita, ha preso sulle sue spalle i nostri peccati, ha sopportato il nostro tradimento e il nostro abbandono e con la sua croce ha vinto il peccato e la morte.
Questa è la fede della Chiesa.

www.gloria.tv/?media=335913



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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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